Illuminaci gli occhi, riaccendi la speranza. 

Dai un sogno ad ognuna di noi. 

Il nostro sguardo tornerà felice 

e il cielo si riempirà di rondini. 

Sulle ali si poseranno i nuovi pensieri dei bambini. 

 

La statua spense gli occhi e la testa si rigirò lentamente tornando alla posizione originale. 

Nina alzò il Taldom Lux, schiacciò una sola volta gli occhi di pietra goasil del Gughi e un lampo rosa si diresse dentro gli occhi cavi della moai. 

La statua ebbe un sussulto e, una dopo l'altra, tutte le 200 enormi moai si illuminarono di rosa. Nina aveva dato luce ai loro occhi. 

Il cielo tornò azzurro e migliaia di rondini volarono sull'isola. Eccoli… i sogni dei bambini stavano ritornando! 

La piccola alchimista allargò le braccia e lacrime di felicità cominciarono a scenderle sulle guance. Cesco e gli altri si abbracciarono tanto forte, che i loro cuori si scambiarono i battiti. 

Il sole brillava alto e le onde dell'Oceano si frangevano sugli scogli di quella terra misteriosa. Ma la moai numero 8 aveva un'altra sorpresa per Nina: mentre due rondini si appoggiavano sul naso della statua, dalla bocca uscì una grossa tavola di legno che cadde ai piedi di Nina. 

Su di un lato c'era una scritta e sull'altro l'immagine di un uomo, un vecchio maori. L'antico indigeno dell'Isola di Pasqua aveva sulla mano destra una piccola voglia di fragola fatta a stella, identica a quella di Nina e del nonno. 

«Guardate, guardate cosa ha sputato la statua!», esclamò Nina sempre più emozionata, mostrando agli altri la tavola di legno. 

«Questo è il volto di un vecchio indigeno. Ha la mia stessa stella sulla mano… per tutte le cioccolate del mondo! È un mio avo. Ha vissuto qui, è stato il Mago Buono dei maori. Ecco la mia origine!». 

Nina parlava veloce, e i suoi occhi brillavano come stelle. 

Tutti i bambini le si avvicinarono, chi per abbracciarla, chi per un semplice sorriso e, per ultimo, Cesco, tolti gli occhiali, le disse: «Sei la bambina della Sesta Luna. Vieni da lontano… questa è la tua terra. E noi siamo contenti di essere qui con te… nell'isola dei sogni dei bambini». 

Nina li ringraziò delle belle parole e guardando la moai numero 8 alzò la mano che impugnava il Taldom in segno di vittoria e camminando verso gli scogli iniziò a tradurre la scritta della tavoletta: 

 

Seduta su una roccia vulcanica, leggeva e rileggeva quella frase, così bella ma inquietante. Nina aveva trovato il suo antichissimo parente magico, vissuto tantissimi secoli prima. E da lui aveva ricevuto un oscuro messaggio. Hamoi Aturi aveva conosciuto Xorax, era stato il primo Mago Buono della Terra e ora, dopo tanto tempo, lei, la piccola Nina, era arrivata nel luogo sacro dove era iniziata la vita. 

I pensieri dei bambini erano cominciati proprio lì, nell'Isola di Pasqua. Si sedettero e, guardando il cielo e le rondini Che volteggiavano felici, respirarono l'aria pura e fresca di quel luogo misterioso e magico. 

«Hamoi Aturi scrive che i miei occhi brilleranno e arriverà l'inganno», disse a voce alta la piccola alchimista, «ma non so cosa significa. Forse deve succedere qualche cosa. Dobbiamo prepararci al peggio. È meglio allontanarci dalle moai e ritrovare il Gughi, altrimenti non potremo tornare a casa». 

Roxy ascoltò con preoccupazione il discorso di Nina e, senza farcì caso, mise la mano in tasca e tirò fuori il ciuffo d'erba azzurra che aveva strappato poco prima nella grotta sotterranea. I fili d'erba, a contatto con i raggi del sole, diventarono rigidi come tanti aghi d'acciaio. 

«Ehi, ma cosa succede a quest'erba? Si è trasformata in pezzi durissimi e acuminati», disse mostrando agli amici cosa aveva in mano. 

Nina ne prese uno tra le dita, ma la vicinanza con il Taldom fu fatale. Lo scettro con la testa del Gughi iniziò nuovamente a tremare e il filo d'erba, mutato in ago d'acciaio, scivolò dalla mano di Nina e andò a conficcarsi proprio in una delle due pietre di goasil che segnavano gli occhi del Gughi. Il Taldom continuava a vibrare e Nina non riusciva più a tenerlo, Cesco provò a bloccarlo con le sue mani, più grandi e forti, e Roxy, impaurita, gettò per terra gli altri aghi che aveva ancora in pugno. Ma i fili d'acciaio invece di cadere al suolo volarono verso il cielo, come attratti da una misteriosa forza magnetica. 

Tutti alzarono gli occhi seguendo la traiettoria di quelle frecce sottili che si stavano moltiplicando velocemente e che ora coprivano gran parte del cielo. Nina, con l'aiuto di Francesco, cercava di strappare l'ago azzurro dal Taldom Lux senza però riuscirci. La stella che aveva sulla mano iniziò a diventare nera. 

«La mia stella sta diventando nera… ragazzi, siamo in pericolo!», gridò Nina, senza riuscire a nascondere lo spavento che ora l'agitava. 

All'improvviso una luce spettrale avvolse l'isola, come un'ombra minacciosa. 

«Guardate, il sole si sta spegnendo e le rondini sono scomparse. Quell'erba maledetta ha formato uno strato d'acciaio e il cielo non si vede più», gridò Fiore. 

Correvano, correvano verso le moai, che lentamente si stavano coprendo di ghiaccio. Nell'arco di pochi secondi la temperatura era scesa sotto lo zero e il freddo aveva avvolto tutto. Le onde dell'oceano diventarono gigantesche e la coltre di ghiaccio le bloccò, congelando completamente l'acqua. L'Isola di Pasqua era diventata come il Polo Nord. 

«Ma cosa succede? Ho tanto freddo. Nina, chiama il Gughi e torniamo a casa», disse Dodo battendo i denti. E proprio in quel momento dal cielo d'acciaio uscì un potente fulmine che colpì una moai frantumandola in mille pezzi. Una nuvola di fumo nero si sollevò dalle pietre e comparve in tutta la sua bruttezza Karkon Ca' d'Oro. 

«Karkon!!! Maledetto Mago. Ma come è possibile che ci abbia raggiunto fin qui?». 

Nina strinse i denti e fissò con occhi increduli e pieni di odio quella figura diabolica che la perseguitava. 

La risata satanica del Mago si diffuse per tutta l'isola, Karkon impugnava il Pandemon Mortalis e, sollevando il lungo mantello viola, svelò un altro oggetto: lo Jambir che aveva creato. 

«Lo Jambir? Ci ha rubato il medaglione magico che porta nel passato!». 

Cesco non credeva ai suoi occhi. I bambini temevano che il Mago fosse riuscito a entrare nell'Acqueo Profundis e a prendere il vero Jambir che Eterea aveva consegnato a Nina. L'idea che il Conte avesse scoperto i segreti di Xorax e l'esistenza di Max 10-pl li mandò nel panico più totale. 

«Aahahahah ahahahahah… Nina, non dovevi sottovalutarmi. Io sono un Mago potente, il più forte di tutto l'universo. Non puoi battermi, sei solo una stupida bambina. Lo vedi questo?», disse con disprezzo mostrando lo Jambir. «Ecco, l'ho copiato dal tuo. È un clone. Una copia perfetta. E devo solo ringraziare il mio androide preferito: Andora. Ora anch'io posso tornare nel passato e raggiungerti. Ovunque tu vada». 

Karkon li aveva in trappola, per i bambini non c'erano molte speranze di uscire vivi dall'isola. Alvise e Barbessa avevano eseguito l'ordine del Maestro ed erano riusciti a far funzionare la copia dello Jambir in poco tempo. 

«Clonato? Copiato? Ma allora non è entrato nell'Acqueo 

Profundis! Non ha scoperto il mio contatto segreto con Xorax», pensò Nina, e questa certezza, per un istante, la rasserenò. Forse la battaglia contro il Male non era ancora persa. 

«Andora, l'androide maledetto adesso è mio ed è fuori uso. Dimmi come hai ucciso la mia vera zia!», urlò con tutto il fiato che aveva in corpo. 

«Bruciata viva. Sì, l'ho avvolta nelle fiamme. Di lei è rimasta solo cenere. L'ho uccisa tanti anni fa, tu eri ancora piccola e stavi a Mosca dai tuoi genitori. Ho creato un androide identico ad Andora già sapendo che un giorno saresti andata a vivere da lei, a Madrid. Ti ha fatto dannare, lo so. E non sai quanto io sia stato fiero di lei! Ed ora, cara bimbetta senza cervello, hai finito di pensare e giocare con l'alchimia. Così come ho distrutto tuo nonno, adesso ammazzerò anche te». La voce roca di Karkon faceva accapponare la pelle e il suo mantello viola, che svolazzava insidioso, lo faceva apparire un diavolo. 

Con la forza che le rimaneva, la piccola alchimista puntò verso l'alto il Taldom e pronunciò: 

 

«L'inganno è arrivato  

 e l'ago d'acciaio il Taldom ha bloccato.  

 Stella dammi la luce per sconfiggere il Male feroce. 

 Stella torna rossa e fai che io ancora possa». 

 

 

Karkon puntò il Pandemon Mortalis e la scarica elettrica letale partì andando a colpire lo scoglio sul quale era seduta Nina, che abbassò la testa schivando le scintille di fuoco. Con decisione strappò l'ago azzurro conficcato nel Taldom. Un balzo in avanti la fece sollevare da terra, e la lasciò sospesa nell'aria. Schiacciò gli occhi del Gughi e la luce rosa andò a colpire lo Jambir di Karkon scalfendolo al centro. Il Conte guardò il medaglione e vide che funzionava ancora, allargò il mantello e volò più in alto di Nina. Dietro le moai, terrorizzati e preoccupati, gli amici di Nina guardavano la sfida tra la bambina della Sesta Luna e il diabolico Mago sotto il cielo d'acciaio dell'Isola di Pasqua. 

«Muori dannata strega!», Karkon girò tre volte il Pandemon e poi lanciò una fiammata verso la bambina, ferendola ad un fianco. 

Nina urlò per il dolore, la pelle le bruciava e la stella diventava sempre più nera. Schiacciò due volte gli occhi di goasil e dal becco del Taldom uscirono due lampi che finirono dritti dentro al naso del Mago. Karkon perse l'equilibrio e cadde a terra, perdendo il Pandemon. 

«Gughi, Gughi, aiutaci… siamo qui, vieni a prenderci», gridò terrorizzata sperando che l'uccello magico, rimasto dall'altra parte dell'isola, sentisse la sua richiesta d'aiuto. 

Il Mago si rialzò di scatto e nascose lo Jambir per paura che la bambina glielo prendesse, poi afferrò la spada malefica, ma prontamente Nina sparò tre lampi di luce rosa che gli immobilizzarono le gambe. 

Karkon spalancò la bocca che diventò enorme, gli occhi erano come di fuoco e puntando il Pandemon fece partire otto frecce di ferro putrido per colpire e infettare l'avversaria. 

Nina riuscì a scansarne sette ma l'ottava le colpì la spalla sinistra. Con la freccia conficcata riuscì solo a dare un'altra scarica con il Taldom, prima che le forze cominciassero a mancarle. 

 

«Il Gughi, guardate, arriva il Gughi!», gridò rincuorata Fiore. 

L'uccello di Xorax aveva sentito il grido di Nina e stava giungendo a salvarla. Piegò le ali e scese in picchiata, travolgendo Karkon Ca' d'Oro. Spaventato e sorpreso per l'imprevisto arrivo di quell'animale così strano, il malefico Conte prese lo Jambir e lo strofinò in fretta sulla sua testa pelata pronunciando il "verbum magicus": «Dal passato voglio tornare e la mia vita salvare». 

Sul terreno coperto di ghiaccio rimase solo il suo mantello viola, che si sciolse in una pozza d'acqua. Di Karkon non c'era più traccia… era tornato da dove era venuto lasciando l'Isola di Pasqua coperta di neve. 

Nina, gravemente ferita, guardò dall'alto lo svanire di Karkon e stramazzò a terra. I bambini andarono subito a vedere come stava. 

«Toglietemi la freccia di ferro putrido dalla spalla, mi sento morire», disse con un filo di voce. 

Cesco e Roxy presero in mano la dannata arma di Karkon e tentarono di strapparla in un sol colpo ma il Gughi li allontanò scuotendo la testa e con il becco sfilò delicatamente la freccia, poi sbatté le ali e una polvere d'oro si posò sulle ferite della bambina facendo scomparire ogni traccia di sangue e dolore. La magica nuvola d'oro si sparse tutta intorno e le particelle sciolsero il ghiaccio che copriva le moai. Lentamente la cappa d'acciaio che avvolgeva il cielo svanì nel nulla e il sole ricomparve in tutta la sua bellezza scaldando l'isola e l'oceano. Di nuovo le rondini tornarono a volare e le moai ripresero a raccogliere i pensieri dei bambini della Terra. Dopò tanto tempo, i guardiani del cielo erano colmi di messaggi, fantasie e nuovi sogni. 

Il primo passo verso la salvezza di Xorax era stato fatto. 

Il Gughi prese la piccola Nina e se la posò sulla testa, i bambini salirono sulle ali dell'uccello magico, che si alzò in volo. Fece tre giri sorvolando la pianura e le 200 moai. Le teste giganti dell'Isola di Pasqua erano circondate da migliaia e migliaia di rondini, il cielo era tornato azzurro e limpido e nelle acque profonde dell'Oceano Pacifico i delfini e le balenottere guizzavano e nuotavano in pace. 

Nina alzò verso l'alto il Taldom e gridando al vento disse: «Vola magico Gughi, riportarci a casa». 

I ragazzi, a cavalcioni delle ali, guardarono ancora una volta l'Isola: dall'alto sembrava un piccolo puntino nero immerso nel blu dell'Oceano. 

Nina accarezzò la testa del Gughi e tirò fuori dalla tasca la tavoletta di legno di Hamoi Aturi, baciò l'immagine del suo avo e guardò lontano, pensando al nonno e a Xorax. Aveva trovato le sue origini e questo non era poco. Il fatto di essere riuscita a far tornare le rondini sulle moai, di aver sbloccato almeno una parte della comunicazione tra la Terra e Xorax la rendeva un'alchimista fiera. Certo, l'avventura per la salvezza della Sesta Luna era solo all'inizio e avrebbe incontrato ancora terre lontane e civiltà antiche e la felicità di essere riuscita a sconfiggere nuovamente Karkon non la rasserenò: il Mago era in possesso di uno Jambir uguale al suo e l'avrebbe usato ancora. La lotta contro il Male non era certo finita, il Conte assassino avrebbe minacciato chissà ancora per quanto la salvezza della Sesta Luna. Pensò a zia Andora, alla sua triste fine e giurò a se stessa che l'avrebbe vendicata. Ma come avrebbe spiegato a sua madre, a suo padre, a Carmen, a Ljuba quello che era davvero avvenuto? Come poteva spiegare che zia Andora era stata uccisa da Karkon e che quella donna che aveva preso il suo posto era in realtà un androide? 

Mentre il volo del Gughi continuava veloce verso l'Acqueo Profundis, Nina era turbata da tutti questi pensieri e si sentiva il cuore pesante e la mente stanca. Si girò verso i suoi amici e vide che i loro volti erano sereni, persino Dodo sembrava non avere più paura di volare sull'uccello magico della Sesta Luna. Chinò la testa e l'appoggiò sulle morbide piume del Gughi, che si girò e teneramente emise un canto che addolcì la sua malinconia. 

«Un turbine di nuvole e colori… guardate laggiù… il cielo si ferma lì». Il grido di Cesco allarmò Nina, che alzò il viso e guardò di fronte a sé. Roxy, Dodo e Fiore si aggrapparono alle ali del Gughi e urlarono intimoriti dalla scena che avevano davanti. 

Il Gughi si bloccò, rimanendo sospeso nell'aria, poi iniziò a tremare e a sbattere velocemente le ali e i bambini non riuscirono più a stare seduti. Nina cadde nel vuoto e dietro a lei anche gli altri scesero in picchiata. Un tuffo spaventoso e si ritrovarono dentro un turbine di vento gelido, il buio li avvolse e i loro corpi cominciarono a volare a destra e sinistra senza trovare un appoggio. Poi un'accecante luce rossa entrò nei loro occhi e come sassi caduti dal cielo si trovarono a rotolare sul pavimento dell'Acqueo Profundis. 

«Sooono mmortooo???», chiese Dodo senza avere il coraggio di aprire gli occhi. 

«Il Gughi… aiutoooooo, dov'è andato il Gughiiiii», urlò Fiore. 

Roxy e Nina si ritrovarono abbracciate e Francesco si guardò intorno sbigottito e disse: «Siamo a casa, ragazzi. Aprite gli occhi, siamo tornati». 

L'orologio segnava ancora le 12,10 minuti e 5 secondi, Max 10-pl era sempre seduto sullo sgabello e fissava terrorizzato Andora che era stesa sul tavolo priva di vita: i circuiti elettrici e meccanici sembravano proprio non funzionare più. Quando Max vide comparire i ragazzini si alzò e corse verso di loro: «Xu, Xu, alzatevi. Le vacanze nell'Ixola di Paxqua xono finite. E qui non è xuccesso nulla, per fortuna. Karkon non è venuto e Andora è xempre immobile come prima. Forza pigroni, che qui c'è tanto da fare». 

Nina guardò Max e sorrise: «Certo che Karkon non si è fatto vivo con te, è venuto sull'Isola di Pasqua. Quel maledetto ha una copia dello Jambir». 

«Davvero? Ma… allora è xtata Andora! Ecco, lo xapevo che i noxtri xegreti erano in pericolo. Bixogna dixtruggere quexto androide malefico!». 

Max era visibilmente alterato ma Nina lo calmò subito: «No, non bisogna distruggere Andora. È meglio studiarla e capire come funziona: ho bisogno di sapere cosa c'è nella sua memoria. In quei microchip cerebrali c'è la verità. Karkon mi ha detto che ha bruciato viva la mia vera zia, ma… di lui non ci si può fidare. Potrebbe essere ancora viva e chissà dove si trova adesso». 

I bambini si guardarono stralunati e, ancora stesi per terra e stanchi per il viaggio dissero: «D'accordo, d'accordo. Ricominciamo l'avventura». 

Roxy fece l'occhiolino a Nina, ma appena le due bambine tentarono di alzarsi da terra si resero conto che sul pavimento c'era una pozza di acqua arancione. 

Nina si toccò i vestiti e sentì che una tasca della salopette era completamente bagnata. 

«Per tutte le cioccolate del mondo, la tavoletta di Hamoi Aturi si è rotta… e adesso? Cosa faccio?». Mise la mano in tasca e tirò fuori due pezzi della tavoletta completamente inzuppati. «È uscito un liquido arancione… ma cos'è?». 

L'antica tavoletta di legno conteneva un'acqua particolare, un liquido magico che era rimasto dentro il legno per 4.000 anni. 

Max e i ragazzi guardarono i pezzi della tavoletta e la pozza di acqua arancione che stava allagando il pavimento. 

Nina assaggiò l'acqua: «È dolcissima…», non terminò la frase che il liquido a terra iniziò a muoversi formando dei disegni: era una parola scritta con l'alfabeto della Sesta Luna: 

 

Nina prese una cannuccia e succhiò la parola arancione, tra lo sconcerto di tutti. 

Il liquido le scese dentro lo stomaco e la piccola alchimista cominciò a sentire un fastidioso bruciore, la pancia le faceva male, portò le mani al ventre e si piegò in avanti: «Sto male… ho dei dolori fortissimi». 

Cesco e Max la presero in braccio e la stesero sul tavolo, proprio accanto all'Andora meccanica. 

«Era un veleno? Nina morirààààààà!». Con gli occhi fuori dalla testa Cesco si guardò intorno come per cercare qualcosa, una medicina, una pillola che guarisse Nina. Dodo si nascose sotto il tavolo, congiunse le mani e iniziò a pregare, Roxy e Fiore fissarono Andora con il timore che si rimettesse in moto e potesse fare del male alla piccola alchimista. 

Intervenne Max 10-pl: «Nulla, nulla… Nina non è in pericolo, deve xolo xputare… una coxa. È necexxario». 

«Sputare? Cosa?», chiesero i bambini. 

«Adexxo vedrete. Abbiate pazienza», rispose seccato Max che, ovviamente, sapeva già cosa sarebbe successo. 

Nina alzò la schiena e si mise seduta poi, con un colpo di tosse, sputò una cosa bianca… dalla bocca le uscì un foglio, una lettera che finì proprio sul volto scheletrico di Andora, che non mosse neppure un occhio. 

Max la raccolse e la diede a Nina che, con le mani tremanti, guardò il foglio: era bianco e sui bordi c'erano delle macchie gialle, le frasi erano scritte in arancione. Iniziò a leggere a voce alta mentre tutti gli altri ascoltavano con attenzione: 

 

La tua origine hai trovato. 

Ma questo è solo l'inizio del tuo viaggio. So già quello 

che dovrai affrontare, per questo ti consiglio di  

studiare le formule alchemiche. Diventa più forte e 

Xorax si salverà. Le rondini viaggiano nel cielo,  

attraversano paesi e terre, raccolgono i sogni e i  

pensieri dei bambini, ora le moai possono trasmettere a 

Xorax la fantasia, ma è ancora poco. Esistono altri  

popoli antichi che da troppo tempo non comunicano  

più con la Sesta Luna. 

Sono QUATTRO GLI ARCANI da svelare per  

salvare Xorax. Nell'Isola di Pasqua ti sei conquistata  

 il PRIMO ARCANO 

 

 

Conservalo nella tua memoria…..un giorno servirà. 

Con affetto millenario 

Il tuo tris-tris-tris-tris-tris-tris-tris-trisavolo 

 

«Per tutte le cioccolate del mondo! Una lettera di Hamoi… Parla del PRIMO ARCANO, ma io non sapevo nulla degli arcani da trovare. Strano, molto strano». Nina si asciugò la bocca ancora bagnata di liquido arancione e piegò la lettera riponendola nel tascone centrale della salopette dove c'erano già il Taldom e la Piuma del Gughi. 

«Devi studiare le formule alchemiche altrimenti non potremo andare avanti. Ripassa il quaderno nero del professor Misha e magari prova a crearne qualcuna», disse Cesco aiutandola a scendere dal tavolo.

 

Max 10-pl allargò le braccia e, dondolando la testa lucida e calva, protestò: «Proprio non vi rendete conto che xiamo in pericolo. Non poxxiamo perdere tempo. Karkon arriverà qui. Ha vixto l'immagine dell'Acqueo Profundix e anche la mia faccia. Io adexxo xmonto Andora e la xtudio bene ma voi dovete penxare a come difendere il noxtro laboratorio». 

Roxy abbracciò Max e lo baciò sulla fronte per rassicurarlo e gli altri si misero all'opera. Karkon e i suoi androidi avrebbero presto colpito ancora.