– Potrebbe fare a meno di fumare, signor Ushikawa? – chiese l’uomo basso.

Ushikawa guardò per qualche istante il viso della persona al lato opposto della sua scrivania, quindi lanciò un’occhiata alla Seven Stars che aveva tra le dita. Non era accesa.

– Se non le dispiace, – aggiunse l’uomo cortesemente.

Sul viso di Ushikawa si disegnò un’espressione perplessa, come se si chiedesse cosa ci faceva quella roba tra le sue dita.

– No, si figuri, anzi. Certo che non la accendo. Devo averla presa in mano senza accorgermene.

L’uomo spostò su e giú il mento di circa un centimetro, ma il suo sguardo non si mosse. Rimase puntato sugli occhi di Ushikawa. Questi rimise la sigaretta nel pacchetto, che ripose in uno dei cassetti.

L’uomo alto, dai capelli raccolti in una coda di cavallo, stava in piedi davanti alla porta, appoggiato alla cornice cosí leggermente che a stento la toccava, e lo guardava come si guarda una macchia sulla parete. «Tipi sinistri», pensò Ushikawa. Era la terza volta che incontrava i due uomini e parlava con loro, ma il disagio non diminuiva.

Nel piccolo ufficio di Ushikawa, l’uomo basso, dalla testa rasata, gli sedeva di fronte. Parlare spettava a lui. Il tipo con la coda di cavallo rimaneva in silenzio. Come i cani di pietra che sorvegliano l’ingresso dei santuari shintoisti, se ne stava perfettamente immobile a fissare la faccia di Ushikawa.

– Sono tre settimane, – disse il Rasato.

Ushikawa prese il calendario da tavolo che era sulla scrivania, controllò ciò che vi era annotato, quindi annuí.

– Esatto. Oggi fanno giusto tre settimane dall’ultima volta che ci siamo incontrati.

– Da allora non abbiamo piú ricevuto notizie da lei. Credo di averglielo già detto la volta scorsa: la questione è della massima urgenza. Non c’è tempo da perdere, signor Ushikawa.

– Me ne rendo conto perfettamente, – disse Ushikawa, rigirando tra le dita, al posto della sigaretta, un accendino d’oro. – Non possiamo permetterci di sprecare altro tempo. Lo so bene.

Il Rasato aspettava che continuasse.

Ushikawa riprese:

– Ma vede, il fatto è che non sono abituato a dare informazioni un poco alla volta. Non mi piace riferire le cose a pezzetti. Vorrei andare avanti fino a quando non avrò un quadro completo della faccenda, i pezzi andranno al loro posto e capirò cosa c’è dietro. Consegnarle ora un rapporto incompleto sarebbe inutile e dannoso. Forse le sembrerà un ragionamento egoistico, ma il mio metodo è questo, signor Onda.

L’uomo dalla testa rasata che rispondeva al nome di Onda lo guardò con freddezza. Ushikawa sapeva che non nutriva nessuna simpatia nei suoi confronti, ma non ci faceva troppo caso. Per quanto potesse ricordare, non era mai piaciuto a nessuno. Quella situazione era normale per lui. Genitori e fratelli non lo avevano mai amato, gli insegnanti e i compagni di scuola nemmeno a parlarne, moglie e figlie non facevano eccezione. Se qualcuno gli avesse mostrato simpatia, si sarebbe sentito un po’ in imbarazzo. Risultare sgradito, invece, non gli creava problemi.

– Signor Ushikawa se potessimo, rispetteremmo i suoi metodi. Anzi, direi che lo abbiamo sempre fatto. Ma adesso la situazione è diversa. Purtroppo non possiamo piú aspettare che lei continui a raccogliere e verificare le sue informazioni.

– Capisco, signor Onda, ma non credo che nel frattempo siate rimasti ad aspettarmi con le mani in mano, – disse Ushikawa. – Immagino che avrete battuto diverse piste per conto vostro, o sbaglio?

Onda non rispose. Le labbra chiuse formavano una riga orizzontale. Neanche la sua espressione mutò. Ma da quella reazione Ushikawa capí che il suo intuito aveva centrato il bersaglio. In quelle tre settimane, la loro organizzazione si era mobilitata per trovare la donna, seguendo probabilmente un percorso diverso dal suo. Senza, però, ottenere risultati degni di nota. Altrimenti quel sinistro duo non si sarebbe presentato di nuovo.

– Come si dice, ci vuole un diavolo per scacciarne un altro, – disse Ushikawa mostrando i palmi di entrambe le mani con l’aria di chi rivela un segreto prodigioso. – Se si cerca di nascondermi qualcosa, io divento un diavolo. Come potete vedere, non sono di bell’aspetto, ma ho un fiuto molto sviluppato. Se annuso qualcosa, sono capace di seguirlo ovunque. Però capirete che un diavolo deve agire secondo i suoi modi e i suoi tempi. Pur rendendomi conto dell’urgenza, devo chiedervi di aspettare ancora un po’. Se non mi lasciate lavorare con calma, perderemo tutto.

Onda osservò pazientemente i movimenti dell’accendino nella mano di Ushikawa. Quindi sollevò lo sguardò su di lui.

– Potrebbe raccontarci quello che ha scoperto finora, anche se si tratta di elementi parziali? Rispetto il suo modo di lavorare, ma se torniamo a mani vuote, senza nemmeno una notizia concreta, i nostri superiori non saranno contenti. Noi ci troveremo in seria difficoltà, ma anche lei, signor Ushikawa, sarà in una posizione tutt’altro che piacevole.

«Questi tipi sono con le spalle al muro quanto me», pensò Ushikawa.

I due uomini erano stati scelti per la sicurezza personale del Leader grazie alla loro eccellente padronanza delle arti marziali. Malgrado ciò il Leader era stato ucciso sotto i loro occhi. Anche se, in realtà, non c’erano ancora prove certe che si fosse trattato di un omicidio. Diversi medici della setta avevano esaminato il cadavere senza trovare nessun segno di ferite. Tuttavia la struttura medica della comunità era fornita solo di apparecchiature essenziali. E il tempo stringeva. Se fosse stato sottoposto a un’accurata autopsia per mano di specialisti, forse si sarebbe potuto scoprire qualcosa. Ma era troppo tardi. Il corpo era già stato fatto sparire in segreto dalla setta.

In ogni caso, non essendo riusciti a proteggere il Leader, i due uomini si trovavano in una situazione molto delicata. Il loro incarico adesso era quello di cercare la donna di cui si erano perse le tracce. Avevano l’ordine di trovarla, a costo di spaccare ogni filo d’erba in due. Ma per il momento non erano riusciti a ottenere nessun valido indizio: i due erano molto abili nel lavoro di sorveglianza e guardia del corpo, ma non avevano nessuna competenza nella ricerca di persone scomparse.

– Ho capito, – disse Ushikawa. – Vi riferirò quanto è emerso finora. Non posso farvi il resoconto completo, ma ve ne accennerò almeno una parte.

Onda socchiuse gli occhi per alcuni istanti. Poi annuí.

– Va bene. Anche noi sappiamo alcune cose. Cose che lei, forse, conosce già, oppure no. Proviamo a mettere insieme le informazioni.

Ushikawa posò l’accendino e incrociò le dita delle mani sulla scrivania.

– Una giovane donna di nome Aomame è stata chiamata in una suite dell’Hotel Ōkura, dove ha sottoposto il Leader a una sessione di stretching muscolare. Questo è avvenuto all’inizio di settembre, una sera in cui al centro della città infuriava un violento temporale. La donna ha eseguito la sua terapia per circa un’ora in una stanza, sola con il Leader, poi è uscita, lasciandolo dormire. Vi ha detto di non disturbarlo per circa un paio d’ore. Voi avete fatto come vi ha chiesto. Ma il Leader non stava dormendo. Era morto. Non recava segni di ferite. Sembrava avesse avuto un attacco di cuore. Subito dopo la donna è sparita, e il suo appartamento è stato sgombrato. Lo avete trovato completamente vuoto, senza nulla. Il giorno dopo ha inviato la lettera di dimissioni alla palestra dove lavorava. Tutto era stato pianificato. Ciò porta a escludere che si sia trattato di un semplice incidente. L’unica conclusione è che la signorina Aomame abbia ucciso il Leader intenzionalmente.

Onda annuí. Fino a quel punto non aveva nulla da ridire.

– Il vostro scopo è scoprire la verità. Per questo è necessario prendere quella donna a tutti i costi.

– Noi dobbiamo accertare che sia stata veramente lei a uccidere il Maestro, e se cosí fosse, per quale ragione lo ha fatto e cosa c’è dietro.

Ushikawa guardò le proprie mani sulla scrivania. Sembrava stesse osservando qualcosa d’insolito. Poi sollevò gli occhi sull’uomo di fronte a lui.

– Avete già controllato i familiari di Aomame, giusto? Tutti devoti seguaci della Società dei Testimoni. I genitori sono tuttora impegnati nel proselitismo. Il fratello maggiore, di trentaquattro anni, lavora nella sede principale della setta, a Odawara. È sposato e ha due figli. Anche la moglie è una fervente seguace dei Testimoni. Della famiglia, Aomame è l’unica ad aver abbandonato la setta, come dicono loro, «rinnegandola», e per questo l’hanno ripudiata. Per quasi vent’anni non hanno piú avuto contatti. È da escludere che loro possano nasconderla. Aomame ha troncato i rapporti con i suoi all’età di undici anni, e da allora ha contato solo sulle proprie forze. Per un periodo ha vissuto con la famiglia dello zio, ma quando ha cominciato il liceo è diventata del tutto indipendente. Mica roba da poco. Una donna dotata di grande volontà.

Il Rasato non disse nulla. Probabilmente erano tutte informazioni che conosceva già.

– È da escludere a priori che il nostro caso abbia a che fare con la Società dei Testimoni. È una comunità famosa per le convinzioni pacifiste e per il principio della resistenza passiva. È impensabile che avessero di mira la morte del Leader. Penso che su questo sarete d’accordo con me.

Onda annuí.

– La Società dei Testimoni non è coinvolta. Questo ci sembra chiaro. Per scrupolo abbiamo sentito suo fratello. Meglio non lasciare niente di intentato. Ma non sapeva nulla.

– Per non lasciare niente di intentato, non gli avrete mica strappato le unghie?

Onda ignorò la domanda.

– Scherzavo. Una battuta stupida. Via, non c’è bisogno di fare uno sguardo cosí feroce. In ogni caso il fratello, oltre a non sapere nulla delle attività di sua sorella, ignora anche dove si nasconda in questo momento, – disse Ushikawa. – Io, da pacifista convinto, non ricorro mai alle maniere forti, ma ho raggiunto le stesse conclusioni. La signorina Aomame non ha nessun rapporto né con la famiglia né con la Società dei Testimoni. Detto ciò, comunque la si voglia vedere, la sua non è stata l’azione di una persona isolata. Nessuno può realizzare da solo un’impresa del genere. Tutto è stato organizzato nei minimi particolari e lei ha agito con calma, seguendo passo passo il piano stabilito. Anche la sua sparizione è prodigiosa. Devono esserci stati il lavoro di altre persone e una notevole somma di denaro. La persona, o l’organizzazione, che si nasconde dietro Aomame voleva fortemente la morte del Leader. A questo scopo ha provveduto a tutto. Fin qui siamo sulla stessa lunghezza d’onda?

L’uomo annuí.

– Grosso modo.

– Ma di che organizzazione si tratti, non ho la minima idea, – disse Ushikawa. – Immagino che abbiate passato in rassegna le sue relazioni sociali.

Onda annuí in silenzio.

– Ma purtroppo non ce n’è una su cui valga la pena di soffermarsi, – disse Ushikawa. – Non ha amici, e a quanto pare nemmeno un uomo. Ha delle conoscenze al club sportivo, ma non le frequenta fuori dall’orario di lavoro. Almeno per quanto mi riguarda, non ho scoperto altro sulla vita sociale di Aomame. Strano, per una donna giovane, in salute, e carina come lei.

Dopo aver detto queste parole, Ushikawa guardò l’uomo in piedi davanti alla porta. Rispetto a prima, non aveva cambiato posizione né espressione. Ma poiché non aveva alcuna espressione, c’era poco da cambiare. «Avrà un nome? – si chiese Ushikawa. – Non mi stupirei se non ne avesse nessuno».

– Voi due siete gli unici ad aver visto in faccia questa Aomame, – disse Ushikawa. – Che ne pensate? Avete notato qualcosa di particolare?

Onda scosse leggermente il capo.

– In effetti, è giovane e abbastanza attraente nel suo genere. Non una bellezza da far girare la gente per strada. Una persona silenziosa, riservata. Mi ha dato l’impressione di una donna sicura delle proprie capacità professionali. A parte questo, però, non ricordo niente di particolare. Non ha un aspetto che colpisce. Al punto che faccio perfino fatica a ricordarne il viso.

Ushikawa lanciò un’altra occhiata a Coda di cavallo, sempre piantato sulla porta. Chissà, magari aveva qualcosa da dire. Ma se pure fosse stato cosí, non lo dava a vedere.

Ushikawa guardò il Rasato.

– Immagino che abbiate controllato anche i tabulati telefonici degli ultimi mesi.

Onda scosse la testa.

– No, non lo abbiamo ancora fatto.

– Ve lo consiglio. Bisognerebbe farlo sempre, – disse Ushikawa con un sorriso. – La gente telefona nei posti piú impensati, e riceve chiamate da tutte le parti. Da un semplice controllo dei tabulati, emerge a grandi linee il quadro generale della vita di una persona. E Aomame non fa eccezione. Entrare in possesso di tabulati privati non è facile, ma nemmeno impossibile. Ve lo ripeto, ci vuole un diavolo per scacciarne un altro.

Onda attese in silenzio il seguito del discorso.

– Spulciando con attenzione i tabulati di Aomame, sono saltati all’occhio diversi fatti. Intanto sembra che non le piaccia parlare al telefono, cosa un po’ insolita per una donna. Il numero delle chiamate è scarso e le conversazioni non durano molto. Alcune sono piú lunghe, ma si tratta di casi isolati. La maggior parte sono al circolo sportivo, ma siccome Aomame lavorava anche per conto proprio, aveva clienti con i quali fissava gli appuntamenti personalmente. Ci sono diverse telefonate di questo tipo. A un primo esame, però, non sembrerebbero nascondere niente di sospetto.

A quel punto Ushikawa fece una pausa, guardò da diverse angolazioni le macchie di nicotina che aveva sulle dita e pensò alle sigarette. Ne accese una con la mente, aspirando ed espirando il fumo.

– Tuttavia, ci sono due eccezioni: due telefonate fatte alla polizia. Non al numero del pronto intervento, ma alla Questura di Tōkyō, Shinjuku, divisione traffico. E anche da lí sono partite delle chiamate per lei. Aomame non guida l’automobile, e gli agenti di polizia non hanno certo bisogno di prendere lezioni private in un club sportivo di lusso. Quindi è probabile che lei conoscesse una persona in quel posto. Non so chi fosse. Un’altra cosa che mi fa riflettere, è che ci sono lunghe conversazioni con un numero protetto. Le telefonate sono tutte in entrata, mai una volta che Aomame abbia alzato la cornetta per telefonare. Nonostante i miei sforzi, non sono riuscito a identificarlo. Naturalmente, ci sono delle funzioni che permettono di mantenere anonimo l’intestatario. Però di solito, se ci si mette d’impegno, alla fine si arriva al nome dell’utente. In questo caso ogni tentativo è stato inutile. È come se ci fosse una serratura chiusa a doppia mandata. Incredibile.

– Significa che dall’altra parte non c’era una persona qualsiasi.

– Esatto. Qui sono coinvolti dei professionisti.

– Un altro diavolo, – disse Onda.

Ushikawa si strofinò la testa pelata e deforme con il palmo della mano e sogghignò.

– Proprio cosí. Un altro diavolo. E dotato di notevole forza.

– Se non altro, abbiamo capito che dietro quella donna ci sono dei professionisti, – disse Onda.

– Infatti. Aomame è legata a un gruppo. E non si tratta di un’organizzazione messa su da dilettanti per ammazzare il tempo.

Onda socchiuse gli occhi e osservò Ushikawa. Poi si girò e scambiò un’occhiata con il collega, ritto davanti alla porta. Coda di cavallo annuí leggermente per far capire che stava seguendo la conversazione.

– Allora? – chiese Onda.

– Allora? – ripeté Ushikawa. – Stavolta tocca a me chiederlo. Non avete nessuna idea? Non vi viene in mente una società o un’organizzazione che possa aver progettato l’omicidio del vostro Leader?

Onda uní le lunghe sopracciglia in un’unica linea. Tre rughe si disegnarono sopra il suo naso.

– Signor Ushikawa, provi a ragionare. Noi siamo in tutti i sensi un gruppo religioso. Perseguiamo la pace interiore e valori spirituali. Viviamo a stretto contatto con la natura; ogni giorno ci dedichiamo alla coltivazione dei campi e a pratiche ascetiche. Chi può considerarci nemici? E quale vantaggio potrebbe ricavare da una cosa del genere?

Un sorrisetto ambiguo affiorò su un lato della bocca di Ushikawa.

– In ogni ambiente ci sono dei fanatici. E nessuno sa cosa può balenare in mente a un fanatico. Non è cosí?

– Noi non abbiamo nessuna idea, – disse Onda con tono privo di espressione, ignorando l’ironia del suo interlocutore.

– E l’Akebono? Qualche superstite del gruppo ancora in circolazione?

Onda scosse di nuovo la testa, questa volta con decisione. Ipotesi da non considerare. Forse avevano eliminato i membri dell’Akebono in modo da evitare preoccupazioni e di essi non restava piú alcuna traccia.

– D’accordo. Anche voi non avete idee. Ma il vero problema è che un’organizzazione ha preso di mira il vostro Leader ed è riuscita a eliminarlo. In modo molto abile e ingegnoso. E si è dissolta nell’aria come fumo. Non possiamo nascondercelo.

– E noi dobbiamo fare luce su cosa c’è dietro.

– Senza ricorrere alla polizia.

Onda annuí.

– È un problema nostro, non della giustizia.

– Certo, certo. È un problema vostro, non della giustizia. Questo è chiaro. Non ci vuole molto a capirlo, – disse Ushikawa. – Ma c’è un’altra cosa che vorrei chiedervi.

– Prego, – disse Onda.

– Nella vostra comunità, quante persone sono a conoscenza della morte del Leader?

– Noi due, – disse Onda, – e due miei sottoposti che ci hanno aiutato a trasportare il corpo. Poi lo sanno altre cinque persone, i dirigenti della setta. In tutto siamo nove. Le tre vestali non sono ancora state informate, ma prima o poi lo verranno a sapere. Erano al servizio del Leader, non si potrà tenerglielo nascosto a lungo. Infine, signor Ushikawa, c’è lei.

– Cosí arriviamo a tredici.

Onda non fece commenti.

Ushikawa tirò un profondo sospiro.

– Posso esprimere la mia sincera opinione?

– Certo, – rispose Onda.

Ushikawa continuò:

– Ormai farlo notare non serve a nulla, ma nel momento in cui avete scoperto il cadavere del Leader, avreste dovuto avvertire subito la polizia. Dovevate rendere pubblica la notizia. Non è possibile tenere nascosta in eterno una morte cosí importante. Un segreto che conoscono piú di dieci persone non è piú un segreto. Tra non molto, navigherete in cattive acque.

Il Rasato non mutò espressione.

– Non sta a me fare questo tipo di considerazioni. Io eseguo solo gli ordini che mi vengono dati.

– Allora chi è che ha il compito di valutare?

Non ci fu risposta.

– La persona che ha preso il posto del Leader?

Anche a questa domanda Onda rimase in silenzio.

– Bene, – disse Ushikawa. – Voi, su ordine di un vostro superiore, avete fatto sparire in segreto il cadavere del Leader. Nella vostra organizzazione gli ordini dall’alto sono categorici. Ma per la giustizia si tratterebbe di occultamento di cadavere. Un reato che prevede pene pesanti. Immagino però che questo lo sappiate.

Onda annuí.

Ushikawa fece di nuovo un profondo sospiro.

– Se in questa faccenda venisse coinvolta la polizia, vi prego di non dire che ero stato informato della morte del Leader. Non vorrei incorrere nei castighi della legge.

Onda replicò:

– Nessuno le ha mai detto nulla sulla morte del Leader. Ha soltanto svolto delle indagini per conto nostro sulla scomparsa di una donna chiamata Aomame. In questo non c’è niente di illegale.

– Benissimo, allora. Io non ho sentito nulla, – disse Ushikawa.

– Se avessimo potuto evitarlo, non avremmo certo informato una persona esterna alla nostra organizzazione della morte del Leader. Ma è stato lei a svolgere le indagini su Aomame e a dirci che potevamo fidarci. Lei è coinvolto in questo caso fin dall’inizio. Abbiamo bisogno del suo aiuto per trovare quella donna. E contiamo sul fatto che sa tenere la bocca chiusa.

– Saper custodire un segreto è alla base del mio lavoro. Di questo non dovete preoccuparvi. Non mi sfuggirà una sola parola.

– Se il segreto dovesse trapelare, e venissimo a sapere che è stato lei a divulgarlo, le conseguenze saranno molto spiacevoli.

Ushikawa abbassò gli occhi e guardò di nuovo le dieci dita grassocce posate sulla scrivania. Dall’espressione sembrava stupito di aver scoperto che quelle dita erano proprio sue.

– Molto spiacevoli, – ripeté alzando il viso.

Onda socchiuse leggermente gli occhi.

– La morte del Leader deve rimanere segreta. Per questo, siamo pronti a ricorrere a qualsiasi mezzo.

– Terrò la bocca cucita. State tranquilli, – disse Ushikawa. – Finora abbiamo collaborato con successo. Io ho assunto alcuni incarichi che voi non potevate svolgere ufficialmente. A volte si è trattato di un lavoro faticoso, ma la ricompensa è stata soddisfacente. Non dirò una sola parola. Non posso certo considerarmi un devoto della vostra setta, ma il Leader ha aiutato anche me. È per questo che sto cercando Aomame con il massimo impegno. Sto facendo tutto il necessario per scoprire cosa c’è dietro. E credo di essere arrivato a un buon punto. Pazientate ancora un po’. Tra non molto sarò in grado di darvi buone notizie.

Onda cambiò leggermente posizione sulla sedia e Coda di cavallo, come in risposta, spostò il peso da una gamba all’altra.

– Per il momento è tutto quello che può dirci? – chiese Onda.

Ushikawa rifletté qualche istante. Quindi disse:

– Come le ho già spiegato, Aomame ha telefonato due volte al commissariato di Tōkyō, Shinjuku, divisione traffico, e ha ricevute alcune chiamate che partivano dallo stesso posto. Non conosco ancora il nome della persona con cui ha parlato. C’è la polizia di mezzo, non posso chiedere un’informazione del genere come se nulla fosse. Non ne caverei un ragno dal buco. Ma in questa brutta testa si è accesa una lampadina. Quel commissariato mi ricordava qualcosa. Ci ho pensato a lungo. Che poteva essere? Qualcosa premeva ai bordi della mia cattiva memoria. Per ricordarmene, mi ci è voluto molto tempo. È brutto invecchiare. Quando si invecchia i cassetti della memoria non scivolano piú come prima. Un tempo, venivano fuori all’istante. Ma alla fine, una settimana fa, sono riuscito a ricordare di cosa si trattava.

A quel punto Ushikawa tacque, fece un sorriso teatrale, e fissò per qualche istante il viso del Rasato che attese pazientemente il seguito del discorso.

– Nell’agosto di quest’anno, una giovane agente di polizia del commissariato di Tōkyō, Shinjuku, divisione traffico, è stata strangolata in un love hotel a Maruyama, nel quartiere di Shibuya. Era completamente nuda e aveva i polsi legati da manette di servizio. Ci fu un grande scandalo. Le telefonate tra Aomame e quella persona non meglio identificata si concentrano tutte nello spazio di alcuni mesi prima del delitto. Dopo l’omicidio, non ce n’è piú nemmeno una. Che ne dite? Possibile che si tratti di una semplice coincidenza?

Onda restò per un momento in silenzio. Poi disse:

– In altre parole, Aomame aveva dei contatti con la donna poliziotto assassinata?

– L’agente si chiamava Nakano Ayumi. Aveva ventisei anni. Un viso piuttosto simpatico. La sua è una famiglia di poliziotti: anche il padre e il fratello sono agenti. Come poliziotto, godeva di un’ottima reputazione. I colleghi hanno fatto tutte le indagini possibili, ma non si è ancora trovato il colpevole. Perdonate la domanda, ma non è che ne sapete qualcosa?

Onda fissò Ushikawa con lo sguardo duro e gelido di uno che è appena stato estratto da un ghiacciaio.

– Non capisco bene cosa vorrebbe insinuare, – rispose. – Pensa che noi siamo coinvolti in quell’incidente, signor Ushikawa? Che uno di noi abbia portato quella donna in un sordido albergo, le abbia messo le manette ai polsi e l’abbia strangolata?

Ushikawa strinse le labbra e scosse la testa.

– Ma no, che dice? Sta scherzando? Non penso affatto una cosa simile. Intendevo semplicemente chiederle se avevate un’idea riguardo a quell’incidente, tutto qui. Qualsiasi cosa andrebbe bene. Il piú piccolo indizio può rivelarsi prezioso. Anche spremendomi le meningi, non riesco a trovare nessun collegamento tra l’omicidio di una donna poliziotto in un love hotel di Shibuya e quello del Leader.

Onda guardò Ushikawa come se stesse prendendo le misure. Quindi espirò lentamente l’aria trattenuta.

– Ho capito. Trasmetterò le notizie ai miei superiori, – disse. Poi tirò fuori un taccuino e annotò qualcosa. – Nakano Ayumi. Ventisei anni. Divisione traffico di Shinjuku. Potrebbe aver avuto a che fare con Aomame.

– Esatto.

– C’è altro?

– Sí. Devo chiedervi assolutamente una cosa. Qualcuno, all’interno della setta, deve aver suggerito il nome di Aomame, dicendo che c’era un’istruttrice specializzata nello stretching in un circolo sportivo di Tōkyō. Come avete detto poco fa, avevo ricevuto l’incarico di indagare sulla vita di questa donna, e l’ho fatto con il massimo scrupolo. Non voglio giustificarmi, ma su di lei non avevo trovato un solo elemento sospetto. Era completamente a posto. Tanto è vero che poi si è combinato l’incontro all’Hotel Ōkura. Il resto lo sapete già. Ma chi può aver fatto il suo nome?

– Non lo so.

– Non lo sa? – disse Ushikawa. Poi, con la faccia di un bambino che non riesce a capire le parole che ha sentito, continuò: – Sta dicendo che nessuno ricorda chi è stato? Anche se è evidente che qualcuno di voi ha suggerito il nome di Aomame? È cosí?

Onda, senza mutare espressione, disse:

– È cosí.

– Lo trovo molto strano, – disse Ushikawa perplesso.

Onda non replicò.

– È difficile crederlo. Si direbbe che il nome di questa donna sia saltato fuori non si sa bene dove né quando, senza la spinta di nessuno.

– A dire la verità, a caldeggiarla con entusiasmo è stato proprio il Leader, – disse Onda, scegliendo con cura le parole. – Tra i dirigenti qualcuno ha fatto notare che affidare il corpo del Leader a una perfetta sconosciuta era pericoloso. Naturalmente anche noi, le sue guardie del corpo, eravamo dello stesso avviso. Ma il Leader non sembrava preoccupato. Anzi, è stato lui a insistere.

Ushikawa prese di nuovo in mano l’accendino, aprí il coperchio e lo accese, come per assicurarsi che funzionasse. Poi lo richiuse subito.

– Eppure ero convinto che il Leader fosse un uomo molto prudente, – disse Ushikawa.

– Infatti. Era una persona estremamente cauta e prudente.

Seguí un profondo silenzio.

– C’è un’ultima cosa che vorrei chiedere, – disse Ushikawa. – Riguarda Kawana Tengo. Aveva una relazione con una donna sposata piú grande di lui, Yasuda Kyōko. La signora Yasuda si recava da Tengo una volta alla settimana, e insieme trascorrevano alcune ore di intimità. Niente di strano per un uomo della sua età. Ma un giorno, all’improvviso, Tengo ha ricevuto una telefonata dal marito della donna il quale gli ha comunicato che lei non sarebbe piú andata a trovarlo. E da quel giorno Tengo non l’ha piú vista né sentita.

Onda aggrottò le sopracciglia.

– Non capisco il senso del discorso. Vuole dire che anche Kawana Tengo è coinvolto in tutto questo?

– No, non arrivo a tanto. È solo che ci penso da tempo e qualcosa continua a sfuggirmi. In una situazione del genere, qualunque fosse il problema, la donna avrebbe trovato il modo di fare almeno una telefonata, no? Considerato che avevano una relazione intima. E invece è sparita da un giorno all’altro, senza lasciare un messaggio, una traccia. Ve lo sto chiedendo giusto per scrupolo, perché non amo i dubbi irrisolti. Per caso ne avete sentito parlare?

– Almeno per quanto mi riguarda, non so nulla di questa donna, – disse Onda con voce piatta. – Yasuda Kyōko. Aveva una relazione con Kawana Tengo.

– Esatto. Una donna sposata che aveva dieci anni piú di lui.

Onda annotò tutto, incluso il nome, sul taccuino.

– Riferirò anche questo ai miei superiori.

– Bene, – disse Ushikawa. – A proposito, si è saputo dove si trova Fukada Eriko?

Onda sollevò il viso e guardò Ushikawa come si guarda una cornice storta.

– Perché dovremmo saperlo?

– Non vi interessa?

Onda scosse la testa.

– Dove vada o dove si trovi, non ci riguarda. È libera di fare come crede.

– Non vi interessa nemmeno Kawana Tengo?

– È una persona che non ha nessun rapporto con noi.

– Eppure per qualche tempo avete nutrito un profondo interesse per entrambi, – disse Ushikawa.

Onda socchiuse gli occhi per qualche istante. Poi disse:

– Il nostro interesse in questo momento si concentra su Aomame.

– L’oggetto del vostro interesse cambia spesso?

Onda mosse impercettibilmente le labbra. Nessuna risposta.

– Signor Onda, lei ha letto il romanzo di Fukada Eriko La crisalide d’aria?

– No. Nella nostra comunità le letture, a eccezione delle dottrine, sono proibite.

– Ha mai sentito parlare dei Little People?

– No, – rispose Onda senza esitare.

– Bene, – disse Ushikawa.

La conversazione si concluse lí. Onda si alzò lentamente dalla sedia e si aggiustò il bavero della giacca. Anche Coda di cavallo si staccò dalla porta e fece un passo in avanti.

– Signor Ushikawa, come le ho già detto, in questa situazione il tempo è un elemento di importanza vitale, – disse Onda, guardando dall’alto Ushikawa, che era rimasto seduto. – Bisogna scoprire al piú presto dove si nasconde Aomame. Noi ovviamente faremo il possibile, ma ci serve che collabori anche lei. Dobbiamo muoverci in direzioni diverse; se non la troviamo, saremo nei guai, noi e lei. Visto che è l’unico a conoscere un segreto tanto scomodo.

– Ogni conoscenza importante reca con sé un’importante responsabilità.

– Precisamente, – disse Onda con voce inespressiva.

Quindi si girò e uscí senza voltarsi. Coda di cavallo lo seguí, richiudendo la porta dietro di sé silenziosamente.

Dopo che i due furono usciti, Ushikawa aprí un cassetto della scrivania e spense il registratore. Sollevò il coperchio, ne estrasse il nastro e sull’etichetta scrisse con la penna data e ora. In contrasto con la bruttezza del suo aspetto, Ushikawa aveva una bella grafia. Poi tirò fuori un pacchetto di Seven Stars, ne mise una tra le labbra e l’accese. Inalò a fondo il fumo e lo espirò con forza guardando il soffitto. Chiuse gli occhi e restò cosí, la testa sempre rivolta in alto, per un po’. Quindi riaprí gli occhi e guardò l’orologio attaccato alla parete. Le lancette segnavano le due e mezzo. «Tipi davvero sinistri», pensò di nuovo. Se non troviamo Aomame, saremo nei guai, noi e lei, aveva detto il Rasato.

Ushikawa aveva visitato due volte la base del Sakigake tra le montagne di Yamanashi, e in quelle occasioni aveva visto il gigantesco inceneritore che si trovava in mezzo al bosco ceduo, alle spalle della tenuta. Serviva a bruciare spazzatura e rifiuti di vario tipo, e raggiungeva temperature talmente elevate che se vi avessero gettato il cadavere di un uomo non ne sarebbe rimasto nemmeno un osso. Lui sapeva che lí dentro erano finiti i cadaveri di diverse persone. Quello del Leader, probabilmente, aveva ricevuto lo stesso trattamento. Ushikawa, è ovvio, non avrebbe voluto fare la stessa fine. Certo, prima o poi era destinato a morire, ma avrebbe preferito una morte piú tranquilla.

Naturalmente c’erano alcuni fatti che non aveva raccontato ai due uomini. Scoprire tutte le carte non era nel suo stile. Poteva anche mostrarne alcune poco importanti, ma quelle vincenti le teneva ben nascoste. Non si poteva mai sapere: potevano tornargli utili come una sorta di assicurazione. Come per esempio la conversazione che aveva registrato di nascosto. Ushikawa era consumato in quel tipo di gioco. Aveva un’esperienza di gran lunga superiore a quella delle due giovani guardie del corpo.

Era riuscito a procurarsi i nominativi delle persone a cui Aomame faceva da istruttrice personale. Se uno non lesinava gli sforzi e conosceva i trucchi del mestiere, otteneva quasi tutte le informazioni necessarie. Ushikawa aveva passato in rassegna quei dodici clienti privati. Erano otto donne e quattro uomini, tutti facoltosi e con posizioni sociali rilevanti. Ma nessuno gli sembrava il tipo da poter aiutare un’assassina. Fra loro, però, c’era una ricca signora settantenne che aveva creato una casa rifugio per donne che avevano subito violenze domestiche. La signora offriva alle donne alloggio e assistenza in un edificio a due piani, a pochi passi dalla sua villa, che si trovava nello stesso vasto terreno.

Tutto certamente lodevole, senza nulla di sospetto. Eppure qualcosa tirava calci ai lontani margini della coscienza di Ushikawa. E quando accadeva, Ushikawa si applicava fino in fondo per capire cosa tentassero di dirgli quei calci. Era dotato di un fiuto animalesco, e credeva ciecamente al proprio intuito. Grazie a esso era riuscito piú volte a salvarsi la pelle. Forse la parola chiave in questo caso era «violenza». Quell’anziana signora aveva una forte sensibilità nei confronti degli atti di violenza, e per questo aveva scelto di proteggere coloro che ne erano state vittime.

Ushikawa si era recato di persona a vedere la cosiddetta casa rifugio. L’edificio di legno sorgeva su una piccola altura nella parte migliore di Azabu. Era vecchio ma conservava un certo fascino. Sbirciando dalla grata del cancello, si vedevano delle belle aiuole davanti al portone e un ampio prato, sul quale una quercia gettava la sua ombra. Nel portone di ingresso era incastonato un piccolo pannello di vetro smerigliato. Un genere di costruzione che stava diventando sempre piú raro.

Tuttavia, in antitesi con l’aspetto tranquillo dell’edificio, la vigilanza appariva molto rigida. I muri di recinzione erano alti e sormontati da filo spinato. Il solido cancello di ferro era sbarrato e all’interno del giardino un pastore tedesco abbaiava furiosamente ai visitatori che si avvicinavano. Erano in funzione anche alcune videocamere di sorveglianza. Di solito, la stradina di fronte alla casa era poco frequentata, quindi Ushikawa non poteva sostarvi troppo a lungo. Era una tranquilla zona residenziale, e nei paraggi avevano sede diverse ambasciate. Se un uomo dall’aspetto bizzarro come il suo avesse indugiato piú del necessario, qualcuno gli avrebbe chiesto il perché della sua presenza.

Sí, la sorveglianza era senza dubbio troppo rigida. Per quanto si trattasse di un luogo che aveva il compito di proteggere dalle violenze, un sistema di vigilanza del genere era inspiegabile. «Devo saperne di piú, – si disse Ushikawa. – Anche se è cosí strettamente sorvegliata, devo entrare in questa casa rifugio. Anzi, devo farlo proprio perché è cosí inaccessibile. Devo spremermi le meningi e trovare il modo di introdurmi lí dentro».

Poi si ricordò lo scambio di battute che aveva avuto con Onda sui Little People.

«Ha mai sentito parlare dei Little People?»

«No», aveva risposto Onda senza esitare.

Quella risposta era stata un po’ troppo rapida. Se l’uomo non avesse mai sentito quel nome, come minimo avrebbe dovuto aspettare un secondo prima di rispondere. Prendersi una frazione di tempo per verificare se quel nome – Little People – gli richiamava qualcosa alla mente. E soltanto dopo dare una risposta. Questa sarebbe stata una reazione normale.

Il Rasato aveva già sentito pronunciare quel nome, «Little People». Ushikawa non era certo che ne conoscesse il significato e la sostanza, ma di sicuro non era la prima volta che lo sentiva.

Ushikawa spense la sigaretta che nel frattempo si era consumata, rifletté intensamente per qualche istante, quindi ne accese un’altra. Da molto tempo, ormai, aveva deciso di smettere di preoccuparsi di un cancro ai polmoni. Per concentrarsi aveva bisogno di nicotina. Uno non può sapere cosa gli riserva il destino da qui a tre giorni. A che serviva preoccuparsi della propria salute da lí a quindici anni?

Mentre fumava la terza sigaretta, a Ushikawa venne in mente una piccola idea. «Se ho indovinato, le cose si mettono bene», pensò.