Capitolo XXIII

QUOMODO ADULATORES SINT FUGIENDI1

[1] Non voglio lasciare indreto uno capo importante e uno errore dal quale e’ principi con difficultà si difendono, se non sono prudentissimi o se non hanno buona elezione.2 E questi sono gli adulatori, de’ quali le corte sono piene: perché li uomini si compiacciono tanto nelle cose loro proprie, e in modo vi si ingannano, che con difficultà si difendono da questa peste. E a volersene difendere si porta periculo di non3 diventare contennendo: perché non ci è altro modo a guardarsi da le adulazioni, se non che gli uomini intendino che non ti offendino a dirti el vero, ma quando ciascuno può dirti il vero, ti manca la reverenza. Pertanto uno principe prudente debbe tenere uno terzo modo,4 eleggendo nel suo stato uomini savi, e solo a quelli eletti dare libero adito a parlargli la verità,5 e di quelle cose sole che lui gli domanda e non d’altro – ma debbe domandargli d’ogni cosa – e le opinioni loro udire: di poi deliberare da sé a suo modo; e in questi consigli e con ciascuno di loro portarsi in modo che ognuno conosca che, quanto più liberamente si parlerà, più gli fia accetto:6 fuora di quelli, non volere udire alcuno, andare dietro alla cosa deliberata ed essere ostinato nelle deliberazioni sua. Chi fa altrimenti, o precipita per li adulatori o si muta spesso per la variazione de’ pareri: di che ne nasce la poca esistimazione sua.7

[2] Io voglio a questo proposito addurre uno esemplo moderno. Pre’ Luca, uomo di Massimiliano presente imperadore, parlando di sua Maestà, disse come e’ non si consigliava con persona e non faceva mai di cosa alcuna a suo modo. Il che nasceva dal tenere contrario termine al sopraddetto; perché lo imperadore è uomo secreto, non comunica e’ sua disegni, non ne piglia parere: ma come nel metterli in atto si cominciano a conoscere e scoprire, gli cominciano a essere contradetti da coloro che lui ha d’intorno, e quello, come facile, se ne stoglie; di qui nasce che quelle cose che lui fa uno giorno distrugge l’altro, e che non si intenda mai quello che si voglia o che disegni fare, e che non si può sopra le sua deliberazioni fondarsi.8

[3] Uno principe pertanto debbe consigliarsi sempre, ma quando lui vuole e non quando altri vuole: anzi debbe tòrre animo9 a ciascuno di consigliarlo di alcuna cosa, se non gliene domanda; ma lui debbe bene essere largo domandatore, e di poi, circa alle cose domandate,10 paziente auditore del vero: anzi, intendendo che alcuno per alcuno respetto non gnene dica, turbarsene.11 E perché molti esistimano che alcuno principe, il quale dà di sé opinione di prudente, sia così tenuto non per sua natura ma per li buoni consigli che lui ha d’intorno,12 sanza dubio s’ingannano. Perché questa è una regula generale che non falla mai: che uno principe, il quale non sia savio per sé stesso, non può essere consigliato bene,13 se già a sorte14 non si rimettessi in uno solo che al tutto lo governassi, che fussi uomo prudentissimo. In questo caso potrebbe bene essere, ma durerebbe poco: perché quel governatore in breve tempo gli torrebbe lo stato. Ma consigliandosi con più d’uno, uno principe che non sia savio non arà mai e’ consigli uniti;15 non saprà per sé stesso unirgli; de’ consiglieri, ciascuno penserà alla proprietà sua;16 lui non gli saperrà né correggere né conoscere: e non si possono trovare altrimenti, perché gl’uomini sempre ti riusciranno tristi, se da una necessità non sono fatti buoni.17 Però si conclude che e’ buoni consigli, da qualunque venghino, conviene naschino da la prudenza del principe, e non la prudenza del principe da’ buoni consigli.

1 Come si debbano evitare gli adulatori.

2 «buona elezione»: capacità di scegliere bene gli uomini, di valutare i propri collaboratori. Il tema era già presente nel cap. XXII e torna come argomento chiave in questo cap. XXIII.

3 «si porta periculo di non»: si rischia di… Il non ricalca un costrutto ‘alla latina’.

4 «terzo modo»: in verità i due modi precedenti restano impliciti e sono il tollerare che ciascun cortigiano parli schiettamente (e divenire così «contennendo») ovvero il circondarsi di adulatori.

5 «dare libero adito a parlargli la verità»: consentire libero accesso alla persona del principe per consigliarlo in tutta coscienza. L’espressione «libero adito» può avere duplice valenza: in senso stretto indica una libertà di accesso diretta, immediata (ed evidentemente riservata) alla persona del sovrano, per consigliarlo in tutta segretezza e potere dunque, nel colloquio privato, esporre liberamente il proprio pensiero senza pregiudizio della dignità regia; ovvero «adito» può avere valenza attenuata e metaforica, e indicare semplicemente il ‘permesso’ – accordato a una ristretta cerchia di consiglieri prescelti («eletti») – di valersi di una più disinvolta libertà di parola. L’espressione machiavelliana riceve poi particolare vigore dall’uso transitivo del verbo «parlare».

6 La banalità di questo suggerimento machiavelliano è disarmante, rispetto alle ben più articolate analisi storico-politiche condotte nel trattato. Si avverte distintamente, nell’argomentare del Segretario fiorentino, il disagio proprio di chi tratta pro domo sua: in fondo Machiavelli era stato, e aspirava negli anni di composizione del Principe a tornare a essere, un ‘consigliere del principe’, uno che aveva cercato di valersi della massima libertà di parola concessa per orientare il periglioso corso di un piccolo stato nella morsa di grandi potenze europee. – Poco dopo Machiavelli tornerà ancora in argomento, senza peraltro chiarire come faccia un principe a conoscere quale sia il momento opportuno per assumere consigli.

7 Al tema degli adulatori Machiavelli collega quello dell’indecisione politica: «si muta spesso per la variazione de’ pareri», altrettanto dannosa quanto le scelte improvvide.

8 Luca Rinaldi, vescovo di Trieste, fu ambasciatore e consigliere dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo (1459-1519): il giudizio di Rinaldi sull’imperatore «come facile», cioè troppo lieve nel mutare subitamente parere, era riferito da Machiavelli nel Rapporto di cose della Magna § 31, con espressioni assai vicine a quelle impiegate nel Principe. – «non si consigliava con persona e non faceva mai di cosa alcuna a suo modo»: non si consultava con alcuno (persona: francesismo) e tuttavia non faceva mai nulla («di cosa alcuna»: compl. d’argomento) di propria iniziativa.

9 «tòrre animo»: scoraggiare.

10 «domanda … domandatore … cose domandate»: efficace anafora che prepara la coppia «largo domandatore / paziente auditore» in cui si condensa il contenuto del presente capitolo.

11 Preoccuparsi se qualcuno («alcuno») – evidentemente fra i consiglieri scelti – non sia schietto per una qualche reverenziale esitazione («per alcuno rispetto»). – «non gnene dica»: «gnene», rispetto al formale «gliele» nel Monacense e presso Inglese, figura nel Gothano e nel Marciano. – Alcuno torna poco dopo per la terza volta: «alcuno principe».

12 «per li buoni consigli che lui ha d’intorno»: per gli efficaci suggerimenti che riceve dai consiglieri più prossimi.

13 La regola (tanto infallibile quanto banale) è che il principe debba essere prudente di per sé, per valersi accortamente dei buoni consigli. Cfr. supra nn. 6 e 10.

14 «a sorte»: per un caso fortunato e non per scelta prudente.

15 «consigli uniti» pareri concordi.

16 «alla proprietà sua»: cfr. cap. XXII, n. 9.

17 «uomini … tristi»: cfr. cap. XV, n. 17 e cap. XVII, n. 13.