30

Un vento freddo si infilò sotto il cappuccio del mantello di Sloane, facendola rabbrividire. Erano passate ore dal tramonto, e lei si trovava su Wacker Drive, al confine del sito dell’ultimo Gorgo, il suo ultimo punto di controllo prima di prendere la posizione convenuta.

Perfino Esther alla fine era passata a dare ragione a Matt. «Hai mostrato tanta forza da quando siamo arrivati qui» le aveva detto, a bassa voce, quella notte stessa. «È ovvio che le tue vere emozioni da qualche parte devono venire fuori, no? È il tuo cervello che ti sta dicendo che stai reprimendo qualcosa.»

Sloane ci aveva quasi creduto. A prescindere da cos’altro aveva visto sott’acqua, era andata in un posto in cui gli universi si toccavano. La Terra e Genetrix erano collegate; Nero non aveva mentito su questo. Il che significava che dovevano ancora aiutare Genetrix ad aiutare la Terra. E avevano già sconfitto un pazzo omicida di massa. Avrebbero usato la stessa strategia per rifarlo.

Il che significava che il suo compito era attirare il Resurrezionista all’aperto. Avrebbe camminato lungo Congress Parkway fino alla Vecchia Posta Centrale, dove erano rintanati lui e il suo esercito. Doveva andarci da sola, ma l’Esercito Baluginante l’avrebbe seguita non appena lei fosse entrata in contatto con lui.

Aveva già fatto la stessa cosa sulla Terra. Era andata da sola fino al ponte Irv Kupcinet per attirare lì l’Oscuro. Conosceva fin troppo bene il senso di intorpidimento che la prendeva. Se non avesse visto le punte dei suoi stivali affondare tra le macerie, forse non si sarebbe resa conto di essere di nuovo in azione. Ma continuò ad avanzare, come aveva fatto la volta prima.

Conosceva la strada da seguire in mezzo alla distruzione del sito del Gorgo. Incaricati municipali avevano passato gli ultimi due mesi a ripulirlo, ma era ancora un ammasso di mattoni rotti e assi spaccate e cadaveri recuperati dai seminterrati. Gente di ogni ceto camminava tra le macerie in cerca dei corpi dei cari perduti. Sloane avrebbe voluto poter dire a quelle persone di lasciar perdere. I loro famigliari erano probabilmente ridotti a brandelli; le vittime dei Gorghi lo erano quasi sempre.

Il mantello che indossava era di Aelia, pesante e scuro. Fiocchi di neve portati da un’ondata di freddo di fine primavera svolazzavano nel chiarore delle luci di emergenza, e si scioglievano non appena toccavano terra. Le dita di Sloane erano ghiacciate, anche se stringevano le falde del mantello. Aveva insistito per indossare i propri vestiti sotto: quelli neri del funerale di Albie, quelli che aveva quando era affiorata per la prima volta sulla superficie di Genetrix.

Raggiunse l’estremità opposta del sito del Gorgo, gli stivali ricoperti di polvere. Camminò per un isolato a ovest, poi cominciò ad attraversare lo stesso ponte sopra il quale aveva zoppicato con la caviglia rotta settimane prima.

Da allora aveva sognato non l’Oscuro, ma il Resurrezionista. Non erano incubi, però; solo una ripetizione del loro breve colloquio, in continuazione, ogni volta uguale. “Non sei leale. Tu e i tuoi amici venite a uccidermi e a me non è consentito reagire?”

Aveva ricevuto l’incarico di studiare le morti degli altri Prescelti convocati da altri mondi. A dispetto della promessa di Nero di essere più collaborativo, tuttavia, lui e Aelia erano ancora gelosi delle poche informazioni che avevano, e che dispensavano a piccole dosi. Era come avere solo alcuni pezzi del puzzle, nessuno che combaciava con nessun altro. E tutti che le ponevano domande a cui Nero e Aelia si rifiutavano di rispondere.

A Sloane questo non piaceva. E inoltre, non si fidava.

“Questo mondo, e il tuo mondo, si distruggono da soli. Tutti i mondi lo fanno. Non hanno bisogno di me” aveva detto il Resurrezionista. Non le era sembrato uguale all’Oscuro. Non era lui, e neanche una sua versione parallela.

Un altro pezzo che non riusciva a incastrare da nessuna parte.

Si fermò al centro del ponte e guardò l’acqua. Non sapeva cosa pensare. Non sapeva se sotto i sifoni e il pomposo mantello teatrale il Resurrezionista era l’Oscuro, se era il Resurrezionista a provocare i Gorghi e non sapeva neanche quanti Prescelti erano morti facendo esattamente la stessa cosa che stava per fare lei.

Aveva bisogno di scoprirlo.

Riprese a camminare.

Nel vicolo tra la Vecchia Posta Centrale e l’edificio adiacente – il nuovo ufficio postale, l’aveva cercato sulla mappa – Sloane trovò la finestra da cui era saltata quando era scappata dal Resurrezionista. Non sembrava così alta ora, a rivederla dopo diverse settimane. Ma lo era troppo per arrampicarsi senza aiuto.

Si avvolse una sciarpa intorno alla faccia lasciando scoperti solo gli occhi e controllò che il cappuccio fosse saldo sulla testa. Il suo mantello era troppo elegante per appartenere a un soldato dello sbrindellato esercito del Resurrezionista, ma non ci poteva fare niente. Girò intorno all’edificio in cerca di un punto da cui entrare.

Sul lato di Harrison Street c’era una porta di metallo con un maniglione a spinta, che aveva una serratura. “Bene” pensò lei. “Niente chiavistello.” Cercò a terra qualcosa da usare come martello. Dovette ritornare nel vicolo, ma alla fine trovò un pezzo di cemento, così grosso che faticava a tenerlo con una mano. Doveva accontentarsi.

Tenendo il cemento con entrambe le mani, lo sbatté contro la maniglia della porta. La porta si scosse e Sloane colpì la maniglia ancora, e ancora, e ancora. Scaglie di cemento si staccavano dal blocco mentre lei scavava profondi graffi nella porta di metallo. Continuò a colpire finché la maniglia si ruppe e rimase appesa alla porta solo per i congegni interni.

Aprì la porta spingendola a forza ed entrò in quella che sembrava una vecchia zona di carico. Lo spazio era occupato da macchinari sgangherati, tutti arrugginiti e coperti da uno spesso strato di polvere. C’erano nastri trasportatori, bancali e scale a pioli marce, bidoni con le ruote distrutte, abbastanza grandi da contenere un uomo adulto.

Cercò di imitare la camminata a grandi passi e strascicata che ricordava dell’uomo e della donna zombie che l’avevano portata lì dentro. Era entrata dal retro stavolta, ma l’esercito del Resurrezionista poteva comunque essere in agguato da qualche parte lì vicino. Trovò la porta della zona di carico che dava verso l’interno ed entrò in un corridoio fatiscente con il pavimento tutto sconnesso. Assi di legno rotte affioravano sotto la moquette bordeaux, e pezzi di parete e di soffitto ingombravano il cammino. Lei ci girava intorno come se stesse giocando a “il pavimento è di lava” con Cameron nel loro soggiorno: tutto quello che non era moquette bordeaux era lava.

Mentre procedeva, cercava di ricostruire mentalmente la mappa dell’edificio. Svoltò a un angolo e scivolò dentro una scala d’emergenza. Fino a quel momento era tutto tranquillo. Salì due rampe di scale e raggiunse il piano dove aveva rotto la finestra per saltare fuori. La sua caviglia era ancora debole da quel giorno, ma il sifone aveva fatto il suo lavoro, accelerando la guarigione delle ossa.

Presto arrivò alla soglia dell’ufficio fatiscente in cui aveva trovato il materasso e le parti di sifone. L’alloggio del Resurrezionista, o così sembrava. Ancora la confondevano le lenzuola a fiori che coprivano il materasso. Sembravano comicamente fuori posto.

Si tolse il pesante mantello. L’avrebbe solo intralciata, e non aveva più bisogno di nascondere la sua identità. Estrasse il coltello tattico dal fodero al suo fianco, entrò nella stanza e si accovacciò accanto a una delle scrivanie, dietro la parete divisoria.

Poi aspettò il ritorno del Resurrezionista.

Matt ed Esther si sarebbero arrabbiati se avessero saputo che stava deviando dal loro piano. Forse l’avrebbero perfino odiata. Ma in realtà, pensò Sloane, avrebbero dovuto insospettirsi quando aveva accettato di fare di nuovo da esca. Inoltre, non stava necessariamente abbandonando del tutto gli obiettivi; stava solo… cambiando la linea temporale.

Aspettò.

Il battito del suo cuore non si era ancora calmato quando sentì dei passi nel corridoio. Nessuna voce; era solo. La porta si aprì e lei sentì il respiro pesante di lui, il fruscio della stoffa intorno al corpo. Sloane inclinò la testa quanto bastava per vedere il suo cappuccio oltre la bassa parete che circondava il tavolo; poi si alzò, girò intorno alla parete e scattò…

Con una mano gli strappò il cappuccio e con l’altra gli portò il coltello alla gola, tenendolo per i capelli, che erano scuri e lunghi per un uomo. Gli premette la lama sul collo quanto bastava perché sentisse quanto era affilata.

«Ehi, ciao» gli disse.

Sentì il suo calore, la vita in lui. Sapeva che era un essere umano, ma una parte di lei si era chiesta se era uguale ai suoi soldati, più polvere che uomo. Il suo respiro era rapido sotto il sifone, crepitante.

«Non muovere le mani» gli disse. Tenne il coltello sopra il sifone che gli copriva la gola, ma con quella libera scese giù a slacciare la fibbia del sifone che portava al polso. Le fece uno strano effetto sfiorargli la pelle mentre tastava in cerca del gancio e lo tirava; il sifone cadde, pesante, a terra. Lei spostò il coltello nell’altra mano in modo da ripetere l’operazione sull’altro polso.

Era consapevole che il suo respiro, come quello di lui, era veloce e forte. Sentiva tutto ovattato. Lui aveva quasi ucciso Kyros davanti a lei con un fischio soltanto. Cos’altro era in grado di fare prima che lei potesse fermarlo? Eppure eccola lì, armata solo di un coltello tattico, come un’idiota.

«Avrei dovuto saperlo che saresti tornata.» La sua voce era metallica, distorta dal sifone. «Da vera eroina. La gente come te tende a lanciarsi in sconsiderate missioni suicide.»

Sloane rise roca. «Le tue supposizioni sul mio carattere sono così sballate da risultare addirittura divertenti. Non sono qui per ucciderti. Se fosse così, ti avrei già tagliato la gola. Perché non sono qui neanche per morire.»

Lui teneva le mani lontane dal corpo. Erano grandi e pallide, con nocche stranamente delicate. «Tagliarmi subito la gola sarebbe stato più intelligente» disse.

«Per quanto lo desiderassi, avrebbe un po’ mandato in pezzi lo scopo per cui sono qui. Sono venuta per un accordo. Verità per verità.»

«Verità» ripeté lui. «Non so neanche più bene che cosa sia.»

«Per favore, per l’amor di Dio, dimmi che non sei uno di quei cattivi che si mettono a filosofeggiare su assurdità esistenzialiste, perché altrimenti mi toccherà davvero tagliarti la gola. Che ne dici di cominciare da: chi diavolo sei?»

«Non lo sai già?»

Poiché lei non rispose, lui sollevò le mani, lentamente, verso il viso. Sloane mantenne salda la pressione del coltello. Lui sbloccò i ganci del sifone che gli copriva gli occhi e se lo tolse. Lei vide il suo riflesso nella finestra di fronte, ma era troppo debole: una sagoma pallida contro lo sfondo scuro.

Lui restò fermo, le mani alte con i palmi rivolti in avanti, mentre lei gli girava intorno. Sui polsi portava le cicatrici dei sifoni, il genere di segni scavati nella pelle giorno dopo giorno, per anni. Il naso e la bocca erano ancora coperti, ma i suoi occhi erano scuri, attenti e familiari.

Lei rise. «Mox. E quindi deduco che non mi hai incontrata per caso al centro culturale quel giorno.»

Lui sganciò anche i fermi del sifone da bocca, poi si asciugò il sudore sul mento. Posò entrambi i sifoni sul tavolo accanto. Aveva un aspetto peggiore rispetto all’ultima volta in cui l’aveva visto: cereo, cerchi scuri intorno agli occhi, sudato. Giovane.

«Ti ho dato la tua verità» disse, la voce diversa da come lei la ricordava, più roca. «Ora dammi la mia.»

Sloane vide un’instabilità in lui che non aveva notato quando lo conosceva solo come Mox. Una sorta di agitazione che l’avrebbe spaventata se non l’avesse conosciuta così bene lei stessa. Lui aveva paura, e per lui – per entrambi – la paura era sempre rabbia e pretese.

«No» disse lei. «Non ti ho chiesto come ti chiami. Ti ho chiesto “chi sei”. Sei l’Oscuro? In qualche tipo di travestimento?»

«Chi?» disse Mox, e quella sua confusione non fece altro che continuare a disorientarla. Sloane stava cercando di controllare il respiro, che le usciva a scatti. Non sapeva. Non sapeva se aveva di fronte l’Oscuro o qualcuno di altrettanto malvagio. Un assassino, uno psicopatico, uno stregone malefico. Non aveva idea di che cosa fosse Mox.

«Avevo un nemico» disse Sloane. «Credevo di averlo ucciso, ma invece è venuto qui. E io voglio sapere… devo sapere se sei lui.»

«Se ti dicessi che non lo sono non mi crederesti. E non ti dirò nient’altro finché non terrai fede al tuo accordo.»

Lei si era fidata altre volte della sua pancia. Quando era appena uscita dalla pubertà e il suo corpo aveva assunto una nuova forma, aveva sempre saputo quando aveva degli occhi addosso, quando la gentilezza di un uomo era pericolosa. Quando Katy McKinney le aveva offerto un bicchiere rosso di qualcosa all’unica festa a cui era andata prima di lasciare la città, lei aveva saputo che non doveva bere perché ci avevano sputato dentro. E alla fine della guerra contro l’Oscuro, lei aveva saputo che doveva usare l’interesse dell’Oscuro verso di lei contro di lui.

“Lo saprei” pensò. “Lo saprei se avessi davanti l’Oscuro. Lo sentirei.”

«Stanno venendo a prenderti. Nero e i miei amici. Io dovevo attirarti fuori, su Congress Parkway. Invece sono venuta qui.»

Lui spalancò gli occhi. «Nero? È con loro? Sei sicura?»

«Ehm, sì?»

Lui afferrò il sifone che aveva posato sul tavolo e se lo premette bruscamente sulla faccia, coprendosi il naso e la bocca. Poi si chinò a raccogliere i sifoni da polso che Sloane aveva lasciato cadere a terra.

«Ehi! Non abbiamo finito con questa conversazione!»

Mox alzò lo sguardo dal pavimento, dove si era accovacciato per rimettersi uno dei sifoni da polso. Fischiò e agitò la mano nuda nella sua direzione, e il coltello le si sbriciolò nella mano come una palla di neve. I frammenti si sparsero sulla moquette consunta.

«Ehi!» Sloane scattò. «Ma che cazzo!»

«Possiamo continuarla la discussione» acconsentì lui, la voce di nuovo metallica. «Ma non posso permettere che Nero si avvicini a questo edificio mentre io sono ancora dentro.»

«Cosa?» Lei pensò al laboratorio di Nero pieno di libri, e ai suoi flosci capelli biondi. Lui doveva essere molto abile con la magia o non sarebbe stato in grado di orchestrare la loro convocazione da un altro universo. Ma non sembrava affatto pericoloso quanto il Resurrezionista.

Mox si alzò e si attaccò i sifoni agli occhi, ritrasformandosi nella creatura che era prima. «Te lo dirò» le disse, offrendole una mano placcata di metallo. «Ma dovrai venire con me.»

E, anche se Sloane sapeva che era una pazzia scegliere quell’uomo, quell’assassino mascherato che si accompagnava a un esercito di morti, invece di Matt ed Esther – invece di Nero e Aelia, persino – sapeva anche che era una decisione già presa, fin dal momento in cui si era introdotta in quell’edificio.

Mise la mano in quella di lui. Se fosse morta per quella decisione, almeno sarebbe stata una morte che aveva scelto lei.