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Georgia

«Finalmente!» Esclamò Dean mentre si precipitava oltre la mia porta mezz’ora dopo.

Avevo appena finito di faxare la versione finale del contratto originale Sure Romance. Quello per cui ci era voluta la mia parlantina per impedire che l’interruzione inopportuna di Leslie rovinasse la mia carriera e trascinasse la compagnia sui carboni ardenti. Quello che avrei fatto mandar giù a Martin, che gli piacesse o no.

Nel frattempo, il mio stomaco si stava corrodendo e si era aperto un buco della dimensione di un panino.

«Ti giuro, quella Barbie Travestito è la rovina della mia esistenza».

Alzai un singolo, perfettamente depilato sopracciglio, divertita. Se Cassie era la regina delle parodie, Dean era l’uomo più bravo a trovare soprannomi che avessi mai conosciuto. Non c’erano due persone con un nomignolo simile e niente era off-limit in nome del politicamente corretto. In pratica, Dean faceva il lavoro sporco e io mi godevo i risultati.

«Barbie Travestito, eh?».

«Esatto» confermò, indicandosi gli occhi e sbattendo le ciglia. «Ciglia finte lunghe così». Si mise le mani a una notevole distanza dal petto. «E tette di plastica fino a qui».

Non mi presi la briga di nascondere la mia risata.

«Mi ha costretto a correrle dietro per tutto il maledetto ufficio, stamattina, rimediando a un casino dopo l’altro e mi ha fatto inzuppare di sudore una camicia da cinquecento dollari».

«Sai cosa ti farebbe sentire meglio?» tubai.

I suoi occhi verdi brillarono sotto le luci fluorescenti. «Venti milioni di dollari e un’isola privata con Brad Pitt?».

«Un panino al tacchino caldo».

«Mhmm» mormorò, come se stesse riflettendo sulla cosa. «Immagino che potrebbe funzionare anche quello».

Aprii con disinvoltura il cassetto scorrevole della mia scrivania, tirai fuori la borsa con uno strattone e lo richiusi sbattendolo forte.

«Allora andiamo. Nutrimi e deliziami con il racconto della tua triste storia».

«Non fare finta che non dia fastidio anche a te» ribatté, mentre io lo prendevo a braccetto.

«Oh, me lo dà» concordai. «Solo, tu sai recitare il ruolo della vittima meglio di me».

Un lieve rossore si impadronì delle sue guance, poi si chinò su di me per schioccarmi un bacio. I complimenti lo tiravano sempre su di morale.

«Ho solo fatto più pratica» disse per consolarmi. Non che ne avessi bisogno . Tutto questo era a beneficio di Dean, per dargli ciò di cui aveva bisogno. Non avevo il pisello, ma sapevo essere anche io melodrammatica.

«Ah, sì, i guai di un gay attraente».

«Sono come lupi, Georgia! Con un innocente cherubino come me in giro, mi stanno tutti addosso come mosche sul miele».

«Aspetta, sono confusa. Sono lupi o mosche?» lo sfottei mentre chiamava l’ascensore.

«Perché non chiudi quella trappola piena di lucidalabbra rosso?».

Perfetto .

Un diversivo di proporzioni cosmetiche .

«Ti piace il colore?» chiesi, mentre mi mettevo di schiena contro la parete dell’ascensore, poi poggiai il mento sulla mano aperta e mi misi in posa, spingendo le labbra all’infuori.

«Uhm». Fece finta di studiarmi, riavviandomi i capelli ai lati della testa. Il suo esame si trasformò in un veloce sorriso e poi in un occhiolino. «Adoro!».

«Grazie» replicai, con un sorriso di rimando.

Mentre Dean proseguiva blaterando del suo recente rendez-vous con un barista carino, io non riuscivo a scacciare dalla mente una domanda che mi assillava.

Avevo bisogno di una risposta.

BottaDiRose (12:52): Quindi, se non era il tuo di pisello, di chi era? Credo di voler conoscere la risposta a questa domanda, ma una parte di me ha un po’ paura…

Sporco_Ruck (12:53): Paura che ti riveli che ho una cartella piena di foto di piselli di altri uomini nel mio cellulare?

Per tutti i diavoli, quella risposta non era rassicurante.

BottaDiRose (12:54):

BottaDiRose (12:55): Davvero, “...” è l’unica risposta che mi viene in mente.

Ok, parliamo seriamente: se non avesse risposto entro i prossimi due minuti, il mio dito indice sarebbe andato dritto a schiacciare il pulsante blocca.

BottaDiRose (12:56): …! (Se solo potessi usare le lettere maiuscole per strillare i puntini di sospensione LO STAREI FACENDO ADESSO)

Sporco_Ruck (12:57): Non è mia abitudine collezionare foto di piselli di altri tizi e nemmeno scattarle al mio. Ma ho un amico (che è un po’ stronzo) che ama fare lo scherzo del “Pene Gargoyle” alle persone.

BottaDiRose (12:58): La mia amica (che è un vero spasso) ha definito l’uccello in questione “Quasimoscio, il cazzo gobbo di Notre-Dame”.

Sporco_Ruck (12:59): Se fossi il genere d’uomo che usa le abbreviazioni nei messaggi, allora risponderei sicuramente LOL.

BottaDiRose (13:00): Domanda: stavi nascondendo intenzionalmente informazioni rilevanti per continuare a provocarmi?

Attraversammo la Fifth Avenue, puntando dritto verso la mia gastronomia a conduzione familiare preferita.

I marciapiedi pullulavano di attività, ma Sporco_Ruck era diventato una bella distrazione. Riuscii a strappare gli occhi dalla nostra conversazione giusto per evitare di essere investita da un taxi o mandare gambe all’aria un altro pedone.

Dean si schiarì la gola. «Pronto? Ma mi stai ascoltando? O sto blaterando di Sir LoSucchio senza ragione?».

«Sir LoSucchio? ».

«Cristo santo». Sospirò. «Ma che diavolo fai? Stai scrivendo a qualcuno?».

Alzai le spalle. «Controllavo solo delle email di lavoro». Col cavolo che avrei fornito a Dean munizioni sull’argomento TapNext. Mi avrebbe tormentato con questa storia fino alla morte.

Si bloccò nel mezzo del traffico pedonale di New York, facendo quasi inciampare una donna nel guinzaglio del suo cane. «Email di lavoro? Che stronzata».

Uh-oh . Nascosi lo schermo del cellulare. «Sì, e allora? C’è in ballo quell’accordo importante con la Sure Romance che devo portare a casa entro la fine della settimana...»

«Sei una pessima bugiarda. Davvero. Sei talmente scarsa a mentire che a volte mi chiedo se per caso tu non lo faccia apposta».

«Non sto mentendo» dissi, cercando di nascondere un sorriso.

Dean mi indicò la bocca. «Disse la ragazza che sorride o ridacchia nervosamente ogni volta che mente».

Merda . Mi coprii la bocca.

«Tesoro, sei incredibile» mi prese in giro, posandomi la mano alla base della schiena. «Ora porta quelle tue chiappette bugiarde dentro la gastronomia così io potrò scongiurare la morte per inedia che mi attende».

«Roba da pazzi» sussurrò Dean nel mio orecchio non appena entrammo.

Il locale era pieno zeppo. Ogni tavolo era occupato e la fila per ordinare arrivava alla porta. Ma non mi importava. Le mie narici erano già state sedotte dai deliziosi aromi del pane appena sfornato e delle zuppe. Avrei aspettato anche due ore, se fosse stato necessario.

«Lo so» concordai. «Ma tanto è sempre così». Esaminai con lo sguardo i tavoli, alla ricerca di qualsiasi posto libero. «Ma sembra che quella donna nell’angolo stia per alzarsi».

«Perfetto. Tu occupa il tavolo, io ordino» suggerì Dean. «Il solito?».

Alzai un sopracciglio. «Come se ci fosse bisogno di chiederlo».

«Insalata di pollo. Lattuga. Maionese dietetica. Niente cipolla né pomodoro».

Annuii. «Giuro, se tu non avessi in antipatia le vagine, ti implorerei di sposarmi».

Lui fece un ghigno. «Ci sono tantissime donne che fanno le mogli di copertura con uomini gay».

«Sì, ma litigheremmo troppo sul budget per i vestiti. Tu spenderesti i soldi dell’affitto e della spesa in shopping».

«Scommetto che non ti lamenteresti così tanto se il tuo bel culetto tondo sfoggiasse un vestito firmato».

Ridendo, alzai le mani. «Va bene. Mi hai convinto, se arriviamo ai trentacinque e nessuno di noi due è sposato, allora sarò la tua moglie di copertura».

«Favoloso». Mi fece un occhiolino. «Ora vai ad accaparrarti un tavolo, mentre io prendo da mangiare».

Feci come mi aveva detto, visto che Dean era una prima donna da non trascurare. Feci finta di aggirarmi per il locale, fermandomi ogni tanto a guardare i cimeli alle pareti, mentre in realtà stavo sorvegliando come un cane da guardia una donna con un dolcevita rosso e le Crocs. Quando lei finì di raccogliere dal tavolo i resti del pranzo e si preparava ad alzarsi, io ero già piazzata strategicamente a qualche passo dal suo tavolo e pianificavo attentamente la mia picchiata sulla sua sedia.

Nello stesso istante in cui le chiappe di Dolcevita si staccarono dalla sedia, io mi infilai al suo posto con l’agilità di una gazzella. O almeno, nella mia testa sembravo una gazzella. Il tipo che avevo quasi decapitato con la mia borsa probabilmente mi avrebbe definito un elefante in una cristalleria , ma non fa niente. Dettagli.

Il cellulare squillò nella tasca della mia borsa.

Sporco_Ruck (13:12): Domanda: è il momento giusto per confessare che sei davvero adorabile quando ti fai provocare?

BottaDiRose (13:13): Allora mi stavi istigando per il tuo divertimento? Non è un comportamento da gentiluomo.

Sporco_Ruck (13:14): Ti assicuro che sono un gentiluomo, quando si parla di cose serie.

BottaDiRose (13:15): Stai flirtando con me?

Sporco_Ruck (13:16): Forse, sta funzionando?

BottaDiRose (13:17): Quando una signora bacia (o flirta), la sua bocca è sigillata.

Sporco_Ruck (13:18): Anche un gentiluomo.

BottaDiRose (13:19): Mi sa che sei uno che porta guai.

Sporco_Ruck (13:20): Guai, ma solo quelli del tipo divertente, tesoro.

BottaDiRose (13:21): Sì, direi proprio che stai flirtando con me, Ruck.

Sporco_Ruck (13:22): Sei sveglia, Rose.

«Ne sono convinto. Stai mandando messaggi sconci a qualcuno».

Alzai gli occhi dal cellulare, incrociando lo sguardo esperto di Dean. «Non essere ridicolo. Perché pensi che stia scrivendo cose sconce a qualcuno?».

«Perché stai sorridendo come una scema e non hai notato che sono seduto qui con il pranzo da cinque minuti buoni».

Non aveva tutti i torti. Ero troppo presa dalle risposte di Sporco_Ruck per accorgermi del resto del mondo. Non potevo negarlo: quell’uomo mi intrigava. Ma non potevo neanche negare che se non avessi messo giù il cellulare e dato a Dean la mia completa attenzione, c’era il rischio che saremmo finiti ad accapigliarci come due isteriche.

BottaDiRose (13:23): Ho lo stomaco che brontola e un amico impaziente che mi fissa dall’altra parte del tavolo. Rimandiamo a un’altra volta (il flirt, intendo)?

Posai il cellulare sul tavolo, osservando la leccornia divina di fronte a me. L’aroma di insalata di pollo e patatine fritte era come un richiamo divino. «Credo proprio che tra un attimo assaporerò il paradiso».

«È quello che ha detto Neil l’altra notte mentre mi toglieva i pantaloni del completo Gucci blu scuro».

Le mie mani si fermarono a metà del percorso che avrebbe portato il panino alla mia bocca.

«Potevi semplicemente dire “pantaloni”, sarebbe bastato. E chi diavolo è Neil?».

«Sir LoSucchio» disse Dean, prendendo un boccone della sua insalata greca. «E, tesoro, qui non si parla di pantaloni qualsiasi. Erano pantaloni twill di misto lana di Gucci. E mi fanno un culo da paura».

«Immagino spieghi perché Neil te li stesse togliendo».

Dean sorrise contento. «Mai furono dette parole più vere».

Qualcuno mi sbatté contro, facendo sobbalzare e cadere il panino dalle mani, che atterrò mezzo aperto sul tavolo dozzinale. Ma che diavolo? Se era Collo Alto che rivoleva il suo posto, allora avrebbe trovato pane per i suoi denti.

«Scusi» sentii mormorare un uomo da sopra una spalla mentre il suo sedere avvolto da un paio di pantaloni eleganti – un fantastico sedere, oserei aggiungere – superava la mia sedia, diretto verso la porta. Aveva gli occhi troppo incollati al cellulare per rendersi conto che aveva appena ucciso in uno scontro frontale il divertimento della mia pausa pranzo.

«Cristo » brontolai. «Ma perché a New York tutti hanno il vizio di spingere? Voglio dire, quanto diavolo sarà mai difficile guardare dove si mettono i piedi invece di andare a sbattere contro chiunque?»

Dean piegò il capo di lato, lo sguardo puntato verso l’ingresso del locale. «Credo fosse il signor Brooks».

«Cosa?» Mi girai sulla sedia e guardai la figura slanciata del mio capo, che lasciava il locale e tornava sulla Fifth Avenue.

Un messaggio in arrivo su TapNext fece illuminare il mio schermo.

«Già» disse Dean, sicuro di sé. «È lui di sicuro. Riconoscerei quel corpo ovunque. Spalle larghe. Avambracci sexy. Culo perfettamente scolpito. Oh, cosa farei a quell’uomo».

«Siamo un po’ arrapati?».

«No». Respinse l’accusa con un gesto della mano. «Mi hanno succhiato via tutto ieri notte, devo ancora riprendermi».

«E detto questo» annunciai, alzandomi dalla sedia, «credo andrò a ordinare un altro panino. Torno subito».

«Ti aspetto qui, bambolina».

Mentre aspettavo in fila, diedi un’occhiata a cosa mi aveva inviato Ruck.

Sporco_Ruck (13:25): Non vedo l’ora. Buon pranzo, Rose.

Due cose mi furono subito chiare:

1. Volevo chattare di più con Sporco_Ruck. Il che era folle, considerando che eravamo stati presentati da un gargoyle in forma fallica.

2. Come avevo fatto a non accorgermi che Kline Brooks avesse un culo tanto bello? E, soprattutto, se il suo culo era così fantastico dentro i pantaloni, come sarebbe stato senza?