26.
Anton
Mi sono appena buttato sulla cuccetta della cabina del capitano quando il telefono di Bruno inizia a suonare So What di P!nk.
«Ti prego, Orso…»
Ma lui scatta sull’attenti e risponde subito.
«Isa, che succede?»
Isabel? Perché diavolo le ha dato quella suoneria?
La telefonata è brevissima, più che altro una serie di cazzo e merda .
Lo guardo ancora un po’ brillo per tutto quello che noi tre abbiamo bevuto prima di crollare.
«Allora?»
«Il Twelve club è stato incendiato. Non c’era nessuno dentro al locale ma i danni sembrano seri.»
«Cazzo! »
Mi alzo e mentre Bruno si veste, quando cavolo si è spogliato?, vado da René.
La sua cabina è chiusa e busso.
Quando mi apre è in boxer e si passa le mani sulla faccia.
«Che diavolo, Anton? Batti piano, ho la testa che mi fa male.»
Poi mi osserva e si blocca.
«Che succede?»
«Hanno incendiato il club.»
Lui mi prende per la maglietta.
«Quale?»
«Il Twelve
Mi stringe ancora più forte mentre mi chiede: «Qualcuno si è fatto male?»
Lo afferro e scuoto la testa. «No, erano usciti tutti.»
René sospira e posa le testa sulla mia spalla, ho visto l’istante in cui è crollato, non ci voleva, cazzo!
Spero che non stia piangendo, ma non me la sento di allontanarlo, gli poso una mano sulla testa e vedo Bruno avvicinarsi e lo osservo serio. René è distrutto. Bruno corruga la fronte e incrocia le braccia sul petto possente.
«Ragazzi, però se vi piacete dovete dirmelo, perché, cazzo, sarete carini, ma io una cosa a tre con voi proprio non credo di poterla fare, cioè, non è cattiveria è che proprio non me lo fate venire duro.»
René alza la testa e ride, ha gli occhi rossi, anche io rido e poso una mano sulla spalla di Lefebvre mentre lui si scosta.
«Vestiti, andiamo a vedere quanto grave è stato l’incendio.»
Quando torna dentro la cabina, Bruno mormora: «Per fortuna era qui con noi, ma è uno schifo. È crollato, vero?»
«Credo fosse inevitabile, prima l’incidente, poi la stronza, ora questo. Non stiamo facendo bene il nostro lavoro.»
«Già, non mi era mai capitata una cosa del genere. Cazzo, Paul direbbe che ci siamo rammolliti. Certo che però anche tu sempre a palpeggiare il cliente…»
«Sei geloso?»
Lui mi guarda in modo strano.
«Forse.»
Dire che resto a bocca aperta è poco, poi lui mi fa l’occhiolino e gli do un pugno.
«Mi prendi per il culo?»
«Certo, a me non piacciono gli uomini e neanche a René, ma è un bravo ragazzo e non si merita tutta la merda che gli sta cadendo addosso. Il nostro lavoro è proteggerlo e non lo stiamo facendo.»
Torniamo nella cabina del capitano e ci rivestiamo con i giubbotti antiproiettile e le armi.
«Pensi che il fatto che René sia andato via senza avvisare sia stato irrilevante per chi ha appiccato l’incendio o sia stato il motivo scatenante?»
Bruno pronuncia a voce alta la domanda che mi ero fatto anche io, prendo il telefono e vedo i messaggi di Michelle.
Cazzo!
La chiamo subito.
“Ciao, scusami, ti ho svegliata?”
“No, stavo raccontando a Caroline la notte infernale che ho passato. Voi state bene?”
“Sì, siamo a Cannes, partiamo tra dieci minuti al massimo. Credo che René vorrà andare subito al Twelve .”
“Ok, ci vediamo lì tra un’ora.”
Il viaggio è silenzioso, nonostante Bruno faccia battute e cerchi di risollevare il morale di René.
Già dal parcheggio vediamo che la situazione è meno grave rispetto a La Guarida .
Michelle è in piedi vicino alla sua auto ma non è sola, c’è anche Caroline.
Appena scendiamo, la sorella di Andres va ad abbracciare René e vedo con la coda dell’occhio Bruno che annuisce soddisfatto e mormora: «Brava ragazza, proprio quello che ci voleva adesso.»
Raggiungo Michelle, ma mi fermo di fronte a lei. Ha le occhiaie, è pallida e muoio dalla voglia di stringerla e baciarla.
Lei si morde il labbro.
«Ciao.»
«Ciao.»
Bruno si schiarisce la voce e lei alza lo sguardo su di lui.
«Non è brutto come sembra, i pompieri hanno cercato di ridurre i danni.»
«Come hai fatto a vedere?»
«Quando sono tornata a prendere l’auto dopo esser uscita con i colleghi.»
«Sei uscita con il barman?», le chiedo furioso.
Lei sbuffa e muove la mano come se scacciasse una mosca.
«Sì, ed è stato un errore, tranquillo, gli ho insegnato una volta per tutte a tenere le mani al suo posto.»
Quando faccio per ribattere, lei mi blocca.
«Sono tornata qui e ho visto uscire qualcuno, una donna credo, così una volta a casa sono entrata nelle videocamere e ho visto il fumo.»
«Una donna? Fabienne?», ci sorprende la voce di René.
Non mi sono accorto che era così vicino.
Michelle si morde le labbra e io sospiro.
«Controlliamo prima noi, René tu verrai dopo con Michelle. Caroline, non credo che Andres sarebbe contento se tu entrassi nel locale, ti spiace aspettare qui?»
Lei mi fulmina con lo stesso cipiglio di suo fratello e so già che non riuscirò a tenerla fuori.
«Se René mi vorrà accanto, io entrerò e non sarai tu a impedirmelo.»
«No, lui no, ma io sì. È una scena del crimine e nessuno di voi metterà un solo dito là dentro senza la mia autorizzazione», dice una voce femminile molto incazzata.
«Capitano», la saluta Bruno con quel tono che di solito usa per le donne che gli piacciono.
Il capitano Agnes Marinon si presenta a Caroline e Michelle che non l’hanno mai vista, poi lancia un’occhiata generale.
«Chi di voi entrerà per conto della DBM Security?»
Io guardo Bruno e Michelle, vedo che Bruno sta letteralmente sbavando su questa donna.
«Michelle Du Bois è la nostra esperta informatica, ma Bruno Ottavy ha più esperienza, dovrebbe entrare lui», le spiego.
Il capitano però mi fa un cenno.
«Molchalin, l’esperto informatico, sei tu, giusto? Andres dice di portare dentro te, perché Michelle è troppo inesperta, mentre mister testosterone qui di esperienza ne ha anche troppa, dai, genio dei computer, vieni con me» e si allontana senza che le abbia risposto.
Bruno si mette una mano sul cuore e mi dice: «Credo di essermi appena innamorato.»
Noi ridiamo, ma seguo in fretta il capitano all’interno.
«Dov’è Andres?»
«Sta interrogando alcuni dipendenti e la fidanzata di Lefebvre. Dopo la testimonianza della Du Bois era obbligatorio. Sai, lui è molto più civile di me.»
La osservo, è una dura, poco ma sicuro, ma era davvero preoccupata per Isabel e quindi mi piace.
«Grazie per averci aiutato a salvare Isabel. Non ho più avuto occasione di dirtelo.»
Entriamo dall’ingresso posteriore e il disastro fatto dai pompieri è evidente.
«I ragazzi adorano giocare con i loro idranti», dice sconsolata. «Qui non c’è nulla di utile.»
«Aspetti, i sensori di fumo, perché non hanno scattato?»
«L’unica domanda intelligente, e siamo qui per scoprirlo», concorda, mentre indossa dei guanti e me ne porge un paio.
«Andres sostiene che sei l’informatico del gruppo, che cosa mostrano le telecamere?»
«Non ho ancora avuto modo di controllare le registrazioni, sono venuto qui direttamente da Cannes con il cliente.»
Lei annuisce ed entriamo nel magazzino piccolo dove pare sia stato dato inizio all’incendio, lei si volta e mi guarda in faccia.
«Ti turba entrare in un luogo incendiato?»
Rido perché ha la stessa delicatezza di Bruno.
«Forse avresti dovuto chiedermelo prima.»
Lei alza le spalle.
«Non sono brava in queste cose, ma se ti fa stare male mandami dentro il bestione arrapato, riuscirò a tenerlo a bada.»
Scoppio a ridere.
«Bruno si sa contenere, tranquilla, è un professionista, ma non serve, come hai detto, sono io l’esperto informatico e voglio vedere il pannello elettrico di controllo.»
Mentre lei osserva una cassa io esco e percorro il corridoio, apro la porta dell’ufficio di René, ed è tutto in ordine, solo la porta è bruciacchiata ma l’interno è quasi perfetto. Il quadro generale è qui e quando lo apro vedo che è un disastro, sembra preso a martellate. Chi ha fatto questo macello non era certo un professionista ma qualcuno di molto arrabbiato. Proprio come lo era Fabienne quando René l’ha messa alla porta.