I miei occhi! Santo Dio, i miei occhi!
Ci sono cose nella vita che, una volta viste, sono praticamente impossibili da dimenticare, dannazione. Uno scrub alla candeggina… acido direttamente nelle retine… tre ore di GIF porno perfette… cavolo, neanche una lobotomia sarebbe riuscita a rimuovere quel genere di immagini. Per mia gran fortuna mi ero imbattuta in non una, non due, ma quattro foto capaci di rovinarmi completamente la giornata. Foto di peni, per essere precisi. E diciamo solo che questo pene non era proprio fotogenico, per non farla lunga. O corta, se avessi dovuto tenere conto delle dimensioni. Era il genere di foto che porta una donna a chiedersi perché.
Perché? Perché mai qualcuno vorrebbe mai vantarsi di essere il proprietario di un coso così?
Era l’equivalente fallico di un gremlin, oltre a essere la sola ragione per cui la mia serata aveva improvvisamente preso una piega in peggio. Quella che doveva essere una tranquilla serata rilassante davanti alla TV in compagnia della mia migliore amica e coinquilina Cassie si era trasformata in un incubo di peli pubici, palle raggrinzite e una corona davvero indegna di un re.
Composi una risposta pigiando le dita con forza sulla tastiera.
BottaDiRose (23:37): Questo è il tuo uccello? Sul serio? SUL SERIO?
TapNext era l’ultimissimo e il migliore sito di incontri trasformatosi in app per donne e uomini single che desideravano incontrarsi, chattare e, con un pizzico di fortuna, trovare la loro prossima conquista.
In generale, era un’alternativa migliore al passare le serate al bar o in discoteca. Perché, per me, quelle serate si concludevano tutte nello stesso modo: dopo aver educatamente rifiutato l’elettrizzante (da leggersi con marcato sarcasmo) offerta di seguire un tipo a caso nel suo appartamento, mi risvegliavo il giorno dopo con un dopo-sbornia da paura e per il mese successivo ricevevo messaggi di tipi strani con nomi come Stanley o Milton che cercavano una sveltina a tarda notte. Messaggi che io ignoravo sempre .
Il mio biglietto da visita recitava Direttrice del Marketing, Brooks Media . Era un titolo considerevole per una come me, appena agli inizi della carriera, ma me lo ero guadagnato. Avevo lavorato più duramente di ogni altra persona nel mio dipartimento, e forse aveva anche contribuito il fatto che l’uomo che aveva ricoperto l’incarico prima di me era stato licenziato dopo essere stato arrestato per aver rimorchiato una prostituta in una delle auto aziendali. Perché poi avesse deciso di guidare una macchina aziendale in città era ancora incomprensibile per me. Davvero, a New York persino le zoccole usavano il taxi.
Dal momento che la Brooks Media era proprietaria di TapNext, era facile capire perché fossi tanto esperta e tanto dedita al successo della app. Era un requisito obbligatorio dall’assunzione: tutti gli impiegati single dovevano creare un profilo TapNext. Il personale era fortemente incoraggiato a usare l’app e a fornire un onesto feedback delle loro esperienze. I nomi collegati al profilo erano tenuti top secret e sotto custodia con misure degne di Fort Knox dalle Risorse Umane. E i feedback erano anonimi.
Tradotto: Non ti preoccupare, BottaDiRose , il tuo capo non sa dei tuoi sconci giochi di parole.
All’inizio mi era sembrato uno strano modo di condurre gli affari, ma, dopo due anni alla Brooks Media, dovevo riconoscere che il mio profilo TapNext era un ottimo mezzo per fare ricerche e trovare idee promozionali.
Il mio telefono trillò con la risposta del colpevole.
Sporco_Ruck (23:28): …
Era questa la sua risposta? Tre puntini di sospensione?
BottaDiRose (23:38): Livello di Minaccia Maniaco: Fottutamente Alto
Non rispose immediatamente, ma il resto della mia invettiva non poteva aspettare.
BottaDiRose (23:39): Ma qualcuno di voi sa ancora come si inizia una conversazione? Per l’amor del cielo.
Cassie, al mio fianco, sospirò. «E smettila di sbattere sulla tastiera, Sgualgeorgina! Sto cercando di guardare Ninja Warrior America , sono carica al massimo e tu mi distrai».
La ignorai, ancora concentrata sul come trovare un modo per eliminare quelle offensive immagini dalla mia mente.
Lei sbirciò da sopra la mia spalla prima che potessi nascondere il cellulare. «Ehi. Ehi. Ehi . Perché ci sono io nella foto del tuo profilo?».
Cassie era piegata in avanti con le sue cosce dalla perfetta pelle bianca in bella mostra e la testa dai capelli castano scuro che spuntava attraverso lo spazio tra le sue gambe aperte. La sua patata evitava la comparsa per un soffio.
«Per vendetta, Testa-di-Cass».
«E cos’ho fatto per diventare la tua sgualdrina da profilo, e gratis, per giunta?».
Alzai un sopracciglio. «Devo per forza scegliere una sola ragione?».
«Ma dai, fammi un esempio, uno solo. Ti sfido».
«Al secondo anno di università. Ti avevo detto di non postare quelle foto su Facebook, ma tu mi hai ascoltato? Certo che no».
Sorrise di gusto. «Aaaah, sì. Mi ricordo di quelle. Avevo pensato che fossi particolarmente carina quella sera».
«Avevo la testa nel gabinetto».
«Ma avevi quegli adorabili occhioni da cucciolo indifeso». Sbirciò di nuovo il mio telefono, i suoi occhi grigio scuro centrarono il loro fallico bersaglio. «Porco diavolo, cos’è quello? Il pisello di Quasimodo?».
Mi alzai dal divano e iniziai a camminare avanti e indietro di fronte alla TV. «Ho ricevuto quattro foto di piselli oggi, Testa-di-Cass. Quattro! ».
Cassie fece una smorfia. «E allora? Speravi in una quinta?».
La mia espressione era a metà tra il disgusto e la sorpresa.
«Sai» spiegò, «così ne avresti avuto uno per ogni buco e per ciascuna mano». Gesti facilmente interpretabili e altrettanto vividi accompagnarono le sue parole mentre parlava. «Anche se non so se vorrei fare una doppia penetrazione con Quasimoscio, il cazzo gobbo di Notre-Dame». Le bastò uno sguardo al mio viso per strozzarsi dal ridere. «Non sarai una puritana per davvero, ma in questo momento stai recitando la parte davvero bene».
Gemetti e mi arresi, piantando il sedere sul divano e seppellendo il volto tra le mani. «Immagino sia perché uso questo profilo per fare delle ricerche di lavoro. Ho questa ingiustificata sensazione che le cose dovrebbero essere più professionali».
Lei scosse la testa e sorrise, appoggiando i piedi, dai calzini spaiati, comodamente sul bracciolo del divano. «Devo ammettere che quel salsicciotto è davvero orrendo. Ma, Georgie, lavori per un’azienda il cui prodotto di punta è un’app chiamata TapNext , mica per la Casa Bianca».
Dopo un breve momento di silenzio, scoppiammo a ridere contemporaneamente e io alzai un sopracciglio a mo’ di domanda. «Vuoi paragonare TapNext alla Casa Bianca ?».
«Hai ragione» concordò. «Pessimo paragone. Là probabilmente girano molte più foto di uccelli». Un enorme ghigno maligno s’impossessò del volto di Cassie mentre afferrava il telecomando.
«Cassie …». Le puntai contro il dito, ma era troppo tardi: era già in piedi sul nostro tavolino da caffè e il telecomando era diventato un microfono.
La mia migliore amica aveva la fissa di inventare canzoni parodia su qualsiasi cosa, quando veniva colta dall’ispirazione. E non a volume basso. Impossibile: il volume basso non era nello stile di Cassie. No, lei cantava come se fosse Adele sul palco dei Grammy.
«Questa s’intitola Amori alla Casa Bianca » annunciò Cassie.
Gemetti, ma dentro di me non vedevo l’ora di scoprire cosa si sarebbe inventata.
Pensate a qualche stronzata da morire dal ridere sul genere Kristen Wiig al Saturday Night Live . Così era Cass.
«Stagista mia, vestita di blu, la tua mano è scesa laggiù
Stagista mia alla Casa Bianca, non dirmi che la tua bocca è stanca... » Iniziò a cantare sulle note di Summer Night di Grease.
Stava cantando con tutta se stessa.
«E c’era lei, era pazza del pen... »
Schiocchi di dita. Ondeggiamenti del bacino. Su e giù con la testa. Cassie non si perdeva una sola nota.
«Lui le dice, in ginocchio va ben... »
Dopo la prima strofa, il bandito delle foto falliche era dimenticato. Saltai giù dal divano e la placcai, facendoci precipitare sul pavimento. Lei urlò. Io risi. E, cinque minuti dopo, Cassie era di nuovo sul tavolino mentre io facevo da seconda voce per il resto della sua ridicola canzone.
«Dalla dai, dalla dai... »
Ammettetelo, la state cantando anche voi.
Più tardi, quella notte, infilata comodamente sotto le coperte e a un passo dal raggiungere una paradisiaca fase REM, il trillò del mio cellulare mi riscosse. Riemersi lentamente, a forza di lamenti, dal mondo dei sogni. Cristo, era ora di operare un cambiamento epocale nella mia via. Per esempio, cambiare le impostazioni per le notifiche di TapNext del mio cellulare. O era quello o ammazzare qualcuno, e io sono il genere di persona che preferisce testare la temperatura della piscina con la punta del piede piuttosto che tuffarcisi dentro a bomba.
Passandomi una mano sul volto, mi costrinsi ad aprire gli occhi e afferrai il cellulare dal comodino d’antiquariato. Resistetti appena alla tentazione di sbatterlo giù di nuovo, e romperlo così in milioni di piccoli pezzi. Per fortuna il mio pensiero razionale non era assonnato quanto il resto di me e realizzai quanto lavoro sarebbe conseguito da una tale azione impulsiva.
Ripulire e fare compere e trasferire i contatti, santo cielo.
Sì, neanche per sogno.
Sporco_Ruck (02:09): NON è il mio pisello.
Non è il suo pisello?
Ma che cazzo e doppio cazzo?
No. No. Non era proprio l’ora per affrontare stronzate simili.
Non. Avrei. Risposto.
I lati del mio cuscino schizzarono in alto, spinti dalla forza del mio pugno e crearono un’imbottitura perfetta per il mio volto, quando precipitò di fianco alla mia mano. Avevo un sacco di roba da fare domani al lavoro, e affrontare Sporco_Ruck, e la sua inclinazione per orrendi selfie inguinali e risposte incomprensibili, non sarebbe entrato nella mia agenda.
Mi concentrai sul riaddormentarmi, certa che sarei tornata tra le braccia di Morfeo e ci saremmo coccolati come matti fino al sorgere del sole, il mattino dopo. Mi ispirai a Buddha per trovare la pace interiore, cantilenando fino a raggiungere uno stato di incoscienza beata. O così, o avrei dovuto prendere il mio vibratore e dare il via a un ménage à moi.
Per fortuna, il sonno ritornò veloce da me quella notte. Non ci fu bisogno di alcun approccio manuale.
Il giorno dopo, mentre mi preparavo per andare al lavoro, decisi di dirne quattro a Sporco_Ruck . Sputai il dentifricio nel lavandino, mi sciacquai la bocca con l’acqua e chiusi il rubinetto. Avviandomi a grandi falcate verso la mia stanza, presi il cellulare dal comodino e inviai al gremlin fallico una risposta.
Ciucciati. Questa. Amico.