Una giovane che sviene deve rinvenire; le domande devono trovare risposta e le sorprese una spiegazione.
Jane Austen, Emma
Briar fissò il volto arrossato che la guardava dallo specchio ovale sopra il lavabo. «Santa schiuma!»
Non aveva idea che baciare potesse avere quell'effetto. Le interiora le erano diventate calde e molli. Il tempo era sparito. Aveva perso traccia di dove fosse, ogni senso concentrato su Nicholas.
Era stata sul punto di dirgli quanto baciarlo fosse stato eccezionale, ma poi aveva pensato che lui avrebbe potuto mettere fine alle lezioni. Senza dubbio, avrebbe temuto che lei potesse scambiare quell'euforia con l'amore.
La sua reazione al bacio dato a casa della Duchessa di Holliford le aveva dimostrato quanto prendesse seriamente la questione. Non voleva che ci fossero sentimenti tra loro. Per lui, quei baci erano solo lo scambio di una valuta.
Uscì dalla stanza di ristoro. Aveva nascosto al meglio il rossore delle guance e sedato il turgore delle labbra con un panno freddo e umido.
Lui la stava aspettando dietro l'angolo, appoggiato a una lesena che decorava l'entrata alla sala da ballo. Un sorriso sardonico gli piegò la bocca inaspettatamente deliziosa.
«Che cosa ne dite?» gli domandò, sollevando il viso affinché lo esaminasse. «Sono riuscita a nascondere lo scompiglio seminato dalla vostra barba incolta sulla mia pelle?»
Allungando una mano, lui le sollevò il mento con un dito per poi sfiorarle la bocca con il pollice, gli occhi del colore del cacao, morbido e setoso. «Avete le labbra ancora un po' gonfie, ma non credo ci si possa fare niente. Dopotutto, siete stata molto minuziosa.»
La sensazione della sua mano su di sé la disorientò. Provò addirittura lo straordinario desiderio di toccargli la pelle con la punta della lingua, di assaggiarlo.
Riuscì tuttavia a indietreggiare e ad agitare l'indice in aria. «Ricordate la regola.»
«Ah, sì. Dovete difendervi dal potere suadente delle mie mani» la canzonò lui, non rendendosi conto della serietà della questione. «E per le vostre eccezioni alla regola, ecco qui.» Si girò verso la mensola appesa al muro e prese un paio di guanti bianchi immacolati. Non c'era nemmeno una grinza nel cuoio.
«Di certo non vi aspettate che creda che siano i miei.»
Quando non li accettò, lui le prese le mani, lasciando scivolare le proprie dita sulle sue. «Cosa posso dire? Winston è un mago con le macchie di inchiostro.»
Briar lo rimproverò con lo sguardo e il sorriso malizioso di Nicholas si allargò. Che canaglia. Cosa avrebbe dovuto fare, litigare con lui?
Forse lo avrebbe fatto, se non fosse stato per la voce inconfondibile di Mrs. Prescott che arrivò dalle scale mentre ordinava ai valletti di prendere i vari pacchi e di chiamare la cameriera.
Briar guardò Nicholas con incertezza. «Siete sicuro che non si accorgeranno che abbiamo...»
«Visitato la galleria d'arte?» Le fece un occhiolino, ma poi annuì fiducioso prima di accompagnarla verso la scalinata.
Quando Briar passò la mano sulla gonna per sollevarla, sentì qualcosa in tasca. Ne estrasse un foglio piegato. «Mi ero quasi dimenticata di darvi questa lista per Daniel, con tutte queste... distrazioni...» Arrossì di nuovo alla vista del sorriso peccaminoso di Nicholas. «Oh, prendetela e basta.» Gli passò il foglio.
«Avete già stilato un elenco?»
«Non so quanto vi servirà, ma è un inizio. Non avendo conosciuto vostro cugino di persona, mi sono dovuta basare sulle storie raccontatemi da Temperance per capire quale sia il suo carattere e quali siano i suoi interessi. Di fianco a ogni nome troverete i negozi e i parchi che quelle giovani frequentano, per un possibile incontro casuale. Sempre che voi le riteniate accettabili, si intende.» Quando lui si infilò il foglio in tasca senza commentare, Briar si mosse nervosa, chiedendosi se avesse sbagliato. «Sono sicura che Temperance potrebbe invitarle qui a una a una, se vi è più comodo. Inoltre potrò farvi avere altri nomi se questi non sono adatti. Vedete, questi vengono dall'archivio...»
«È perfetto» le rispose lui, il tono di voce caldo e affettuoso. «Userò al meglio queste informazioni. Purtroppo, Delham avrà già avvertito mia zia che siete qui, perciò non ho tempo di ringraziarvi a dovere.»
E come per accertarsi che avesse capito, con lo sguardo le sfiorò le labbra in una carezza che sembrò toccarla davvero. Briar prese un bel respiro per calmare il cuore palpitante e si girò verso le scale. Quindi, con una mano sulla ringhiera e l'altra sulla gonna, le scese al suo fianco.
Pacchi incartati e cappelliere erano sparpagliati sul pavimento dell'ingresso in fondo alla scalinata ricurva. La sagoma matronale di Lavinia Prescott sparì seguendo un paio di valletti lungo il corridoio, gridando loro di prestare attenzione al pizzo belga perché era il più bianco che avesse trovato.
Arrivò quindi Temperance, le braccia sollevate mentre si sfilava gli spilli dal cappellino. Alzò lo sguardo e sorrise. «Oh, eccoti, Briar. Spero tu non abbia aspettato troppo. Ci siamo fermate con Lady Penrose. Sai come non smetta mai di parlare del suo spaniel. A giorni nascerà una cucciolata. Ma dimmi, quei guanti sono nuovi?»
Briar lanciò uno sguardo di rimprovero verso Nicholas. «Sì. Ti piacciono?»
«Sono molto simili a quelli che hai.»
«Vero, se non fosse per una sfortunata macchia d'inchiostro.»
«Non c'è niente che mi dia più fastidio di quando scopro macchie d'inchiostro.» L'amica la strinse a braccetto e insieme si diressero verso il retro della casa.
Guardandosi alle spalle, Briar vide che Nicholas non era lontano. «Mi sono arrabbiata con il colpevole.»
Lui allora abbassò lo sguardo sulle sue labbra. «Gli avete dato una bella strigliata con la vostra lingua affilata?»
Lei tornò a fissare davanti a sé, un improvviso rossore sulle guance. Era assolutamente incorreggibile!
«Non essere sciocco, Nicholas» intervenne Temperance ridendo. «Briar stava parlando di un pennino e non di una persona. Non si può dare una strigliata a uno strumento di scrittura. Anche se in effetti io ho rimproverato lo spigolo dello scrittoio di mia madre in più di un'occasione.»
In terrazza li attendeva un servizio da tè completo, la tavola drappeggiata con una tovaglia color lavanda tempestata di violette, il fiore preferito di Temperance.
«Che tavola meravigliosa!» commentò Briar.
«Ispirata da te e dagli splendidi vassoi che ogni volta mi prepari. Volevo che fosse un'occasione speciale, ora che siamo tutti a casa. Sappi anche che mi sono fermata per prendere i tuoi confetti allo zenzero preferiti. Oh, e questo cos'è?» Sollevò il coperchio di un bricco in rame e vi guardò dentro. «Ma è cioccolata! Strano. La cuoca mi aveva detto di non averne più in dispensa. Un vero colpo di fortuna, Briar. Nicholas, devi sapere che la mia amica ama in maniera imbarazzante la cioccolata.»
Nicholas era fermo all'ombra del pergolato, i suoi occhi color ebano che la fissavano caldi. «Davvero?»
A Briar formicolarono le labbra nell'udire il timbro profondo della sua voce. Non riusciva a smettere di pensare alla sensazione che si provava ad avere la bocca a contatto con la sua, all'essenza sensuale della sua pelle che permeava ogni respiro, al suo sapore sulla lingua.
Non c'era da stupirsi che la donna che aveva visto tra le sue braccia durante il loro primo incontro non si fosse accorta di nulla.
Briar si accigliò. Invece della viva curiosità che di solito provava nel ripensare all'episodio, uno strano fastidio le rovinò il ricordo. «Immagino che una gran schiera di donne abbia mostrato predilezione ben maggiore per la cioccolata. Non definirei la mia imbarazzante.»
Temperance rise. «Allora perché stai arrossendo?»
«È caldo» rispose, toccandosi le guance con le mani, l'odore del cuoio nuovo nelle narici. Le sorse quindi un sospetto e si chiese se Nicholas non avesse mandato il valletto a cercare guanti e cacao. «Ma sono curiosa di vedere se la cioccolata della vostra cuoca è buona quanto quella della caffetteria in cui lavora la mia amica, milord.»
Lui scrollò le spalle. «La prova, mi è stato detto, sta nella schiuma.»
«Non prestare attenzione a mio cugino, Briar. Dacché è tornato dalla campagna, la sua capacità di conversare è chiaramente... Daniel!»
Briar osservò l'amica attraversare la terrazza.
Temperance abbracciò un giovane della sua altezza, muovendogli all'impatto le ciocche di capelli castani che gli ricadevano sulla fronte.
Al nuovo arrivato scappò una smorfia, che si ammorbidì quando con pazienza le rispose con dei colpetti sulle spalle. «Ti avevo detto che ci avrei pensato, no?»
«Sì, ma di solito è così che mi cacci dalla tua stanza.» Temperance lo accompagnò euforica verso Briar. «Daniel, vorrei presentarti la mia più cara amica, Briar Bourne.»
Lei chinò il capo e gli sorrise.
Daniel Prescott era bello, secondo i canoni classici, con una carnagione chiara e nemmeno uno dei tratti angolati del cugino. Era magro di costituzione, ma aggraziato. Affabile: era così che lo avrebbero descritto in agenzia.
Guardandolo nei solenni occhi color ambra, provò l'inconfondibile certezza che avesse bisogno di una sposa. E gliel'avrebbe trovata. «È un vero piacere. Ho sentito parlare di voi così spesso da Temperance che mi pare già di essere vecchi amici.»
«Io...» Daniel aprì la bocca, ma la richiuse subito, lanciando un'occhiata incerta verso la sorella, come a chiederle se avesse rivelato tutto, incluso come fosse stato abbandonato dalla fidanzata. Il che era accaduto. Tuttavia Briar non voleva che un velo funebre calasse tra loro quel pomeriggio.
Correggendosi subito, aggiunse: «Mi ha detto che siete un poeta. Sapete, mio zio si reputa uno scrittore di sonetti. Non immaginereste mai quante parole rimino con rosa. Credo le abbia scoperte tutte e ne abbia addirittura inventate di nuove, quando le altre non funzionavano».
Aggiunse una risata leggera per metterlo a proprio agio e in effetti vide le sue spalle rilassarsi con un sospiro.
«I versi che ho scribacchiato non hanno certo il valore che Temperance probabilmente ha suggerito.» Un rossore timido gli colorì le guance.
«Daniel, eccoti qui. Che magnifica sorpresa!» Lavinia Prescott varcò la soglia, una mano sul cuore, osservando commossa i figli. «Temperance, sapevo che avrebbe cambiato idea. Lo sapevo. Vorrei proprio organizzare una cena per celebrare. I Burkhart ospitano una serata musicale oggi, ma sono sicura che i Pomphrey siano liberi e, oh! Ho appena saputo che Lord e Lady Baftig hanno una figlia incantevole.»
Daniel si mosse, le spalle tese, i pugni chiusi. Briar notò che uno dei suoi piedi era puntato verso casa e capì che la situazione si stava facendo pesante per lui.
«Io ho notato che, dopo un ottimo tè in un pomeriggio caldo come questo, sono di solito troppo soddisfatta per pensare alla cena e non voglio fare altro che trascorrere il resto della giornata con la mia famiglia» commentò, avvicinandosi al tavolo. «È pur vero che noi Bourne siamo strani e tendiamo a preferire semplici cene fredde in biblioteca a quelle formali.»
Nicholas le scostò una sedia, regalandole un sorriso. Fugace, ma disarmante. «Anche Daniel e io abbiamo cenato spesso in maniera informale in campagna. Poche cose sono più gradevoli di un pasto semplice in una serata calda e di quelle conversazioni rilassate che si possono avere solo con i familiari e con gli amici.»
Mrs. Prescott puntò lo sguardo speranzoso su Daniel mentre si sedeva. «Ma non sarebbe bello organizzare una festa qui in giardino? Potremmo cenare al fresco. Dopo avere saputo che la Duchessa di Holliford ha assemblato la sala da pranzo fuori, tutti vogliono imitarla. Ho sentito dire che i Throckmeyer intendono organizzare un ballo nei loro giardini. Ora, mi chiedo, cosa potrebbe esserci di meglio che un po' di aria fresca, danze e decine di bei sorrisi?» Guardò incoraggiante i presenti al tavolo. «Dopotutto, non posso trovare coniugi per i miei figli se rimangono dentro casa. Chissà, anche Nicholas potrebbe decidere di sposarsi di nuovo.»
«Di nuovo?» domandò Briar senza pensare.
Ogni traccia di calore svanì dall'espressione di Nicholas. Le offrì un accenno teso, quasi impercettibile.
Le si seccò la gola. Lanciò quindi uno sguardo verso Temperance per conferma.
Da parte sua, l'amica non sembrava sorpresa da quella notizia, finché non notò lo sguardo di Briar. «È vero. Sai, avevo completamente dimenticato che il nostro Nicholas è stato sposato una vita fa.»
Mrs. Prescott sospirò mentre spalmava della panna su una focaccina. «Già... Un matrimonio seguito poco dopo da una tale tragedia per la nostra famiglia. Ed eri così giovane, nipote mio. Avevi a malapena vent'anni quando diventasti vedovo e perdesti tuo fratello nello stesso incidente in carrozza. Il caro James andava sempre al mercato per riportare a casa un pensiero per la sua Catharine. E poi Marceline, che lo accompagnava per sorprendere te.»
Briar apprese quella notizia, desiderosa di saperne di più. Tuttavia nessuno aggiunse altro e gli scenari che poté immaginare la resero solamente triste.
«Sono davvero dispiaciuta per la vostra perdita, milord» gli disse. Oh, quanto avrebbe voluto potergli stringere la mano in segno di conforto!
I tratti di Nicholas rimasero tesi. «Come ha detto mia zia, è stato tanto tempo fa.»
Era quello il motivo per cui non voleva sposarsi, perché gli era stato strappato il cuore dal petto alla morte della moglie? Per essersi sposato tanto giovane, doveva essere stato follemente innamorato. Di Marceline.
«Ed è proprio per questo che è venuto il momento di risposarsi» disse la zia. «Sii d'esempio per i tuoi cugini.»
Briar concordava con lei, ma non era quello il momento di parlare di matrimoni. La tensione al tavolo era troppo palpabile, perciò cambiò argomento. «Mi avevi detto che saresti passata dalla modista oggi, vero, Temperance?»
«Sì. Devi vedere il mio vestito nuovo! L'organza color albicocca è splendida. Lo indosserò da Almack's la prossima settimana. Vorrei tanto che potessi partecipare anche tu.»
«Magari. Ho sempre desiderato andarci. Ho un abito da ballo blu che sto tenendo da parte proprio per una tale occasione.»
«Anche a me non dispiacerebbe andare da Almack's. Ho sempre avuto fortuna ai loro tavoli da gioco» disse Daniel facendo calare il silenzio al tavolo. Le tazze rimasero immobili, i respiri sospesi, gli sguardi saettanti.
Temperance spezzò il silenzio battendo allegra le mani. «Magari mi chiederai di ballare. Dopotutto, sei uno dei pochi a cui non dà fastidio la mia altezza.»
«Basta che a te non dia fastidio se sarò un po' fuori esercizio. Magari...» Si schiarì la voce. «Anche Miss Bourne sarebbe altrettanto indulgente?»
«Ma certo!» rispose Briar all'istante, per poi aggiungere una traccia di rimpianto nella propria voce. «Tuttavia le cene della Duchessa di Holliford cadono proprio di mercoledì e sono obbligata a partecipare.»
«Ma di certo Sua Grazia può fare a meno di voi per una sera» propose Mrs. Prescott con uno sguardo speranzoso rivolto a Nicholas.
Lui chinò il capo. «Passerò a trovarla domani.»
«Siete molto gentile, ma temo che non farà comunque differenza. Vedete, non mi è mai stato accordato l'invito per entrarvi.»
«Se volete andare da Almack's, mi assicurerò che lo riceviate» le rispose Nicholas, facendole impazzire il cuore con quella promessa.
«Ne sarei davvero felice, milord.»