16.
Michelle
Passo una mano sul fianco dove c’è un segno rosso.
«Le dita di Anton», mormoro mentre uno strano languore mi pervade e l’acqua scivola lungo la pelle.
Sono scappata, so che non avrei dovuto, ma sono uscita mentre lui ancora dormiva, avevo bisogno di camminare, di riflettere.
Quando sono arrivata a casa di Isabel, lei non c’era e ora, mentre finisco la doccia, mi rendo conto che dovrò dare un po’ di spiegazioni anche a lei. Credo me lo leggerà in faccia quando mi vedrà.
Mi guardo allo specchio e sono felice, gli occhi brillano e nonostante abbia qualche dolore, diciamo “intimo”, non sono mai stata meglio in vita mia.
Mi asciugo i capelli e vado a prepararmi la colazione, ma mi blocco appena vedo Isabel seduta al tavolo della cucina.
«Ciao», mi saluta distogliendo lo sguardo dal portatile, poi però torna a guardarmi. «Michelle, stai bene?»
Credo di essere viola.
«Sì, credo, cioè, sì, sto benissimo.»
Isabel corruga la fronte.
«Davvero?»
Sbuffo, io non so mentire, faccio schifo come bugiarda, specie con chi ritengo la mia mentore, la donna che vorrei diventare.
Mi siedo vicino a Isabel e sospiro.
«Che succede? Ti è capitato qualcosa ieri sera dopo che sei andata via? Non doveva riaccompagnarti Anton…» e si blocca a guardarmi.
«No, no tutto bene», la rassicuro.
«C’è qualcosa che vuoi dirmi?», chiede con quello sguardo che conosco bene. A cui non so mentire.
«Sono rimasta da Anton questa notte», ammetto.
Lei resta in silenzio e poi sbuffa.
«Credo fosse inevitabile, Paul lo diceva che lui aveva un debole per te, e si vedeva che a te piaceva molto.»
«Paul? Persino Paul lo sapeva?»
Credo di sorridere come un’ebete e Isabel scuote la testa.
«Ok, Anton deve aver fatto bene il proprio dovere a giudicare dal sorriso che ti vedo sulle labbra.»
Sospira e si alza, quando è nervosa non riesce a stare ferma. «So che è ironico che proprio io ti faccia questo discorso, ma è difficile avere una relazione con un collega, come vi siete lasciati questa mattina? Ora state insieme?»
Abbasso la testa.
«Sono venuta via prima che si svegliasse.»
Isabel non risponde ma prepara un caffè.
«Dunque per te è stata una notte e via?», domanda con voce tesa.
«No! Io ci tengo, io… oddio Isabel, ho una cotta spaventosa per Anton da… be’, da quando lo conosco. Non ci credo ancora che, insomma non mi sembra vero che noi, che io…», mi copro la faccia.
Sento la mano di Isabel sulla spalla.
«Portiamo a termine questo caso e vediamo che succede. Bruno mi ha detto che negli ultimi giorni Anton era fuori di testa, immagino che oggi sarà più tranquillo.»
Non ci avevo neanche pensato, tutto è iniziato perché era troppo protettivo verso di me.
«Penso che sia geloso, non gli piace che io giri per i tavoli del Twelve
.»
«Vista la divisa che indossi credo che sia più che comprensibile, ma dovresti parlargli prima di questa sera, prenditi il tuo tempo, riordina le idee, ma vi voglio presenti e collaborativi, ok? Stiamo proteggendo un uomo che è già stato gravemente ferito, io sono stata rapita. Non è la situazione migliore per abbassare il livello di guardia.»
Isabel ha ragione, lavoriamo assieme e non dobbiamo perdere la testa.
«Gli parlerò oggi pomeriggio, va bene?»
Fa un cenno negativo.
«Oggi pomeriggio deve portare René a Montecarlo, rientrerà questa sera, ma puoi scrivergli un messaggio. Credo che tu glielo debba visto che questa mattina sei fuggita alla chetichella.»
Faccio colazione e Isabel mi racconta della sfuriata che Caroline ha
fatto ad Andres e a lei per non averla avvisata di quello che era successo. Ridiamo mentre siamo concordi nel dire che quella donna è una forza della natura.
«Resterà una settimana per definire i dettagli del restauro del locale di René e ha chiesto ad Andres di stare da lui per il tempo che sarà necessario. Non so se Andres ce la farà, potrebbe decidere di venire a stare qui con me.»
Ridiamo.
«Se volete, Caroline potrebbe trasferirsi qui e tu andare a stare da Andres. Per me non è un problema dividere l’appartamento con lei. Tra l’altro voi siete una coppia che si è messa assieme dopo anni, dovreste stare sempre appiccicati, non avere gente per casa.»
«Mi stai dicendo tra le righe che temi di sentirci urlare di notte?»
«Anche.»
Ridiamo e poi le dico: «Sul serio, se a Caroline può andare bene a me non dà fastidio.»
«Non mi dispiacerebbe trasferirmi da Andres.»
Mentre lo dice Isabel stringe la tazza di caffè e sorride, come se stesse pensando a qualcosa di dolce. La invidio, io non ho ancora nulla di certo, di definito. So che la mia cotta per Anton non passerà tanto presto, so di volergli bene, ma il fatto che abbiamo fatto sesso non significa che anche lui provi qualcosa per me. Bruno ha una nuova “amica” ogni settimana, ma non si lega a nessuna e nell’ultimo mese Anton l’ha seguito spesso nelle sue incursioni a caccia di donne.
«A che cosa pensi? Ti sei fatta seria», mi chiede Isabel, ma non riesco a risponderle perché il suo telefono inizia a squillare e mi sento salvata dalla campanella.
«Sì, sto bene, non ti agitare, ok, ti aspettiamo, ora lo dico a tutti.» Sbuffa e mi passa il telefono ridacchiando: «Charles vuole parlarti.»
Dovrei saperlo che qualcosa non torna perché Isabel scappa letteralmente.
«Piccola, perché non me l’hai detto! Dovevi dirmelo, sono arrivato prima di te! L’ho visto prima io! Dovevi domandarmi il permesso!»
«Di cosa stai parlando?»
Charles deve essere impazzito non sto capendo nulla di quello che dice.
«Ma di Anton, di chi se no? Sono qui con Bruno e non è stato difficile farlo capitolare.» Sento sotto Bruno borbottare: «Non è vero, mi ha fatto il terzo grado.»
«Charles, ma dove sei?»
«Qui da quel bel pezzo d’uomo del nostro cliente, Paul ha detto che era meglio se vi raggiungevo, per non far affaticare Isabel. Certo che però se tu e Anton vi date alla pazza gioia, il caso non si chiuderà mai.»
«Che ti ha detto Bruno di preciso?», sono davvero arrabbiata.
«Ehi, calmati, sono felice per te e per lui, l’ho chiamato prima ed era davvero, davvero contento.» Il suo tono è ammiccante e posso immaginarmi il suo ghigno.
Ho il viso caldo e mi sento troppo esposta.
«Verrai qui? Voglio dire ci sarà una riunione questa sera, ti presenterai?»
«No, Anton e Bruno mi hanno già aggiornato, sarò l’ombra di René e ti dirò che non mi dispiace affatto stargli addosso.»
Charles sta facendo lo sbruffone come al solito perché so quanto ami alla follia George Mitchell, il suo fidanzato, e non guarderebbe mai in quel modo un altro uomo.
«Sì, meglio se stai tu vicino a lui e Anton torna dietro a un monitor, ha dato segni di squilibrio negli ultimi giorni.»
«Forse aveva tutto il sangue in un unico posto per colpa tua e non riusciva a ragionare.»
L’immagine del pene eretto di Anton mi appare di fronte, chiudo gli occhi. E mi metto una mano sulla faccia.
«Piantala!»
Charles è troppo esplicito, lo è sempre stato e prima di George si era preso una cotta stratosferica per Anton, infatti abbiamo commentato spesso assieme il suo fondoschiena. Sapere che Bruno gliel’ha detto e che Charles ne ha parlato con Anton da un lato mi fa vergognare, dall’altro mi rende felice. I miei amici, i miei colleghi non sembrano stupiti, anzi, sono solo curiosi di sapere cosa accadrà tra noi. E lo sono anche io.
Basta nascondersi, devo chiarire alcune questioni con Anton. Sono contenta che sia arrivato Charles, riuscirà a mitigare un po’ la furia degli ultimi giorni di Anton e alleggerirà l’atmosfera al Twelve Club
che si era fatta davvero pesante.
Chiudo la chiamata rimanendo d’accordo che ci saremmo visti al locale, poi inizio a scrivere un messaggio ad Anton.
“Sono andata a casa presto perché volevo chiarirmi le idee.”
Attendo e dopo qualche istante arriva la sua domanda che mi fa vergognare per la mia vigliaccheria.
“Ti sei pentita di questa notte?”
Le mie dita si muovono veloci.
“Mai, non mi pentirò mai. L’ho desiderato così tanto.”
“Dovremmo parlare.”
“Questa sera dopo il lavoro?”
“Ti penserò tutto il giorno.”
Resto imbambolata a leggere il messaggio poi vedo dei punti, sta scrivendo.
“Stai distante dal barman.”
“Altrimenti?”
“Dovrò sculacciarti.”
“Non oseresti.”
“Mettimi alla prova.”
Un brivido mi percorre la spina dorsale perché ricordo lo sguardo di Anton ieri sera mentre mi spingeva contro la parete. Lo farebbe, poco ma sicuro. L’idea che mi prenda di nuovo con così tanta foga mi fa formicolare la pelle.
“Devo andare da René, ma non vedo l’ora che arrivi questa sera.”
Leggo il suo nuovo messaggio e gli mando l’emoji con il bacio.
Io invece non vedo l’ora che arrivi la notte.