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È scesa la notte, e io sono un po’ in ritardo. Tenendo stretta una bottiglia di vino che in realtà non potrei permettermi, rimango con lo sguardo fisso sul cancello del tempio che ho di fronte. Sono qui sul serio. Dandomi un pizzicotto, oltrepasso il cancello e giro a sinistra verso la vecchia e stravagante costruzione, conosciuta con il nome del santuario, Tenmangū. Il basso mormorio di un chiacchiericcio concitato riempie l’aria, mescolandosi al leggero gracidare di innumerevoli rane. Penso agli ospiti riuniti e ho quasi voglia di andarmene. A diciannove anni, mi sento intimidita all’idea di una stanza piena di studiosi, linguisti, mercanti d’arte e altri giapponesi che sanno molto più di me su qualsiasi argomento. E io non conosco un’anima.

Ma poi mi viene in mente che cosa mi ha portato qui. Il Giappone e la gloria, un meraviglioso libro scritto dal proprietario di questa casa, mi ha incoraggiato ad affrontare gli esami della scuola superiore, promettendomi mistero e avventura, se fossi riuscita a entrare in università. Ogni volta che avevo difficoltà a scrivere un altro tema, prendevo quel libro, leggevo un paio di pagine e trovavo l’ispirazione per continuare un’altra ora.

Al mio arrivo a Kyōto ho spedito un biglietto per ringraziare l’autore, Alex Kerr, residente in Giappone da molto tempo e diventato ormai uno dei più celebri osservatori culturali del paese. Sono rimasta molto sorpresa quando ho ricevuto una lettera dal suo assistente, che mi invitava a questa festa a casa sua, uno dei luoghi più incantevoli di cui avevo letto in Il Giappone e la gloria.

La casa e la compagnia si rivelano all’altezza delle aspettative. Per quasi tutta la serata faccio da spettatrice a conversazioni avvincenti sulla storia dell’Asia orientale, sulla politica, sui pezzi d’antiquariato e su ogni genere di argomenti riguardo ai quali non mi sento abbastanza competente da poterne parlare. Ma essere qui, in una casa secolare, in mezzo a tutto questo, è già abbastanza. A un certo punto ci invitano nel vecchio doma, la zona cucina, usata oggi come studio di scrittura. Grazie alle travi a vista, tutto in questo spazio sembra in un certo senso ingrandito. Un gigantesco foglio di carta di gelso è stato steso sul lungo tavolo e, con in mano un enorme pennello, Alex Kerr è intento a eseguire una delle più belle calligrafie che io abbia mai visto.

Il tempo rallenta. Le voci si abbassano. La gente sembra come inchiodata nella sua posizione, un sorriso sul volto, mentre le candele proiettano le loro ombre attraverso la stanza. Penso che questo momento sia speciale. Bisogna infilarlo in mezzo ai propri tesori per tenerlo al sicuro.

Dopo una ventina d’anni, molti dettagli di quella giornata sono confusi, ma quel momento, che ho voluto custodire come un tesoro prezioso, rimane nitido come se fosse stato ieri.

La vera perfezione

Voglio confidarvi un segreto. «Perfetto» è una delle mie parole preferite. La uso regolarmente, ma soltanto nel contesto dei singoli momenti. Credo che sia l’unica occasione in cui la perfezione è reale. La più piccola frazione di tempo può fermarsi e rimanere sospesa, luccicando in una quiete momentanea. Subito dopo scompare. Un momento perfetto in un mondo imperfetto.

Quel momento nello studio di Tenmangū era stato perfetto. Il momento in cui ero rimasta seduta nel mio letto d’ospedale a guardare dalla finestra in direzione del mare, stringendomi al petto la mia preziosa bambina appena nata mentre il sole sorgeva, sapendo che quella non era soltanto la seconda volta che partorivo ma anche l’ultima, era stato perfetto. Il momento, quella mattina, in cui avevo scambiato una tacita parola con un passero che mi guardava mentre ero seduta alla mia scrivania era perfetto. In un mondo in costante mutamento, momenti come questo danno l’impressione che il tempo stesso voglia strizzarci l’occhio. Per un istante ci troviamo completamente immersi nell’esperienza, per nulla preoccupati del passato o del futuro, mentre nel medesimo tempo diventiamo consapevoli che il momento non durerà. In letteratura a volte questo è chiamato «un momento haiku», una descrizione che coglie la poetica bellezza di contemplare un così mirabile frammento di esperienza.

Tesori di questo genere si trovano nei più piccoli dettagli della vita quotidiana, se riusciamo a rallentare, a essere presenti e a prestare attenzione abbastanza a lungo da notarlo. In quel singolo battito prima che l’uccello volasse via, il wabi sabi era presente, mentre io sperimentavo una bellezza naturale perfino più sublime per il suo imminente dissolversi.

Il richiamo della bellezza

Il wabi sabi è un sensibile strumento di misurazione dei momenti più belli.

Una signora sulla settantina mi ha detto: «Io percepisco il wabi sabi quando mi trovo da sola in un luogo dove sento la persistente e confortante presenza di persone che erano lì fino a qualche istante prima».

È la trepidante attesa, in aeroporto, di una persona cara subito prima che si aprano i cancelli di sbarco. Una storia da raccontare intorno a un falò, nell’aria intrisa di fumo. Il ricordo di un bacio, mentre state ancora baciando.

Se ripensiamo alla nostra vita, sono questi i momenti che ricordiamo. Quando ci lasciamo prendere dalla fretta e i nostri occhi sono quasi ipnotizzati dal futuro, oppure fissiamo lo smartphone, o siamo distratti dal cammino di qualcun altro, perdiamo l’opportunità di fermarci a radunare i nostri momenti di bellezza, e di sentire il wabi sabi.

Sappiamo quanto l’essere presenti alla vita la renda piacevole, eppure continuiamo a passare le giornate di corsa, distratti, stressati, rinchiusi, alle prese con un’esistenza che non sentiamo nostra. Quando apriamo veramente i nostri occhi e il nostro cuore, riusciamo a percepire il richiamo della bellezza, attraverso il caos e il rumore. Essa ci lascia intravedere di sfuggita quella versione della nostra esistenza in cui la nostra anima esulta perché abbiamo messo a frutto i nostri talenti, abbiamo prestato attenzione alle nostre idee e alimentato il nostro amore rendendolo visibile per la vita.

A volte percepiamo tutto questo, ma ce ne allontaniamo perché non appare come ce lo aspettavamo. Non è la vita brillante e raffinata che ci hanno insegnato a desiderare: la casa, il lavoro, l’automobile, il compagno, la famiglia o altro perfetti. Ma quando siamo presenti e ascoltiamo sul serio il richiamo della bellezza, scopriamo la vita che va bene per noi. La nostra vita perfettamente imperfetta.

Il richiamo della bellezza è sommesso. Dobbiamo percepire il suo segnale, per poi interpretare il nostro ruolo. L’urgenza creativa, il bisogno di condurre una vita rurale, l’aspirazione ad amicizie più profonde, qualunque cosa vi attiri verso un particolare genere di bellezza, date retta a quel richiamo, perché è la bellezza della vita stessa.

Vivere a lungo, vivere bene

Secondo il PNUS, il Giappone è il paese con la più alta aspettativa di vita al mondo,83 con i suoi 67.824 centenari viventi nel 2017.84 Entro i confini del Giappone, il villaggio agricolo di Matsukawa, nella prefettura di Nagano, ha la più alta aspettativa di vita in assoluto.85

Quando il ministero della Salute, del Lavoro e del Benessere ne diede ufficialmente notizia, il sindaco di Matsukawa, Akito Hirabayashi, dichiarò in un’intervista:

 

Sono rimasto sbalordito da questa notizia. Non abbiamo fatto niente di speciale per ottenere questo primato. La nostra fortuna è un ambiente naturale meraviglioso, molta gente lavora tutti i giorni nei campi e consumiamo alimenti coltivati da noi. C’è anche un forte senso della comunità, e sono certo che tutte queste cose abbiano contribuito.86

 

Un mio amico che ha visitato Matsukawa per un servizio televisivo ha detto: «Ho visto molta gente del posto passeggiare, fare ginnastica insieme nei parchi e nuotare. Hanno anche molte lezioni di cucina, e in città si respirava un senso generale di positività». Il governo locale ha indagato ulteriormente e ha scoperto tre motivi principali che spiegano un’aspettativa di vita così alta: uno standard elevato di salute pubblica; un livello piuttosto alto di sensibilizzazione alla condizione fisica e partecipazione ad attività che incrementano il benessere dell’organismo; una vita ricca di significato con una forte motivazione al lavoro e alla partecipazione alle attività sociali.87

Non si tratta soltanto di vivere a lungo. Si tratta anche di vivere bene. E il wabi sabi è un barometro del benessere.

Ayumi Nagata, un giovane commesso di negozio, mi ha detto:

 

Quando siamo talmente indaffarati che non percepiamo più il wabi sabi, capiamo di essere finiti fuori pista. È una sollecitazione a rallentare, respirare e prendere tempo per trovare la bellezza. Quando non riusciamo a percepire il wabi sabi siamo distratti, oppure sotto pressione, o forse non stiamo prendendoci cura di noi stessi.

 

Se ripensiamo alla nostra vita, che cosa vorremmo ricordare? Come desideriamo sentirci? A che cosa ci piacerebbe aver contribuito? Che cosa avrà reso la nostra vita carica di significato? Quanti momenti di bellezza vorremmo aver sperimentato lungo il cammino?

E non dimentichiamo che ogni emozione racchiude una sua bellezza. Più consentiamo a noi stessi di sentire, più ci avviciniamo a una meravigliosa sensazione di carica vitale e di stupore, anche in mezzo alle esperienze più impegnative.

Ricordate: uno dei principali insegnamenti del wabi sabi è che siamo transitori, come del resto tutti quelli che amiamo e tutto ciò che fa parte del mondo circostante. Non vivremo per sempre. Forse non vivremo nemmeno a lungo. La vita è preziosa, e fugace. Dipende da noi trarne il massimo vantaggio in ogni sua fase, incominciando da dove ci troviamo in questo momento.

La lezione di un’anziana

Mi piace parlare con chi è più anziano di me, ascoltando racconti del passato e cogliendo il mondo odierno visto dalla sua prospettiva. È stato dunque un autentico piacere trascorrere un pomeriggio con Mineyo Kanie, la novantaquattrenne figlia della defunta Gin-san, nella sua casa di Nagoya. Gin-san e la sua sorella gemella Kin-san erano conosciute come le gemelle identiche più vecchie del mondo, vissute rispettivamente fino a 108 e 107 anni. Simpatiche e vitali, comparivano spesso in televisione e in Giappone divennero celebrità nazionali. Volevo sapere cosa avesse imparato Kanie-san da sua madre e da sua zia riguardo al vivere una bella e lunga vita. Mi interessava anche ascoltare il punto di vista di qualcuno che, statisticamente, ha molte probabilità di vivere fino a un’età molto avanzata.

In ginocchio su un cuscino piatto nel suo salotto con il pavimento coperto di tatami, Kanie-san emana una calma gentile. Si ha la sensazione che abbia visto tutto. Quando nacque, proprio in questa casa, c’erano soltanto risaie a perdita d’occhio. Oggi è un quartiere residenziale nella trafficata città di Nagoya.

Davanti a un tè verde e dolci ai mirtilli, chiacchieriamo del ruolo dei genitori e di politica, di società e di amicizia. Ridiamo molto. La sua risatina provocante è contagiosa. A un certo punto, Kanie-san guarda lontano con aria malinconica e dice: «Sai, diventare vecchi è bello, ma è triste quando quasi tutti i tuoi amici se ne sono andati».

Ci incontriamo poco prima della Hina-Matsuri, l’annuale Festa delle Bambine, durante la quale, per tradizione, la gente espone una serie di bambole decorative vestite da imperatore o da imperatrice, dame e musicisti negli abiti tipici del periodo Heian (794-1185). Nel salotto di Kanie-san, invece, sono esposte due bambole vestite da Kin-san e Gin-san, i cui nomi significano rispettivamente «oro» e «argento», donate da un loro ammiratore molti anni prima. Occasioni come questa segnano il passare del tempo in modo analogo alle stagioni e rammentano l’importanza di ritrovarsi con le persone care, a celebrare la vita.

Oltre a onorare la tradizione, Kanie-san attribuisce anche molta importanza ai semplici rituali quotidiani, e ad avere una routine per tenersi attiva. Si prepara i pasti partendo da zero, sempre con ingredienti naturali, spesso coltivati da lei. Piena di energia, Kanie-san si reca brevemente ma con regolarità sulla tomba di famiglia, e si prende cura tutti i giorni del suo giardino. Dal punto di vista pratico, usa piatti piccoli per i suoi pasti e non mangia mai a sazietà. In Giappone questo si chiama «hara hachi bu» (WS_Wabi_Sabi_scrit_197), e consiste nel posare le bacchette quando ci si sente sazi all’ottanta per cento.

Kanie-san mi dice: «Non abbiamo bisogno di molto per vivere una buona vita. Quando siamo riconoscenti per quello che abbiamo, e lo condividiamo con i nostri cari, tutto il resto di cui abbiamo bisogno, arriva». Con la sua profonda gratitudine per i doni di una vita semplice, è come se impersonasse il wabi sabi. Poi continua: «Non sprecate energia preoccupandovi di tutto quello che non avete. È un cammino che conduce all’infelicità. Prestate invece attenzione agli aspetti positivi già in atto nella vostra esistenza, e portate a termine quello che state facendo nel miglior modo possibile. La soddisfazione che ne trarrete vi darà gioia».

Forse il consiglio più importante di Kanie-san è il seguente:

 

«Cercate di stare allegri. Non preoccupatevi
così tanto di cose che in realtà non contano.»

Riflessioni sulla longevità

Nel Capitolo 7, abbiamo considerato l’effetto potenziale che può avere sulla vostra carriera vivere fino a cent’anni, e se invece viveste una vita molto più breve di quello che vi aspettavate? Proviamo a riconsiderare scenari differenti:

 

• Che cosa cambierebbe nel vostro attuale lavoro, nelle vostre finanze e delle nostre priorità a lungo termine, sapere che vivrete altri dieci anni? Oppure solo per un altro anno?

• Che cosa penserebbe il vostro sé, alla fine della vita, del modo in cui state vivendo adesso?

• Quale consiglio potrebbe dare il vostro sé, alla fine della vita, al vostro sé attuale?

 

Immaginare diverse possibilità per l’unica cosa che non possiamo sapere, ossia quanto a lungo vivremo, può essere illuminante per scoprire che cosa conta realmente per noi, e per ristabilire di conseguenza le nostre priorità. Può essere utile riconsiderare che cosa è davvero urgente nella nostra vita, e scoprire quante cose che ritenevamo improrogabili in realtà non lo fossero. Questo può aiutarci a trarre il massimo dal presente e a prendere le distanze dalla frenesia quotidiana per respirare a fondo e assorbire tutto.

La lezione dell’aeroporto

Sono all’aeroporto, in attesa di un volo per Tōkyō, e tengo in ciascuna mano una confezione di costosa crema per il viso. Sto cercando di scegliere una delle due, perché se ne compro una, avrò qualcos’altro gratis. Ma poi me ne rendo conto: ho colto me stessa sul fatto. Mi sono lasciata abbagliare da un miraggio, e incantare dalla promessa di una pelle più morbida, con meno rughe, proprio mentre aspetto un volo che mi porterà in Giappone a cercare il concetto di bellezza nell’imperfezione. Mi accorgo di quanto sia paradossale e scoppio a ridere, poi poso i due vasetti di crema sullo scaffale e risparmio quaranta sterline.

La mia disponibilità a spendere denaro per una crema «anti-invecchiamento» indica la mia resistenza al naturale processo di invecchiamento del mio corpo. E non sono certo la sola. Il mercato dei cosmetici anti-invecchiamento ha un fatturato annuale di quasi trecento miliardi di dollari,88 quasi cento volte la spesa globale per prevenire e curare la malaria.89

Siamo talmente ossessionati dal cercare di trattenere la nostra giovinezza che ci siamo dimenticati di cercare la nostra bellezza sabi.

Il bello di invecchiare

È una gelida mattina di dicembre, e mi alzo presto per far colazione con il mio vecchio amico Duncan Flett, che vive a Kyōto da quasi vent’anni. Duncan è una guida turistica molto esperta ma è anche perfettamente aggiornato su questa antica città. Ha proposto di incontrarci presso Kishin Kitchen, un ristorante appena aperto che di lì a poco, noi ancora non lo sappiamo, sarà eletto «miglior ristorante giapponese per la colazione».90 Il nome «Kishin», scritto WS_Wabi_Sabi_scrit_199, significa «cuore pieno di gioia», e in effetti la nostra colazione, in ogni suo dettaglio, deve essere stata preparata da cuochi che svolgono il loro lavoro con passione. Durante il pasto, sapientemente messo a punto dal giovane e talentuoso Toshinao Iwaki, ci servono riso tre volte. La prima porzione, accuratamente presentata in una ciotola di ceramica artigianale, viene servita non appena il riso è cotto e appare lucido, fumante e leggermente appiccicoso. Poi, dopo che il riso è rimasto a riposare brevemente, ci servono un’altra porzione. Verso la fine della colazione, le nostre ciotole si riempiono di «okoge», il riso «onorevolmente abbrustolito» che rimane sui bordi della padella.

Il riso è squisito in ogni fase della cottura, e ciascuna ha i suoi punti di forza: la freschezza per la prima portata, la familiarità per la seconda e la consistenza per la terza. La mia preferita in realtà è la okoge, l’ultima, ma il cuoco, per arrivarci, deve essere passato attraverso le fasi di cottura precedenti. E il riso migliora ogni volta.

In generale, si tende a considerare il processo di invecchiamento come qualcosa da evitare, perfino da temere. Il wabi sabi, invece, ci dice che bisogna accoglierlo, che noi sbocciamo e maturiamo con il tempo; che la nostra personalità si evolve e la nostra saggezza diventa più profonda con l’età; che ogni esperienza vissuta ci arricchisce di qualcosa da offrire al mondo.

Se provate a pensare a coloro che ammirate con sincerità, probabilmente il vostro elenco includerà anche qualcuno più vecchio di voi. Ciò nonostante, è difficile cogliere in noi stessi il valore degli anni che passano. Spendiamo tempo prezioso e denaro a cercare di aggrapparci alla nostra giovinezza esteriore, ignorando la bellezza e la saggezza dell’età dentro di noi.

Takafumi Kawakami, vice gran sacerdote del tempio Shunkō-in di Kyōto, mi ha detto:

 

Il wabi sabi ci ricorda di accogliere ogni fase della vita, per poter invecchiare con grazia.

Se consideri il concetto del wabi sabi, vedrai un processo di invecchiamento. È connesso al concetto buddhista di mujō, la transitorietà. Recentemente mi trovavo a un dibattito di esperti sulla salute del pianeta dove tutti discutevano di come ci si possa mantenere giovani più a lungo, come se avessimo dimenticato che invecchiare fa parte del naturale ciclo di vita. Abbiamo paura dell’età che avanza. Abbiamo paura di morire. Vogliamo rimanere aggrappati alla nostra giovinezza e alla nostra esistenza il più a lungo possibile. Ma il wabi sabi ci insegna ad apprezzare il processo di invecchiamento e ad affrontarlo in maniera rilassata come se fosse la cosa più naturale del mondo. Invecchiare va bene. Dobbiamo aspettarci di invecchiare. E dobbiamo sapere che non staremo qui per sempre perché questo aiuta a valorizzare il tempo di cui disponiamo, e a trovare perfezione e significato nella nostra vita.

 

Il wabi sabi ci esorta a scegliere la via della serenità e dell’appagamento, accettando di stare dove siamo nel ciclo naturale della nostra vita. Usando gli strumenti che vi ho presentato in questo libro, possiamo allontanarci dallo stress e dalla drammaticità, e liberare la frenetica energia dell’attività febbrile per lasciare spazio all’energia vitale dello scorrere delle cose.

Passare da una fase all’altra della vita può essere difficile, specialmente se non riconosciamo o accettiamo quello che succede al nostro corpo, alla nostra mente e alle nostre emozioni. Quello attuale è un tempo di grandi cambiamenti e come tale sembra più complicato, più fuorviante, perfino spaventoso, eppure è proprio in queste circostanze che crescita e sviluppo assumono un’importanza eccezionale. A volte aspettiamo che succeda qualcosa di particolarmente rilevante per proiettarci da una fase di vita all’altra, e invece non dovremmo.

Essere aperti alla transizione, invece di rimanere troppo legati a ciò che è stato, significa poter sperimentare intuizioni e flussi di idee determinanti nella fase successiva, indipendentemente da quanto ci sentiamo pronti. Il wabi sabi ci ricorda dunque di vivere consapevolmente, prendendo ogni fase così come viene, diventando più accorti e prendendoci cura di noi stessi lungo il cammino.

La parola giapponese fushime (WS_Wabi_Sabi_scrit_201), che significa «il nodo su un fusto di bambù», rispecchia la nostra crescita suddivisa in varie fasi e descrive i momenti di passaggio importanti nella nostra vita. I momenti di transizione vengono spesso celebrati con cerimonie e parole di ringraziamento a coloro che hanno aiutato una persona in quella particolare fase della vita. Credo che sia un bel modo per riconoscere che il puro e semplice passaggio da una fase di vita a un’altra merita di essere festeggiato insieme.

Quando scegliamo di vivere a un ritmo adatto a noi, con il massimo impegno e accettando che non occorre fare altro, tutto appare diverso. Ogni fase della vita è un’opportunità di crescere. Impariamo e cambiamo di continuo, indipendentemente dalla nostra partecipazione più o meno attiva. In qualsiasi momento, e in circostanze fluide o vincolanti, possiamo rivolgere a noi stessi le seguenti domande:

 

• Che cosa posso imparare da questa situazione?

• Come sto crescendo in questo momento?

• Quale cambiamento posso vedere o sentire, dentro o fuori?

• Di che cosa devo liberarmi per passare alla mia prossima fase di vita?

• Come posso occuparmi meglio di me stesso nel momento presente?

 

Questo riporta l’attenzione sull’esperienza delle nostre vite così come accadono, e aiuta a passare con facilità alla fase successiva. E quando accogliamo pienamente la vita, a qualsiasi età, la nostra bellezza interiore traspare.

Trovare la gioia nelle piccole cose

Senza eccezioni, tutte le persone più anziane con cui ho parlato svolgendo ricerche per questo libro hanno sottolineato l’importanza di trovare la bellezza nella vita di ogni giorno. Possiamo farlo semplicemente rallentando e cercando cose da apprezzare: annaffiare i fiori, infornare una torta, contemplare il tramonto, contare le stelle, leggere una poesia, fare una passeggiata, costruire qualcosa. Anche le incombenze noiose possono essere una meditazione se decidiamo di renderle tali.

Possiamo creare dei rituali che ci portino nel presente. Prima di mettermi seduta a scrivere, faccio bollire l’acqua per il tè e rifletto sulla citazione dall’Amleto scritta sulla mia tazza preferita: «Sii fedele a te stesso». Questo è il mio rituale di scrittura. Mi ricorda che sto investendo tempo in qualcosa che per me è importante. E migliora il gusto del tè.

I momenti contano.

Cerchiamo anche di aprirci all’inaspettato. I miei ricordi dei viaggi in Giappone pullulano di cortesie da parte di sconosciuti: il giorno in cui attraversai in bicicletta i campi di Okayama e un’anziana donna mi fermò per offrirmi un cocomero appena raccolto, così grande che nella mia cesta ci stava appena; il funzionario del governo che organizzò il mio bagno di foresta e rinunciò al suo sabato mattina per accompagnarmi nei boschi; le innumerevoli volte in cui mi sono persa, e c’era sempre qualcuno che mi accompagnava a destinazione. Ciascuno di questi momenti mi ha sempre recato gioia, e ogni volta io ho cercato di ricambiare, perché aiutare qualcuno procura un altro genere di gioia.

Programmazione perfettamente imperfetta

Accettare che tutto è imperfetto, transitorio e incompleto non è una scusa per gettare al vento ogni cautela ed evitare ogni genere di programmazione. Per me, è vero l’opposto. Organizzarsi in maniera intelligente può aiutare a stabilire le corrette priorità, e a fare più spazio nella propria vita per sperimentare la bellezza e garantirsi di vivere al meglio il proprio tempo.

COME PROGRAMMARE ALTRI MOMENTI PERFETTI

Una vita vissuta bene è una danza incessante tra sogno e realtà. L’importante non è lasciarsi ossessionare dalla programmazione perfetta. Non si può sapere cosa c’è dietro l’angolo, quindi esagerare nel voler prevedere può condurre a un inutile stress quando le cose cambiano. Si tratta di prendere alcune decisioni chiave per non perdere le giornate stando appresso ai capricci degli altri.

Parte A: scaricare il cervello

Vi occorrono: bigliettini adesivi, fogli grandi e una penna.

 

1. Raggruppate i singoli quaderni/diari/elenchi/appunti/promemoria attualmente in uso come un modo per ricordarvi di fare le cose.

2. Prendete alcuni fogli grandi e scrivete un titolo per ogni area chiave della vostra vita: Famiglia, Lavoro, Hobby, Salute, Amici, Finanze, Casa ecc.

3. Passate in rassegna i vostri elenchi/promemoria/diari/quaderni, uno alla volta, e scrivete una cosa che dovete fare o ricordare su un bigliettino adesivo, poi appiccicatelo sotto la categoria pertinente. Ripetete per ogni singolo elemento di ogni singola voce dell’elenco, prendendo nota di ogni singola incombenza che richiede tempo e attenzione da parte vostra. Ci vorrà un po’.

4. Quando avete finito, prendete qualche appunto su quegli ambiti della vostra vita che presentano più voci di cose «da fare». Cosa se ne deduce? C’è qualcosa che vi sorprende?

Parte B: le possibilità

Immaginate i prossimi cinque anni di vita, fino a una fase in cui vi sentite appagati e ispirati. (Non possiamo conoscere i tempi dei nostri sogni, ma questo esercizio aiuta a prendere decisioni che vi indirizzino nella loro direzione.) Prendete appunti usando i seguenti suggerimenti.

 

• Quanti anni hai?

• Dove vivi?

• Cosa stai facendo?

• Cosa non vedi l’ora di fare ogni giorno?

• Quando le cose vanno veramente bene, come ti senti?

• Per che cosa sei riconoscente?

Parte C: lo spostamento

Per rendere quel sogno possibile, cambiare è inevitabile. Usate le domande qui sotto per aiutarvi a identificare gli eventuali cambiamenti possibili:

 

• Che cosa dovrà essere cambiato tra un anno circa perché quel sogno abbia anche solo una remota possibilità di avverarsi tra qualche anno?

• Come ti piacerebbe poter descrivere te stesso tra un anno?

• Come vorresti poter descrivere la tua casa tra un anno?

• Come ti auguri che sia la tua vita lavorativa tra un anno?

• Come vorresti che fosse lo stato delle tue finanze tra un anno?

• Che cosa ti piacerebbe aver creato tra un anno?

Parte D: le priorità

Secondo la mia esperienza, il cambiamento più importante che potete compiere per semplificare in modo consapevole il vostro programma di vita è pensare in termini di progetti, non di imprese da compiere. Un progetto è qualcosa che ha un inizio e una fine ben definiti. Un esempio potrebbe essere «Il progetto di cambiare lavoro», «Il progetto di scrivere un libro» oppure «Il progetto del matrimonio». È un modo per concentrare la vostra attenzione su qualcosa che conta realmente per voi. Scegliete un massimo di cinque progetti che vorreste realizzare nei prossimi dodici mesi. Non dovete iniziarli tutti contemporaneamente, ma potete suddividerli nel corso dell’anno.

Parte E: il riallineamento

Prendete cinque fogli bianchi e scrivete ciascuno dei vostri progetti come intestazione. Riprendete i vostri foglietti adesivi e ricollocateli sui fogli dei progetti. Forse vi stupirà vedere quanti foglietti sono rimasti non assegnati, ma questo rivela che spesso vi dedicate a cose che non hanno niente a che fare con la vita che vorreste vivere.

Parte F: un nuovo modo di programmare

Preparate un piano per terminare, delegare o dimenticare tutte le voci relative a cose da fare che non riguardano il vostro progetto principale. Per quanto concerne lavori domestici in corso e altre responsabilità analoghe, questo può aiutare a raggrupparli per esaminarli tutti contemporaneamente. Per esempio, in casa mia affrontiamo tutte le questioni economiche di famiglia due volte al mese.

Rivedete il vostro programma settimanale per assicurarvi di trascorrere una parte significativa del vostro tempo a lavorare sui progetti che realmente contano per voi. Invece di limare i vostri sogni per farli rientrare nel progetto, prendete nota innanzitutto dei progetti e costruitevi attorno tutto il resto.91

Semplicità consapevole delle proprie finanze

Ogni volta che ci preoccupiamo del denaro, o sprechiamo energia a sentirci delusi per qualcosa che non possiamo permetterci, oppure rimpiangiamo qualcosa di cui non abbiamo veramente bisogno, ci allontaniamo dal qui e ora. Essere ansiosi o distratti ostacola la nostra capacità di sentire il wabi sabi, e di sperimentare la bellezza. Può sembrare una connessione improbabile, ma un certo grado di programmazione finanziaria e di gestione economica fa un’immensa differenza nella nostra vita, e di conseguenza in ciò che possiamo trarne.

Il mio primo anno in Giappone l’ho trascorso presso una famiglia. La padrona di casa, che io chiamavo Okāsan (madre), mi ha insegnato tutto sulla gestione economica familiare. Aveva un lavoro part-time che consisteva nel raffrontare i prezzi per i supermercati quando ancora non esisteva la tecnologia per farlo e non si acquistavano ancora generi alimentari online. Si serviva di questa sua competenza per la gestione familiare, e aveva un kakeibo (libro mastro delle spese di casa) immacolato, pieno di numeri in colonna. Ogni yen che entrava o usciva veniva scrupolosamente registrato. In Giappone, il kakeibo inteso come metodo è stato popolare per quasi un secolo. Attualmente, il kakeibo è diventato una app, Zaim, inventata da una donna di nome Takako Kansai durante il tragitto per recarsi al lavoro, e conta sette milioni di utenti.

Mi capitava spesso di trovare Okāsan seduta al tavolo di cucina, intenta ad allungare chikuwa (bastoncini di pesce) al cane con una mano, e a sfogliare il giornale con l’altra, in cerca di buoni sconto. Non riempiva mai più di un cesto di spesa alla volta, e aspettava sempre le occasioni di fine giornata.

A quell’epoca, io potevo contare su un budget molto risicato, da studentessa che vive fuori casa dall’altra parte del mondo. Vitto e alloggio erano coperti, ma il resto dipendeva da me. All’inizio di ogni mese compravo un carnet di biglietti dell’autobus per le giornate di pioggia, in cui non potevo andare a scuola in bicicletta. Mettevo da parte qualcosa per il mio fondo esplorazioni e poi andavo in banca a prelevare una pila di monete da cento yen. Le dividevo in mucchietti da quattro e le tenevo insieme con il nastro adesivo, un mucchietto per ogni pasto. Un caffè in una kissaten (caffetteria) locale costava duecentocinquanta yen, quindi quattrocento yen non era un gran budget per un pasto. Bastavano per una ciotola di riso e un po’ di zuppa o per un sacchetto di panini all’uvetta comprati nel negozio di fronte alla nostra scuola. A volte sacrificavo il mio pranzo per una penna nuova o per degli adesivi carini, perché la cancelleria giapponese era e rimane tuttora una mia passione segreta.

Spesa consapevole.
Risparmio consapevole.
Vita consapevole.

Quello che ho imparato dalla mia Okāsan giapponese è l’importanza della chiarezza, della priorità e della pratica riguardo alle finanze. Tenere un kakeibo delle mie entrate e uscite mi ha aiutato a capire di che cosa disponevo. Ho preso nota anche dei miei risparmi, per sapere sempre a che punto mi trovavo. Ho stabilito le priorità in base alle cose più importanti per me (andare a scuola, vivere avventure, pranzo/cancelleria, più o meno in quest’ordine). Poi ne ho fatto un’abitudine, controllando una volta alla settimana, e tuttora tengo la mia personale versione di un kakeibo.

METTERE ORDINE NELLE PROPRIE FINANZE

Per mettere ordine nelle vostre finanze in modo consapevolmente semplice, ponetevi le seguenti domande.92

Chiarezza

• Quanto entra esattamente?

• Quanto esce esattamente? A che scopo?

• A quanto ammonta il mio attivo netto? (In senso lato, è il valore commerciale di tutto ciò che possedete, inclusi risparmi e investimenti, meno i vostri eventuali debiti.) Se avete una relazione a lungo termine chiedetevi: Qual è la mia posizione condivisa?

• Ci sono luoghi in cui spendevo denaro in nome di una supposta «vita perfetta» che oggi non sento più il bisogno di perseguire?

• Come mi fa sentire la mia scoperta?

 

Qualunque cosa abbiate scoperto, ricordate che siete dove siete. Usate i vostri strumenti per accettare voi stessi, già esaminati nel Capitolo 2 (vedi p. 50) per reagire a qualunque sensazione di rimpianto o di ansia scaturita da come spendete il denaro. L’importante è quello che farete dopo.

Priorità

• Che cosa ha veramente valore per voi?

• A che cosa date effettivamente la priorità con il vostro modo di usare il denaro? È congruente con ciò che ha davvero valore per voi? Se non lo è, che cosa dovreste cambiare?

• In quali circostanze spendete denaro per cose di cui non vi importa veramente? Che cosa vi impedisce di tagliare completamente questa spesa?

• In che modo potreste usare meglio il vostro denaro come uno strumento per investire nel vostro benessere e nella vostra felicità attuali e futuri?

Pratica

• Che cosa dovete cambiare per far sì che questo accada?

• Come potete modificare questa parte della vostra routine quotidiana, settimanale o mensile, affinché spendere e risparmiare in maniera consapevole diventi un’abitudine?

 

Quando avrete fatto realmente chiarezza sulla vostra situazione finanziaria, e avrete preso decisioni e pianificato il da farsi in base a ciò che realmente conta per voi e per la vostra famiglia, potrete ridurre o eliminare le tre principali fonti di stress:

 

• Rimpianto futuro per le cose che acquistate senza averne bisogno

• Risentimento futuro per le cose che non potete permettervi a causa delle cose che avete acquistato senza averne bisogno

• Preoccupazione per ciò che potrete permettervi per sostenere voi stessi e la vostra famiglia in futuro.

 

A questo punto potrete costruirvi la vostra vita perfettamente imperfetta, e sentirvi liberi di cercare la felicità proprio lì dove vi trovate.

WS_Wabi_Sabi_scrit_077SAGGEZZA ISPIRATA AL WABI SABI
PER APPREZZARE IL MOMENTO

Accogliere ogni fase della vita vi permette di invecchiare con grazia.

Non sarete qui per sempre. E questo vale anche per i vostri cari. Cercate di trarre il massimo gli uni dagli altri e anche da ogni giornata.

L’unica vera perfezione si trova nei momenti fugaci di bellezza. Apprezzateli uno per uno.

Proviamo: annotare ogni cosa

Un migliaio di anni fa, nel suo famoso libro Note del guanciale, la poetessa giapponese Sei Shōnagon scrisse molti originali elenchi di «Cose che...» (per esempio, «Cose che non restano») come un modo per prendere nota del mondo che la circondava, e godere di momenti preziosi. Ispirandovi a questo, scrivete i vostri elenchi o le vostre poesie, usando i seguenti suggerimenti, o partendo da vostri spunti personali:

 

• Cose che noto soltanto quando chiudo gli occhi

• Cose da tenere tra i miei tesori

• Cose che mi allargano il cuore.