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Conosceva troppo bene i limiti delle sue capacità per tentare più di quanto potesse eseguire con merito.

Jane Austen, Emma

Briar uscì dalla sala nel mezzo della Sorpresa di Haydn. I trilli dell'oboe si mescolavano oltremodo bene ai risolini per i suoi gusti. Ne aveva avuto abbastanza anche degli sguardi in tralice.

Nessuno in quella stanza, a parte Temperance, sapeva quanto fosse stata sotto pressione per creare la coppia perfetta. Poiché si era trattato della sua prima esperienza, Ainsley si era offerta di aiutarla, il che era stato di per sé un insulto. Tanto valeva che le avesse detto: Non ne sai niente, cara. Perché non vai a prendere il tè in cucina?

Detestando il solo pensiero, Briar accostò la porta della sala di ristoro per signore e vi si appoggiò, zittendo il clamore degli strumenti. Quindi, chiudendo gli occhi, ripeté a se stessa. «Sono più della servitrice di tè. Più della portatrice di focaccine. Più della fornitrice di...»

«Se direte pasticcini, comincerò a mangiarmi i guanti. Sto già morendo di fame.»

Briar sgranò gli occhi e vide una donna dai capelli castani girare l'angolo ed entrare nell'anticamera della stanza. «Perdonatemi. Non mi ero accorta che ci fosse qualcun altro.»

«Sono arrivata tardi.» La giovane librò le dita in aria come a minimizzare, poi, dallo specchio, le lanciò uno sguardo indagatore. «Ci conosciamo?»

Il profumo di giacinto e gardenia solleticò le narici di Briar quando si avvicinò di un passo. C'era qualcosa di vagamente familiare in quella donna, ma non riusciva a capire cosa. «Se siete una delle clienti di mio zio, allora forse ci siamo conosciute. Vi siete per caso iscritta all'Agenzia Matrimoniale Bourne

L'altra rise all'istante e il suo risolino acuto arrivò al soffitto a cassettoni. «No. Questa è troppo bella! Non ditemi che siete una delle nipoti sollecite di cui ho sentito parlare poco fa, quelle che hanno cercato di fare sposare una donna con il proprio figlio?»

Briar si tese, ma non si nascose dietro a una menzogna. «Si è trattato di un mio errore. Mio zio e le mie sorelle non c'entrano nulla. Non mi ero resa conto che la signora era già... conoscente del gentiluomo.»

«Direi.»

«Quest'unico incidente non si ripercuote sulla capacità dell'agenzia di combinare matrimoni. È infatti ben vista da gran parte della Società, inclusa la stimabile Duchessa di Holliford. In effetti, è la nostra patrocinatrice. Viviamo in una delle sue case, in un'innegabile parte stimata di St. James, se si sorvola sulla casa da gioco Sterling's dall'altra parte della strada e...»

Si zittì, rendendosi conto che non stava adducendo buone ragioni a suo favore quando la donna sgranò gli occhi riflessi allo specchio.

Allora l'altra si girò per guardarla in faccia. Rimase un attimo senza fiato, come se si fosse ricordata di come si erano conosciute, ma non lo condivise. Invece uno strano lampo di cupidigia le illuminò l'espressione.

«Il luogo ideale per avere successo, certo. Centinaia di potenziali clienti passano davanti alla vostra porta ogni giorno» disse, per poi sbuffare. «Il che rende il vostro errore ancora più tragico.»

Briar si irritò, quindi incrociò le braccia al petto. «Ci riprenderemo.»

«Ma certo. Non intendevo offendervi» ribatté la donna, non scortese. «Tuttavia, a meno che non agiate in maniera audace, e presto, questo sfortunato evento rimarrà cementato nella memoria collettiva del ton. Derideranno l'Agenzia Matrimoniale Bourne per anni.»

«Siamo orgogliosi del nostro operato, convinti che ogni persona meriti di trovare il compagno perfetto. E abbiamo avuto ottimi successi.»

«Meraviglioso. Ma ditemi, avete combinato matrimoni tra la nobiltà?»

«Quello di un duca, in effetti.» Poco importava che avesse sposato sua sorella.

«Qualcun altro?»

Briar deglutì. «Non al momento.»

L'unico visconte che avevano come cliente e una manciata di baroni avevano rescisso la loro iscrizione. Purtroppo qualcuno credeva che lo zio Ernest avesse aperto l'agenzia solo per trovare marito alle nipoti. Il che non era vero. Non si innamoravano mai dei clienti.

Be'... eccetto Jacinda. E, di tanto in tanto, lo stesso zio Ernest.

«È quello che vi servirà per uscire da questo pasticcio. Dovrete fare sposare qualcuno d'alto rango. Qualcuno che stuzzica l'immaginazione di ogni debuttante e zitella attempata. Qualcuno il cui nome si trova spesso sui giornali. Perché allora il nome della vostra agenzia sarà accanto a esso.» La luce del candelabro a muro brillò nelle profondità color smeraldo degli occhi della giovane, rendendoli quasi ipnotici. «Dalla vostra espressione deduco che il vostro primo pensiero sia quello di combinare presto un matrimonio così che il ton dimentichi l'errore di oggi. Forse avete già in mente un signorotto di campagna e la figlia di un religioso. Veri modelli di virtù.»

Briar annuì. In effetti era quello che aveva pensato.

«Ma che interesse risveglierete con un'unione così poco entusiasmante? Nessuno» continuò la donna, sollevando un dito in aria quasi fosse una bacchetta magica. «Ah, ma se trovaste una sposa per un nobile oscenamente ricco, allora nessuno smetterebbe di parlarne per anni. La vostra agenzia matrimoniale diventerebbe leggendaria.»

Briar sospirò, liberandosi da quell'incantesimo. Sebbene l'idea fosse avvincente, c'era un enorme falla in quel concetto. «A meno che non abbiate un duca in tasca, allora è del tutto inutile parlarne.»

«Un conte andrebbe bene?»

L'attenzione di Briar rimase come intrappolata da un improvviso impeto di trepidazione. «Conoscete un conte ansioso di sottoscrivere un'iscrizione all'agenzia?»

«Meglio ancora. Vi pagherò... vediamo... cinquanta sterline se gli troverete una sposa.»

«Cin... sono tantissimi soldi.» Briar riusciva a malapena a pagarsi guanti e nastri con le sue entrate. In effetti, aveva dovuto mettere mano alla dote di duecento sterline per pagare l'arpista che aveva suonato durante l'incontro spaventoso di quella giornata.

«Vero, ma se ci riuscirete, sarà valso pagare ogni penny.»

Un sospetto balenò nella mente di Briar. «Se è davvero un conte tanto ricco, perché nessuno lo ha già accalappiato? C'è qualcosa che non va in lui?»

«Niente affatto. È bello. Intelligente. Un po' libertino – incorreggibile, per qualcuno – ma niente di terribile.»

Come figlia di un padre donnaiolo, non poteva trascurare certe tendenze licenziose. Avrebbe preferito che l'agenzia finisse in rovina prima di trovare una compagna per un uomo del genere e rischiare che qualcuno soffrisse lo stesso destino della madre. «Mi dispiace, ma combiniamo matrimoni solo per clienti con ottime qualità.»

Si girò per uscire, stringendo le dita sul pomolo d'ottone della porta.

«Quando si tratta dei suoi familiari, è fin troppo leale» aggiunse l'altra repentina. «E l'amore che prova per loro è incrollabile.»

Amore e lealtà erano i punti deboli di Briar. Secondo lei, se un uomo era fedele nei confronti dei propri familiari e li amava veramente, non li avrebbe mai traditi.

Lasciò il pomello. «Sì, potrei trovare una moglie per un uomo del genere. Ma solo se desidera sposarsi.»

La giovane avanzò di un passo. «Non trovate che gli uomini più meritevoli tendono a essere sfuggenti... finché non vengono portati a considerare l'idea del matrimonio?»

Briar si ritrovò di nuovo ad annuire. «Ma dovrà essere fedele.»

«Per quale altro motivo ci si dovrebbe sposare?» La donna scrollò le spalle, la parvenza di un sorriso sulle labbra. «Una volta che gli avrete trovato qualcuno a cui non potrà resistere, verrà messo in riga.»

«Fate sembrare tutto facile, ma come posso sapere che cosa trova irresistibile? Come si può scoprirlo davvero?»

«È qui, mia cara, che le vostre abilità verranno messe alla prova.» Tamburellò la punta delle dita tra loro e cominciò a camminare avanti e indietro. «Questo conte non trascorre molto tempo in compagnia del bel mondo, a socializzare con chi è portato al matrimonio. Tuttavia, se qualcuno che lavora per un'agenzia matrimoniale facesse sapere che sta cercando moglie, allora sarà assediato da inviti a balli e feste. Decine di madri in cerca di mariti per le figlie lo avvicineranno. Non riuscirebbe più a entrare in un club senza che i padri barattino le loro figlie in cambio di un'alleanza vantaggiosa. Sarebbe una vera tortura per lui.» La giovane rise e strinse le mani come se avesse appena afferrato una corona d'oro. «Sarebbe perfetto.»

«Dalla vostra descrizione, combinare matrimoni equivale a sguinzagliare un branco di leonesse contro un solo gladiatore.»

«E che cos'è la Stagione se non un gioco cruento? Le debuttanti vengono accompagnate in questo Colosseo londinese dai propri genitori, con l'ordine di trovare un buon partito altrimenti uno più odioso verrà trovato per loro. Ma voi, Miss Bourne, potrete lottare per loro, essere gli artigli che metteranno in ginocchio questo conte. Sempre che riusciate a tenere aperte le porte dell'agenzia di vostro zio suscitando interesse e non scherno.»

Briar si accigliò, non molto entusiasta di quell'analogia violenta. Eppure... c'era qualcosa di affascinante nel vedersi come una guerriera. Una guerriera del cuore. «Dubito che il conte accetterà una tale situazione e non c'è comunque modo di garantire che poi sposerà una di quelle debuttanti.»

«Ah, ma se lo farà avrete dimostrato le vostre capacità. Il ton non dubiterà mai più né di voi né della vostra agenzia. E non dimenticate il premio di cinquanta sterline.» La donna scrollò le spalle. «Se ve la sentite, si intende.»

Pensando all'esperienza che avrebbe acquisito, per non parlare del rispetto delle sorelle e forse anche di un ufficio tutto suo, quella proposta si rivelò una tentazione troppo allettante da lasciarsi sfuggire. «Quanto tempo avrò per trovargli una moglie?»

«Diciamo sino alla fine della Stagione.»

«Ma siamo quasi a maggio. Non mi rimarrebbe che un mese.»

«Vero, e poi c'è sempre la possibilità che si organizzi una riunione di ospiti in campagna d'estate. Molto bene, facciamo agosto.» La donna allungò una mano.

Briar esitò a stringerla. «Non so nemmeno come vi chiamate. Come salderemo i conti?»

«Mi chiamo Genevieve... Price, ma che rimanga tra noi. Sono un'amica di famiglia, per così dire. Perciò sarebbe prudente non parlare di questo nostro accordo.» Ottenuto un cenno di assenso, la giovane continuò. «Per quanto riguarda saldare i conti, so già dove trovarvi, no?»

Vero. Non avevano fatto altro che parlare della sua professione. «Immagino che non mi resti che chiedervi il nome del gentiluomo.»

«Conoscete il Conte di Edgemont, per caso?»

Briar trattenne un sorriso trionfante. Sì, il nome era piuttosto familiare. Lo aveva sentito nominare quasi ogni giorno da quando aveva incontrato Temperance. Solo, l'amica si riferiva a lui come al cugino Nicholas.

E se Temperance provava tanto affetto per il cugino, di certo non sarebbe stato troppo difficile trovargli una moglie.

«No, ma sarà mia cura conoscerlo.»

Briar strinse la mano della donna.

Sarebbe stato facile come colpire un bersaglio con una freccia da due passi di distanza.