Il mondo massonico nell’Europa dell’età moderna rimase caratterizzato, come si è visto, fino alla Rivoluzione francese e anche oltre da disomogeneità e differenze, dall’incontro e talora anche dallo scontro fra tradizioni culturali differenti. Continui furono i tentativi di ricondurre ad unità un quadro estremamente composito e variegato, mutevole per sua stessa natura. Tutto ciò non poteva mancare di riflettersi nelle interpretazioni della massoneria proposte da studiosi e ricercatori in tempi più recenti. La letteratura sull’argomento offre oggi una straordinaria messe di indagini e un’altrettanto ricca serie di interpretazioni che, sottolineando nella muratoria di Antico Regime ora taluni caratteri, ora altri, portano a conclusioni spesso completamente divergenti tra loro. Oltre a ciò, le analisi del fenomeno massonico dipendono spesso dalla prospettiva in cui ci si pone, che può essere tanto quella di una storia «interna» della muratoria (come propone la storiografia massonica), quanto quella di un approccio esterno, e in quanto tale «profano», alla vita delle logge.
Si può constatare, ad ogni modo, che gli studi sono stati a lungo dominati – almeno fino alla metà del nostro secolo – da due preoccupazioni principali: quella di chiarire la natura del cosiddetto «complotto massonico» alle origini della Rivoluzione francese, e quella di spiegare il carattere irreligioso e anticlericale delle logge. Soltanto negli ultimi cinquant’anni si è cominciata a studiare la storia della massoneria in modo diverso, non tanto per combattere i condizionamenti ideologici quanto per ricostruire, su un piano più accurato dal punto di vista documentativo e interpretativo, le vere radici e l’effettiva funzione delle logge nelle grandi trasformazioni culturali, sociali e politiche dell’Europa moderna.
La storiografia anglosassone ha lavorato, in particolare, sul problema delle origini, concentrando la sua attenzione sul fondamentale passaggio, all’inizio del Settecento, dalla massoneria cosiddetta «operativa» (le corporazioni muratorie) a quella speculativa o simbolica, cioè al tipo di massoneria che oggi ci appare più familiare. Gli studi di Frances Amelia Yates sull’ermetismo di Giordano Bruno e sull’Illuminismo dei Rosacroce, quelli di David Stevenson sui documenti delle prime logge scozzesi e le indagini della storica americana Margaret C. Jacob sul cosiddetto Illuminismo radicale inglese, cioè su quella parte della cultura inglese che più contribuì a trasferire i risultati delle esperienze scientifiche di Newton all’interno del nuovo ordine politico, hanno gettato nuova luce sul capitolo – per altri versi ancora oscuro – della nascita della massoneria inglese. Alla stessa Margaret C. Jacob si devono poi successive indagini negli archivi delle logge olandesi che hanno rappresentato il tentativo di estendere il discorso da lei già tracciato all’intero continente europeo, per sottolineare il nuovo rapporto tra massoneria e politica instaurato nelle logge inglesi e olandesi della prima metà del XVIII secolo, considerate come un laboratorio di etica civile e di nuove forme di linguaggio, e come luoghi di sperimentazione per nuove pratiche fondate su un’atmosfera di tipo costituzionale, assembleare e legislativa (Jacob, 1995).
Non sempre, però, questo tipo di interpretazione riesce a rendere conto di orientamenti e progetti spesso contraddittori all’interno delle logge europee. La storiografia tedesca, che dopo il secondo conflitto mondiale aveva in parte ripreso la tesi di Auguste Viatte sul carattere essenzialmente anti-illuminista e irrazionale della massoneria, si è misurata piuttosto sul terreno del confronto fra le logge e lo Stato, sulla nascita di un’opposizione «borghese» e di un’opinione pubblica vista come forma di controllo sulle pretese dello Stato assoluto e del cosiddetto «dispotismo illuminato». In un famoso saggio del 1959 Reinhart Koselleck – allievo di Carl Schmitt – ha così individuato nella massoneria e nell’uso del segreto una forma di emancipazione della società moderna rispetto alle forme più oppressive dell’organizzazione politica degli Stati europei nei secoli XVII e XVIII. L’uso del segreto, e la possibilità di preservare quindi uno spazio privato rispetto all’ingerenza del potere pubblico, avrebbe consentito l’elaborazione di progetto per unificare la società civile, fino ad abolire lo Stato assoluto. Sostanzialmente su questa stessa strada si è poi posto, negli anni Sessanta, chi come Jürgen Habermas, pur partendo da una ricerca differente, che era quella sulla nascita e sullo sviluppo dell’opinione pubblica moderna, ha ripreso l’idea della funzione indirettamente politica della muratoria per vedere nelle logge il primo spazio privato della storia europea capace di assumere funzioni pubbliche letterarie e poi pubblico-politiche (Habermas, 2000).
Accanto a questi contributi di carattere generale ed interpretativo, sono venute aggiungendosi nel corso degli anni altre ricerche, riguardanti specificamente l’esperienza dei paesi di lingua tedesca. Si tratta di indagini che hanno tentato di porre la massoneria ora in relazione alla stagione delle riforme settecentesche (Hammermayer, 1980), talora in rapporto con le nuove forme di sociabilità europea (Ludz, 1979), e altre volte collegandola in modo più diretto con gli eventi rivoluzionari e con il cosiddetto giacobinismo (Reinalter, 1983). Quest’ultimo tentativo, che rappresenta un filone sempre vivo nell’ambito della storiografia sulla massoneria, è in qualche modo collegato alla tendenza – presente pure nella storiografia francese sin dagli ultimi anni del Settecento – di individuare nelle logge un partito politico, una società rivolta esclusivamente alla produzione del consenso, anche indipendentemente dalle necessità reali del mondo dell’epoca: una tesi che è stata ripresa, attraverso l’opera di Augustin Cochin, anche da François Furet. Infine non nasconde un carattere implicitamente ideologico anche l’impegno profuso da una parte della storiografia di matrice cattolica che, sulla base di un approfondito lavoro di ricerca sulla bibliografia dell’epoca e sui documenti archivistici, ha preso spunto dai tentativi settecenteschi di cristianizzare le logge e l’Illuminismo per attenuare fortemente il conflitto fra massoneria e Chiesa cattolica (Ferrer Benimeli, 1976-77).
Forse, a ben guardare, lo spazio così ampio dedicato ai contenuti ideologici e politici della massoneria settecentesca è dipeso non soltanto dal pregiudizio (contro)rivoluzionario, ma anche da una scarsa conoscenza della geografia, della composizione e della stratificazione sociale delle logge. Su questo tema si è mossa con più decisione, a partire dagli anni Sessanta, una parte della storiografia francese ed europea che, partendo dallo studio delle logge come modello di sociabilità concorrente rispetto a quello delle accademie, delle società letterarie, dei caffè, ha cercato di spiegare le ragioni del grande successo della formula massonica. Sono state così studiate, per l’area francese, l’evoluzione delle confraternite laiche in logge sulla base di comuni obiettivi solidaristici e filantropici (Agulhon, 1968) e la geografia della massoneria rispetto al mondo delle accademie, che ha mostrato la funzione concorrenziale e alternativa svolta dalla sociabilità massonica rispetto all’antica istituzione accademica (Roche, 1978). L’approccio di tipo sociologico ha poi portato ad individuare nelle logge un luogo di pratica democratica e di sperimentazione della democrazia diretta (Halévi, 1985).
I contributi provenienti dall’area italiana, infine, superata la preoccupazione di limitarsi al rapporto fra massoneria, Illuminismo e Rivoluzione, hanno portato ad una ricostruzione più ampia dei percorsi massonici nella penisola (Francovich, 1974; Mola, 1994) e poi, con risultati ancor più interessanti, allo studio della dimensione culturale delle logge, cioè al tentativo di capire i meccanismi che consentirono alla massoneria di trasformarsi e rinnovare i contenuti nel corso del XVIII secolo (Ferrone, 2000; Chiosi, 1992). Su questo sfondo si è poi venuta a collocare la più recente proposta di un’analisi complessiva della vicenda massonica attraverso una riconsiderazione dei contenuti intellettuali – nell’assunto che la massoneria non fu affatto una società segreta, ma una società di segreti, che li alimentava, li difendeva e li faceva conoscere ai suoi adepti – e attraverso un esame più completo del rapporto fra la muratoria e il pensiero politico dei Lumi nel Settecento europeo (Giarrizzo, 1994).