Sloane non ebbe neanche il tempo di infilarsi l’anello al dito che la folla la travolse con le congratulazioni. Qualcuno le mise un calice di champagne in mano e lei cercò Matt, sperando di implorare con gli occhi una fuga. Ma lui stava parlando assieme a un anziano gentiluomo con un abito a tre pezzi e un calice di champagne uguale al suo. Sloane aveva il viso accaldato. Sorrise a una donna che le stava dicendo, con le lacrime agli occhi, che erano una “coppia perfetta”, e ripensò a uno dei più recenti articoli su Matt che aveva definito la loro relazione “sconcertante”. Era affisso al frigorifero perché Matt l’aveva trovato divertente.
Il sudore le scivolò lungo lo stomaco fino all’ombelico. Cercò Albie tra la folla e lo trovò accanto a una delle grandi colonne, che parlava con una donna con un vestito nero attillato e i capelli raccolti su un lato. Si scusò con la donna dagli occhi umidi – che ora le stava raccontando la storia del proprio fidanzamento, vent’anni prima – e posò lo champagne su un tavolo vuoto mentre andava da Albie.
Quando lo raggiunse, lo tirò a sé per dirgli nell’orecchio: «Devo uscire di qui. Vuoi venire?».
Lui si voltò per gettare uno sguardo sulla festa. «Sì. Certo. E Matt?»
Sloane cercò Matt. Non fu difficile individuarlo. Il suo sorriso era già da solo un faro, e poi c’era l’oro luccicante del suo papillon. Un moto di tenerezza penetrò la palude di ansia dentro di lei. Lui era bravo in questo. Era sempre stato bravo in questo. «Starà bene» disse. «Al guardaroba. Hai cinque dollari?»
Albie frugò in tasca in cerca della banconota mentre uscivano insieme a passo deciso dal salone. Il guardaroba era un buco nel muro presidiato da un post-adolescente con il gel sui capelli che giocava a un videogioco sul telefono. Mentre quello si allontanava svogliatamente per cercare i loro cappotti, Sloane sollevò il bordo del vestito per slacciarsi i delicati cinturini delle scarpe. Avrebbe camminato più in fretta senza tacchi.
«Beccati» disse Albie sottovoce. Dal salone stava uscendo una coppia di uomini con smoking bianchi uguali, gli occhi puntati su Sloane. Lei d’impulso si portò le braccia allo stomaco e si piegò su se stessa, fingendo di sentirsi male. Albie afferrò i cappotti dall’addetto svogliato, gli diede cinque dollari di mancia e mise una mano sulla schiena di Sloane in un gesto rassicurante.
«Andiamo a cercare un bagno» disse, e mentre passavano davanti ai due uomini sulla soglia del salone gettò loro un’occhiata. «Lasciate perdere la torta salata.»
Gli uomini si guardarono l’un l’altro, stupiti. Sloane e Albie proseguirono verso il ristorante dell’hotel, chini e sorreggendosi l’un l’altro; poi, quando furono fuori dalla vista, lei scoppiò a ridere e trascinò Albie verso la cucina.
Entrambi avevano i loro punti di forza. Quello di Sloane era saper uscire dalle brutte situazioni. Era sempre in cerca di vie di fuga, anche quando non ce n’erano. In alcune occasioni in cui Matt si era impuntato e aveva deciso che era giunto il momento di opporre un’eroica ultima resistenza, lei li aveva aiutati invece a scappare. Erano le uniche volte in cui si era sentita davvero una Prescelta.
Ora quel talento la aiutava a sottrarsi alle conversazioni. Non esattamente il modo in cui si era immaginata di sfruttarlo.
«Ehi, salve! Ignorateci, missione ufficiale per l’hotel!» cinguettò entrando in cucina. Scivolò dietro un cuoco, sbandò per allontanarsi dal calore delle fiamme che si levavano da una padella, si abbassò per passare sotto il braccio di un inserviente che stava aprendo il congelatore. Albie la seguiva scusandosi. Lei aprì la porta che dava su un vicolo e inspirò l’aria fredda, le scarpe che le dondolavano dalle dita, tenute per i cinturini.
«Non dirmi che hai intenzione di camminare scalza nel vicolo» disse Albie, porgendole il suo cappotto.
«Vabbè, cercherò di evitare i vetri rotti» disse lei, infilandoselo. Nella tasca c’era il suo smartphone. Lo prese, puntò la torcia a terra e cominciò a saltellare tra la spazzatura, le pozzanghere e le prime tracce di gelo. Oltrepassarono una fila di cassonetti e, quando raggiunsero la strada principale, Albie la prese per un gomito per fermarla.
«Okay, c’è un baretto del cavolo dietro l’angolo» disse, indicando un puntatore sulla mappa sul telefono. «Ma è meglio se ci andiamo di corsa, così nessuno ci vede.»
Sloane sorrise. «Sembra di essere tornati ai vecchi tempi, vero?»
«Sì, ma senza la minaccia di morte imminente» disse Albie, con una risata nasale. «Andiamo.»
Corsero insieme lungo il marciapiede e all’angolo svoltarono per infilarsi da Fred’s, come indicava l’insegna verde al neon dietro la vetrina. Il locale era vuoto e puzzava come una palestra. Gusci di arachidi si spaccavano sotto i piedi nudi di Sloane mentre con Albie andava verso il bancone. Si sedette su uno sgabello strappato al centro, con del nastro adesivo a tenere dentro l’imbottitura.
«Perfetto» disse Sloane.
«Whisky» ordinò Albie al barista, un uomo anziano la cui espressione comunicava profondo disinteresse. Albie lanciò un’occhiata a Sloane. «Fanne due, doppi. Old Overholt, se ce l’hai.»
Il barista sollevò le sopracciglia ma si voltò per versare i drink. Sloane si tolse le forcine dai capelli, e le allineò una per una sul bancone.
«Deduco che la proposta non è andata nel modo che avevi sperato» le disse Albie.
«Se questa serata fosse andata nel modo che avevo sperato, non ci sarebbe stata nessuna proposta.»
«E allora perché diavolo hai detto di sì?»
«C’erano cinquecento macchine fotografiche a registrare ogni singolo secondo. Che cosa volevi che facessi, che umiliassi e devastassi completamente il dannatissimo Prescelto dei Prescelti in diretta nazionale?»
Albie ci rifletté. «In effetti…»
«A ogni modo, non è che non voglia sposarlo.» Si interruppe e aggrottò le sopracciglia. «Okay, mi sa che non voglio, ma non ho idea del perché.» Gemette e appoggiò la testa sul bancone.
«Okay, o i tuoi piedi o la tua testa devono smettere di toccare ogni superficie di questo posto» disse Albie. Prese dei tovagliolini di carta in fondo al bancone e glieli passò. «Credo di sapere perché non vuoi sposarlo.»
«Sì?» Sloane aprì un tovagliolino e se lo avvolse intorno a un piede, che poi riappoggiò sulla sbarra di metallo. La carta si appiccicò senza difficoltà alla pelle. «Illuminami.»
«Be’» Albie arricciò il naso, «sembra che lui non ti conosca veramente, Slo. Tu non sei morbida dentro…»
«Tecnicamente, siamo tutti morbidi dentro.»
«… il che è okay. Molti ottimi generali e padri responsabili ed emotivamente distanti non erano morbidi dentro. Alcuni li definiamo perfino eroi.»
«Ho sempre desiderato essere un padre emotivamente distante.» Sloane fece scivolare un tovagliolino sopra il bancone e vi sbatté sopra la fronte. «Cazzo, Albie, che cosa faccio?»
«Lo sai già cosa fare, no?»
Sloane sospirò e guardò l’anello alla sua mano sinistra, brillava sotto le luci giallognole del bar.
Il barista servì i due whisky. Loro presero i bicchieri contemporaneamente, contemporaneamente inclinarono indietro la testa e buttarono giù quasi tutto il liquore in un solo sorso.
«Matt vorrebbe che non ci pensassi più, me ne accorgo. Secondo lui abbiamo passato tutti la stessa cosa, per cui se lui sta bene, dovrei stare bene anch’io.»
Albie premette le labbra sul bordo del bicchiere e finì il suo whisky. Poi fece segno al barista di portare un secondo giro.
«Pensi che abbia ragione, che dovrei semplicemente… smettere di pensarci?» domandò lei.
«Be’, se trovi il modo, fammelo sapere.»
Sloane buttò giù l’ultimo sorso e fissò la fila di bottiglie colorate dietro il bancone. «Non ne abbiamo mai parlato» disse con voce spenta. Si riferiva al giorno che lei e Albie avevano passato prigionieri dell’Oscuro. L’unico, di tutti i giorni bui che avevano sopportato, che nessuno dei due nominava mai.
«Che cosa c’è da dire?»
«Già» ribatté Sloane. «Mi ha anche consigliato di andare in terapia.»
Albie fece un verso nasale. «Terapia. È solo questo che sanno dirci tutti quanti?»
«Non ti ha aiutato?»
«Sì. E no. Non lo so. Vorrei solo che la gente smettesse di parlarne come se il solo andarci aggiustasse tutto.» Quando Albie prese il nuovo bicchiere di whisky, gli tremavano le mani. La guardò. «Perché hai richiesto quei documenti, Sloane? Sembra che ti abbiano solo reso le cose più difficili.»
Sloane rimase in silenzio per un momento. «Mi sono sempre chiesta una cosa. Mi domando se abbiano trovato altri potenziali Prescelti oltre a noi. So che i criteri erano specifici, ma ci sono tipo trecento milioni di persone soltanto in questo Paese, per cui… forse ce n’erano anche altri.»
«E questo ti tormenta.»
Lei annuì. «E se la differenza tra noi e loro, quella che ha fatto di noi i Prescelti» disse, inclinando il bicchiere con un dito, «fosse stata solo che i nostri genitori hanno detto di sì, mentre i loro hanno detto di no?»
Ricordava la conversazione con sua madre. La camera semibuia, con le tende pesanti chiuse. I vestiti che aveva calpestato mentre la attraversava andando verso il letto. La forma del corpo di sua madre sotto la coperta, rannicchiata su se stessa come le cimici morte nella plafoniera sopra il tavolo della cucina. Il modo in cui tutto odorava di corpo non lavato e alcol.
E il modo in cui aveva detto a Sloane di fare quello che voleva.
Albie le rivolse un’occhiata triste. «Significherebbe che abbiamo genitori di merda. Il che» aggiunse, «a dirla tutta, già lo sapevo.»
«No, non è così che è andata.» Sloane parlava ridendo. «Bert mi ha preso da parte e mi fa: “Sembra che tu non funzioni bene quando la gente ti guarda”.»
«E poi ti ha detto che dovevi diventare una canaglia assassina!» esclamò Albie. «Ti sto dicendo che è andata così.»
«Come puoi dirmi tu com’è andata, se non c’eri neanche! E poi io non ho mai assassinato nessuno.»
«Ti sto dicendo che tu eri una Prescelta molto più cazzuta di me. Io ero un po’… carne da cannone. Tipo, a me Bert ha detto: “Il buon marinaio si conosce nelle tempeste. Matt è fortunato ad averti, Albie”, che significa: sei pronto per morire al posto suo in modo che lui possa continuare a salvare il mondo.»
Sloane scosse la testa. «Lo sai che non era questo che intendeva.»
Albie si strinse nelle spalle.
«Ma che stronzi.» Esther si era avvicinata di soppiatto. Sloane non l’aveva vista entrare. Indossava un cappotto di pelliccia finta che le si gonfiava intorno alla faccia come un’antica gorgiera. Dietro di lei veniva Ines e, accanto alla porta, che si scrollava la neve dalle spalle, c’era Matt. «La prossima volta che avete intenzione di battervela, che ne direste di comunicarlo anche a noi? Ho parlato con una donna del suo viaggio a Firenze per venti minuti.»
Lasciò cadere la pochette sul bancone, fece segno al barista e ordinò un giro di gin tonic.
«Ehilà» esclamò Matt, mettendo una mano sulla spalla di Sloane. Aveva le dita fredde. «Che strano modo di festeggiare il nostro fidanzamento.»
«Oh, cavolo. È finito il divertimento» disse Sloane ad Albie.
«Sssh» fece Albie. «Lui ti ascolta.»
«Dimmi come ti senti davvero, Sloane» la invitò Matt, irrigidendosi.
«Mi sento come una che vorrebbe non avere addosso questa biancheria elasticizzata» rispose Sloane. «Siediti, bevi qualcosa.»
«Perché hai i piedi avvolti nei tovagliolini?» le chiese Esther.
«Se Albie l’avesse avuta vinta, avrei tutto il corpo avvolto nei tovagliolini» disse Sloane. «Nei tavvolgini… avvolgiolini…»
Matt la stava studiando in un modo che non le piaceva. Come se fosse un’automobile a bordo strada che si era rotta e lui stesse guardando sotto il cofano per capire quale fosse il problema. Come se ci fosse qualcosa di sbagliato dentro di lei che lui avrebbe potuto aggiustare. E forse era questo il loro problema: lui non la vedeva, lui vedeva la persona che lei avrebbe potuto essere con qualche piccolo aggiustamento, mentre tutto quello che voleva lei era rimanere rotta ed essere lasciata in pace.
«Sai» disse, appoggiando la testa su una mano, «mi piace essere così, in realtà.»
«Come, ubriaca? Sì, piace a un sacco di gente, Slo» rispose Matt. Aveva ancora la mano sulla sua spalla, ma ora era calda, per il contatto con la sua pelle.
«Non ubriaca. Come sono sempre. Sono tutta così. Niente morbido ripieno. Te lo può dire chiunque.»
«Forse le altre persone non ti conoscono quanto me» riprese Matt con gentilezza.
«Se non fosse che sono io che te lo sto dicendo» ribatté Sloane, la voce improvvisamente più ferma. «L’Oscuro ha risucchiato tutto quello che avevo dentro. Io lo so. E lo sanno tutti. Tranne te.»
«Sloane…»
«Vado a casa.» Si staccò i tovagliolini dai piedi e li posò sul bancone. Uscì incespicando, tenendo le scarpe per i cinturini. Matt la seguì e chiamò un taxi. Non cercò di parlarle e non obiettò neanche quando, su Lake Shore Drive, lei aprì il finestrino e sporse fuori la testa. Quando arrivarono a casa, aveva il naso e le guance intorpiditi.