— E... — mormorai.
— E mi metteva in ghingheri e mi truccava...
— E...
— E... mi drogava e mi costringeva a farmela davanti alla sua amica... — La voce  mesta di Eddie si spense.
Mi schiarii la gola. La mia stessa voce risuonò strana e come disincarnata. — E tu  la odi per questo?
— La odio per quello che mi ha fatto diventare, agente. Ma l’amo, anche. E  preferisco essere quello che sono piuttosto che essere quello che è lei.
Le parole rimasero sospese nell’aria, velenose, come fallout atomico. Gli porsi il  sacchetto di carta che conteneva le uova e i frappè al malto. — Fa’ colazione — gli  dissi. — Riposati un po’ e presto scoprirai per quale motivo ti abbiamo portato qui.
Controllando che la stanza senza finestre fosse chiusa dall’esterno, lo lasciai da  solo a meditare sulla mia minaccia, poi andai a fare rapporto a Dudley Smith.
— Avresti dovuto fare lo strizzacervelli, ragazzo — fu il suo unico commento.

All’una e mezzo di quel pomeriggio riportammo Eddie Engels nella stanza degli  interrogatori. Era rifocillato e riposato, ma appariva sfinito e pronto ad accettare  qualunque cosa. Lo feci sedere sul materasso e Dudley, Breuning e io sistemammo le  sedie in modo da non permettergli di vedere altro che tre sbirri formato gigante.
Dudley sistemò sul materasso un posacenere, dei fiammiferi e un pacchetto aperto di
Chesterfield. Engels si servì, con gesti cauti.
Dudley attaccò: — Naturalmente sai di che cosa si tratta, non è vero, Eddie?
Engels deglutì e scosse la testa. — No — rispose.
— Ragazzo, nel marzo del quarantotto tu abitavi a Venice, fra la Ventinovesima e
Pacific?
— S... ssì.
— Una giovane donna fu trovata strangolata a due isolati dalla casa che dividevi  con Janet Valupeyk. L’hai uccisa tu?
Engels divenne bianco e urlò: — No!
— Si chiamava Karen Waters. Aveva ventinove anni.
— Ho detto no!
— Benissimo. Ho qui i nomi di altre due giovani donne sole che hanno incontrato  una morte prematura per strangolamento. Se i nomi fanno squillare un campanello  rispondi, d’accordo, ragazzo? Mary Peterson?
— No!
— Jane Macaulay?
Ho detto no!
Dudley sospirò, simulando una pazienza esasperata: — Così hai detto — ribatté.
— Bene, ragazzo, Janet Valupeyk dice tutt’altro. Ha identificato con sicurezza tutte  tre le ragazze morte come tue conquiste. Le ricorda bene. Lei...
— Non è possibile! Janet era una drogata! Era drogata per tutto il tempo che  abbiamo vissuto insieme...
Dudley abbatté la mano in un arco fulmineo, colpendolo alla guancia. Stordito,
Engels si limitò a guardarlo come un bambino in castigo.

— Credevo che avessi rimorchiato molte donne, ragazzo.
— Era vero... Voglio dire: è vero.
— Allora come fai a sapere che non hai rimorchiato una di queste tre?
— Io... non...
— Ne hai uccise tante, Eddie?
— Non ho ucciso nessuno...
Dudley calò la mano aperta, stavolta più forte, riaprendo i tagli al viso inflitti la  sera prima. Engels dimenò le braccia, ma restò seduto. Il suo viso aveva tradito paura  e collera sbigottita, ma ora esprimeva una pena profonda. Sapeva che stavamo per  chiudere il cerchio.
— Leona Jensen, ti ricordi di lei? — chiese Dudley.
Engels abbassò la testa e la scosse. Dudley si allentò il nodo della cravatta. Mi  avvicinai al materasso.
— Stamattina ho chiamato Seattle — dissi. — Ho parlato con tuo padre. L’ho  informato che ti sospettavamo di aver assassinato cinque donne. Ha detto che non ne  saresti stato capace. Ha detto che eri un bravo ragazzo. Io gli ho creduto e credo a te.
Ma il tenente Smith no. Gli ho detto che non esistono prove concrete che ti  colleghino alle donne che ha nominato. Io penso che ci sia un solo caso contro di te e  penso che potremo chiuderlo, se risponderai sinceramente alle domande del tenente.
Engels sollevò il mento dal petto e mi guardò con occhi tristi, come un cane che  aspetta di essere lodato o colpito. Quando parlò, la sua voce era di nuovo spenta: —
Ha parlato davvero con papà?
— Sì.
— Che cos’ha detto?
— Che ti vuole bene. Che tua madre ti vuole bene, che Lillian ti vuole bene più di  tutti.
— Oh, Dio... — Engels cominciò a singhiozzare.
Dudley prese la parola. — E va bene, “signor” Engels. Il nome Margaret
Cadwallader significa qualcosa per te?
Tutto il viso di Eddie fu assalito da uno spasmo. Abbassò la voce a un timbro  baritonale e rispose: — No — con un tremolio.
— No? Abbiamo una dozzina di testimoni oculari che vi hanno visti insieme  all’ippodromo e nei locali notturni sul Sunset Strip.
Engels scosse la testa freneticamente.
— La verità, Eddie — intervenni. — Per il bene della tua famiglia.
— Uscivamo... uscivamo insieme — rispose.
— Ma l’hai lasciata? — continuai per lui.
— S... ssì.
— Perché, assassino? — ruggì Dudley. — Perché non voleva lasciarsi picchiare da  te?
— Non ho mai ucciso nessuno!
— Nessuno ha detto che l’hai uccisa, frodo! La picchiavi?
— Io non vole... lei non era...
— Non volevi cosa? Pervertito schifoso! — Dudley tirò indietro il braccio e lo  vibrò contro Engels al rallentatore.

Lo bloccai a metà del movimento, afferrandolo per il polso e tenendolo sopra la  mia testa. — Le ho detto basta con questo, Smith!
— Dannazione, ispettore, questo pervertito è colpevole e io lo so!
— Io non ne sono tanto sicuro. Eddie, c’è un particolare che mi tormenta. La tua
Ford è stata vista parcheggiata nella strada dove abitava Margaret Cadwallader, la  notte che lei fu strangolata.
Engels gemette: — Oh, Dio.
Continuai: — Che cosa ci faceva lì?
— Io... gliel’avevo prestata.
— Come l’hai riavuta? — intervenne Dudley.
— Io... io...
— L’hai mai scopata nel suo appartamento, bellimbusto? — ruggì Dudley.
— No!
— Questa è divertente, abbiamo rilevato le tue impronte digitali nella sua camera  da letto.
— È una menzogna! Non mi hanno mai preso le impronte digitali!
— Sei tu il bugiardo, bellimbusto. Ti hanno rilevato le impronte quando gli agenti  di Ventura hanno fatto irruzione in un ritrovo di finocchi dove stavi bevendo un  drink.
— Questa è una menzogna!
Dudley fu assalito da un attacco di riso. Perfettamente intonata, la sua risata  musicale s’innalzò e ricadde, modulata in diminuendo e in crescendo come uno
Stradivari nelle mani di un maestro. — Oh, oh, oh! Ah, ah, ah! — Le lacrime gli  rigavano il viso paonazzo. Continuò mentre Engels, Breuning e io lo fissavamo  esterrefatti. Finalmente, la risata di Dudley si tramutò in un enorme sbadiglio  estroverso. Guardò Breuning. — Mike, ragazzo mio, penso che sia ora di dare una  spiegazione al bellimbusto, non è vero?
— Sì, tenente.
Con tutti gli occhi puntati addosso, Dudley Smith frugò nella tasca della giacca e  ne estrasse la spilla di diamanti di Maggie Cadwallader. Nella sordida stanzetta scese  un silenzio assoluto. Dudley sorrise con espressione demoniaca e il viso di Eddie
Engels fu solcato da una rete di vene bluastre che pulsavano. Si strinse la testa fra le  mani e rimase immobile.
— Lo sai dove l’abbiamo trovata, Eddie? — domandai.
— Sì — rispose lui, con voce acuta.
— L’hai presa a Margaret Cadwallader?
— Sì.
— L’hai pagata?
Engels cominciò a ridere... una risata acuta, femminea. — Ragazzi, se l’ho pagata!
Oh, ragazzi! Pagata e strapagata! — gridò.
Dudley intervenne: — Direi che è stata Margaret a pagarla, con la vita. Tu le  picchi, le uccidi e ora le derubi. Profani i loro cadaveri, bellimbusto?
— No!
— Le uccidi e basta?
— Sì... no!

— Che cosa volevi farne di quella spilla, sozzone? Darla alla tua sorellina lesbica?
— Aaahhh! — strillò Engels.
— È stata la tua dissoluta sorellina a insegnarti a mangiare la figa, bellimbusto? È  per questo che la odi? È per questo che odi le donne? Ti pisciava addosso? Ti  costringeva a inginocchiarti per leccargliela? È per questo che uccidi le donne?
— Sì, sì, sì, sì, sì! — gridò Engels, con una voce stridula da soprano cacofonico.
— Sì, sì, sì, sì, sì!
Dudley si gettò su di lui, lo sollevò dal letto e lo sbatté più volte con la schiena  contro la parete. — Dimmi come hai fatto, assassino! Dimmi come hai strangolato la  dolce Margaret e non parleremo delle altre alla tua mammina e al tuo paparino.
Dimmelo!
Engels si afflosciò fra le mani di Dudley come una bambola di stracci. Quando  finalmente l’irlandese lo mollò, si accasciò sul letto e gemette in modo pietoso.
Dudley m’indicò il bagno. Lo seguii là dentro. C’era uno scarafaggio enorme che  strisciava fuori dalla vasca sudicia. — Fottuti scarafaggi — brontolò. — S’infilano  nel letto di notte e ti succhiano il sangue. Sudici succhiacazzi. — Si chinò, lasciando  che l’insetto gli strisciasse sulla mano, poi serrò il pugno e lo schiacciò fino a ridurlo  a una poltiglia giallo-verdastra. Sfregò i resti vischiosi sulla gamba dei pantaloni e mi  disse: — Sta per cedere, ragazzo.
— Lo so — risposi.
— Sarai tu a dargli la spinta finale.
— Come?
— Gli piaci. Va pazzo per te. La voce gli si sdilinquisce quando gli stai vicino. Sei  il suo salvatore, ma stai per diventare il suo Giuda. Quando mi allenterò la cravatta,  voglio che tu lo colpisca. — Guardai i folli occhi castani di Dudley ed esitai. — È  l’unico modo, ragazzo.
— Io... non posso.
— Puoi e lo farai, agente — mi sibilò in faccia. — Ne ho abbastanza dei tuoi  capricci da primadonna! Se vuoi una fetta di questo arresto, colpirai quel fottuto  pervertito in faccia e forte! Capito, Underhill?
Mi sentii gelare. — Sì — risposi.

Ci riunimmo di nuovo nella stanzetta, che ora sembrava malconcia quanto Eddie
Engels. Dudley accennò al blocco stenografico di Mike Breuning: — Parola per  parola, Mike.
— Bene, comandante.
Portai un bicchiere d’acqua a Engels. Sapendo che cosa dovevo fare, non condii il  gesto di gentilezza. Mi limitai a porgergli l’acqua e quando mi rivolse un sorriso lo  ricambiai con un’espressione impassibile.
— Bene, Eddie — disse Dudley. — Ammetti di conoscere Margaret Cadwallader?
— Sì
— E di essere stato in intimità con lei?
— Sì.
— E di averla picchiata?

— No, non ho potuto. Lei... Sentite, potrei fare l’informatore per voi — tentò  disperatamente Engels. — Conosco tante persone che potrei consegnarvi. Drogati,  spacciatori. Ne so qualcosa, dai tempi della Marina.
Dudley lo schiaffeggiò. — Zitto, Eddie bello. Ormai è quasi finita. Faremo arrivare  qui in aereo la tua dolce sorellina, Lillian. Lei vuole parlarti della povera Margaret a  quattr’occhi. Vuole che tu confessi e risparmi alla tua famiglia l’angoscia di  un’incriminazione per cinque accuse di omicidio.
— No, per favore — piagnucolò Engels.
— Tenente, non ci sto — esclamai incollerito. — Non abbiamo prove. Tutto quello  che abbiamo è lo strangolamento della Cadwallader. Possiamo incriminarlo per  quello.
— Oh, merda, ispettore. Possiamo ottenere un’incriminazione per almeno cinque  capi d’accusa. Possiamo andare fino in fondo. Portiamo qui Lillian Engels, lei farà  entrare un po’ di buon senso nella testolina del piccolo Eddie, come ha sempre fatto!
— Vi prego, no — piagnucolò Engels.
— Eddie — dissi io — i tuoi genitori sanno che sei omosessuale?
— No.
— Sanno che Lillian è lesbica?
— No, vi prego!
— Non vuoi che lo scoprano, vero?
— No! — Urlò la risposta con voce spezzata. Si strinse le braccia intorno al corpo  e si dondolò avanti e indietro.
— Possiamo risparmiarglielo, Eddie — incalzai. — Puoi confessare per Margaret e  non ti denunceremo al Gran giurì per le altre. Ascoltami, sono tuo amico.
— No... non so!
— Zitto. Ascoltami. Penso che ci siano state delle circostanze attenuanti. Margaret  ti prendeva in giro?
— No... sì!
— Ti ricordava Lillian? Tutte le brutte cose del passato?
— Sì!
— Cose cattive? Cose orribili a cui detesti pensare?
— Sì!
— Vuoi farla finita?
— Oh, Dio... sì — farfugliò.
— Hai fiducia in me?
— Sì. Lei è simpatico. È una persona dolce.
— Allora parlami di Margaret.
— Oh, Dio. Oh, Dio, ti prego.
Posai la mano sul ginocchio di Engels. — A me importa, Eddie. Sul serio. Dimmi.
— Non posso!
Con la coda dell’occhio vidi Dudley allentarsi il nodo della cravatta. Mi feci forza,  poi mi alzai e mi piazzai di fronte a Engels. Lui alzò la testa per guardarmi,  implorandomi con gli occhi spalancati. Io serrai la mano a pugno e lo colpii con tutta  la mia forza al naso. Si ruppe schizzando in aria sangue. Engels si strinse il viso  sanguinante e ricadde all’indietro sul materasso.