Dal componimento “Come in un sogno”
di Laura Bryant
E fu là, mentre guardavo la mia spesa rovesciarsi in strada – la cipolla che rotolava nel canale di scarico, il latte dalla bottiglia rotta che si versava nelle spaccature del marciapiede – che lo vidi per la prima volta.
La burrasca distruttiva del Resurrezionista era cominciata, la forza che ti strattonava, i corpi sbrindellati, la materia masticata. E tutto intorno, gente che gridava, gridava, scappava.
Scappava per mettersi in salvo.
Io ero caduta, slogandomi una caviglia. Uno dei più deboli del branco, ora vulnerabile agli attacchi da parte del più terribile predatore del nostro mondo, il nostro aspirante distruttore, il nostro diavolo incarnato. La mia morte era sicura…
Eppure. Come in un sogno…
Si fece avanti il Prescelto. Capelli d’oro che luccicavano al sole. Il sigillo dell’Esercito Baluginante sul petto, un tributo ai compagni caduti, ai suoi uomini massacrati. Una semplice fascia di metallo intorno alla gola, il suo sifone, la sua spada. Un fischietto stretto tra i denti, il suo scudo. Un nuovo esercito, ricostruito dalle ceneri dei morti, alle sue spalle.
Il nostro difensore.
Il Prescelto di Genetrix.
Dal saggio “Il mio primo pensiero”
di Xevera Ibáñez
Ho visto una sua fotografia sul giornale il giorno dopo l’attacco contro Cordus. Aveva combattuto, attivato con il canto potenti processi, scosso finestre, fatto tremare porte, ma non aveva vinto, e non aveva perso. Era ancora tra noi, per cui eravamo contenti, ma eravamo anche delusi. Che lui non avesse salvato il mondo con un fischio.
Significava che ci attendevano altri tormenti. Altre strade spaccate a metà, altre madri con il volto di pietra, bambini che camminavano soli, uomini seduti sul marciapiede con lo sguardo fisso nel vuoto. Altri edifici distrutti da un vento sovrannaturale, altro frugare tra le macerie, tende strappate, finestre frantumate. Altro di tutto questo; altre perdite, altre privazioni.
Ho visto una sua fotografia in cui stava accanto a un segnale di STOP, i capelli d’oro, una catena d’oro al collo, una fascia d’oro intorno alla gola, le labbra premute, le fossette nelle guance, la mano stretta in quella del sindaco per salutarlo.
E il mio primo pensiero è stato: “Me l’aspettavo più alto”.