CAPITOLO 15
COME NON MORIRE PER CAUSE IATROGENE
(CIOÈ PER COLPA DEI DOTTORI)

Come si suol dire, prevenire è meglio che curare. Ma in genere la cura non è tanto impegnativa. Perché cambiare alimentazione e stile di vita quando la medicina moderna è in grado di rimettere in sesto quello che non va?

Peccato che la medicina moderna non sia così efficace come pensano in molti.1 I medici sono abilissimi nel trattare malattie acute, come ossa rotte e infezioni, ma per le malattie croniche, che sono la causa principale di morte e disabilità, la medicina convenzionale non ha molto da offrire, anzi: a volte può fare più male che bene.

Si stima ad esempio che gli effetti collaterali dei farmaci somministrati negli ospedali uccidano 106.000 americani all’anno.2 Questo dato statistico trasforma di fatto le cure mediche nella sesta causa principale di morte negli Stati Uniti. E la cifra rispecchia solo i decessi derivati dall’assunzione di medicinali prescritti. A questa vanno aggiunte altre 7000 persone che muoiono ogni anno per aver ricevuto per errore il farmaco sbagliato, e altre 20.000 decedute in seguito a errori medici diversi in ambito ospedaliero.3 Gli ospedali sono luoghi pericolosi, e questo senza contare i 99.000 pazienti che si stima muoiano ogni anno a causa di infezioni contratte in corsia.4 Ma i decessi per infezione possono essere attributi ai medici? Sì, se non si lavano le mani.

Sappiamo fin dal 1840 che lavarsi le mani è il modo migliore per evitare le infezioni ospedaliere, eppure di rado il personale medico che segue la regola supera il 50%. E i dottori sono i peggiori.5 Uno studio ha rivelato che persino in terapia intensiva, l’affissione di un cartello con la scritta «rischio infezioni» induceva a lavarsi bene le mani o a usare un disinfettante prima di occuparsi dei pazienti in meno di un quarto dei medici.6 Avete letto bene: meno di un dottore su quattro si lavava le mani prima di toccare i malati. Molti medici temono che se la gente venisse a sapere quante persone vengono inavvertitamente uccise dai loro colleghi ogni anno, la cosa potrebbe «minare la sua fiducia».7 Ma se i dottori non si preoccupano nemmeno di lavarsi le mani, quanta fiducia si meritano?

Questa situazione disgraziata (e anche disgustosa!) implica che potreste entrare per un’operazione semplice e uscire con un’infezione che mette a rischio la vostra vita, sempre ammesso che riusciate a uscire. Ogni anno, 12.000 americani muoiono per complicazioni post operatorie in seguito a interventi che tanto per cominciare non erano neppure necessari. Per chi vuole tenere il conto, si tratta di oltre 200.000 persone morte per cause cosiddette iatrogene (dal greco iatrós, che significa «dottore»). E questa cifra si basa solo sui dati dei pazienti ricoverati. Negli ambienti ambulatoriali, ad esempio nello studio del medico, gli effetti collaterali dei farmaci potrebbero provocare da soli altri 199.000 morti.8

L’Istituto di Medicina americano stima che gli errori medici uccidano anche di più, fino a 98.000 statunitensi,9 il che porta il totale annuo dei decessi a circa 300.000. Una cifra che supera il numero degli abitanti di città come Newark, Buffalo e Orlando. Anche facendo una stima più conservativa delle morti dovute agli errori medici, le cure mediche risultano essere in realtà la terza causa di morte in America.10

Come ha reagito la comunità medica davanti a conclusioni così tremende? Con un silenzio assordante sia nelle parole che nelle azioni.11 Il primo rapporto di questo tipo, comparso nel 1978, suggeriva che circa 120.000 decessi verificatisi negli ospedali avrebbero potuto essere prevenuti.12 Poi, sedici anni dopo, sul «Journal of the American Medical Association» fu pubblicato un altro promemoria ferocemente critico nel quale si diceva che il bilancio delle vittime poteva essere «l’equivalente di due o tre incidenti aerei ogni due giorni».13 Negli anni intercorsi tra i due rapporti, quasi due milioni di americani potrebbero essere morti a causa di errori medici, eppure la comunità medica si è rifiutata di rilasciare commenti su questa tragedia e non ha fatto alcuno sforzo sostanziale per ridurre il numero dei decessi.14 600.000 decessi più tardi, il prestigioso Istituto di Medicina ha pubblicato un rapporto cruciale sulle conseguenze catastrofiche degli errori medici15 ma, ancora una volta, è stato fatto ben poco.16

Alla fine sono stati introdotti alcuni cambiamenti. Ad esempio, aiuti e interni non possono più lavorare oltre le ottanta ore a settimana (quantomeno sulla carta) e i turni non possono durare più di trenta ore consecutive. Potrebbe non sembrare un grande passo, ma quando ho iniziato il mio internato dopo la laurea in medicina, si facevano turni di trentasei ore ogni tre giorni, che ammontavano a una settimana lavorativa di 117 ore. Stando a quanto indicano le ricerche, quando aiuti e interni sono costretti a lavorare tutta la notte commettono il 36% in più di errori medici gravi, quintuplicano gli errori diagnostici e raddoppiano i «cali di attenzione» (come addormentarsi durante un intervento chirurgico).17 Si presume che durante l’operazione sia il paziente a dormire, non il chirurgo. Non sorprende quindi che i medici oberati di lavoro commettano il 300% in più di errori legati alla stanchezza che conducono alla morte dei pazienti.18

Se ogni giorno un aereo di linea si schiantasse provocando la morte di centinaia di persone, ci aspetteremmo che la Federal Aviation Administration si facesse avanti e intervenisse. Perché nessuno osa affrontare i medici? Invece di limitarsi a pubblicare rapporti, organismi come l’Istituto di Medicina potrebbero imporre a dottori e ospedali di adottare almeno una minima serie di pratiche di prevenzione, come dotare i farmaci di codici a barre per evitare confusione.19 (Ce l’hanno persino i pacchetti di Mars al negozio di alimentari).

Tuttavia, solo chi assume farmaci viene ucciso da errori terapeutici o dagli effetti collaterali. Per morire a causa di un errore del personale ospedaliero o di un’infezione post operatoria, dovete innanzitutto trovarvi in ospedale. La buona notizia è che la maggior parte delle visite mediche può essere evitata grazie a una dieta e a uno stile di vita sani.20

Il miglior modo per eludere gli effetti negativi delle analisi e delle cure mediche non è scansare i dottori, ma evitare innanzitutto di ammalarsi.

 

Radiazioni

I rischi non sono associati solo alle cure mediche, ma talvolta anche alla diagnostica. Uno studio del 2001 della Columbia University, intitolato Estimated Risks of Radiation-Induced Fatal Cancer from Pediatric CT (Stima dei rischi di tumore mortale indotto dalla radiazioni della TAC pediatrica) ha riacceso timori ancestrali riguardo ai rischi legati all’esposizione alle radiazioni in fase diagnostica. Gli strumenti per la TAC, o tomografia assiale computerizzata, utilizzano raggi x multipli da angoli diversi per creare immagini in sezione, esponendo l’organismo a radiazioni centuplicate rispetto a quelle delle semplici radiografie.21 Basandosi sull’aumento del rischio di tumore nei sopravvissuti a Hiroshima esposti a dosi simili di radiazioni,22 è stato stimato che fra tutti i bambini americani che si sottopongono a TAC addominali o alla testa ogni anno, cinquecento «potrebbero in seguito morire di tumori attribuibili alle radiazioni della TAC».23 Davanti a una simile affermazione, il caporedattore di un’importante rivista di radiologia ha ammesso: «Noi radiologi potremmo essere incolpati tanto quanto gli altri di non prenderci cura dei nostri bambini».24

Una bambina su 150 può correre il rischio di ammalarsi di tumore dopo una sola TAC.25 In generale, si stima che le radiazioni usate per la diagnostica provochino ogni anno 2800 tumori al seno fra le donne americane, oltre a 25.000 altri tipi di cancro.26 In altre parole, pare che i medici provochino decine di migliaia di tumori all’anno.

Raramente i pazienti che subiscono queste analisi vengono informati dei rischi. Ad esempio, sapevate che in base alle stime una TAC al torace provoca lo stesso rischio di cancro di settecento sigarette?27 Una donna di mezza età su 270 potrebbe ammalarsi di tumore in seguito a una sola angiografia.28 TAC e radiografie possono salvare la vita, ma le prove suggeriscono che da un quinto alla metà di queste analisi non sono necessarie e potrebbero essere sostituite da analisi con strumenti di diagnostica per immagini più sicuri oppure essere evitate del tutto.29

Molte persone si preoccupano dell’esposizione alle radiazioni dei metal detector degli aeroporti, che usano body scanner a retrodiffusione di raggi x,30 ma è stato dimostrato che non fanno male. L’aeroplano, invece, è tutta un’altra storia. Dal momento che in quota si è esposti a una maggiore quantità di raggi cosmici provenienti dallo spazio, un solo viaggio di andata e ritorno da un capo all’altro del Paese può sottoporci alla stessa dose di radiazioni di una radiografia al torace.31 (Data la serie di conferenze che ho tenuto di recente, ormai dovrei brillare al buio!)

Che cosa si può fare per ridurre il rischio dovuto alle radiazioni? Come in tante altre questioni di salute, la risposta sta nel mangiare sano.

Una ricerca finanziata dal National Cancer Institute americano ha analizzato l’alimentazione e l’integrità cromosomica dei piloti di linea, che ogni giorno vengono colpiti da radiazioni, per scoprire quali cibi offrissero maggiore protezione. Si è scoperto che i piloti che assumevano più antiossidanti con la dieta subivano danni minori al DNA. Notate le parole «con la dieta». Gli integratori a base di antiossidanti, come la vitamina C e la vitamina E, non si sono rivelati di aiuto. I piloti che assumevano la maggior parte della vitamina C da frutta e verdura, invece, risultavano protetti.32 Assumere integratori potrebbe rappresentare più di un semplice spreco di soldi: i soggetti a cui erano stati somministrati 500 mg di vitamina C al giorno, infatti, si erano ritrovati con maggiori danni ossidativi al DNA.33

Tenete presente che gli antiossidanti naturali degli alimenti funzionano in maniera sinergica: è la combinazione di tanti composti diversi che tende a proteggervi, non le dosi elevate di singoli antiossidanti contenuti negli integratori. Di fatto, i piloti che mangiavano un mix di fitonutrienti, concentrati in cibi vegetali come agrumi, frutta a guscio, semi, zucca e peperoni presentavano i livelli più bassi di danni al DNA dovuti alle radiazioni con cui erano bombardati ogni giorno dalla galassia.34

L’équipe di ricercatori ha scoperto che verdure a foglia verde come gli spinaci e il cavolo riccio offrono una protezione migliore dalle radiazioni rispetto ad altri tipi di frutta e verdura.35 Ogni volta che prendevo un aereo mi portavo sempre uno snack a base di foglie di cavolo riccio perché pensavo che fossero molto leggere, ma poi ho scoperto che proteggevano anche il mio DNA.

Lo stesso effetto protettivo dei prodotti ortofrutticoli riscontrato nei piloti è stato scoperto anche tra i sopravvissuti alla bomba atomica. Per diversi decenni, i ricercatori hanno seguito 36.000 sopravvissuti agli attacchi nucleari su Hiroshima e Nagasaki. Coloro che seguivano diete ricche di frutta o verdura avevano ridotto il rischio di cancro del 36% circa.36 È stata osservata la stessa cosa dopo l’incidente al reattore di Chernobyl: il consumo di frutta e verdura fresche proteggeva il sistema immunitario dei bambini, mentre quello di uova e pesce era legato a un significativo incremento del rischio di danni al DNA. I ricercatori hanno concluso che tale risultato poteva essere dovuto a un’eventuale contaminazione dei prodotti di origine animale con elementi radioattivi oppure al ruolo svolto dai tessuti adiposi animali nella formazione dei radicali liberi.37

Gli incidenti nucleari offrono la rara opportunità di studiare tali effetti sugli esseri umani, dal momento che, com’è ovvio, esporre intenzionalmente le persone alle radiazioni è contrario all’etica. Tuttavia, come abbiamo scoperto grazie ai documenti desecretati relativi agli esperimenti sulle radiazioni condotti durante la guerra fredda, ciò non ha impedito al governo americano di iniettare alla gente «di colore» dosi di plutonio38 o di dar da mangiare ai bambini «ritardati» cereali per la colazione con isotopi radioattivi.39 Nonostante il Pentagono abbia insistito sul fatto che tali metodi fossero «gli unici mezzi possibili» per capire come proteggere la popolazione dalle radiazioni,40 da allora i ricercatori ne hanno scoperti altri che non violano il Codice di Norimberga.

Uno di questi consiste nello studiare le cellule umane in provetta. La ricerca ha scoperto, ad esempio, che il DNA dei globuli bianchi bombardati di raggi gamma subiva danni minori se le cellule venivano pretrattate con fitonutrienti estratti dalla radice di zenzero (o ginger). I suoi composti proteggevano il DNA quasi quanto i principali farmaci usati in caso di nausea da radiazioni,41 e in dosi 150 volte inferiori.42 Chi prende lo zenzero per evitare mal d’auto e chinetosi si sta forse proteggendo contro qualcosa di più della nausea.

Tra gli altri alimenti comuni che possono proteggere dai danni da radiazioni vi sono l’aglio, la curcuma, le bacche di goji e le foglie di menta,43 ma nessuno di questi è stato testato negli studi clinici. Come possiamo testare il potere protettivo degli alimenti nelle persone invece che su una piastra di Petri? Per studiare il modo in cui la dieta può offrire protezione dai raggi cosmici, sono stati presi in esame i piloti di linea. E indovinate chi è stato scelto per scoprire se il cibo può proteggere dai raggi x? I tecnici radiologi.

Si è scoperto che il personale ospedaliero che usa abitualmente le macchine per i raggi x soffre di danni cromosomici maggiori e ha livelli più alti di stress ossidativo rispetto ai colleghi che lavorano in altri reparti.44 Per questo motivo, i ricercatori hanno reclutato un gruppo di radiologi e hanno chiesto loro di bere due tazze di tisana alla melissa al giorno per un mese. (La melissa è un’erba che appartiene alla stessa famiglia della menta.) Persino in quel breve lasso di tempo, la tisana si è dimostrata capace di incrementare il livello degli enzimi antiossidanti nel sangue dei soggetti, riducendo al tempo stesso il danno al DNA.45

 

I vantaggi dell’alimentazione rispetto ai farmaci

Da uno studio condotto su oltre 100.000 abitanti del Minnesota è emerso che a sette persone su dieci era stato prescritto almeno un farmaco all’anno. Oltre la metà se ne è visti prescrivere due o più e al 20% ne sono stati prescritti cinque o più.46 Nel complesso, i medici statunitensi scrivono circa quattro miliardi di ricette l’anno.47 Sono circa tredici a testa per ogni uomo, donna e bambino.

I due farmaci più citati durante le visite mediche sono la simvastatina, che serve ad abbassare il colesterolo, e il lisinopril, una pillola contro l’ipertensione.48 Quindi gran parte delle medicine viene data nel tentativo di prevenire la malattia. Ma questi miliardi di pasticche funzionano davvero?

Uno dei motivi per cui medici e pazienti sottovalutano i cambiamenti alimentari e dello stile di vita potrebbe essere un’eccessiva fiducia nel potere delle pillole e dei metodi di prevenzione. Quando vengono intervistate, le persone sovrastimano ampiamente la capacità di mammografie e colonscopie di prevenire le morti per cancro o quella di medicinali come l’acido alendronico di impedire le fratture dell’anca, o dell’atorvastatina di prevenire gli infarti gravi.49 I pazienti sono convinti che le statine contro il colesterolo siano venti volte più efficaci nel prevenire gli attacchi di cuore di quanto siano in realtà.50 Non stupisce dunque che gran parte della gente continui ad affidarsi alle medicine per non morire! Ma quello che non viene detto è che molti degli intervistati affermano che non sarebbero disposti a prendere molte di queste medicine, se ne conoscessero gli scarsi benefici.51

Fino a che punto i farmaci più diffusi in America sono inefficaci? Per quanto riguarda colesterolo, pressione sanguigna e medicine per fluidificare il sangue, la possibilità che persino i pazienti ad alto rischio ne traggano vantaggio in genere è inferiore al 5% nell’arco di cinque anni.52 Quando è stata posta loro la domanda, la maggior parte dei pazienti ha risposto che voleva sentirsi dire la verità.53 Tuttavia, come medici, sappiamo che se divulgassimo questa informazione, pochi dei nostri pazienti accetterebbero di prendere tali farmaci tutti i giorni per il resto della vita, il che andrebbe a scapito della piccola percentuale di persone che ne traggono realmente beneficio. Ecco perché i medici che conoscono questa realtà e le case farmaceutiche ne esagerano i benefici evitando opportunamente di dire quanto siano ridotti. Quando si tratta di malattie croniche, a volte la medicina convenzionale è ingannevole.

Per le centinaia di milioni di persone che prendono questo tipo di farmaci senza trarne vantaggio, non sussiste solo il problema dei soldi spesi e degli effetti collaterali subiti. Secondo me, la vera tragedia sta nelle occasioni perdute di affrontare alla radice le cause delle malattie. Quando si sovrastima troppo la proprietà protettiva delle pillole, si tende a essere meno disponibili a introdurre i cambiamenti alimentari necessari a ridurre drasticamente il rischio.

Prendete ad esempio le statine usate per abbassare il colesterolo. Al massimo, in termini di riduzione del rischio assoluto di infarto o decesso, possono arrivare a un 3% in un periodo di sei anni.54 Una dieta a base di cibi integrali di origine vegetale, invece, può funzionare venti volte meglio, offrendo una riduzione del rischio assoluto pari al 60% in meno di quattro anni.55 Nel 2014 il dottor Caldwell Esselstyn Jr. ha pubblicato uno studio di serie di casi relativo a circa duecento persone con patologie cardiache significative, dimostrando che una dieta sufficientemente sana a base di prodotti vegetali può prevenire la recidiva di episodi cardiaci gravi nel 99,4% dei pazienti che la seguono.56

In realtà non avete il lusso di scegliere tra seguire una dieta sana o prendere una pillola per prevenire un infarto, perché sul breve periodo i farmaci non funzionano nel 97% dei casi. Ovviamente la dieta e le pillole non si escludono a vicenda e sotto le cure del dottor Esselstyn molti pazienti hanno saggiamente continuato a prendere le loro medicine per il cuore. Bisogna soltanto capire quanto in realtà sia limitato il ruolo svolto dall’armadietto dei medicinali rispetto a quello del frigorifero. Forse, se i medici continueranno ad affidarsi ai farmaci e agli stent, le malattie cardiache rimarranno la causa di morte numero uno di uomini, donne e alla fine anche dei bambini. Ma se mangiate in modo sufficientemente sano, potete eliminare la morsa in cui la malattia stringe il vostro cuore: è una notizia che i medici dovrebbero essere orgogliosi di diffondere tra i loro pazienti. 

L’aspirina

Fino a che punto sono efficaci i farmaci da banco? Prendete ad esempio l’aspirina: è forse la medicina più usata nel mondo57 ed esiste in compresse da oltre un secolo. Il suo ingrediente attivo, l’acido salicilico, è stato impiegato per migliaia di anni nella sua forma naturale (cioè come estratto della corteccia di salice) per alleviare il dolore e la febbre.58 Uno dei motivi per cui continua a essere tanto usata, nonostante oggi esistano antinfiammatori e antidolorifici migliori, sta nel fatto che milioni di persone la prendono tutti i giorni come anticoagulante per ridurre il rischio di infarto. Come abbiamo visto nel capitolo 1, l’infarto spesso si verifica quando, in seguito alla rottura di una placca aterosclerotica, in un’arteria coronaria si forma un coagulo. Prendere l’aspirina può impedirlo.

L’aspirina può inoltre diminuire il rischio di cancro.59 Agisce sopprimendo un enzima che produce fattori coagulanti, fluidificando di conseguenza il sangue. L’aspirina sopprime inoltre dei composti proinfiammatori chiamati prostaglandine, e questo a sua volta riduce il dolore, il gonfiore e la febbre.

Le prostaglandine possono anche dilatare i vasi linfatici dei tumori, permettendo così alle cellule maligne di diffondersi. Gli scienziati ritengono che uno dei modi in cui l’aspirina contribuisce a prevenire i tumori consista nell’ostacolare i tentativi di questi ultimi di forzare le sbarre in cui il sistema linfatico li tiene ingabbiati, per diffondersi in tutto il corpo.60

Questo vuol dire che dovremmo prendere tutti un’aspirina per bambini al giorno? (Tenete presente che in realtà non si dovrebbe dare l’aspirina a neonati o bambini.)61 No, perché può provocare effetti collaterali. La sua proprietà anticoagulante che permette di prevenire gli attacchi di cuore può causare un’emorragia (o sanguinamento) cerebrale. Inoltre, l’aspirina può danneggiare le mucose del tratto digestivo. In coloro che hanno già avuto un infarto e continuano a seguire la stessa alimentazione che ha provocato il primo (e di conseguenza corrono un rischio altissimo di averne un altro), il rapporto tra rischi e benefici appare evidente: prendere l’aspirina probabilmente impedirà problemi sei volte più seri di quelli che provocherà. Ma basandoci sulla popolazione che ancora deve avere il suo primo infarto, i rischi e i benefici sono quasi alla pari.62 Quindi prendere un’aspirina al giorno non è consigliabile.63 Se però mettete sul piatto una diminuzione del 10% della mortalità dovuta al cancro, la bilancia rischi-benefici potrebbe pendere in favore dell’aspirina.64 Dato che l’uso regolare dell’aspirina a basso dosaggio può ridurre di un terzo il rischio di mortalità da tumore,65 la tentazione sarebbe di consigliarla quasi a tutti. Certo che se si potessero ottenere solo vantaggi senza correre rischi...

Be’, forse si può.

Il salice non è l’unica pianta che contiene acido salicilico. Questa sostanza si trova in molti prodotti ortofrutticoli.66 Ecco perché spesso si rileva il principio attivo dell’aspirina nel sangue di persone che non la prendono.67 Più frutta e verdura mangiate, più salgono i livelli di acido salicilico.68 Anzi, nelle persone che seguono un’alimentazione basata su prodotti vegetali, tali livelli sono identici a quelli di certi soggetti che prendono aspirina a basso dosaggio.69

Con tutto quell’acido salicilico che scorre nell’organismo, potreste pensare che i vegetariani abbiano percentuali maggiori di ulcera, dal momento che l’aspirina danneggia le pareti intestinali. Invece pare che per loro il rischio sia significativamente minore.70 Com’è possibile? Dipende dal fatto che nelle piante l’acido salicilico potrebbe comparire già preconfezionato con sostanze nutritive che proteggono i tessuti. Ad esempio, l’ossido di azoto dei nitrati alimentari funge da gastroprotettore perché potenzia il flusso sanguigno e la produzione di muco sulle pareti dello stomaco, il che, com’è stato dimostrato, contrasta l’effetto ulcerativo dell’aspirina.71 Quindi, per la popolazione generale, mangiare prodotti ortofrutticoli invece di prendere l’aspirina permette di ottenere non solo i vantaggi del farmaco senza subirne i rischi, ma anche di trarne beneficio... con benefici aggiuntivi.

Chi ha già avuto un infarto dovrebbe seguire i consigli del medico, tra cui probabilmente quello di prendere un aspirina al giorno. E gli altri? Credo che tutti debbano assumere acido acetilsalicilico, ma sotto forma di cibo, non di pillole.

L’acido salicilico contenuto nelle piante può spiegare come mai le diete tradizionali basate su prodotti vegetali avevano una funzione protettiva tanto elevata. Ad esempio, prima che la loro alimentazione si occidentalizzasse, i giapponesi consumavano in media solo il 5% di prodotti animali.72 Negli anni Cinquanta, in Giappone, i tassi di mortalità suddivisi per età legati al cancro al colon, alla prostata, al seno e alle ovaie erano da cinque a dieci volte inferiori rispetto a quelli degli Stati Uniti, mentre l’incidenza dei tumori al pancreas, della leucemia e dei linfomi era da tre a quattro volte più bassa. E questo fenomeno non riguardava solo i giapponesi. Come abbiamo visto nel corso del volume, i tassi di insorgenza relativi a cancro e patologie cardiache in Occidente sono significativamente inferiori nei Paesi in cui la dieta si basa su prodotti vegetali.73

Se questa protezione deriva in parte dai fitonutrienti dell’acido salicilico, quali sono le piante che ne contengono la maggiore quantità? Sebbene questa sostanza sia onnipresente in frutta e verdura, sono le erbe e le spezie ad averne le concentrazioni maggiori.74 Peperoncino, paprica e curcuma ne sono ricchi, ma il cumino è quello che ne ha di più per porzione: un solo cucchiaino di cumino macinato equivale a un’aspirina per bambini. Questo potrebbe spiegare perché l’India, con la sua alimentazione speziata, abbia i tassi più bassi del mondo di carcinoma del colon retto,75 ossia quello più sensibile agli effetti dell’aspirina.76

E più spezie mettiamo, meglio è! Si calcola che una porzione di vindaloo speziato, a base di verdure, contenga il quadruplo dell’acido salicilico di un piatto vegetariano meno saporito, preparato come si fa a Madras. Con un solo pasto potete incrementare il livello di acido salicilico nel sangue come fareste con una compressa di aspirina.77

I vantaggi dell’acido salicilico sono un altro motivo per cui dovreste cercare di acquistare prodotti biologici. Dal momento che la pianta utilizza questo composto come ormone protettivo, la sua concentrazione può essere maggiore quando viene attaccata dai parassiti. Le piante irrorate di pesticidi non vengono assalite più di tanto e, forse di conseguenza, producono meno acido salicilico. Ad esempio, uno studio ha dimostrato che la zuppa preparata con verdure biologiche conteneva quasi sei volte la quantità di acido salicilico di quella cucinata con ingredienti da agricoltura convenzionale.78

Un altro modo per ottenere una maggiore quantità di questo composto con il minimo sforzo consiste nello scegliere alimenti integrali. Il pane scuro, ad esempio, non contiene solo più acido salicilico, ma fino a cento volte i composti fitochimici di quello bianco: ottocento contro circa otto.79

L’attenzione si è concentrata sull’acido salicilico a causa della mole di dati sull’aspirina, ma vi sono centinaia di altri fitonutrienti che hanno dimostrato di avere una funzione antinfiammatoria e antiossidante. Eppure, date le numerose prove a favore dell’aspirina, nella comunità medica c’è chi parla di una diffusa «carenza di acido salicilico» e propone di classificare questo composto tra le vitamine essenziali, la «vitamina S».80 Che i benefici degli alimenti vegetali integrali siano dovuti all’acido salicilico o a una combinazione di altri fitonutrienti, la soluzione è la stessa: mangiarne di più.

 

Colonscopie

È difficile trovare un esame di routine più temuto della colonscopia. Ogni anno, i medici americani ne eseguono oltre quattordici milioni81 per individuare cambiamenti anomali del colon e del retto. Durante questa procedura inseriscono un tubo flessibile di un metro e mezzo dotato di una minuscola videocamera e riempiono il colon di aria per osservarne meglio le pareti. Qualsiasi polipo sospetto o tessuto anomalo può essere asportato nel corso dell’esame per eseguire una biopsia. La colonscopia può aiutare i medici a diagnosticare le cause del sanguinamento rettale o della diarrea cronica, ma in genere la ragione più comune per la quale viene prescritto l’esame è lo screening periodico per il tumore al colon.

I medici spesso faticano a convincere i pazienti a rifare la colonscopia per vari motivi: la preparazione necessaria prima dell’esame, che impone di bere litri di un potente lassativo per svuotarsi completamente, il dolore e il fastidio della procedura in sé82 (sebbene vengano somministrati farmaci dagli effetti amnesici per far dimenticare l’esperienza),83 il senso di imbarazzo e vulnerabilità e il timore di eventuali complicazioni.84 Queste paure non sono infondate: sebbene la colonscopia sia un esame di routine, in un caso su 350 si verificano gravi complicazioni, tra cui perforazioni ed emorragie fatali.85 Le perforazioni possono verificarsi quando la punta dello strumento trapassa le pareti del colon, quando il colon viene gonfiato troppo o quando il medico cauterizza il punto in cui ha effettuato la biopsia. In casi estremamente rari la cauterizzazione può incendiare i gas residui e far letteralmente esplodere il colon.86

La morte per colonscopia è rara: si verifica solo in un caso su 2500.87 Ciò significa, però, che ogni anno questa procedura uccide migliaia di americani, al che la domanda nasce spontanea: i benefici che porta superano davvero i rischi?

La colonscopia non è l’unica tecnica di screening per il cancro al colon. La U.S. Preventive Services Task Force (USPSTF), l’ente ufficiale che fornisce le linee guida per la prevenzione, la considera solo una delle tre strategie di screening adeguate. A partire dai cinquant’anni, dobbiamo sottoporci a una colonscopia ogni dieci anni, far esaminare le feci in cerca di sangue occulto ogni anno (è un esame non invasivo) oppure fare una sigmoidoscopia ogni cinque anni e un esame delle feci ogni tre. Le prove a sostegno delle colonscopie «virtuali» o del test del Dna sulle feci sono ritenute insufficienti.88 Sebbene i controlli di routine non siano più consigliati dopo i settantacinque anni, si dà per scontato che gli esami abbiano dato esito negativo per venticinque anni. Se ne avete settantacinque e non vi siete mai sottoposti a questi test, probabilmente è una buona idea fare lo screening almeno fino agli ottanta anni inoltrati.89

Nella sigmoidoscopia si usa uno strumento molto più piccolo di quello della colonscopia e le complicazioni sono dieci volte inferiori.90 Tuttavia, dal momento che la sonda può entrare solo per sessanta centimetri, i tumori che si annidano nel tratto più interno possono sfuggirle. Ma allora qual è la soluzione migliore? Non lo sapremo fino alla pubblicazione degli studi clinici randomizzati e controllati che verranno resi noti intorno al 2025.91 Gran parte degli altri Paesi sviluppati, tuttavia, non consiglia le due procedure invasive ma, per lo screening periodico contro il cancro al colon, continua a suggerire l’esame non invasivo delle feci.92

Quali di queste tre opzioni fa più al caso vostro? La USPSTF afferma che la decisione dev’essere presa individualmente dopo aver soppesato i pro e i contro con il proprio dottore.

Ma fino a che punto i medici informano i pazienti sulle opzioni disponibili? Per scoprirlo, i ricercatori hanno registrato le visite ambulatoriali, cercando traccia dei nove elementi essenziali della decisione informata, tra cui la spiegazione dei pro e dei contro di ciascuna opzione, la descrizione delle alternative e la verifica, da parte del medico, che il paziente avesse compreso le varie possibilità.93

Purtroppo, per quanto riguarda lo screening dei tumori al colon, nella maggior parte dei casi i medici e gli infermieri presi in esame non hanno comunicato nessuna di queste informazioni fondamentali, ossia zero elementi su nove.94 Come ha affermato un editoriale pubblicato sul «Journal of the American Medical Association»: «I pazienti hanno troppe opzioni e dubbi da prendere in esame e il personale medico ha troppo poco tempo per parlarne con i malati».95 Quindi i dottori in genere prendono le decisioni al posto loro. E che cosa scelgono? Un’indagine finanziata dal National Cancer Institute americano, condotta su oltre mille medici, ha rilevato che quasi tutti (il 94,8%) consigliavano la colonscopia.96 Perché questa scelta negli Stati Uniti, se nel resto del mondo vengono perlopiù preferite le opzioni non invasive?97 Forse perché gran parte dei medici degli altri Paesi non viene pagato in base al numero di procedure eseguite.98 Come ha affermato un gastroenterologo: «La colonscopia... è la gallina dalle uova d’oro».99

Un articolo di denuncia del «New York Times» sui crescenti costi della sanità sottolineava che in molti altri Paesi sviluppati le colonscopie costano poche centinaia di dollari. E negli Stati Uniti? Si arriva anche a migliaia di dollari, il che, concludeva il giornalista, dipende soprattutto dai piani aziendali mirati a massimizzare il fatturato, dal marketing e dal lobbismo, piuttosto che dall’offerta di cure mediche di alto livello.100

Ma chi stabilisce i prezzi? L’American Medical Association. Un’indagine condotta dal «Washington Post» ha rivelato che ogni anno un comitato segreto dell’AMA fissa i prezzi standard delle procedure più comuni. Il risultato sovrastima di molto il tempo che occorre a svolgere esami di routine come le colonscopie. Come ha evidenziato il «Post», se dobbiamo credere agli standard dell’AMA, certi dottori dovrebbero lavorare più di ventiquattr’ore al giorno per eseguire tutti gli esami che fatturano a Medicare e alle assicurazioni private. Date le premesse, è così strano che i gastroenterologi incassino 500.000 dollari all’anno?101

Ma perché negli Stati Uniti il medico di famiglia o l’internista dovrebbero spingere per fare la procedura se non sono loro a eseguirla? Molti dottori che inviano i pazienti dal gastroenterologo ricevono quelle che possiamo considerare mazzette. Il Government Accountability Office (GAO) ha fornito un resoconto di questa pratica definita di «autoinvio», nella quale coloro che erogano la prestazione inviano i propri pazienti da uno specialista che opera in cliniche nelle quali loro stessi hanno interessi finanziari. Il GAO stima che i medici facciano quasi un milione di invii in più all’anno di quanti ne farebbero se non ne beneficiassero direttamente.102

 


CHE COSA MANGIARE PRIMA DI UNA COLONSCOPIA

Avete mai buttato giù una mentina dopo un abbondante pranzo al ristorante? La menta non migliora soltanto l’alito, ma riduce il riflesso gastro-colico, ossia il bisogno di defecare dopo il pasto. Dopo mangiato i nervi dello stomaco di allungano, il che provoca spasmi al colon, consentendo all’organismo di fare spazio al cibo in arrivo. La menta è in grado di ridurre questi spasmi rilassando i muscoli che si trovano accanto al colon.103

Che cosa c’entra questo con la colonscopia? Se prendete frammenti circolari di colon umano rimossi durante un intervento e li mettete sul tavolo, vedrete che si contraggono spontaneamente tre volte al minuto. Non è inquietante? Ma se ci versate sopra delle gocce di mentolo (che si trova nella menta), la forza delle contrazioni diminuisce in maniera significativa.104

Durante una colonscopia, gli spasmi possono ostacolare l’avanzata della sonda e causare fastidi al paziente. Rilassando i muscoli del colon, la menta può facilitare la procedura sia al paziente sia al medico.

I dottori hanno provato a spruzzare olio di menta dalla punta del colonscopio105 e a utilizzare una pompa manuale per irrorare il colon con una soluzione alla menta prima di iniziare la procedura.106 La soluzione più semplice potrebbe però essere la migliore: chiedere ai pazienti di assumere capsule con olio di menta. Si è scoperto che, rispetto al placebo, una preparazione basata sull’equivalente di otto gocce di olio essenziale di menta assunta quattro ore prima della colonscopia riduce in maniera significativa gli spasmi al colon e il dolore, e facilita l’inserimento e l’estrazione della sonda.107

Se dovete assolutamente sottoporvi a una colonscopia, chiedete al medico la possibilità di utilizzare questo semplice rimedio erboristico: renderà la cosa più facile per entrambi.


 

È evidente che in America i pazienti ricevono più cure mediche del necessario: lo afferma testualmente la dottoressa Barbara Starfield, che ha scritto un libro sull’assistenza sanitaria di base.108 Starfield, uno dei medici americani più prestigiosi, ha scritto un feroce articolo sul «Journal of the American Medical Association» nel quale sostiene che le cure mediche siano la terza causa di morte negli Stati Uniti.109

Il suo lavoro sull’assistenza di base ha ricevuto una buona accoglienza, ma le sue scoperte sulla potenziale inefficacia e persino pericolosità del sistema sanitario americano non ha quasi avuto riscontri. «Pare che gli americani stiano stati indotti a credere che più interventi si subiscono più la salute migliora», ha poi affermato in un’intervista.110 Come ha osservato un consulente per la qualità delle cure sanitarie, la diffusa indifferenza nei confronti delle prove presentate dalla dottoressa Starfield «ricorda la cupa distopia di 1984 di Orwell, nella quale è come se i fatti scomodi, inghiottiti dal “vuoto di memoria”, non fossero mai accaduti».111

Purtroppo la dottoressa Starfield non è più tra noi. Per ironia della sorte, potrebbe essere morta proprio a causa dell’effetto collaterale dei farmaci dai quali ci metteva in guardia con tanta passione. Dopo che le furono prescritti due fluidificanti del sangue per impedire che si formassero coaguli sullo stent, ha riferito al suo cardiologo che le venivano più lividi e sanguinava più a lungo: questo è il rischio del farmaco, che si spera non superi i benefici. In seguito è morta per emorragia cerebrale provocata da un colpo alla testa subito mentre nuotava.112

Quello che mi chiedo non è se avrebbe dovuto assumere due anticoagulanti per così tanto tempo o se invece, tanto per cominciare, non avrebbe dovuto farsi mettere lo stent. Mi chiedo se non avrebbe potuto fare a meno dei farmaci e dell’intervento evitando in primo luogo di ammalarsi di cuore. Si ritiene che il 96% delle donne che seguono un’alimentazione e uno stile di vita sani possano evitare di avere un infarto.113 Il killer numero uno delle donne potrebbe non colpire mai.