nella storia del dipartimento di polizia di Los Angeles. Non è il tipico poliziotto  medio. È un diplomato del 1946 al Loyola College, che non ha voluto entrare nel  mondo accademico. Si è battuto tenacemente per arruolarsi durante la Seconda guerra  mondiale, rivolgendo parecchie petizioni alla commissione di leva perché lo  accogliesse nell’esercito, nonostante un timpano perforato. È stato riformato e ha  sfruttato al meglio gli anni del college, laureandosi magna cum laude con una tesi in  storia. L’agente investigativo Underhill è orfano, e ha raggiunto la media più alta mai  conseguita nell’orfanotrofio di St Brendan’s. Monsignor John Kelly, preside della  scuola superiore del St Brendan’s frequentata da Underhill, ha dichiarato: ‘I recenti  successi di Fred nella polizia non mi stupiscono affatto. Era un ragazzo devoto e un  serio lavoratore, che sapevo destinato a grandi cose’.
“‘Ma quali cose!’ ha commentato Underhill. ‘Non ho mai desiderato essere altro  che un poliziotto. È l’unica vita che abbia mai preso in considerazione.’
“E noi, cittadini di Los Angeles, siamo i fortunati beneficiari della decisione presa  fin dall’infanzia da Fred Underhill di scegliere la vita altruistica di un agente di  polizia. Primo: quando lavorava come agente di pattuglia nella divisione di Wilshire,
Fred Underhill aveva a suo credito più arresti per reati gravi di qualsiasi altro agente  della stazione. Secondo: Fred Underhill ha ottenuto una delle medie più alte che si  siano mai registrate all’Accademia di polizia. Terzo: il capitano William Beckworth,  ex comandante di Underhill a Wilshire, lo ha definito ‘il miglior poliziotto nato che  abbia mai conosciuto’. Una lode davvero esaltante, ma sorretta dai fatti: nel febbraio  di quest’anno, l’agente Fred Underhill ha ucciso due rapinatori armati che avevano  appena rapinato un supermercato. Nella sparatoria è morto il suo compagno di  pattuglia. Ora la soluzione inattesa dello sconcertante caso di Margaret Cadwallader,  tutte due nello stesso anno.
“In Corea infuria la guerra. Oltremare siamo in posizione di stallo contro il nemico  comunista. Sul fronte interno è in pieno atto la guerra contro il crimine. È una guerra  che purtroppo ci accompagnerà sempre. Grazie a Dio, uomini come l’agente  investigativo Fred Underhill saranno sempre con noi.”
Lorna concluse con un gesto fiorito e finse di svenire parodiando un’emozione  troppo intensa. — Ebbene, agente Fred? — domandò.
— Si sono dimenticati di dire che sono alto, bello, intelligente e affascinante.
Quella sarebbe stata la verità. Comunque hanno optato per le stronzate; suonano  meglio. Non avrebbero certo potuto dire che ero un ateo renitente alla leva e, prima di  te, un donnaiolo assatanato.
— Freddy!
— È la verità. Oh, merda, Lorna. Sono così maledettamente stanco di questa  faccenda.
— Lo sei davvero, caro?
— Sì.
— Allora vuoi farmi due favori?
— Dimmi quali.
— Non nominare il caso per il resto di questo weekend.
— Okay. E l’altro?
— E fai l’amore con me.

— Doppio okay. — Tesi le braccia verso Lorna e cademmo ridendo sul letto.
Qualche tempo dopo, chiamammo il servizio in camera per ordinare due trote, che  arrivarono su un carrello ricoperto di lino, servite da un cameriere che bussò alla  porta con discrezione e disse a voce bassa: — La cena, signori!
Dopo mangiato, Lorna accese una sigaretta e mi squadrò con calore e umorismo.
Non so perché, questo suscitò in me un’ondata di curiosità, e le dissi: — Facciamo  cambio, Lorna?
— Cambio?
— Esatto. Tu hai voluto sapere delle ore mancanti della mia vita...
— E va bene, tesoro, facciamo cambio. Dopo l’incidente, un’orgia di  autocommiserazione: sentirsi in trappola, con una madre morta da santa, una sorella  obesa, un padre buffone, e tutte quelle maledette operazioni... e false speranze e  congetture e senso di colpa e odio per me stessa e rabbia. E il distacco. Quello era il  peggio. “Sapere” che non ero di questo tempo e di questo luogo... o meglio, di nessun  tempo e di nessun luogo. Poi imparare di nuovo a camminare, e sentirmi piena di  gioia, finché il medico mi disse che non avrei mai potuto avere figli. Poi la terribile,  terribile amarezza, e le piccole lezioni di adattamento.
— Che cosa vuoi dire, Lor?
— Voglio dire: non sapere mai quando la gamba matta avrebbe ceduto del tutto e  sarei finita col culo per terra. Sembrava che dovesse capitare sempre quando ero  vestita di bianco. Imparare a salire le scale. Imparare a uscire presto per andare a  lezione quando sapevo che ci sarebbero state delle scale da salire. Quelle terribili  persone gentili che volevano aiutarmi. Gli uomini che pensavano fossi una conquista  facile perché ero menomata. Avevano ragione, sai? Ero una conquista facile.
— Lo ero anch’io, Lor.
— Poi il college e la facoltà di legge, e libri e quadri e musica e alcuni uomini e  una specie di riconciliazione con la mia famiglia, e finalmente l’ufficio del  procuratore distrettuale.
— E poi?
— E poi cosa, Freddy? — La voce di Lorna salì di tono, esasperata. — Sei così  maledettamente insistente! Lo so che vuoi che parli della meraviglia, qualunque cosa  sia, ma proprio non me la sento.
— Calma, tesoro. Non volevo essere indiscreto.
— Lo volevi e non lo volevi. Lo so che vuoi sapere tutto di me, ma lascia tempo al  tempo. Non sono io la meraviglia.
— Sì che lo sei.
— No! Tu vuoi controllare la meraviglia. È per questo che fai il poliziotto. Freddy,  io voglio stare con te, ma non potrai mai controllarmi, capisci?
— Sì, capisco che hai ancora paura delle cose. Io non ne ho più.
— Non essere tortuoso, dannazione!
— Merda — imprecai sottovoce, sentendo all’improvviso il peso della mia vita  studiata con cura crollare dopo tre settimane di tensione e di aspettativa. —
Meraviglia, giustizia, tutte balle. Non lo so più, e basta.
— Sì che lo sai — disse Lorna. — Ci sono io. Non sono né la meraviglia né la  giustizia.

— Che cosa sei?
— Sono la tua Lorna.


Quella sera e la mattina seguente non andammo a visitare State Street o a fare una  passeggiata romantica sulla spiaggia, o a fare il giro turistico della storica missione di
Santa Barbara. Andammo a ballare, nella stanza color limone, accompagnati alla  radio dalla musica dei Four Lads, delle McGuire Sisters, di Teresa Brewer e  dell’immortale orchestra dello scomparso Glenn Miller.
Trovammo una stazione radio che trasmetteva dischi a richiesta, e io telefonai e li  seccai per far suonare una serie di vecchi successi che improvvisamente mi erano  diventati cari grazie a Lorna. Il disc jockey obbedì e Lorna e io ci abbracciammo  stretti e ci spostammo lentamente nella stanza al ritmo morbido di The Way You Look
Tonight, Blue Moon, Perfidia, Blueberry Hill, Moments to Remember, Good Night,
Irene, e, naturalmente, Patti Page che cantava The Tennessee Waltz.

All’alba del lunedì, ci alzammo e tornammo a malincuore a Los Angeles e  all’amministrazione della giustizia.


13

Dormivo sodo nel mio appartamento quando squillò il telefono. Erano le due del  pomeriggio di lunedì. Dormivo da tre ore scarse.
Era Lorna. — Freddy, devo vederti subito. È urgente.
— Che cosa c’è, Lor?
Sembrava molto preoccupata. Nella sua voce c’era un timbro che non avevo mai  sentito. — Non posso parlarne al telefono.
— Hanno accusato formalmente Engels?
— Sì. Si è dichiarato non colpevole. Era presente Dudley Smith, insieme al  viceprocuratore distrettuale, ed Engels ha cominciato a urlare. Gli agenti dello  sceriffo hanno dovuto immobilizzarlo.
— Gesù. Sei in ufficio?
— Sì.
— Sarò lì fra tre quarti d’ora.
Impiegai cinquantacinque minuti vestendomi in fretta e lanciando la Buick  quindici chilometri oltre il limite di velocità. Feci balenare il distintivo davanti  all’inserviente del parcheggio al Tempie e lui annuì pronto, piazzando sotto il  tergicristalli un pezzo di carta dall’aria ufficiale. Due minuti dopo irrompevo dalla  porta nell’ufficio di Lorna.
Lorna aveva compagnia, ed era una compagnia dall’aspetto grave. Erano due  uomini vestiti con eleganza, sulla quarantina. Uno di loro, quello che aveva l’aspetto  più imponente, mi sembrò familiare. Era seduto sul divano di pelle verde di Lorna  con le lunghe gambe tese e incrociate alle caviglie. Toccava nervosamente una borsa  di pelle posata sul pavimento vicino a lui. Anche in quell’atteggiamento disinvolto,  riusciva a intimidire. L’altro era biondiccio e grassoccio, e portava un foulard al collo  e un golf di cashmere in una giornata in cui la temperatura prometteva di raggiungere  i quaranta gradi. Si leccava continuamente le labbra e spostava gli occhi dall’uomo  con la borsa a me.
Lorna fece le presentazioni, mentre accostavo una sedia di legno alla sua scrivania.
— Agente investigativo Fred Underhill, questo è Walter Canfield. — Indicò l’uomo  con la borsa. — E questo è il signor Clark Winton. — Accennò con la testa in  direzione dell’uomo con il foulard. I due visitatori presero atto della mia presenza con  un’occhiata, quella di Canfield ostile, quella di Winton nervosa.
— Che cosa posso fare per voi? — domandai.

Canfield fece per aprire la bocca, ma Lorna lo precedette in tono molto formale: —
Il signor Canfield è un avvocato, Fred. Rappresenta il signor Winton —. Esitò, poi  aggiunse con voce incerta:
— Il signor Canfield e io abbiamo lavorato insieme, in passato. Ho fiducia in lui —
. Guardò Canfield, che sorrise con aria truce.
— Sarò breve, agente — disse. — Il mio cliente era in compagnia di Eddie Engels  la notte in cui Margaret Cadwallader è stata assassinata. — Attese la mia reazione.
Non ottenendo altro che silenzio, aggiunse: — Il mio cliente è rimasto con Engels  tutta la notte. Ricorda molto bene la data. Il dodici agosto è il suo compleanno.
Canfield mi guardò con aria trionfante. Winton teneva gli occhi fissi sulle  ginocchia, torcendosi le mani tremanti.
Sentii tutto il mio corpo irrigidirsi in una sensazione di ansia.
— Eddie Engels ha confessato, signor Canfield — dichiarai in tono prudente.
— Il mio cliente mi ha informato che Engels è un uomo emotivamente disturbato,  che si porta dentro un forte senso di colpa per certi avvenimenti del passato.
Winton intervenne: — Eddie è un uomo turbato, agente. In Marina si era  innamorato di un uomo più anziano. L’uomo lo costrinse a fare cose terribili,  inducendolo a odiare se stesso per quello che era.
— Ha confessato — ripetei.
— Andiamo, agente. Sappiamo tutti e due che la confessione è stata estorta con  maltrattamenti. Ho visto Engels stamattina in occasione dell’incriminazione formale.
È stato percosso molto duramente.
— È stato trattenuto con la forza quando ha tentato di resistere all’arresto —  mentii.
Canfield sbuffò. In un ambiente diverso avrebbe sputato. Ricambiai la sua occhiata  sprezzante con una delle mie, poi spostai lo sguardo su Clark Winton. — Lei è  omosessuale, signor Winton? — domandai, già sicuro della risposta.
— Freddy, dannazione! — esplose Lorna.
Winton deglutì e guardò il suo avvocato in cerca di appoggio. Canfield cominciò a  sussurrargli all’orecchio, ma io li interruppi: — Perché se lo è, e se ha intenzione di  venire allo scoperto con questa informazione, la polizia vorrà delle dichiarazioni  firmate riguardo ai suoi rapporti con Engels e un resoconto dettagliato delle sue  attività con lui la notte del dodici agosto. È preparato a questo?
— Eddie e io eravamo amanti — rispose calmo Winton, con grande rassegnazione.
Radunai gli argomenti e li sputai fuori: — Signor Winton, abbiamo una  confessione firmata. Abbiamo anche testimoni oculari che deporranno di aver visto la  macchina di Engels in Harold Way la notte dell’omicidio. Se renderà pubblica la sua  storia, si esporrà a un’accusa di favoreggiamento.
Canfield mi squadrò freddamente. Con la coda dell’occhio vidi Lorna rigida,  fumante di collera. — Il mio cliente è un uomo coraggioso, agente — disse Canfield.
— È in gioco la vita di Eddie Engels. Thad Green è un mio vecchio amico, così come  il procuratore distrettuale. La dichiarazione del signor Winton sarà depositata questo  pomeriggio. Il signor Winton si rende conto che la polizia avrà molte domande da  rivolgergli; io sarò presente all’interrogatorio. Il signor Winton è un uomo influente;  a lui non estorcerete confessioni con la forza. Sono venuto qui a parlarle solo perché