Aprii lentamente gli occhi quando Kline mi sollevò dal divano, stringendomi al suo petto. Dovevo essermi addormentata a metà film. Avevo bevuto solo due bicchieri di vino, non ero ubriaca, bensì deliziosamente rilassata e sonnolenta, soddisfatta dal riposo vicino al fuoco e dalla sensazione di protezione delle sue braccia avvolte attorno a me.
I suoi occhi trovarono i miei, mentre percorrevamo il corridoio verso la camera da letto. «Ho pensato volessi stare in un posto un po’ più comodo del divano». Mi mise gentilmente giù, sul materasso, tirò indietro le coperte e me le rimboccò. Dopo un dolce bacio sulla fronte, sussurrò: «Torna a dormire, piccola».
Io lo guardai muoversi per la stanza: mise in carica il telefono, si sfilò i jeans, si liberò della maglietta e spense le luci. Dubitavo che mi sarei mai abituata alla vista spettacolare di Kline con addosso solo i boxer. Far andare in giro un uomo del genere senza vestiti avrebbe dovuto essere illegale. Ma io non mi lamentavo.
Se lui era un crimine, allora, mio Dio, preparate le manette, perché non esisteva che potessi resistergli.
Kline si infilò nel letto vicino a me, ignaro che fossi ormai completamente sveglia e dei miei pensieri lascivi.
La serata era stata perfetta. Lui era perfetto: sexy, gentile, divertente e così dolce. Mi faceva desiderare cose che mi ero chiesta a lungo se avrei mai trovato. Sotto le coperte, mi spostai verso di lui, e mi sistemai sopra il suo corpo. I suoi occhi si spalancarono.
«Ciao» sussurrai.
«Ciao». Lui sorrise dolcemente, cingendo la mia schiena con le braccia e stringendomi più vicino.
«Non ho più molta voglia di dormire». Strofinai il naso contro il suo.
«E cosa hai voglia di fare, invece?»
Io alzai le spalle, mentre con le labbra gli mordicchiavo il collo. Aprendomi un sentiero, un bacio dopo l’altro, verso la sua bocca, gli morsi il labbro inferiore e poi ne leccai la carne piena per darle sollievo.
Lui gemette, afferrandomi per i fianchi e girandomi con la schiena contro il materasso. La sua bocca si incollò alla mia in un bacio lungo, lento e profondo, così deliziosamente profondo. Io afferrai ciocche di capelli sulla sua nuca, inspirai i suoi respiri e assaporai il suo sapore. Il mio corpo si faceva sempre più trepidante, quasi irrequieto, a ogni inebriante secondo che passava.
Lui mi spinse in su il top sul petto, mi afferrò i seni. Prese in bocca un capezzolo indurito, giocando con la punta con la lingua, per passare poi all’altro e ripetendo la stessa deliziosa tortura.
Lo struggimento pulsante tra le mie gambe era la prova di quanto desiderassi terribilmente Kline.
E per Dio, lo volevo sentire , volevo sentire tutto di lui.
La sua bocca ritrovò la mia. «Dimmi cosa vuoi». Le nostre lingue danzarono. «Ti darò tutto quello che vuoi».
«Ti voglio dentro di me» gemetti contro le sue labbra. «Ti voglio da impazzire». Il desiderio bruciava come non aveva mai fatto prima, in un modo che sapevo non avrei potuto soddisfare altrimenti.
I suoi occhi incontrarono i miei e li studiarono. «Sai che posso aspettare, vero? Aspetterò finché non sentirai di essere davvero pronta. Non c’è nessuna fretta».
Una minuscola punta di insicurezza si fece largo in me. «Non vuoi fare sesso con me?».
«Stai scherzando?». Una piccola risata gli sfuggì dalle labbra. «Piccola, sto impazzendo al solo pensiero di sentirti venire sul mio pisello. Direi che è abbastanza ovvio». Strofinò scherzosamente la prova contro la mia coscia, provocandomi una fitta di risate.
«Ma non ti voglio mettere fretta». Mi prese il volto tra le mani: nei suoi occhi c’era tenerezza. «Hai tu il controllo. Tu decidi quando è il momento giusto».
Le mie mani si ritrovarono ancora tra i suoi capelli, afferrando delle ciocche e portando il suo volto al mio. Lo baciai come non l’avevo mai baciato prima. La mia bocca depredava le sue labbra e la sua lingua, prendendo qualunque cosa volessero. I sentimenti che provavo per quell’uomo mi facevano impazzire. Gli avevo appena detto che volevo fare sesso con lui e lui aveva fatto l’opposto di quanto mi aspettassi. Aveva rallentato, per assicurarsi che stessi prendendo la decisione giusta per me stessa.
Non mi serviva tempo per pensare, perché Kline era la scelta giusta. Era la scelta giusta sotto ogni aspetto.
E io volevo donargli un’altra parte di me.
«Lo voglio. Lo voglio più di quanto abbia mai voluto qualcosa in vita mia». Gli cinsi i fianchi con le gambe, attirandolo ancora più vicino a dove lo desideravo disperatamente. Lui si sistemò tra le mie cosce, il suo uccello indurito premeva contro di me.
Il mio corpo tremò pregustando quanto stava per accadere. Quel momento era la ragione per cui avevo aspettato tanto a compiere quel passo.
Non ero un’ingenua, non mi aspettavo che la mia prima volta fosse di fianco a un caminetto o circondata da petali di rosa su un letto. Non mi aspettavo promesse sdolcinate di eterna devozione o un anello di fidanzamento. Volevo solo essere sicura che fosse significativo, che fosse con qualcuno di cui mi fidavo, qualcuno di cui mi importava. E soprattutto, avevo bisogno che fosse con qualcuno a cui importava davvero di me, qualcuno che non mi avrebbe fatto intenzionalmente del male: non solo fisico, ma anche emotivo.
Tutti avevano la propria opinione sul sesso. Alcuni facevano sesso per il puro e semplice atto in sé. Riuscivano a godersi una notte in compagnia di un affascinante sconosciuto e il giorno dopo non avevano alcun dubbio o sensazione a tormentarli.
Io ero sempre riuscita a lasciare i sentimenti fuori dal letto quando si trattava di scambi sul piano orale. Ma quando si parlava di una penetrazione completa con un pisello, di sesso da home run, sapevo che non potevo approcciarmi con la stessa mentalità.
Per me, un rapporto completo era più intimo di uno orale. Guardare una persona dritta negli occhi mentre i nostri corpi diventavano una cosa sola era completamente diverso. Io sapevo che quel tipo di sesso doveva essere qualcosa che andava oltre l’atto fisico, per me.
Mi fidavo moltissimo di Kline, e l’avevo fatto quasi sin da subito. Ma io sentivo quanto lui tenesse a me in ogni bacio, in ogni sorriso, in ogni tocco che indugiava. Con lui, non sarebbe stato solo sesso. Lui per me era più di questo. A me importava veramente di Kline. I miei sentimenti erano più profondi di quanto fossi pronta ad ammettere. L’intensità e la profondità delle mie emozioni fu una realizzazione che mi colpì come una palla da demolizione.
Il mio cuore era in gioco e io mi ero appena resa conto di quanto avrei potuto perdere.
La paura invase la mia mente, riversandosi nel mio sguardo.
«Che succede?» chiese, studiando l’incertezza del mio volto, assolutamente in sintonia con i miei pensieri titubanti.
«Ho paura» ammisi.
Lui mi fissò dritto negli occhi. «Non c’è niente di cui aver paura, Georgie. Non ti costringerei mai a fare qualcosa che non sei pronta a fare».
Io cancellai con una carezza la preoccupazione dalla sua fronte. «Lo so. Credimi, lo so».
«Dimmi cosa ti fa paura». I suoi occhi erano tremendamente sinceri. «Farò tutto quello che posso per aggiustare le cose».
Quest’uomo . Deglutii, sforzandomi per superare il cuore che avevo in gola.
«Ho paura perché… È così intenso». Mi sforzai di trovare le parole giuste. «Io… solo… mi sento come se mi stessi affezionando troppo in fretta a te. Fa una paura tremenda. Non posso ignorare la paura che, un giorno, mi sveglierò e le cose saranno finite male tra noi. Non voglio associarti con una sofferenza, alla fine».
Lui mi prese il volto tra le mani, lo sguardo intenso rivolto verso di me. «Non importa cosa succederà, piccola, sarà sempre una sofferenza piacevole per me. Tu mi fai sentire vivo. E io farò tutto quello che posso per assicurarmi che per te sia la stessa cosa».
Quello sguardo. C’era una gentilezza nei suoi occhi che mi fece capire che non ero l’unica che si stava affezionando.
Questo non sarebbe stato solo sesso neanche per lui. C’era qualcosa di più. Lui e io avevamo iniziato un cammino e il suo sguardo mi diceva: «Anche io mi sto innamorando».
E fu per quello sguardo che allungai la mano verso il comodino, per prendere un preservativo dal cassetto. Dal cassetto vuoto .
I suoi occhi seguirono il mio intero movimento. Riuscivo ad avvertirli, ma quando mi girai di nuovo verso di lui, erano leggermente corrucciati.
«Pensavo ci sarebbero stati dei preservativi».
Lui rise appena, quanto bastava per allentare la tensione e spingere a sorridere anche me. «Non ci sono preservativi nel cassetto».
«Questo mi sembra ovvio» ribattei.
Lui fece un sorrisetto compiaciuto e mi accarezzò la pelle lungo il fianco, strofinandola. «Non ho mai portato una donna qui».
Per chiunque sarebbe stata un’affermazione rassicurante, ma in qualche modo io riuscii a travisarla, iniziando ad andare nel panico, pensando che il nostro momento fosse destinato a interrompersi bruscamente. Io non volevo che accadesse.
Ero pronta ora .
«Ti prego, dimmi che hai dei preservativi da qualche parte».
Il suo sorrisetto si tramutò in un ampio sorriso, sentendomi. «Nella mia borsa».
Lo spinsi via e saltai giù dal letto, correndo verso la sua borsa e iniziando a frugarci dentro senza alcun rimorso. Quando l’alluminio della bustina incontrò le mie dita io partii subito a marcia indietro, spingendo da parte Kline, riprendendo la mia posizione e poi attirandolo di nuovo sopra di me.
Lui tremava, ridendo silenziosamente, mentre prendeva il preservativo dalla mia mano e lo metteva sul letto di fianco al mio bacino. Ma la sua allegria divenne rapidamente calore mentre portava le mani alle mie mutandine, le faceva scivolare lentamente lungo le mie gambe, e premeva baci lungo il mio corpo al loro passaggio.
Si tolse i boxer, liberando la sua consistente erezione.
I miei occhi si spalancarono per un secondo, angustiati dalle sue dimensioni. Una cosa era prendere in bocca un uccello di quelle dimensioni, ma far scivolare un pisello del genere per la prima volta fino in fondo alla mia casa base era tutt’altra partita. «Ti dico la verità, preferirei che fosse più piccolo» dissi senza pensare, prima di potermi fermare.
Kline si immobilizzò a metà di un bacio e la sua fronte ricadde sul mio petto mentre delle risatine gli scappavano dalle labbra. Riuscivo a sentire il suo sorriso contro la mia pelle. «Non posso farci niente, Benny-girl. Sono Brooks Ce l’ho grosso ».
Mi immobilizzai. «Cos’hai detto?».
«Niente». Lui rise piano contro la mia pelle, la sua lingua guizzava fuori e leccava attorno al mio ombelico.
«Hai detto Brooks Ce l’ho grosso? »
«Scusa?». Lui alzò lo sguardo su di me, con un sorriso sulle labbra e una finta confusione negli occhi.
Storsi il naso. «Dove diavolo l’hai sentito?».
«Non ricordo di preciso quando l’ho sentito». Alzò le spalle, mordendomi giocosamente il bacino. «Ma ho davvero apprezzato il pensiero». La pelle d’oca tracciò una scia sulla mia pelle mentre lui insinuava la mano su per la mia coscia, e infilava un dito dentro di me. «Dio, quanto sei bagnata, e non ho neanche iniziato con te».
Un’ondata di calore mi risalì fino al collo, le labbra mi si schiusero con un dolce sospiro quando con il pollice iniziò a disegnare cerchi intorno al mio clitoride.
Dio, se mi avesse promesso di continuare a farlo, lo avrei chiamato Brooks Ce l’ho grosso ogni volta che voleva.
«Ti ricordi quando ho usato la mia bocca su di te? Quanto ti ha fatto stare bene? Quanto hai goduto?». Mi leccò l’interno coscia mentre le sue dita continuavano a lavorarmi. «Nel mio letto, quando ti ho leccata finché non mi hai implorato di lasciarti venire. Nella piscina, quando ti ho allargato le gambe più che potevi e la mia bocca ti ha divorata anche se qualcuno sarebbe potuto entrare e beccarci. Avrebbero visto la mia faccia sepolta tra le tue gambe mentre le tue tette rimbalzavano a ogni ansito che usciva dalle tue belle labbra. Te lo ricordi, Georgia?». Passò all’altra coscia, mi lasciò un tenue marchio livido sulla pelle. «Dio, non riesco a non pensare a quanto sia perfetto il tuo sapore. A quanto sei sexy, quanto lo sono i tuoi versi, a quanto è sexy la sensazione che mi dà farti venire. Sto morendo dalla voglia di scoprire che sensazione mi darai tutta avvolta intorno a me».
Io ero così eccitata, così bagnata, solo sentendo le sue parole. Mentre lui mi posava un sentiero di baci lungo l’osso del pube, il mio corpo si rilassò: le mie gambe si schiusero e le braccia mi caddero di fianco.
«Ti farò provare una cosa bellissima, baby». La sua bocca passò al mio clitoride, succhiando e leccando e accarezzandomi fino a farmi venire. Non si fermò fino a che il mio corpo non tremò e i miei arti divennero rilassati e appagati.
«Ehi» mi chiamò roco, risalendo il mio corpo per baciarmi.
Io gemetti quando sentii il sapore del mio sesso sulla sua lingua.
Fui invasa da un enorme senso di sollievo che mi strappò l’aria dai polmoni. Ero grata, davvero tanto grata di averlo trovato. Grata che prendesse le cose con calma con me, assicurandosi che la mia prima volta fosse come volevo che fosse. Speravo che riuscisse a sentirlo nel mio bacio, nel mio tocco, che questo era qualcosa di più, di enormemente più di tutto quello che avevo mai provato prima. Aveva sconvolto il mio mondo mandandolo fuori dalla sua orbita, portandomi in posti in cui non ero mai stata.
Lo guardai rapita mentre si inginocchiava tra le mie cosce e si infilava il preservativo. Indietreggiò un poco, poi spinse in avanti i fianchi, premendo la punta del suo uccello contro il mio clitoride.
I miei occhi trovarono i suoi mentre lui rimaneva sospeso sopra il mio corpo, le sue mani appoggiate di fianco alla mia testa. I suoi occhi azzurri luccicavano alla luce della luna, teneri e dolci.
«Sei bellissima» sussurrò contro le mie labbra, prima di baciarmi ancora più a fondo.
Il suo bacino premette contro il mio, e iniziò a scivolare dentro di me. La pressione aumentò fino a diventare dolorosa mentre lui entrava lentamente, così lentamente, e sempre più a fondo dentro di me. Non era precipitoso, non aveva fretta di reclamarmi, semplicemente si prese il suo tempo. Si spinse dentro un po’ in più, poi si fermò per baciarmi, finché il mio corpo non abbandonò la tensione e si rilassò attorno a lui.
Mi si annebbiò la vista, sopraffatta dall’intensità non solo dell’atto in sé, ma dei sentimenti che scorrevano tra noi. Brevi ansimi accompagnavano ogni mio respiro.
Una volta che lui ruppe la barriera, il dolore mi avvolse e forzò un gemito involontario dalle mie labbra. Ero sicura che lui potesse vederlo sul mio volto.
Nel suo sguardo apparve il rimorso, mentre mi accarezzava la guancia. Io volevo cancellare quello sguardo dal suo volto.
«Ancora, Kline, non fermarti». Io lo volevo. Certo, c’era un po’ di fastidio, ma c’era anche uno struggimento perfetto che iniziava a crescere dentro di me a ogni leggera spinta del suo bacino.
«Dio, quanto sei stretta. Quanto sei bagnata. Quanto sei perfetta. Sto perdendo la testa, cazzo». Le sue labbra trovarono il mio collo, succhiando, leccando e lasciando dei piccoli morsi lungo la mia pelle. Ogni parola dava sollievo a un pizzico di fastidio. Ogni bacio, ogni leccata e morso, me ne davano il doppio.
«Piccola, muoviti con me» mi incoraggiò.
I miei muscoli si rilassarono e alzai le gambe più in alto lungo i miei fianchi, permettendogli di scivolare ancora più in profondità.
Gemette. Un sospiro strozzato mi scappò dai polmoni. Volevo di più. Volevo che Kline penetrasse fin dove poteva. Io iniziai a muovere il bacino, spingendolo dentro di me fino in fondo. Gridammo entrambi. Le sensazioni erano schiaccianti: il suo uccello, completamente avvolto dal mio calore, le mie cosce premute contro i suoi fianchi. Un gemito roco mi uscì dalle labbra: «Oh Dio, che sensazione fantastica».
«Cazzo sì». Lui mi baciò la mascella, la guancia, l’angolo della bocca.
I miei fianchi iniziarono a spingere di volontà propria, dicendogli inconsciamente che io volevo ancora di più. Era quello che si provava quando si voleva entrare dentro una persona, essere parte di essa. Mi rendeva avida, ogni centimetro che mi aveva appena dato mi spingeva a desiderarne altri ancora.
Kline si muoveva con un ritmo rilassato, attento alla mia sensibilità, ma senza risparmiarsi sull’intensità. Iniziò ad accelerare il ritmo quando lo implorai di andare ancora più a fondo, con più forza, più velocità. Lui mi succhiò selvaggiamente il collo, facendosi sempre più disinibito e frenetico, solo per poi rallentare ancora, trovare la mia bocca e darmi dei baci dolci e inebrianti.
Le mie mani esplorarono il suo corpo, muovendosi lungo le sue braccia, la sua schiena, il suo sedere, assaporando la sensazione dei suoi muscoli che si flettevano e si sforzavano a ogni sua spinta.
«Va tutto bene, piccola?» chiese, spostando qualche ciocca di capelli umidi dalla mia fronte.
«Va più che bene».
«Cazzo, Georgia, hai un aspetto così perfetto. Qui. Sotto di me». I suoi occhi si fecero impetuosi e determinati, come se volesse farmi perdere il controllo, sovvertire completamente il mio mondo.
Il mio corpo iniziò a tremare mentre lui aumentava la velocità, solo per piagnucolare di inquieta frustrazione quando rallentò di nuovo.
«Ti fidi di me, baby?».
Non dovetti neanche pensarci un attimo.
«Sì. Dio, sì. Mi fido di te».
«Voglio farti vedere quanto possa essere bello quando non c’è nessuna fretta». Lui mi baciò, succhiando le mie labbra, la mia lingua, rubando nella sua bocca ogni mio singolo verso e ingoiandoli avidamente.
E Dio, io amavo i suoi versi rochi, come continuava a dirmi quanto fossi bella, quanto fosse bello quel che stavamo facendo, quanto duro fosse. Io amavo che lui avesse preso il controllo e sapesse esattamente cosa fare per farmi impazzire.
«Vorrei continuare per ore e ore, ma cazzo, sei troppo. Sei troppo». Lui cambiò ritmo, da rilassato mutò in rapido, e affamato. «Dimmi quanto ti piace» mi incitò a denti stretti, premendo il volto contro il mio collo. Il suo tono era esigente, ma lui non voleva raggiungere l’orgasmo a ogni costo per sé. Lo stava facendo per me.
Non potei far altro che annuire, troppo consumata dal desiderio per rispondere. Gli afferrai il sedere, le mie unghie penetrarono nella sua carne tonica.
«Bene, perché ora ti farò provare una cosa ancora più bella» mi giurò. «Ti farò perdere la testa, cazzo».
Scivolò fuori da me, facendomi scappare un gemito scioccato dalle labbra. Mi afferrò le cosce e spostò la faccia tra le mie gambe prima che potessi fermarlo. La sua bocca mi divorò, succhiando e leccando e colpendomi finché l’orgasmo non iniziò a crescere a velocità esplosiva sotto la mia pelle. Il calore si sparse per il mio corpo, seguito da un sottile velo di sudore. Delle parole incomprensibili mi si riversavano dalle labbra mentre iniziavo a venire.
«Ecco la mia ragazza scatenata. Lascia che ti guardi mentre bruci» disse, continuando a portarmi verso l’orgasmo.
Io serrai gli occhi, la bocca mi si spalancò, il mio corpo si inarcò via dal letto. Non venni e basta.
Urlai, esplosi, presi fuoco.
Tempo. Luogo. Il mio nome . Quelle cose non esistevano, i miei sensi erano troppo consumati da quanto Kline mi stava facendo.
Lui si spostò di nuovo in alto, sul letto, mi afferrò una coscia e spinse il ginocchio fino alla spalla, spalancandomi completamente al suo uccello teso. Si spinse dentro di me senza incontrare resistenza e iniziò a scoparmi a fondo, trascinandosi dentro e fuori a un ritmo sconvolgente.
Si tirò su appoggiandosi sulle mani, guardando in basso, nel punto dove si muoveva in me. «Cazzo, quant’è bello».
Portò una mano tra i nostri corpi, iniziò a strofinarmi il clitoride. «Ho bisogno di sentirti venire stretta attorno al mio cazzo».
«Non credo di poterlo fare. È già troppo».
Lui non si arrese, era determinato. «Sì, piccola, puoi farcela. Vieni sul mio cazzo».
Gemetti.
«Lasciati andare».
Ero il suo strumento e lui era un maestro nel farmi suonare. Il mio corpo si inarcò al suo tocco, i miei fianchi iniziarono a ondeggiare più velocemente assieme ai suoi. «Kline… Io… Oh… Dio».
«Sì, cazzo, dammene un altro». I suoi occhi si focalizzarono sulla mano che si muoveva su di me, mentre il suo uccello entrava e usciva.
Chiusi gli occhi, mentre la mia mente si perdeva nella sensazione pura. Le mie cosce tremarono, la mia fica si strinse ritmicamente attorno a lui e il mio bacino rischiava un crampo per lo sforzo. Un grido di sorpresa mi scappò dai polmoni mentre venivo velocemente, con violenza. La testa mi ricadde con forza sul cuscino, gli afferrai il sedere, tirandolo in avanti mentre lui oscillava in me.
I suoi occhi si chiusero, le labbra si aprirono mentre anche lui inseguiva il suo finale. I suoi capelli erano scompigliati, il sudore gli imperlava le sopracciglia. E, Dio, i suoi occhi, erano impetuosi e socchiusi per effetto del suo imminente orgasmo.
«Voglio sentirti venire» ansimai, facendo correre le unghie lungo la sua schiena. Dovevo vederlo perdere il controllo, dovevo sentire il suo corpo quando avrebbe raggiunto l’orgasmo.
Lui fissò in basso, ai miei seni che ondeggiavano per la forza delle sue spinte. La sua pelle era tutta sudata e perfetta, e io avrei voluto leccargli via il sudore con la lingua. Sollevò lo sguardo e trovò i miei occhi e io rimasi a fissarlo mentre perdeva il controllo.
Quel momento fu come un sogno: tutto rallentò perché potessi imprimere ogni secondo nella mia mente. La sua bocca si mosse al rallentatore con ogni flebile grugnito, ogni gemito gutturale. Tutto nei suoi movimenti rivelava che ciò che vedevo era reale.
Questo era reale. Noi eravamo reali. I miei sentimenti, i suoi sentimenti, anche se non erano stati dichiarati ad alta voce, erano reali. In fondo, io lo sapevo: lui era l’unico. La mia persona. La metà della mia anima, infinitamente intrigante.
«Restiamo qui, avvinghiati l’uno all’altra finché il sole non si spegnerà» sussurrai nel suo orecchio, quando il suo corpo si fermò e i miei polmoni in fiamme si calmarono abbastanza da riempirsi d’aria.
Lui mi sollevò il mento, fissandomi dritto negli occhi. Il mio cuore si aggrappò a quell’azzurro tumultuoso e si rifiutò di mollare la presa. «So che non sei pronta a sentire cosa provo, ma sappi solo che, per me, stanotte è stato qualcosa di più . È stato tutto ».
Chiusi gli occhi, lasciandomi sommergere dalle sue parole.
Quel momento sarebbe durato per sempre. Qualunque cosa fosse successa, non avrei mai dimenticato l’espressione nei suoi occhi, il suono della sua voce e la sensazione di lui che prendeva possesso di ogni parte di me.