[1] Le arme ausiliarie, che sono l’altre arme inutili,2 sono quando si chiama uno potente3 che con le sua arme ti venga a difendere, come fece ne’ prossimi4 tempi papa Iulio: il quale, avendo visto nella impresa di Ferrara5 la trista pruova delle sue arme mercennarie, si volse alle ausiliarie e convenne6 con Ferrando re di Spagna che con le sua gente ed eserciti dovessi aiutarlo. Queste arme possono essere buone e utile per loro medesime,7 ma sono, per chi le chiama, quasi sempre dannose: perché, perdendo, rimani disfatto; vincendo, resti loro prigione. E ancora che di questi esempli ne sieno piene le antiche istorie,8 nondimanco io non mi voglio partire da questo esemplo fresco9 di Iulio II: el partito del quale non possé essere meno considerato, per voler Ferrara cacciarsi tutto nelle mani d’uno forestieri.10 Ma la sua buona fortuna11 fece nascere una terza cosa, acciò non cogliessi el frutto della sua mala elezione: perché, sendo gl’ausiliarii suoi rotti a Ravenna, e surgendo e’ Svizzeri, che cacciorno e’ vincitori fuora di ogni opinione e sua e d’altri, venne a non rimanere prigione delli inimici, sendo fugati, né delli ausiliarii sua, avendo vinto con altre arme che con le loro.12
[2] Fiorentini, sendo al tutto disarmati, condussono diecimila franzesi a Pisa per espugnarla:13 per il quale partito portorno più periculo che in qualunque tempo de’ travagli loro.14 Lo imperadore di Constantinopoli, per opporsi alli suoi vicini, misse in Grecia diecimila Turchi, e’ quali finita la guerra non se ne volsono partire: il che fu il principio della servitù di Grecia con gli infideli.15
[3] Colui adunque che vuole non potere vincere,16 si vaglia di queste arme, perché sono molto più periculose che le mercennarie. Perché in queste è la coniura17 fatta, sono tutte unite, tutte volte alla obbedienza d’altri; ma nelle mercennarie a offenderti, vinto che le hanno, bisogna maggiore occasione, più tempo, non sendo tutte uno corpo ed essendo trovate e pagate da te: nelle quali un terzo che tu facci capo non può pigliare subitamente tanta autorità che ti offenda. Insomma nelle mercennarie è più periculosa la ignavia, nell’ausiliarie la virtù. Uno principe pertanto savio sempre ha fuggito18 queste arme e voltosi alle proprie: e ha voluto più tosto perdere con e’ suoi che vincere con li altri, iudicando non vera vittoria quella che con le arme aliene si acquistassi.
[4] Io non dubiterò mai di allegare Cesare Borgia e le sua azioni.19 Questo duca entrò in Romagna con le arme ausiliarie, conducendovi tutte gente franzese, e con quelle prese Imola e Furlì; ma non gli parendo poi tali armi sicure, si volse alle mercennarie, iudicando in quelle meno pericolo, e soldò gli Orsini e Vitelli; le quali di poi trovando, nel maneggiare, dubbie infedeli e periculose, le spense e volsesi alle proprie. E puossi facilmente vedere che differenzia è in fra l’una e l’altra di queste arme, considerato che differenzia fu da la reputazione del duca quando aveva franzesi soli, a quando aveva gli Orsini e Vitelli, a quando e’ rimase con e’ soldati sua e sopra sé stesso: e sempre si troverrà accresciuta, né mai fu stimato assai se non quando ciascuno vidde come lui era intero possessore delle sua arme.20
[5] Io non mi volevo partire da li esempli italiani e freschi: tamen non voglio lasciare indreto Ierone siracusano, sendo uno de’ sopra nominati da me.21 Costui, come io dissi, fatto da’ Siracusani capo degli eserciti, conobbe subito quella milizia mercennaria non essere utile, per essere e’ condottieri fatti come e’ nostri italiani; e parendoli non gli potere tenere né lasciare, gli fece tutti tagliare a pezzi,22 e di poi fece guerra con le arme sua e non con le aliene.23 Voglio ancora ridurre a memoria una figura del Testamento vecchio, fatta a questo proposito. Offerendosi David a Saul d’andare a combattere con Golia provocatore filisteo, Saul per dargli animo lo armò dell’arme sua: le quali David, come l’ebbe indosso, recusò, dicendo con quelle non si potere bene valere di sé stesso; e però voleva trovare el nimico con la sua fromba e con il suo coltello.24 Infine, le arme di altri o le ti caggiono di dosso o le ti pesano o le ti stringono.
[6] Carlo VII, padre del re Luigi XI, avendo con la sua fortuna e virtù libera la Francia dagli Inghilesi, conobbe questa necessità di armarsi di arme proprie e ordinò nel suo regno l’ordinanza delle genti d’arme e delle fanterie.25 Di poi el re Luigi26 suo figliuolo spense quella de’ fanti e cominciò a soldare Svizzeri: il quale errore seguitato da li altri è, come si vede ora in fatto, cagione de’ pericoli di quello regno. Perché, avendo dato reputazione a’ Svizzeri, ha invilito tutte le arme sua; perché le fanterie ha spente in tutto e le sua gente d’arme ha obligate alla virtù di altri: perché, sendo assuefatte a militare co’ Svizzeri, non pare loro potere vincere sanza essi. Di qui nasce che e’ Franzesi contro a’ Svizzeri non bastano e sanza Svizzeri, contro ad altri, non pruovano. Sono adunque stati gli eserciti di Francia misti, parte mercennari e parte propri: le quali arme tutte insieme sono molto migliori che le semplici ausiliarie o semplice mercennarie, e molto inferiore alle proprie. E basti lo esemplo detto: perché il regno di Francia sarebbe insuperabile, se l’ordine di Carlo era accresciuto o preservato; ma la poca prudenza delli uomini comincia una cosa che, per sapere allora di buono, non si accorge del veleno che vi è sotto, come io dissi di sopra delle febre etiche.27 Pertanto colui che in uno principato non conosce e’ mali quando nascono, non è veramente savio: e questo è dato a pochi.28 E se si considerassi la prima cagione della ruina dello imperio romano, si troverrà essere suto solo cominciare a soldare e’ Goti: perché da quello principio cominciorno a enervare le forze dello imperio,29 e tutta quella virtù, che si levava da lui, si dava a loro.
[7] Concludo adunque che, sanza avere arme proprie, nessuno principato è sicuro, anzi è tutto obligato alla fortuna, non avendo virtù che nelle avversità con fede lo difenda: e fu sempre opinione e sentenza delli uomini savi quod nihil sit tam infirmum aut instabile quam fama potentiae non sua vi nixa.30 E l’arme proprie sono quelle che sono composte o di sudditi o di cittadini o di creati tua:31 tutte le altre sono o mercennarie o ausiliarie; e il modo a ordinare l’arme proprie sarà facile trovare, se si discorrerà gli ordini de’ quattro32 sopra nominati da me, e se si vedrà come Filippo, padre di Alessandro Magno, e come molte republiche e principi si sono armati e ordinati: a’ quali ordini al tutto mi rimetto.
1 Le milizie ausiliarie, miste e proprie.
2 inefficaci: cfr. cap. XII, n. 8.
3 La strategia di «chiamare uno potente» come alleato in un’impresa è stata già stigmatizzata da Machiavelli nel cap. III, nn. 27 e 31.
4 «prossimi»: più recenti; nel 1510.
5 Cfr. cap. II, n. 6.
6 «convenne»: stipulò un accordo.
7 «per loro medesime»: di per se stesse. Cioè tali truppe non presentano i difetti tattici delle truppe mercenarie elencati nella conclusione del capitolo precedente.
8 Machiavelli avrà in mente le città dell’Italia meridionale che ebbero soccorso da Roma per difendersi dai Sanniti, e che finirono poi per collocarsi sotto il dominio romano: Livio VII, 29-30.
9 «non mi voglio partire da questo esemplo fresco»: non voglio allontanarmi da questo esempio recente.
10 La scelta («el partito») di papa Giulio non poté essere meno accorta, avendo deciso per parte sua di mettere («per voler … cacciarsi»: il si riflessivo ha qui valore mediale, d’interesse) Ferrara nelle mani di uno straniero (Ferdinando il Cattolico).
11 Significativamente è la buona fortuna (che Machiavelli, nel cap. XXV, chiarirà essere un fortunato collimare tra l’indole impetuosa di Giulio II e le concrete situazioni che richiedevano un agire impetuoso) a permettere che il papa «non cogliessi el frutto», cioè non subisse le tristi conseguenze della scelta inopportuna di affidarsi a truppe ausiliarie.
12 Sconfitte le truppe ausiliarie spagnole, papa Giulio si accordò con le milizie svizzere: il verbo «surgendo» e l’espressione «fuora di ogni opinione e sua e d’altri» non indicano che il papa ignorasse l’arrivo degli Svizzeri (dal momento che li aveva assoldati proprio lui), ma che l’intervento dei ventimila fanti svizzeri fu rapidissimo ed ebbe successo al di là delle aspettative dello stesso Giulio.
13 La riconquista di Pisa effettivamente non ebbe luogo nel 1500, grazie alle truppe ausiliarie messe da Luigi XII a disposizione di Firenze, ma nove anni più tardi, quando Firenze non era più «disarmata» e proprio grazie all’Ordinanza arruolata da Machiavelli. Cfr. Ridolfi, pp. 163-165.
14 Il «periculo» corso da Firenze fu di natura politica più che militare perché la repubblica rifiutò di pagare il soldo alle milizie inconcludenti e ne nacque una crisi con la Francia, tradizionalmente alleata di Firenze. Machiavelli, con Francesco Della Casa, si recò in legazione da Luigi XII nell’estate del 1500. Cfr. Bausi 2005, p. 39.
15 Giovanni VI Cantacuzeno regnò dal 1347 al 1355 e ottenne l’aiuto dell’emiro di Bitinia contro Giovanni Paleologo, e da allora i Turchi rimasero in Grecia. – «servitù di Grecia con gli infideli»: asservimento della Grecia agli infedeli. Il nesso «servitù con» è attestato anche nelle Legazioni machiavelliane.
16 «Colui che vuole non potere vincere»: espressione ironica, ‘colui che non vuole essere in grado di vincere’.
17 «coniura». Si preferisce la lezione del ramo g accolta da Inglese rispetto alla lectio facilior «ruina» attestata dalla restante tradizione e scelta da Martelli. La pericolosità delle milizie ausiliarie risiede nella loro obbedienza a un altro, per cui esse sono naturalmente volte alla congiura.
18 «ha fuggito … ha voluto»: sono passati prossimi con valore di futuri semplici.
19 Cfr. cap. VII, nn. 7, 20 e 44-45. – «allegare»: è lemma giuridico, ‘addurre con valore probatorio’.
20 Si riassumono le vicende del Valentino già rievocate nel cap. VII. Quella di munirsi di truppe proprie da parte di Cesare Borgia, testimoniata nella lettera di Machiavelli ai Dieci del 13 novembre 1502, è più una intenzione che un dato di fatto, come dimostra Martelli 2006 segnalando che il numero di arruolati dai territori di Romagna fu sempre di gran lunga inferiore a quello delle truppe assoldate da compagnie di ventura o legate più o meno direttamente al re di Francia. – «trovando, nel maneggiare, dubbie infedeli e periculose»: richiama il caso della mancata presa di Bologna (cfr. cap. VII, n. 13): «dopo la espugnazione di Faenza, assaltò Bologna, che gli vidde andare freddi in quello assalto».
21 Cfr. cap. VI, nn. 24-26.
22 Nella guerra contro i Mamertini che occupavano Messina, Ierone dislocò i mercenari inaffidabili in una parte più esposta dello schieramento e lasciò che il nemico li trucidasse.
23 Anche in questo caso Polibio I, 9 descrive queste «arme sua» come mercenari assoldati direttamente da Ierone piuttosto che come un esercito nazionale siracusano.
24 «con la sua fromba e con il suo coltello»: con la fionda e il coltello. Ma nel racconto biblico (I Samuele, 17) Davide è armato di fionda e del proprio bastone, ed è privo di armi da taglio. – «ridurre a memoria una figura»: ricondurre alla mente un personaggio; «provocatore filisteo»: sfidante.
25 Carlo VII regnò dal 1422 al 1461 liberando la Francia dagli Inglesi con il compimento della guerra dei Cent’anni. Nelle ultime fasi della guerra cominciò ad arruolare cavalieri («genti d’arme») e fanti.
26 Luigi XI regnò dal 1461 al 1482 e affrontò efficacemente le pretese feudali, sconfiggendo Carlo il Temerario di Borgogna e consolidando l’assolutismo centralistico della monarchia francese. Non seguì le linee politiche del padre, e in particolare scelse di abolire l’arruolamento di fanti e preferì valersi di mercenari svizzeri. – Significativamente oltre alla drastica riduzione dei fanti, il correlativo errore è stato di assoggettare la propria «gente d’armi […] alla virtù di altri», cioè di porre i cavalieri francesi sotto il comando dei condottieri svizzeri.
27 Delle «febre etiche», cioè prodotte dalla tisi, Machiavelli ha parlato nel cap. III, n. 23. Qui la metafora giova a ribadire che le milizie mercenarie o ausiliarie, nell’immediato, possono apparire vantaggiose al principe che le impieghi.
28 Torna il concetto, mutuato dalla tradizione storiografica classica probabilmente attraverso la lezione ciceroniana, della ‘previsione’ politica, la capacità di eikazein: cfr. cap. IX, n. 16.
29 «cominciorno a enervare»: i commentatori (fino a Inglese e Rinaldi) hanno inteso «le forze dello imperio» come soggetto, e il verbo «enervare» con valore mediale (‘indebolirsi’); Bausi (presso Martelli 2006) suggerisce che il soggetto siano i Goti; ma appare preferibile ritenere sottinteso un soggetto come ‘i Romani’; e tale soggetto sottinteso potrebbe essere all’origine dell’errore presente nel ramo y della tradizione (eccettuato il Marciano) che reca «le forze dello imperio romano».
30 La gnome deriva da Tacito, Annales XIII, 19, 1: «che nulla sia così incerto o instabile quanto la fama di una potenza non poggiata sulla sua propria forza». Machiavelli sottolinea come solo le «arme proprie» costituiscano la virtù capace di difendere un principato nelle avversità senza lasciarlo in balia («obligato») della fortuna.
31 «creati tua»: voce senz’altro dipendente dallo spagnolo criado, nel senso di persona dipendente, posta al proprio servizio. Giova intendere i tre sostantivi, sulla scia del commento di Luigi Russo, come rispondenti a tre diverse tipologie costituzionali. Armi proprie per un principe assoluto sono quelle arruolate tra i propri sudditi, per una repubblica quelle composte di cittadini, per una signoria feudale quelle organizzate attraverso i propri vassalli («creati»), altrove detti da Machiavelli «gentili uomini».
32 I «quattro sopra nominati da me» hanno dato molto da pensare ai commentatori: coloro (e sono la maggior parte) che li ha additati nei quattro personaggi menzionati nel cap. XIII (Cesare Borgia, Ierone, Carlo VII e David) non solo si è trovato a dover spiegare cosa ci faccia David fra gli esperti di strategia e tattica, ma anche come mai manchi un riferimento esplicito al modello romano, «il più caro a Machiavelli», come giustamente rileva Inglese. Plinio Carli ritenne invece che i «quattro» fossero i principi modello del cap. VI, ossia Mosè, Ciro, Romolo e Teseo, ma anche questa ipotesi appare poco sostenibile. Un’altra spiegazione appare possibile e attualizzante: i «quattro» sono i quattro capitani di ventura le cui imprese sono state tecnicamente lodate nel cap. XII e richiamate in parte nel XIII: ossia Alberico da Barbiano conte di Cunio, Muzio Attendolo Sforza (con suo figlio Francesco), Andrea Fortebracci (detto Braccio da Montone) e John Hawkwood (Giovanni Acuto). Che i «quattro» debbano essere ricercati nel capitolo precedente e che debbano essere indicati fra i ‘moderni’ è provato dal successivo rinvio a Filippo il Macedone, un rinvio assai particolare in primo luogo perché fra il padre Filippo e il figlio Alessandro (per altro espressamente citato) ci si attenderebbe un richiamo ad Alessandro, lo straordinario vincitore dei Persiani nelle battaglie-modello di Isso e Gaugamela; senonché Machiavelli vuole riferirsi a temi già trattati e non aprire nuove ‘finestre’ storiografiche, e così rinvia a Filippo, di cui ha discusso nel cap. XII a proposito del rapporto con i Tebani, e all’esempio antico del sovrano macedone egli affianca quattro esempi moderni che non debbono essere cercati fra i principi, ma fra gli strateghi, perché in questo conciso finale egli vuole conchiudere un tema scientemente omesso, ossia gli «ordini» militari da impiegare.