19.
Michelle
Dopo l’arrivo di Charles a Nizza, Isabel ha deciso che Anton non verrà più al Twelve , il suo posto come bodyguard accanto a Lefebvre è stato preso dal ragazzino terribile della DBM. Anton ora rimane nella sede della DBM ed è impegnato nel controllo delle finanze di René. Fabienne non sta collaborando, me l’ha detto René ieri sera.
Ieri sera.
Mi sembra sia passata una settimana da quando due notti fa ero tra le braccia di Anton.
Lui ha provato a chiamarmi e mi ha lasciato dei messaggi, ma io non me la sentivo di vederlo, ero troppo arrabbiata. Così ho rinviato tutto al giorno seguente. Quando sono tornata ho capito che lui mi ha aspettata a lungo perché nella sala server c’erano palline di carta, le fa sempre quando è nervoso. Ho notato che non ha lasciato qui il suo portatile, un’altra dimostrazione che vuole mettere distanza.
Questa mattina alla riunione ho provato a iniziare il discorso, ma lui è stato freddo e ha detto che non era il momento. Forse aveva ragione, visto che eravamo in molti nella stanza e si è allontanato per dare indicazioni a Charles sul suo ruolo di guardia del corpo.
Poi si è scusato e si è rintanato dietro al suo computer speciale, quello che ieri sera si è portato a casa, e ha iniziato la discesa negli inferi come la chiamiamo noi. È entrato nel dark web. Usa quel computer solo per le violazioni e per le sue attività informatiche al limite della legalità. Quando ho chiesto spiegazioni è intervenuto Andres. Dire che sono rimasta allibita è poco. Il capitano lo ha autorizzato a procedere in modo non del tutto lecito. Andres e Anton stanno andando avanti con l’indagine con il consenso di Isabel e della gendarmeria.
Cose da pazzi! Se mio padre lo sapesse perderebbe quei pochi capelli che gli restano.
Con Andres piazzato al fianco di Anton non ho potuto di certo parlargli e così me ne sono andata.
Ho trascorso il pomeriggio a passeggiare in riva al mare e ho chiamato papà. L’ho aggiornato e, incredibile, lui era tranquillo, anzi si è scusato. Anche di questo dovrei discutere con Anton, da quel che ha detto papà è stato proprio Anton a convincerlo che ce la posso fare.
Alle diciotto sono al locale e Ignace fa di nuovo il cascamorto, dato che Charles non pare per niente minaccioso come Anton. Povero sciocco Ignace! Charlie è una bellissima lama affilata come Isabel, chissà perché se qualcuno è bello e biondo pensano che sia anche scemo.
Noto Charles parlare con Isabel, poi i due vengono verso Ignace. Ahi, ahi.
Mi allontano e vado al tavolo di René con la scusa di domandargli se vuole qualcosa da bere.
«Ciao, grazie per ieri sera, scusami se ti ho stressato», gli dico, ma Lefebvre mi invita a sedermi accanto a lui.
«Non devi scusarti di nulla, anche io ti ho riversato addosso molto malumore.»
Ci sorridiamo, ma vedo che è triste, allora gli parlo di La Guarida per risollevargli il morale.
«Ieri notte quando sono tornata Caroline era sul tavolo della cucina a lavorare al progetto del tuo locale, è probabile che sia stata sveglia tutta la notte per finire il disegno preliminare. Penso che domani potrebbe mostrarti già qualcosa. Credo si sia innamorata dell’edificio.»
Lui si anima, proprio come speravo.
«Davvero? Non ho notato il suo appuntamento in agenda, ma spero di vedere presto i suoi disegni. In questo momento ho bisogno di impegnare la mente in progetti positivi.»
«Hai sentito Fabienne?»
«L’ho vista oggi a pranzo, mi ha detto di licenziarvi, cioè di licenziare la DBM Security perché avete un cattivo influsso su di me.»
Le sue parole mi lasciano di stucco.
«E tu? Che farai?»
Stringe il bicchiere di liquore che ha davanti a sé.
«Quando mi sono risvegliato in ospedale sai chi c’era con me?»
Non capisco e lui prosegue.
«Non c’era Fabienne, non c’erano i miei genitori o i miei due fratelli che da anni ormai sento solo per le feste. C’era un’anestesista, pallida, scarmigliata che si è messa a piangere quando l’ho salutata.»
«Pauline Moreau», dico quasi senza voce.
Lui annuisce mentre le sue labbra si piegano in un sorriso triste.
«Esatto. Ho amato Pauline e l’ho ferita, ma lei mi ha perdonato, siamo rimasti in contatto e mi è amica. Mi fido di lei e mi fido di suo fratello. Non vado d’accordo con suo marito, ma è un buon poliziotto e voi… voi siete la squadra di Paul. C’è qualcosa di personale in quello che mi è successo, volevano distruggermi, non uccidermi, ma farmi soffrire.»
«Aver trovato Molly in quella scatola mi ha reso ancora più consapevole di questa sensazione che ormai è diventata una certezza. Chiunque sia ce l’ha con me. Non mi servono delle guardie israeliane addestrate per la guerra batteriologica, come quelle che mi ha proposto Fabienne, ma delle persone di cui mi possa fidare. E io mi fido di ciascuno di voi.»
Sono commossa e lui indica Bruno.
«Lui. Lui è davvero un brav’uomo. Dopo che te ne sei andata è rimasto a giocare a carte con me. Il tuo ragazzo, anche se è evidente che non mi sopporta, ha rimesso subito al suo posto Fabienne, Isabel… be’ Isabel ha rischiato la vita per me. Non potrei mai licenziarvi, sto pensando di assumervi in forma permanente anche per il futuro.»
Spalanco la bocca ma lui prosegue.
«Almeno Bruno, ecco lui lo vorrei qui con me, come capo della vigilanza, pensi che Isabel mi picchierebbe se glielo chiedessi?»
Rido.
«Probabile, lei e Bruno sono come fratello e sorella, ma il nostro Orso che ti ha detto?»
«In realtà non ho chiesto nulla, ne parlo con te perché, be’, non lo so, mi pare che io e te ci intendiamo.»
Vorrei abbracciarlo, ma allungo la mano e la stringo. Quest’uomo così sicuro di sé, così profondamente ferito, è una bella persona, non solo all’esterno ma anche dentro.
«Ti considero un amico e sì, credo che ci capiamo molto bene.»
Sento passi pesanti e lascio la sua mano, mi volto e vedo Bruno con la fronte corrucciata osservarci.
«René, c’è l’architetto qui fuori che vuole parlarti, dice che proprio non può aspettare domani, e sai, lei, cioè, io…», si gratta la testa e mi viene da ridere, Caroline Valerj non è un tipo a cui sia facile dire di no.
René si alza e sembra proprio contento.
«Certo, in fondo non sto facendo nulla ora, falla entrare dal retro direttamente nell’ufficio e la raggiungo subito.»
Accompagno René, che sembra molto più sollevato di prima.
«So che non sono affari miei, ma attento, anche Caroline è una donna forte e per quanto mi pare di capire, vedendo le tue ex, ti piacciono le donne con le palle. Be’, Caroline se vuole sa essere davvero irresistibile.»
René mi osserva con il sorriso negli occhi.
«Grazie per il consiglio, lo terrò a mente, tra l’altro, ieri Bruno me ne ha dato uno simile anche se con un altro gergo. Ora voglio solo pensare al lavoro. Credo che per un po’ farò una vita monacale, niente donne e poco alcol.»
Lo guardo dal basso in alto e mi sembra incredibile che uno così possa resistere al fascino femminile, ma quando Caroline arriva trafelata con i tubi e le cartelline sottobraccio, lui la osserva indulgente come faccio io con il mio cane.
Bruno invece lo guarda con affetto, mentre René aiuta Caroline e io ho una stretta al cuore. Cazzo! Bruno si sta affezionando a René e potrebbe lasciare la DBM.
Non voglio neanche pensarci, mi allontano in fretta e torno al mio lavoro. Abbiamo appena aperto e i clienti cominciano ad arrivare per gli aperitivi, oggi c’è una serata jazz e si esibirà niente meno che la nostra Isabel. Sono proprio curiosa di sentirla.
Dopo due ore mi ritrovo davanti l’ultima persona che pensavo avrei visto.
«Tu sei Michelle, vero? Anton mi ha parlato tanto di te e volevo conoscerti. Ciao, io sono Beatrice.»
La bella ragazza mora mi sorride e mi tende la mano, e io la stringo come imbambolata.
«Sto per tornare a Grasse, ma volevo prima ringraziarti, Anton è così felice con te e volevo sapessi che ti sono grata per avergli ridato la gioia di vivere. Ieri sera, quando è venuto via con me, mi ha raccontato di voi, del tuo incarico sotto copertura, per cui non ci ha potute presentare. Prima di andarmene dovevo parlarti.»
Devo avere un’espressione sconvolta perché lei mi sorride mentre dice: «Prenditi cura di lui, a causa mia ne ha passate tante. Io ora sono felice con mio marito e mia figlia e sono contenta che anche lui si stia costruendo dei legami duraturi.»
Un bell’uomo si avvicina e le bacia la guancia, sollecitandola: «Bea andiamo, o arriveremo troppo tardi.»
«Devo andare, sono contenta di averti conosciuta.»
La saluto come un automa, il mio cervello registra ogni cosa e la colloca nel posto giusto. Ho frainteso tutto e lui voleva dirmelo.
Alzo la testa e guardo la telecamera, so dove si trova e so che mi sta guardando. Pronuncio le parole senza voce, muovo solo le labbra, so che lui capirà.
«Dobbiamo parlare.»
E cascasse il mondo questa sera chiariremo tutto!