13.
Anton
«La verità è che non ti capisco, non capisco cosa vuoi da me. Se ti sono vicina mi respingi, ma se provo a frequentare altri vai fuori di testa. Tu non hai nessun diritto su di me, lo capisci? Mi tieni distante, ma appena mi allontano, mi stringi. Sono confusa, Anton, io davvero non so che cosa vuoi da me, mi stai facendo impazzire.»
I suoi occhi color cioccolato lampeggiano di rabbia e di qualcosa che mi fa rabbrividire.
«Non sai quanto tu fai impazzire me», le dico, ancora arrabbiato.
«Esatto. Non lo so, non mi dici nulla, mi scruti con uno sguardo glaciale e mi giudichi. Non so che pensi. Mi sforzo, ma non capisco nulla. Che cosa vuoi da me? Deciditi!»
È così bella con i capelli scompigliati, la furia negli occhi, le labbra imbronciate e non ce la faccio più. Le prendo il viso con entrambe le mani e la bacio, non un bacio leggero, gentile, ma il bacio che da giorni le voglio dare, Michelle è mia e nessuno deve avvicinarsi a lei.
Indietreggia finché con la schiena non tocca il muro del magazzino e le mie mani si spostano sul suo corpo favoloso. Michelle è come cera che si scioglie per me. Quando anche le sue mani si posano sul mio petto e scendono, la mia mente va in tilt. Faccio girare Michelle verso il muro, voglio baciare quel collo lungo e sottile che per tutta la sera mi ha ossessionato. Lei mi asseconda ma fa di più, inarca la schiena e il suo sedere si struscia contro il mio inguine.
L’erezione sta diventando dolorosa e voglio solo sprofondare in lei, perdermi in lei.
«Voglio te, Michelle, voglio solo te», mormoro mentre le lecco il collo.
«Prendimi allora», geme inarcandosi ancora di più.
Poi posa le mani sui fianchi e inizia a sollevare la gonna. Guardo in basso e sbaglio perché il suo meraviglioso culetto rotondo è nudo e lei sta facendo scivolare verso il basso anche le mutandine.
Il mio uccello è così duro che mi fa male e voglio solo liberarlo ed entrare in lei, quando scalcia via le mutande resto ipnotizzato a guardarla.
È così sexy con le scarpe argentate con il tacco, le lunghe gambe nude, quel sedere che è una tentazione irresistibile.
È sbagliato, non dovrei prenderla così addosso a un muro, in un magazzino del locale di René, Michelle merita di più, lei è speciale. Con uno sforzo disumano lascio i suoi fianchi e faccio un passo indietro, ma lei mi afferra la mano e la rimette dov’era.
«Ti voglio, ti prego prendimi, non lasciarmi così.»
È troppo, troppo per la voglia che ho di lei, la sua voce, il suo gesto, la sua carezza che mi cerca sul cavallo dei pantaloni.
Mi slaccio la cintura e apro i pantaloni e le mordicchio un lobo.
«Sei sicura?»
Volta il viso e le sue labbra trovano le mie.
«Mai stata più sicura.»
Allora scivolo lungo il suo corpo e le bacio quel culetto rotondo che per tante notti mi ha fatto perdere il sonno, affondo le dita sulla sua pelle burrosa e morbida, poi le accarezzo le grandi labbra.
Trema mentre le poso un bacio che le strappa un grido, deve tapparsi la bocca quando le infilo un dito dentro.
«Anton, sei crudele», geme.
È al limite, lo sento, è bagnata, calda e freme per me, sono io a eccitarla così e io, io la voglio ora.
Cerco nella tasca dei pantaloni il portafoglio, dove ho un preservativo. Michelle si volta e mi osserva, i suoi occhi sono colmi di desiderio mentre mi infilo il condom. Ha il labbro inferiore tra i denti e un luccichio nello sguardo che da solo basta a farmi quasi esplodere. Le afferro il collo e la bacio con violenza. Poi le metto una mano sulla spalla e la giro di nuovo verso la parete, mi struscio sulla sua fichetta umida.
Il gemito che le sfugge è come il segnale che volevo e con una spinta sprofondo in lei.
Dio è perfetta!
L’ho desiderata così tanto, ho aspettato così tanto, lei è perfetta per me! Dopo alcuni secondi, inizio a muovermi e lei mi segue.
Non è così che l’avevo immaginato, ma non sono in grado di pensare, sono un nodo di eccitazione e Michelle geme, non credo di poter resistere per molto, il piacere è così intenso che sto per esplodere. Aumento il ritmo e lei ansima e grida il mio nome prima di raggiungere il piacere. La sento contrarsi attorno a me ed è bellissimo, cazzo, sono io, io che la sto facendo godere, è il mio nome quello che chiama con questa voce roca. È davvero troppo, sono al limite, alla base della schiena l’orgasmo sta per travolgermi e lo accolgo a braccia aperte sprofondando in Michelle, fondendomi in lei fino all’ultimo sussulto.
Sono senza fiato, stravolto e allo stesso tempo in pace, ansimo e poso la fronte sulla sua schiena nuda. Anche il suo respiro è pesante.
Siamo dei pazzi, pazzi!
Che sarebbe accaduto se fosse entrato Bruno, o Isabel?
Ho completamente perso la testa per Michelle, non riesco più a pensare quando c’è di mezzo lei.
La sua mano afferra la mia e la porta alle labbra baciandola.
Devo abbracciarla, mi allontano e sfilandomi da lei avverto già la sua assenza, la stringo e poi ci baciamo.
Come due calamite le nostre labbra si uniscono in un bacio dolce e appassionato.
«La prossima volta voglio guardarti», mormora tra un bacio e l’altro.
La prossima volta…
Deglutisco, merda, vorrei davvero che la prossima volta fosse questa notte sul mio letto, ma ora che la pace post coito mi lascia ragionare capisco che ho commesso un terribile errore. Michelle non è come le altre, è speciale, con lei è impossibile non essere sinceri. Non posso stare con lei e mentirle, nasconderle la verità.
Voglio solo stringerla e portarla al sicuro, ma come posso proteggerla se sono io stesso il più grande pericolo che abbia mai corso in vita sua?
Michelle mi accarezza il viso, la parte rovinata, quella che odio che mi tocchino. Ma le sue dita sono un balsamo e mi perdo nei suoi occhi pieni di luce e di gioia.
«È stato stupendo, ma voglio vedere il tuo viso mentre vieni, penso sarebbe ancora più eccitante.»
Cazzo, sì, sarebbe bellissimo vederla fremere per me, gemere, chiamare il mio nome.
Annuisco incapace di parlare e poi un rumore ci fa girare la testa, senza indugiare cerchiamo di sistemarci. Mi tolgo in fretta il preservativo e lo avvolgo in una salvietta di carta che è abbandonata sopra uno degli scaffali accanto alle bottiglie e ai tovagliolini del bar. Mi abbottono i pantaloni e osservo Michelle mentre cerca di sistemarsi i capelli.
«Eccovi qui, Isabel vi stava cercando… oh, cazzo!»
Bruno si blocca e ci squadra dalla testa ai piedi, sembra sconvolto. Poi sogghigna mentre si mette una mano sugli occhi e si volta.
«Non vi ho trovati, non vi ho visti, uscite dal retro e andate a casa. Cazzo, Anton, proprio sul lavoro?»
«Bruno non è…», cerca di dire Michelle ma lui senza girarsi sogghigna.
«Piccola, qui dentro c’è odore di sesso e tu sei così arruffata da sembrare uscita da un frullatore e l’idiota lì, ha un sorriso che non gli ho mai visto, ma a chi la raccontate? Di certo non a me e meno che mai a Isabel. Ne riparliamo domani, datevi una sistemata o fatevi un altro giro, decidete voi, basta che andiate via di qui prima che vi trovi qualcun altro.»
E l’Orso se ne va ridacchiando. Mi volto verso Michelle e i nostri sguardi si incrociano e scoppiamo a ridere. La prendo per mano e usciamo dalla porta sul retro, proprio come ci ha suggerito Bruno. Stiamo attenti a camminare addosso al muro, evitando l’area ripresa dalle telecamere e saliamo sulla mia auto senza dire nulla.
«Dove andiamo ora? Non posso certo tornare nell’appartamento di Isabel», ammicca lei.
«Invece penso proprio che sia la cosa migliore da fare.»
Lei mi mette una mano sul ginocchio.
«No, la cosa migliore da fare è stare ancora insieme. Andiamo a casa tua.»
Vacillo, è così bella e mi desidera, mi vuole e io, be’ io la metterei sopra il mio grembo anche qui, ora.
Il suo telefono inizia a squillare, lei lo prende e mi mostra che è Isabel.
Resto in silenzio mentre risponde.
«Ciao Isabel. Scusa sono già andata a casa, ero stanca.»
Rimane in silenzio e annuisce.
«Ok, non ti aspetterò, buona notte», riaggancia e poi mi guarda soddisfatta.
«Isabel resterà a dormire da Andres.»
Mentre mi parla la sua mano risale dal ginocchio all’inguine dove trova il mio uccello già pronto per lei.
«Michelle, stai giocando con il fuoco.»
La sua mano inizia ad accarezzarmi l’erezione e devo mordermi il labbro per non gemere.
«Andiamo a casa, con te non ho neanche cominciato, me lo devi Molchalin, non posso di certo farti un pompino mentre guidi e muoio dalla voglia di assaggiarti. Non vuoi che ti assaggi?»
Cazzo, sì, lo voglio eccome.
Solo questa notte, solo questa volta, mi concederò questo tempo con lei e poi tornerà a Parigi e metterò distanza tra noi, ma ora, ora devo averla su ogni superficie e in ogni modo possibile.
Le sposto la mano e poi ingrano la prima.
«Tieni le mani a posto fino a casa mia.»
«E poi potrò farti quello che vorrò?»
Il mio uccello ha un sussulto, cazzo, questa ragazza mi manda fuori di testa, deglutisco prima di rispondere con una voce più roca di quel che vorrei.
«Sì, Michelle» e mi volto verso di lei. «Ma solo dopo che io avrò fatto con te quello che vorrò.»