I figli capiscono molto più di quello che diciamo
Dottore, il nostro matrimonio è finito. Lo sappiamo per certo. In questi anni abbiamo fatto finta di volerci bene, di stare insieme come se nulla fosse. Ma dentro di noi, ognuno dei due sapeva che il nostro amore era una recita. Un copione tenuto in piedi per non dare problemi al nostro bambino. Lui cosa c’entra? Perché dobbiamo farlo soffrire?
Le frasi con cui i genitori che stanno meditando una separazione si rivolgono agli specialisti per essere accompagnati in questo tratto della loro esistenza sono un po’ tutte uguali. Al di là dei motivi per cui un amore – che in teoria avevano immaginato dovesse durare per sempre – in realtà arriva al capolinea, gli adulti sono sempre preoccupati quando in gioco c’è il benessere dei figli. Preoccupati di commettere errori grossolani. Preoccupati di sottoporre i figli a stress e sofferenze inutili. Forse, tra tutte le aspettative, questa rimane la più frequente. E anche la più pericolosa.
La nostra bambina ha 7 anni. Siamo sempre stati molto attenti a non litigare di fronte a lei. Non si è mai accorta di nulla. Anche se la nostra coppia era in crisi profonda, lei ha sempre potuto godere di tutto il nostro amore. Senza condizioni. Senza se e senza ma.
Questa frase è stata pronunciata da una coppia che si è presentata in consultazione dopo che uno dei due genitori era già uscito di casa e aveva, di comune accordo con il partner, cominciato a vivere in un appartamento dei suoi genitori, come single. Alla bambina era stato raccontato che il papà doveva spesso stare fuori la notte per impegni di lavoro. Nessuno si era preso la responsabilità di condividere con lei le decisioni che riguardavano il suo nucleo familiare, i cambiamenti che in modo così imponente stavano modificando la geometria e la geografia del suo percorso esistenziale.
Quello che noi specialisti spesso constatiamo in casi del genere è che le procedure, alquanto maldestre, messe in atto dai genitori non sono dettate da cattiva volontà, quanto piuttosto dall’ignoranza delle conseguenze che il non detto ha sull’equilibrio emotivo dei più piccoli. In effetti, nella maggior parte dei casi i genitori si comportano così perché pensano che questo sia il modo migliore di procedere. Dire il meno possibile, far succedere le cose tenendo il bambino nella totale inconsapevolezza, così «che se non sa, non soffre», è un modo di agire che connota il mondo adulto in molti dei passaggi di vita in cui «mancano le parole per dire», dato che pronunciarle significherebbe elicitare e produrre nel bambino un dolore e una sofferenza con cui gli adulti fanno fatica a rapportarsi. «Occhio non vede, cuore non duole» recita un noto proverbio, ed è proprio questa la strategia che, il più delle volte, viene adottata nelle separazioni familiari.
I bambini vedono le cose accadere come se stessero guardando un film muto. I genitori entrano ed escono di casa, a volte dormono in letti separati, altre addirittura in case differenti, non si presentano a tavola per i pasti, sbattono le porte, urlano, si dicono parolacce, ma nessuno spiega al bambino che cosa sta accadendo davvero in quella casa e in quella famiglia. Altre volte, invece, gli adulti fanno sforzi enormi per mantenere una parvenza di normalità ma tra loro non c’è dialogo, non ci sono gesti d’affetto, solo un accumularsi di ostilità reciproca. Il bambino è così costretto a rimanere senza parole, senza spiegazioni. Cosa che equivale spesso a restare senza i significati, ovvero senza la possibilità di comprendere quello che si muove nel mondo interiore delle sue emozioni, restando così confuso, disorientato, perso.
Vedere che in casa tutti soffrono, oppure che fingono di stare bene quando poi mamma e papà non si parlano, non si guardano più negli occhi, addirittura dormono in due letti diversi, obbliga il bambino a farsi mille domande. E se nessuno gli parla, le risposte dovrà darsele da solo. Compito a volte impossibile per un minore, che si trova così sommerso dai dubbi e costretto a galleggiare in un mare di angoscia.
I bambini hanno bisogno di adulti che sappiano gestire le loro emozioni
Se due adulti decidono in modo consapevole e concordato che la loro vicenda amorosa è giunta al capolinea, resta ben poco da fare se non creare le migliori condizioni affinché il dolore connesso a questo passaggio sia riconosciuto ed elaborato, e trovi, in un accordo condiviso, un contenitore capace di trasformarlo, con il passare del tempo, in speranza per il futuro e capacità di ricominciare un nuovo percorso.
Non muoversi in questa direzione spesso significa trasformare il proprio dolore in un senso di fallimento senza fine, da cui possono tracimare rabbia, aggressività, vendetta: tutti stati d’animo che, invece di aiutare a trovare un nuovo percorso, aggiungono macerie alla distruzione già in corso. In effetti, troppe volte il dolore degli adulti, soprattutto quando un coniuge ha l’impressione di essere stato abbandonato dall’altro, è così vivo e intenso da diventare l’elemento che domina la scena familiare su cui si sta preparando la separazione. Perciò, spesso si vedono uomini e donne che non sanno gestire e controllare i loro vissuti, che piangono, gridano, sbattono porte, dicono cose di cui, prima o poi, si pentiranno e vergogneranno.
Separarsi è un evento triste
Nell’attività clinica e nelle altre occasioni in cui abbiamo parlato con dei genitori che si stavano separando, ci ha spesso colpito il tono con cui raccontavano tali fatti. Questo vale soprattutto per le coppie con figli che, mentre descrivevano la scelta, ormai definitiva, di interrompere la relazione amorosa, sembravano minimizzare la drammaticità degli eventi per tutte le persone coinvolte, ma soprattutto per i bambini. «Noi siamo in ottimi rapporti, i nostri figli non ci hanno mai visto litigare, per loro la fine del nostro amore non è stata traumatica!» Se ci mettiamo nei panni di un bambino, magari ripensando a quando eravamo piccoli e a come guardavamo ai nostri genitori, ci rendiamo conto che essere in pace e separarsi sono due concetti che non possono stare insieme nella sua mente. Se due genitori non litigano mai, perché dovrebbero separarsi? Come può un bambino accettare che due genitori non vivano più insieme, se apparentemente nulla è cambiato e gli adulti fanno di tutto per salvare un’apparenza di normalità?
Questo punto appare in contraddizione con il precedente, ma di fatto non lo è. Condividere con i figli la crisi non significa esporli a sceneggiate o a litigi furiosi, questo è chiaro, ma nello stesso tempo l’iperprotezione e la «messa in scena» di un’armonia che non esiste è altrettanto disorientante. Se i genitori si separano è perché non vanno più d’accordo, perché ci sono delle emozioni negative che non possono convivere, delle rotture, delle tristezze. In qualche misura questo negativo non può essere nascosto a un figlio. «I miei genitori si separano perché insieme stanno male» è il pensiero che aiuta il figlio a familiarizzare con questa trasformazione. La separazione non deve quindi arrivare come un fulmine a ciel sereno dentro una finta normalità che nega ogni vissuto negativo.
I genitori devono restare punti fermi di riferimento
I figli sono gli spettatori, spesso inermi e silenziosi, di una separazione che è sempre una responsabilità e una scelta degli adulti. Se un figlio potesse dire la sua e scegliere, quasi mai opterebbe per avere una mamma e un papà che vivono in case diverse, anche quando farli rimanere sotto lo stesso tetto significa assistere alle peggiori scene con cui un minore può confrontarsi. È così: anche nelle condizioni più compromesse e barcollanti, una mamma e un papà sono sempre, nella mappa mentale in cui un figlio cerca i punti cardinali della propria traiettoria di vita, dei riferimenti assoluti, e nessun bambino vuole perdere la certezza di sapere dove sono il Nord e il Sud sulla carta geografica in cui viene rappresentata la storia della sua vita.
Ma una mamma e un papà che si separano possono donare a un figlio la sicurezza che continueranno ad agire come l’ago della bussola con cui lui andrà alla ricerca della sua stella polare. Due genitori in corso di separazione devono saper accompagnare e aiutare i loro figli a comprendere che, a volte, per orientarsi, dovranno tenere in mano due bussole, ma che mai, in nessun istante, l’ago smetterà di fornire loro una direzione. E, soprattutto, che non si troveranno mai soli mentre stanno attraversando un bosco che li spaventa, a causa del buio o della paura di qualcuno che, nascosto dietro un tronco, possa sbucare fuori all’improvviso. È di questo che ogni figlio ha bisogno: orientamento, direzione e protezione, sia che i suoi genitori vivano sotto lo stesso tetto, sia che decidano di separarsi. Ed è questo che le mamme e i papà devono sempre garantire a un figlio, in ogni situazione e condizione, anche quando la separazione diventa la fine della loro vicenda amorosa.
Cooperare quando si è separati è difficile ma possibile (e necessario!)
L’altro messaggio che deve arrivare forte e chiaro a un figlio (e che spesso è lo scoglio più faticoso per la coppia che si sta separando) è che mamma e papà saranno comunque capaci di confrontarsi sulle decisioni che lo riguardano nelle diverse tappe della sua vita. Qualsiasi siano i sentimenti che un genitore nutre per l’altro, anche nei contrasti più accesi, gli adulti dovranno sforzarsi al massimo per mettere da parte le emozioni negative quando in gioco c’è il dialogo sulle scelte che riguardano la crescita e l’educazione del figlio. Questo concetto non deve restare una dichiarazione astratta ma deve essere testimoniato dagli adulti già dalle prime fasi della separazione. I figli hanno bisogno di adulti che sappiano posporre la propria volontà di rivalsa quando in gioco c’è qualcosa di più importante e si deve cooperare con l’altro partner.
Il bambino deve poter prevedere quello che accadrà
Nell’affrontare questa evenienza avversa, gli adulti devono usare le proprie competenze non per stilare un ipotetico, quanto utopico, progetto di pace, bensì per costruire un’alleanza che dia modo, a loro e ai bambini, di costruire un argine capace di opporsi al fiume in piena delle emozioni e permetta di disegnare un quadro prevedibile di tutto ciò che accadrà in futuro. È chiaro che prevedere il futuro, che solo con molta fatica appare immaginabile dietro l’orizzonte confuso di una coppia con figli che si separa, è un compito estremamente arduo. Eppure, si tratta di un dovere che gli adulti devono provare ad assolvere, e di un diritto che ogni bambino deve vedersi garantito da parte della sua mamma e papà.
Quando proprio è inevitabile che un figlio sperimenti la separazione di mamma e papà, c’è una cosa che gli adulti possono però impegnarsi a non fargli mai provare: trovarsi di fronte una mamma e un papà che si separano nel peggiore dei modi.
Perciò, questa parte del volume vuole proporre, a voi genitori che vi state separando, strategie e percorsi per esplorare, insieme ai figli, territori da tenere ben presenti come quelli dei pensieri e delle emozioni che abitano la mente di tutti i membri di un nucleo familiare che sta affrontando un passaggio così complesso e difficile.
Tanto per cominciare, un figlio non vorrebbe mai essere tenuto all’oscuro di ciò che i genitori stanno decidendo, e di conseguenza neanche una separazione dovrebbe avvenire a sua insaputa. Per spiegarsi meglio: non è necessario che un figlio assista a tutte le vostre discussioni, ai litigi, alle decisioni, mentre invece è assolutamente utile che un figlio sia preso – metaforicamente – per mano da un uomo e una donna che si stanno lasciando e che però continueranno per sempre a essere i suoi genitori. È fondamentale che voi sappiate «medicare» la sua paura più grande, ovvero dovete trovare il modo di fargli comprendere (e di conseguenza dovete prima di tutto averlo compreso voi stessi) che, anche se non si amano più, mamma e papà non lo lasceranno mai e sapranno arrivare a un’intesa sul progetto educativo che lo riguarda.
Non ci stancheremo mai di ripeterlo: anche se i genitori sono spesso convinti che ai figli sia meglio non dire niente o raccontare le cose solo a separazione avvenuta, perché così non soffriranno, dovete sapere che i bambini quasi sempre «sanno già tutto». I figli hanno una conoscenza «implicita» di come stanno andando le cose in famiglia, di ciò che succede a mamma e papà, anche al di là di quello che è evidente oppure viene detto. Insomma, è proprio il caso di dirlo: i figli vedono l’invisibile, all’interno delle relazioni familiari.
Un riadattamento dello stile di vita e una diversa gestione del denaro
I dati ufficiali sulla povertà e la condizione socioeconomica della nostra nazione parlano chiaro: in Italia ci sono sempre più poveri e uno dei motivi di questo incremento sta anche nella progressiva disgregazione delle relazioni familiari. Si è abbassata anche l’età media dei poveri. La rottura di un legame stabile ha una duplice ricaduta economica. La prima è che molte spese raddoppiano: mentre le entrate restano le stesse, la conseguenza immediata è che la fine della coabitazione obbliga alla ricerca di una nuova casa e alla duplicazione di tutte le spese relative alle utenze dell’abitazione.
La seconda ricaduta è che per molti la separazione genera un periodo di disorientamento psicologico durante il quale è più complesso tenere insieme gli impegni, gestire bene le scelte, rispettare le scadenze, organizzare le giornate. La riorganizzazione della relazione con i figli, che comprende anche la ridefinizione della gestione dei loro impegni, richiede molta energia, e ciascuno ha capacità di adattamento e flessibilità diverse rispetto al cambiamento che si ritrova a vivere.
Queste premesse obbligano a una riflessione su come comunicare con i figli su questi aspetti. Nelle situazioni in cui gli ex coniugi si trovano a dover ridimensionare, magari anche di molto, le proprie disponibilità economiche, come regolare le ricadute sullo stile di vita dei figli, specie in riferimento a ciò che non è indispensabile? Uscire a mangiare una pizza, andare a un parco divertimenti o al cinema, progettare una vacanza sono tutte cose che hanno costi più o meno elevati e che la separazione può rendere insostenibili. Cosa può fare un genitore che riesce a malapena a soddisfare le esigenze primarie? Non ci sono regole valide per tutti ma, in linea generale, vale sempre il principio di privilegiare la verità nella comunicazione con i figli. È chiaro che non si può gravare un bambino con ansie eccessive legate a continue lamentele sul denaro ma, se la relazione genitore-figlio è solida, si riuscirà a condividere anche la necessità di limitare gli sprechi e le spese. Ostentare disponibilità economiche che non si hanno, imbarcarsi in spese eccessive, sono tutte cose che aggravano ancora di più la situazione e non fanno bene a nessuno. La speranza è che si tratti di una fase transitoria, ma nel frattempo è utile costruire con i bambini una visione condivisa, realistica, che ritagli spazi di possibilità e di divertimento che non siano legati all’acquisto di beni o al fatto di spendere denaro. I bambini hanno bisogno di sentire forte il legame e questo, grazie al cielo, non costa nulla.
Separarsi non significa dividersi
Andare a cena tutti insieme dai nonni anche dopo la separazione è una bella cosa per un bambino. Vedere un adulto che riesce a mantenere le relazioni con il sistema di riferimento dell’ex coniuge racconta al minore la capacità di andare oltre il risentimento o il bisogno di rompere drasticamente con tutto ciò che riguarda l’ex coniuge. Evitare le parole conflittuali e aprirsi alla ricostruzione di relazioni che mantengono ambiti di continuità nelle abitudini è uno dei regali più grandi che possiamo fare ai nostri figli. A volte questo richiede tempo, oltre che la capacità di perdonare sgarbi e offese anche pesanti, e non sempre ci sentiamo pronti a farlo. Per chi vive separazioni particolarmente conflittuali, la mediazione familiare, come vedremo più avanti, è una risorsa molto importante per arricchire la propria capacità di comunicare con gli altri. Ci possono essere parole che ci fanno giustizia anche senza distruggere la relazione con chi ci sta davanti. Possiamo allenarci a diventare adulti che sanno superare la rabbia e le tensioni, testimoniando ai figli la nostra capacità di andare oltre per il loro bene.