«Avrei preferito di gran lunga essere felice, piuttosto che saggia.»
Jane Austen, Emma
«Onestamente, Edgemont, sarebbe già difficile approvare l'entrata di una qualsiasi ragazza senza fortuna» affermò Lady Elston mentre si trovavano tra gli iris viola del suo giardino. Smise di tagliarli per scostare una ciocca castana dalla guancia, quindi sospirò. «Ma con la recente perdita di credibilità dello zio di Miss Bourne tra il ton, sarà praticamente impossibile.»
Nicholas era stanco di sentirsi ripetere quelle parole. Aveva esaurito le sue fonti e si era addirittura rivolto ad alcuni debitori pur di trovare un invito per Briar. Ma le madrine di Almack's erano pignole riguardo a chi poteva entrare nell'elenco degli invitati.
«Almack's è una maledetta sala da ballo.»
Stentava a credere che fosse arrivato al punto di chiedere un favore a una vecchia amante. E non si erano nemmeno separati nel migliore dei modi. Lady Elston – Elise – era la sua ultima speranza, perché era in confidenza con la Contessa Lieven, la cui approvazione avrebbe aperto tante porte a Briar.
«Dimmi chi devo corrompere» continuò, ostinato. «Da quanto so, a quel posto non guasterebbero un po' di soldi per sistemare i pavimenti sconnessi e i rinfreschi disgustosi.»
Elise si irrigidì. «Il locale è peggiorato, è vero, ma rimane un luogo riverito tra il ton. Viene ammessa soltanto la crème de la crème tra i gentiluomini e le signorine di buona educazione. Non c'è altro luogo in città che ti garantisca che stai danzando con un potenziale candidato da sposare.»
A lui ne veniva in mente un altro: l'Agenzia Matrimoniale Bourne. In effetti, gli pareva un'opzione ben più gradevole che non il doversi sorbire una serata in compagnia di debuttanti desiderose di sposarsi. Quella sua opinione, tuttavia, non gli avrebbe garantito l'invito che gli serviva.
«Il tuo rifiuto di parlare con la contessa ha per caso a che vedere con la nostra storia?»
«Francamente, è solo per il caro ricordo che ne ho che ti ho permesso di passare in visita. E per la mia viva curiosità» aggiunse fissandolo mentre aggiungeva un altro fiore reciso nella cesta. «Non ti sei mai rimesso alla decisione di una donna. Eppure eccoti qui, alla mia mercé. Perciò mi chiedo perché tu stia facendo tutto questo per Miss Bourne. È possibile che sia riuscita a colpire la tua fantasia?»
«Non sono qui per me. Sono state mia zia e mia cugina a chiedermi di organizzare tutto» rispose brusco.
«Ho sempre ammirato l'amore che provi per la tua famiglia. Lo abbiamo in comune. Per un po', ho addirittura creduto che quella caratteristica ti avrebbe messo in riga e ti avrebbe spinto a chiedermi di sposarti. Credo anche che tu lo sapessi e che sia stato questo il motivo per cui ponesti fine alla nostra storia.»
Non la insultò negandolo. «Sono stato bene con te.»
«E io ero innamorata di te» gli rispose lei onesta. «Sì, so che chiaristi da subito che non eri interessato al matrimonio. Una parte di me si è sempre chiesta se non serbassi ancora un amore eterno per la tua prima moglie...» Si fermò, in attesa che lui reagisse, ma quando mantenne l'espressione guardinga, schioccò la lingua. «Oh, Nicholas, continuo ad avere un punto debole per te nel cuore. E, stranamente, voglio che tu sia felice.»
Le regalò un sorriso, il tono di voce caldo e intimo. «Potresti rimediare con un invito per l'amica di mia cugina.»
Elise ridacchiò e scosse il capo. «Parlavo di matrimonio. Voglio che ti innamori e che abbia una famiglia. Ci hai mai pensato?»
«Certo. Per i miei cugini» chiarì.
«Sei impossibile.» Lei sbuffò e riprese a tagliare i fiori. «Mi è arrivata una voce su di te. Stavo prendendo il tè con la contessa quando mi hanno detto che qualcuno ha sfidato l'Agenzia Matrimoniale Bourne affinché ti trovi una sposa.»
«E chi ha sparso questa voce? Qualcuno della famiglia Bourne?»
«Perderei tempo a parlartene se fosse solo un loro stratagemma per ottenere più clienti?»
Fu solo quando un sospiro teso gli sfuggì dai polmoni che si rese conto di quanto gli fosse importata quella risposta. Aveva raggiunto l'accordo con Briar credendo che lei non ne avrebbe parlato con nessuno. Era stato un salto nel vuoto che normalmente non avrebbe fatto, ma aveva corso il rischio, mettendo Daniel prima di tutto.
Provò sollievo al pensiero che non si era sbagliato. Si chiese tuttavia chi avesse sfidato Briar. Doveva trattarsi di qualcuno che lo conosceva e che voleva trasformare la sua vita in un circo. Sfortunatamente, era circondato da fin troppe persone simili.
Elise librò le cesoie in aria. «Adesso non ricordo chi fosse. Ovviamente, considerando i nostri trascorsi, l'ho subito reputato falso. Tuttavia, se fosse vero, allora la contessa potrebbe voler osservare lo svolgersi della sfida. A quel punto, Miss Bourne diventerebbe un'ospite ambita alle feste migliori.»
Nicholas strinse i denti. Se avesse confermato quel pettegolezzo, la sua vita sarebbe stata messa a soqquadro. Bastava il minimo seme di un'idea per scatenare una sommossa tra la specie più crudele del ton, quella delle mamme rapaci in cerca di mariti per la loro progenie.
Tuttavia, se non lo avesse confermato, avrebbe deluso Temperance, la zia e forse Daniel. Ma peggio ancora, Briar Bourne non sarebbe mai stata ricevuta ad Almack's.
Maledizione, pensò, passandosi una mano tra i capelli. Quell'accordo sarebbe stato la sua fine.
«È arrivato niente per me, zio?» Briar entrò nell'ufficio e si fermò tra le due grandi urne di bronzo, riempite con piume di pavone, che fiancheggiavano la scrivania.
Lo zio Ernest le sorrise. Davanti a sé aveva la bozza dell'ultimo sonetto. «Aspetti una lettera d'amore?»
«Contrariamente a quello che pensate, esistono anche altri tipi di corrispondenza.» Rise, ma dentro si sentì un po' mortificata.
Nicholas le aveva detto che avrebbe ottenuto un invito per Almack's. Le era sembrato così risoluto che non ne aveva dubitato. Tuttavia era già lunedì e ancora non le erano giunte notizie.
«Ma tali corrispondenze vengono ricevute con maggior trepidazione rispetto alle effusioni di un cuore? Non credo.» Come a mostrarne prova, lo zio sollevò una lettera il cui sigillo rosso era stampato con una E ornata, il ghirigoro finale decorato con la punta di una freccia.
Briar sospirò con affetto. «E chi è il vostro ultimo amore?»
«Dovresti saperlo, perché eri con me al parco ieri quando le nostre strade si sono incrociate e a Mrs. Townley è caduto il parasole. Il mio povero cuore ancora non si è ripreso dalla vista di quegli occhi verdi.»
E non si sarebbe ripreso almeno per altri due giorni.
«Perché non vi siete mai sposato, zio?»
Lui batté lo spigolo della busta sul piano del tavolo. «Sto ancora cercando la mia musa, l'unica donna il cui respiro soffierà vita nella mia anima. Per un po' credo di averla trovata, ma poi, purtroppo, sparisce. Ah, forse non troverò mai il mio solo e unico amore, ma la ricerca è di per sé divertente.»
Solo e unico? Se il primo aggettivo piaceva alla sognatrice che era in lei, il secondo provocò una fitta di ansia alla combinatrice di incontri che era.
Pensò a Nicholas. «Ma ditemi, se per esempio l'aveste incontrata una volta, ma foste stati separati da qualcosa di tragico, credete sarebbe possibile trovare qualcun altro ed essere altrettanto felice, se non di più?»
Prima che lo zio le rispondesse, Ainsley apparve sulla soglia, l'espressione tesa. «Zio, ho bisogno del vostro aiuto.»
«Con un cliente, cara?»
«Il conte» rispose lei, sollevando gli occhi al soffitto.
Briar li seguì nel corridoio. «Vado a preparare un vassoio in cucina.»
«Lo ha già portato Mrs. Darden.»
Lei si irrigidì. Dalla porta aperta, vide la loro amata cuoca che si affrettava a versare del tè, ciocche di capelli grigi che le sfuggivano dalla cuffietta. «Non è forse compito mio?»
«Non adesso, Briar.» E allora Ainsley le voltò le spalle ed entrò nel suo ufficio, socchiudendo la porta.
La voce stizzosa del Conte di Bardot si sollevò immediatamente, con il suo forte accento francese. «Sono mesi che pago la quota associativa, ma non ho ancora una moglie!»
«Monsieur le Comte» cominciò Ainsley. «Vi ho presentato tutte le clienti che rispondono ai vostri criteri, ma avete trovato da ridire su tutte.»
«Mais oui, perché mi avete presentato solo donne che fanno da tappezzeria, mentre io preferirei avere un pezzo forte al braccio.»
Ci fu una pausa, dovuta senza dubbio alla sorella che stava cercando di mantenere la calma. E doveva essere stato difficile perché lo zio intervenne quando di solito preferiva evitare scontri. «Il vostro caso è in cima alla nostra lista. In effetti, l'ho rivisto proprio stamattina e potete stare certo che continueremo a...»
Mrs. Darden uscì dalla stanza, lisciando il grembiule sulle sue forme arrotondate, quindi richiuse la porta. «Il conte è proprio di cattivo umore stamattina.»
Briar era furiosa. Avrebbe potuto consegnare lei il vassoio, trovando magari il modo di calmare il cliente. Era sempre a suo agio con lei, anche se un po' troppo familiare a volte. «E ora Ainsley mi priva della mia unica occupazione.»
«Solo quando c'è lui» le rispose Mrs. Darden percorrendo con lei il corridoio. «Il modo in cui il conte vi guarda... per la miseria, vorrei prendere un mattarello e colpirlo in testa.»
«Che cosa mi importa se ha gli occhi malandrini?»
«Un uomo con quegli occhi ha spesso anche le mani malandrine, ecco perché importa» la rimbrottò la cuoca affettuosamente. «Ma non preoccupatevi. Voi e le vostre sorelle vi volete troppo bene per permettere a dei battibecchi di frapporsi tra voi. Non dopo tutto quello che avete passato, perdendo vostra madre così tragicamente, che eravate tanto giovani.»
«Ma loro... be', Ainsley più che Jacinda... mi trattano come se fossi ancora quella bambina di dieci anni, come se il tempo per me si fosse fermato.»
Mrs. Darden si arrestò in cima alla scalinata. «È che assomigliate tanto a vostra madre. È difficile non pensare a lei. Ciascuno di noi ricorda come sia venuta meno senza che ci fosse nulla che potessimo fare.»
Briar lo aveva capito da tempo, ma sentirselo dire non l'aiutò. «Be', vietarmi di vivere la mia vita non la riporterà indietro.»
Il senso di colpa le annodò la gola nel momento stesso in cui quelle parole le sfuggirono.
Sentiva la mancanza della madre, il dolore della perdita ancora più acuto perché nessuno voleva parlarne in sua presenza. Ogni ricordo veniva interrotto, accompagnato da sguardi dolenti e silenzi imbarazzati.
Non parlavano mai nemmeno del padre e dell'altra sua famiglia, quella che aveva distrutto la madre quando l'aveva scoperta. Briar spesso pensava a lui e ai fratellastri, avendo sempre desiderato incontrarli. In realtà non sapeva nemmeno quanti fossero.
«Vogliono solo proteggervi perché vi amano.» Mrs. Darden le diede un colpetto sulla mano. «Se può esservi di consolazione, quel vassoio non era inteso per il conte. In realtà stavo salendo per consegnarlo a voi, perché abbiamo un altro ospite in salotto. Poi però il conte è entrato con una tale furia. Perciò, se vi va di servire del tè, c'è un altro vassoio che vi aspetta in cucina.» Le strinse nuovamente la mano, quindi si allontanò, finendo di parlarle da sopra la spalla. «Credo si chiami Mrs. Tisdale. Una donna strana. Ha detto di essere venuta qui per lavorare a maglia. In ogni caso, io sono di sopra ad aiutare Ginny con le lenzuola.»
Briar scese in cucina, infastidita. Versò l'acqua in una teiera bianca, ribollendo di rabbia mentre preparava il vassoio.
Mentre Mrs. Darden vi metteva solo l'essenziale – teiera, tazze e piattini, focaccina – a lei piaceva aggiungere un proprio tocco. Anche da arrabbiata, a quanto pareva, perché decorò il vassoio d'argento con un tovagliolo in tessuto a quadretti, poi vi sistemò una selezione di dolcetti e marmellate.
Dopotutto, se quella donna era entrata in un'agenzia matrimoniale con una certa trepidazione, un vassoio triste non l'avrebbe di certo messa a suo agio.
No. Quantomeno, il vassoio del tè doveva comunicare ai loro clienti che loro sarebbero arrivati fino in capo al mondo per accontentarli, poiché l'amore non aveva limiti.
Osservò l'opera e si sentì meglio. Battendo la punta del dito sulle labbra, pensò che mancasse ancora un po' di colore. Notata un'arancia con chiodi di garofano appoggiata sul davanzale, la mise in una coppetta da dolci decorandola con dei rametti di rosmarino. Sorrise e salì diretta dalla loro potenziale cliente soddisfatta dell'operato e non più arrabbiata.
Seduta in salotto, una donna di una certa età aveva lo sguardo chino sul lavoro a maglia, il capo decorato da una corona di capelli castani scuri striati nel mezzo da abbondanti ciocche grigie.
«Che bel lavoro» disse Briar appoggiando il vassoio sul tavolino. «Sono Miss Bourne. È un piacere conoscervi.»
La donna sollevò solo gli occhi per guardarla, l'aria punteggiata dal tintinnio dei ferri. «Potete chiamarmi Mrs. Tisdale. Ho deciso di tenere il nome del mio terzo marito. Era di certo migliore del quarto.»
Una risata sorpresa sfuggì a Briar, certa che fosse uno scherzo. Quando tuttavia si accorse che la donna era seria, schiarì la voce e si mise a versare il tè. «Desiderate per caso sposarvi... ecco... di nuovo?»
«Ci ho pensato, sì. Il numero quattro non mi ha mai portato fortuna, perciò vorrei passare al cinque. Avete candidati per una vecchia megera come me? Senza tutte quelle stupidaggini che ho letto sul giornale, si intende.»
Ah, sì, l'errore madornale di Briar. «Zucchero?»
Mrs. Tisdale non prestò attenzione a quella domanda ma continuò a lavorare ai ferri. «Quando una donna arriva alla mia età, vuole un uomo con l'esperienza marcata sul volto. Tante rughe attorno agli occhi e alla bocca che mi dimostrino che ha vissuto. Un uomo dotato di buonumore, con il gusto per la vita. E anche per altre cose.» Sollevò lo sguardo con un sorriso, un bagliore color pesca sulle guance quando lanciò un occhiolino a Briar. «I libertini sono sempre stati la mia rovina. Una risata maliziosa e le mie ginocchia erano come panna su una focaccina calda.»
«Avete sposato un libertino?» Briar si incuriosì e pensò che Mrs. Tisdale fosse la persona più interessante al mondo. «Come, di preciso?»
«Ci siamo innamorati. Non c'è altro modo per catturarne uno» ribatté.
Perciò non c'era un segreto speciale? Briar già lo temeva.
«Riuscii a riabilitarne uno, il mio primo marito» continuò la donna sollevando compiaciuta le sopracciglia. «Gli feci credere che fosse tutta una sua idea. Ah, ma il terzo e il quarto sono stati veri fallimenti. Il secondo era un nobile d'alto lignaggio e tutto quanto, ma aveva un brutto temperamento. Considerando però le probabilità, due su quattro non è male. Tuttavia preferirei contarne due su cinque.»
A quanto pareva il matrimonio era un gioco d'azzardo per Mrs. Tisdale. E forse aveva ragione. Briar si sentì subito legata a quella donna tanto franca e avrebbe voluto ascoltarla per ore. Molto probabilmente avrebbe sentito parlare di tutte quelle cose di cui la gente di solito non discuteva con le debuttanti. «Se volete continuare il vostro lavoro a maglia, posso completare la vostra domanda di iscrizione anche qui.»
«Prima lasciate che vi chieda...» La donna abbassò i ferri e la fissò. «Avete mai avuto una cliente che ha fatto domanda per il proprio figlio?»
«Le madri vengono continuamente per le loro figlie.» Quel continuamente non era del tutto veritiero, poiché di recente non avevano avuto tante clienti. «Dopotutto, chi potrebbe sapere come raggiungere la felicità di vostro figlio meglio di voi?»
Mrs. Tisdale la osservò sollevando il capo. «Mi piacete, Miss Bourne, ma siete troppo giovane per mio figlio. Non siete la sorella più grande, vero?»
«No, la più grande è Ainsley» rispose Briar. Tuttavia non voleva coinvolgere la sorella in quella conversazione. «Vostro figlio sta cercando moglie?»
«Direi di sì, visto che ha trentadue anni.» Mrs. Tisdale sbuffò e si rimise a lavorare.
Mmh... Briar pensava sempre a Temperance ogni volta che un gentiluomo diventava loro cliente. «Per caso è un giovane particolarmente alto?»
«Alto e bello come un diavolo, come il padre.» La donna si illuminò, quindi sospirò impaziente. «Sono venuta qui oggi perché ho bisogno di nipoti e lui è l'unica possibilità che ho di averne. Il giorno del mio cinquantesimo compleanno la settimana scorsa ho deciso che sono stanca di aspettare.»
Briar rimase in silenzio, chiedendosi se alla donna mancasse la sanità mentale. Tuttavia, data la mancanza di nuovi clienti, non poteva essere schizzinosa. «Quindi, se ho capito bene, vorreste un marito per voi e una moglie per vostro figlio.»
«E nipoti, non dimenticate.»
Briar si schiarì la voce. «Be', l'Agenzia Matrimoniale Bourne non può garantirli.»
«Oh, mio figlio se la caverà bene da solo. Ha solo bisogno di una spintarella nella direzione giusta.» Mrs. Tisdale punzecchiò l'aria con un ferro e ridacchiò. «Credete che anche la sua sposa vorrà un berretto di lana?»
Briar abbassò lo sguardo sulla fascia di filo scarlatto la cui cima si raccoglieva sul pavimento. Come quella creazione sarebbe potuta diventare un berretto di lana era un mistero.
«Senza dubbio» rispose alzandosi. «Esco solo un minuto e poi tornerò per la vostra iscrizione.»
«Io sono qui, cara.»
Nel corridoio, Briar chiuse gli occhi, spalancò le braccia e respirò vittoriosa. Era un'intermediaria di matrimoni rinata come la fenice dalle ceneri della disgrazia.
Abbassando lo sguardo su di sé, prese nota di tutto quello che indossava. Un abito in mussola gialla con fiori blu che ne decoravano l'orlo, nonché un nastro blu nuovo tra i capelli. Poiché aveva già indossato quell'abito senza particolare fortuna capì che era tutto merito del nastro.
Il nastro blu portafortuna, che sarebbe stato perfetto con l'abito da ballo. Se avesse mai ricevuto un invito da Almack's.
Dietro l'angolo vide lo zio che si asciugava la fronte con un fazzoletto, lo sguardo rivolto verso le scale dalle quali si sentivano svanire passi pesanti, nonché una sfilza di imprecazioni francesi. Quindi la porta venne sbattuta: l'uscita inconfondibile del Conte di Bardot.
Lo zio sospirò, quindi la vide e sorrise. «Sei un balsamo per questi occhi.»
«Vi dolgono perché avete dovuto fissare per tanto tempo la parrucca abominevole del conte?»
«Sì» le rispose lui, rimettendo il fazzoletto in tasca mentre si dirigevano al suo ufficio.
«Zio, per caso avete dei fogli di carta in più nella vostra scrivania, così che possa prenderne alcuni per nuove iscrizioni?»
«Abbiamo un nuovo cliente in salotto?»
«Sì, ma potreste non dire nulla ad Ainsley e a Jacinda? Voglio... no, ho bisogno che mi sia data questa occasione. Per favore, zio.»
«E va bene.»
Lo baciò sulla guancia. «Siete il mio zio preferito.»
Proprio allora, Mrs. Darden arrivò con un vassoio in una mano e una scatola del rammendo nell'altra. Senza fiato, si inchinò appena prima di passare il vassoio allo zio, per poi sparire dietro l'angolo.
«C'è una lettera per te, mia cara.»
Briar osservò il sigillo e vide che era di Nicholas.
Sì, quel nastro era un vero portafortuna.