«Il bel danzare, credo, come la virtù, deve essere di per sé una ricompensa.»
Jane Austen, Emma
Nicholas aveva avuto ragione riguardo ai rischi dati dal confermare il pettegolezzo riguardante la sfida presentata a Briar.
Non era passato nemmeno un giorno che sui libri da White's era comparsa la scommessa circa il suo matrimonio prima della fine dell'anno. Chi lo conosceva aveva puntato sull'impossibilità di un tale evento. Tuttavia c'era ancora qualcuno che dubitava delle sue rimostranze.
C'erano inoltre altre seccature. Inviti a tè pomeridiani, feste in giardino, cene pretenziose. In ogni suo rifiuto scritto aveva chiarito che non aveva alcuna intenzione di sposarsi, nonostante le voci.
Purtroppo, non aveva fatto alcuna differenza.
Arrivò ad Almack's il mercoledì sera che la festa era già in pieno svolgimento, un vero e proprio forno di corpi che piroettavano sulla pista da ballo e altri premuti contro le pareti. La puzza di sudore misto ai profumi eguagliava quella di un bordello.
Uomini con le guance rubiconde si asciugavano le fronti con i fazzoletti. Le donne sventolavano i ventagli, creando l'unica brezza che muoveva l'aria soffocante.
«Non sarei dovuto venire» disse Daniel. Sotto un velo di sudore, il suo volto era diventato verde, come se stesse per vomitare.
Avendo perso la pazienza di coccolarlo, Nicholas gli servì una buona dose di senso di colpa ricordandogli quanto Temperance sarebbe rimasta delusa se non avesse mantenuto la sua promessa.
«Ormai siamo qui, perciò tanto vale approfittarne» brontolò. «Ora trova tua sorella.»
Aveva mandato Temperance e la zia in una carrozza separata, sapendo che intendevano scortare Miss Bourne.
Perlustrò il perimetro della sala, dove di solito si trovavano le giovani che facevano da tappezzeria. Se avesse trovato la cugina, avrebbe trovato anche Briar. Ma quando non vide traccia di nessuna delle due, un brivido freddo gli scivolò lungo la schiena.
«Io... non ce la faccio. È troppo presto» si lamentò Daniel.
«Hai promesso a Temperance che avresti ballato con lei.»
«Di sicuro mi capirà. È sempre stata buona con me. E poi, cosa vuoi che sia un ballo?»
Per una giovane che aveva confessato di avere pochi compagni di danze a parte i familiari, un ballo significava tanto. «Ne hai anche chiesto uno a Miss Bourne. Ora girati e cerca tua sorella.»
Daniel annuì e prese un bel respiro prima di voltarsi verso la folla. «Hai ragione. Devo tenere duro per alcune ore. Contano solo il piacere di Temperance e quello di Miss Bourne, non il mio. E se mi renderò del tutto ridicolo, posso sperare che collasserò per il caldo lì, sulla pista da ballo.»
Nicholas si disse di essere paziente. Dopotutto, il cugino non si sarebbe mai trovato in quel pasticcio se non fosse stato per lui.
A volte si chiedeva se confessare tutto li avrebbe liberati entrambi di quel peso. Tuttavia il rischio che Daniel non lo perdonasse e che il loro legame si recidesse per sempre era troppo grande. Senza dubbio, quell'onestà crudele avrebbe solo portato altra sofferenza e Nicholas non voleva causarne altra. Perciò avrebbe continuato a tenere duro nell'attesa.
«Ah, ecco mia madre» lo informò Daniel indicando uno dei balconcini che si stendevano sopra le coppie danzanti. La donna stava indicando con la punta del ventaglio la pista da ballo, raggiante d'orgoglio.
Nicholas non aveva visto Temperance sulla pista. Eppure eccola lì, incantevole nell'abito color albicocca, che ballava con un compagno più alto di lei. Solo quando il brano musicale terminò vide Briar emergere da dietro un gentiluomo paffuto, che l'aveva nascosta alla sua vista. Considerando quanto fosse mozzafiato sotto il bagliore dei lampadari, era un vero reato.
Mentre i gentiluomini scortavano lei e la cugina fuori dalla pista, Nicholas avanzò. Si prese un attimo per ammirare l'allieva in un abito blu che si fondeva sulle curve del suo corpo come se le fosse stato cucito addosso.
Le altre donne stavano soffrendo per l'umidità, tirandosi furtivamente corsetti e sventolando le gonne per rinfrescarsi. Briar invece si muoveva con grazia, i suoi passi una danza, accentuati dallo sventolio leggero del ventaglio con il manico perlato che stringeva in mano. E sebbene fosse ancora lontano, avrebbe giurato di avere sentito il profumo delle lenzuola fresche asciugate al sole.
Quando i loro accompagnatori se ne furono andati, Briar girò il capo verso Temperance per scambiare con lei una risata. Il suo sguardo vagò quindi sulla folla, chiaramente alla ricerca di qualcosa, finché non si posò su di lui. Quando i loro occhi si incrociarono, una scossa gli passò addosso, calda e trepidante.
Pericoloso, pensò, sapendo che c'erano decine di persone che lo stavano osservando.
A braccetto con Temperance, chiacchierando allegramente, Briar si diresse verso lui e Daniel. «Sei sicura che metà della mia faccia non si sia sciolta? Quando mi avevi avvertita del suo alito cattivo, non credevo che intendessi rancido. Deve avere mangiato qualcosa perito di una morte atroce.»
«E che è tornato a tormentarci!» Temperance rise e si fermò davanti a loro. «Buonasera, signori. Vedo che siete finalmente arrivati.»
«È sempre così con i gentiluomini, vero?» domandò Briar all'amica con un sorriso complice. «Impiegano una vita a scegliere che cosa indossare e a trovare il fazzoletto da collo giusto, mentre alle donne basta mettere un abito vecchio e sono pronte in un batter d'occhio.»
«A quanto pare il nostro segreto è stato scoperto, Nicholas» commentò Daniel con un sorriso timido che scacciò il timore che gli aveva rigato il volto solo un istante prima.
Nicholas capì benissimo il motivo. Briar possedeva una tale naturalezza che era impossibile non venirne contagiati. «Verissimo, e tutto quello studio è inutile visto come i nostri sforzi vengono ammirati solo di rado.»
Briar rise. «Perdonatemi, perché intendevo dire che siete entrambi davvero eleganti.»
«Un chiaro stratagemma per catturare un compagno di danze. Che cosa dici, Daniel, vogliamo arrenderci ai loro audaci raggiri?» domandò Nicholas, dimenticando che non aveva avuto alcuna intenzione di danzare con Briar.
«Temo proprio che dovremo farlo.»
«Oh, ma siete arrivati troppo tardi» interloquì Temperance, dondolando il polso dal quale pendeva un librettino appeso a un braccialetto d'argento. «Le nostre carte sono piene.»
Briar annuì, slacciando il nastro del suo cartoncino e mostrandolo a Nicholas. «È vero. Temperance e io abbiamo escogitato un sistema. Quando un gentiluomo ci chiede di ballare, lo invitiamo a portare prima sulla pista da ballo la nostra amica promettendogli la danza successiva.»
Nicholas lesse i nomi e si accigliò. «Chi è questo Lord A. M.? Non potete ballare tre volte con lo stesso compagno.»
«Quelle lettere stanno per agenzia matrimoniale» gli bisbigliò Briar avvicinandosi, così che poté odorare la dolce essenza della sua pelle. E d'improvviso lui si ritrovò di nuovo nel salottino vicino alla galleria, con le sue labbra sulle proprie, il suo profumo che gli riempiva ogni respiro mentre lentamente lo consumava.
Non era riuscito a pensare ad altro negli ultimi cinque giorni. Ed era proprio quello il motivo per cui si era inventato una soluzione: la lezione numero tre. Sapeva che sarebbe guarito nell'istante stesso in cui lei l'avesse completata.
Temperance parlò, indicando il cartoncino e spezzando la piega amara presa dai suoi pensieri. «Briar è proprio intelligente, no? Balliamo entrambe con gli stessi compagni e poi ci confrontiamo sulle loro qualità, per vedere se hanno potenziale. Tuttavia, sono disposta a cancellare il mio ballo con Lord A. M. per concederlo al mio caro fratello, dovesse mai chiedermelo, si intende.» Non gli diede però l'opportunità di domandarglielo: lo prese a braccetto e lo trascinò verso la pista.
Daniel si guardò alle spalle e le scrollò.
«Immagino che ballerà, che lo voglia o meno» commentò Nicholas riconsegnando il cartoncino a Briar. Senza nemmeno rendersene conto, un istinto malandrino si impossessò di lui e con il pollice le sfiorò la parte inferiore del polso.
Briar non sollevò lo sguardo, ma arrossì. «Non avrei mai dovuto dubitare di voi, milord. Avevate detto che avreste organizzato questa serata ad Almack's e lo avete fatto.»
«Una lezione per voi: se dico che farò qualcosa, la farò.» E poi, per essere chiari, aggiunse: «E se dico che non farò qualcosa, come sposarmi, per esempio, non la farò».
Briar gli diede un colpetto sulla manica con il ventaglio. «Non siate tanto scontroso in una serata così promettente. So che non posso costringervi a cambiare idea. Solo qualcuno che troverete irresistibile sarà in grado di farlo. Ma vi avverto, intendo osservare dove punterete i piedi.»
«Rimarrete delusa, perché saranno puntati tutta la sera verso la porta.»
«Non può essere vero. Con il meglio della Società raccolto qui, di sicuro avrò fortuna nel trovarvi una sposa promettente. Ho già immaginato lo scenario.»
«Anche questo finisce con la mia morte e i parenti che razziano tutti i miei averi?»
«Solo dopo una vita lunga e felice. Perciò cancellate quel cipiglio dalla fronte. La vostra vedova semplicemente vi adorava» continuò lei con un sorriso impenitente. «Non temete, l'avete lasciata circondata dall'affetto dei vostri sette figli.»
«Sette?» Gli scappò un colpo di tosse, prima che si ricordasse che c'erano tante orecchie curiose intorno. «Non vi pare un po' esagerato?»
«E ventotto nipoti. E no, credo che sia un numero piuttosto basso per un uomo come voi.»
Stranamente si sentì offeso. «Ho anche altri interessi, per vostra informazione. Non relegherei mia moglie a...» Si interruppe quando abbassò lo sguardo sugli occhi vispi della giovane. Accidenti!
«Vedete? Già parlate di matrimonio. Non vedo l'ora di dirlo a Temperance. Ne sarà felicissima!» Briar rise e lo colpì di nuovo sulla manica. «E questa è una lezione per voi: se un'intermediaria di incontri vi dice che vi troverà la compagna perfetta, lo farà.»
«Non siete ancora un'intermediaria, Miss Bourne» le rispose brusco, la sua voce un monito mentre con lei attraversava la folla diretto all'anticamera con il rinfresco. Con il frastuono dovuto alle voci, le risa e la musica era improbabile che qualcuno potesse origliare la loro conversazione. In ogni caso, non voleva rischiare di aggiungere altri ceppi al falò dei pettegolezzi.
Lei si irrigidì e sollevò lo sguardo su di lui. «Sono già partita con il piede giusto.»
«Siete diventata presuntuosa e avete dimenticato che il nostro accordo è solo un mezzo per raggiungere uno scopo. Che sarà raggiunto quando Daniel avrà trovato una moglie.»
Tuttavia, se era vero, perché aveva pensato più a Briar che non all'elenco di candidate che gli aveva consegnato?
«E Temperance, non dimenticate.»
«Non mi sono dimenticato» sbottò, rendendosi conto con una certa vergogna che le nozze della cugina non erano state il primo dei suoi pensieri. «Il mio unico scopo è quello di assicurare la felicità dei miei cugini.»
Tuttavia, poiché si ritrovava costantemente a pensare a Briar, decise di rimediare all'istante. Ci aveva riflettuto, ma lo stomaco gli si annodava all'idea della soluzione che aveva trovato. Eppure, andava fatto, per il bene di entrambi.
«Ed è anche il mio» ribatté lei con uno sguardo tirato. «Scioccamente, avevo pensato che fossimo ormai abbastanza in confidenza da poterci prendere in giro in allegria.»
«Sono il vostro mentore e niente più.»
Vide l'istante stesso in cui quelle parole la colpirono. Briar trasalì, si accigliò e strizzò gli occhi. D'improvviso, Nicholas desiderò potersi rimangiare quelle parole, il che era assurdo, perché aveva detto il vero. Non erano amici. Erano soci in quella impresa. Perciò continuò. «Come tale, ho pensato alla vostra terza lezione. Ho visto nel vostro cartoncino che avete incontrato Lord Holt.»
«Sì» rispose lei, dirigendosi al tavolo delle bevande. «Ci ha presentati vostra zia. A quanto pare, ha sentito parlare dell'agenzia e spera di trovare una compagna.»
Una ricca, da quello che aveva sentito dire lui. «E lo avete trovato bello come gran parte delle donne?»
«Immagino di sì. Sebbene sia un peccato per lui.»
Nicholas si accigliò confuso. «Perché?»
«Per via della lezione numero due, è ovvio. È bello, quindi va da sé che sua moglie non sarà... be'...» Briar arrossì. «Soddisfatta.»
«Già, non dimenticatelo mai.» Nicholas sentì che un sorriso gli stava piegando le labbra, ma lo soffocò e prese due tazze dal tavolo, passandogliene una mentre si spostavano verso un angolo. Allora si guardò attorno per accertarsi che non ci fosse nessuno a portata d'orecchio. «Per la terza lezione voglio che amoreggiate con Holt e vediate se cercherà di baciarvi.»
«Cosa?»
«Avete sentito.» Aveva l'amaro in bocca e la limonata tiepida e agra lo peggiorò. «È un gioco che gli uomini e le donne praticano spesso quando cercano un compagno.»
«L'Agenzia Bourne non crede che l'amore sia un gioco.»
«Forse no, ma vi capiteranno clienti che hanno esperienza con questo tipo di raggiro, quelli che sono innocentemente curiosi, ma anche quelli che useranno ogni mezzo necessario per procurarsi un coniuge. È vitale che capiate con chi avete a che fare, perché non voglio che i miei cugini sposino questi ultimi. Vista la vostra natura ingenua e sognatrice, non vi verrebbe nemmeno in mente di osservare una tale caratteristica.»
«Mi sottovalutate» bisbigliò Briar, le spalle tese, lo sguardo fisso sulla tazza che stringeva con entrambe le mani.
Lui bevve l'ultimo sorso di quella bevanda disgustosa e continuò. «Ho visto che il nome di Holt era segnato accanto al valzer.»
«Quindi?»
Nicholas cercò di essere indifferente, ma sentì i suoi tratti che si tendevano. «Di sicuro commenterà sul caldo nella sala e vi offrirà di accompagnarvi in terrazza per un po' d'aria. Vi porterà verso un punto lontano dalle porte dicendo che il silenzio è necessario per parlare. Ma non sarà lì per parlare. Commenterà invece il chiarore della luna riflesso nei vostri occhi, si avvicinerà e... vi bacerà.»
«Non potete saperlo» sibilò lei, la furia in ogni sillaba.
«Invece sì, perché i libertini pensano allo stesso modo.» Abbassò lo sguardo sulle sue labbra tentatrici e capì che Holt non avrebbe potuto resisterle.
«Se è vero, allora ho avuto già abbastanza esperienza di questi raggiri da quando ho incontrato voi.»
«No. Deve essere qualcun altro. Qualcuno con cui non avete tanta familiarità.» Distolse lo sguardo dagli occhi feriti di Briar. «Non preoccupatevi, non cercherà di ottenere più di un bacio. Da quello che so, deve sposare un'ereditiera che lo salvi dai debiti, perciò non può rischiare la vostra reputazione. Tuttavia, stiate in guardia... non immergetevi troppo nell'esperienza.»
«A quanto pare avete pensato a tutto.» Con una calma allarmante, Briar si girò e versò la limonata nel vaso di una palma. Gli passò quindi la tazza, un sorriso falso stampato sul volto. «E se non lo volessi baciare? Da quello che so, sono pur sempre libera di decidere per me stessa.»
«Vero. Potete rifiutare o fuggire. Oppure...» Deglutì. «Accettare, se volete. A me non importa. Avete dimostrato di lasciarvi distrarre troppo facilmente da quella che considerate un'amicizia. Sarebbe una cattiveria da parte mia ingannarvi. Come ho detto prima, il nostro non è altro che uno scambio di servizi: i miei insegnamenti per gli eventuali matrimoni dei miei cugini.»
«Allora permettetemi di assicurarvi ancora una volta che non mi innamorerei mai di voi, sciocco arrogante. Questo accordo per me è puramente accademico e niente più.»
Nicholas fu lieto che si fosse allontanata in tutta fretta, perché, se non lo avesse fatto, lui avrebbe reagito d'impulso: avrebbe rivendicato quel valzer per sé e le avrebbe mostrato esattamente come si comportava un libertino.
Briar non aveva mai immaginato che una persona potesse essere furiosa mentre danzava il valzer, eppure lo era. Il sangue le batteva nelle orecchie mentre Lord Holt la guidava piroettando per la stanza.
Avrebbe preferito fosse stato Nicholas, così da strozzarlo con le proprie mani.
Che faccia tosta! Credeva di essere così astuto da potere descrivere le azioni di Lord Holt. Be', non vedeva l'ora di dirgli che il giovane non aveva nemmeno tentato di allontanarla dall'occhio protettivo di Mrs. Prescott e il valzer era quasi fin...
«Vi andrebbe di uscire in terrazza, Miss Bourne?» le domandò Holt, la sua cadenza vellutata e indolente che si mescolava con i passi intimi del ballo.
Briar tornò a concentrarsi sul compagno di danze.
Era un bel diavolo, senza dubbio, ma con quell'aria di indifferenza languida era impossibile crederlo capace di freddi calcoli.
In ogni caso, ebbe a malapena il tempo di annuire che con agilità la fece girare, per scomparire con lei dietro vasi di palme lungo un passaggio che non aveva nemmeno notato. E prima che potesse rendersene conto, si ritrovarono in terrazza.
Come Nicholas aveva previsto, non c'era nessuno. Gli altri stavano ancora attendendo che il valzer terminasse prima di andare a cena. E così, a quanto pareva, il momento fatidico era arrivato.
Lord Holt l'avrebbe davvero baciata?
«È caldo anche qui. Forse se ci spostassimo nell'angolo più lontano, troveremmo un po' di brezza» propose lui, guidandola con la mano sulla parte bassa della schiena, ogni movimento esperto.
Nicholas aveva avuto ragione anche a quel riguardo e per questo lo odiò.
«Qui va bene?» le domandò Holt, lui stesso accigliato. «Se preferite rientrare...»
«Niente affatto» rispose Briar, allontanando per il momento il fastidio. «Sono grata per questa tregua dal caldo soffocante.»
«Già. Adesso provo pietà per quegli agnelli arrostiti sullo spiedo.» Holt ridacchiò e si passò un dito tra il collo e il fazzoletto, rivelando così che ne indossava un secondo, di seta nera, sotto quello bianco.
«Perché indossate due fazzoletti?»
«Di norma non lo faccio, ma le madrine mi avrebbero negato l'entrata senza quello bianco, mentre io per principio ne indosso sempre uno nero. Si potrebbe dire che sono in un periodo di pre-lutto, consapevole del fardello che mi verrà imposto un giorno.» Un ghigno impenitente gli sollevò un angolo della bocca. «Inoltre, la sola vista manda in bestia mio padre. Perciò, va da sé che non possa farne a meno.»
Pensando che stesse scherzando, gli sorrise. «Be', allora dovrete trovarvi una moglie ricca il prima possibile.»
Fortuna voleva che l'agenzia avesse una candidata, una certa Miss Throckmeyer dell'Hampshire che possedeva una fortuna di quarantamila sterline. Che colpo sarebbe stato combinare quell'incontro!
«Non mi capita spesso di trovare una donna che va dritta al cuore della questione. Mi piace.»
«Mio zio ha aperto l'Agenzia Matrimoniale Bourne per aiutare quanta più gente possibile. Sebbene per necessità dobbiate sposare un'ereditiera, noi ci assicureremmo che troviate una sposa che condivida i vostri interessi. Tutti meritano di provare quella scintilla che scatta solo con il compagno perfetto.»
«Non solo carina, ma anche di un'intelligenza unica. Non avete per caso una bella fortuna nascosta da qualche parte, vero?» Gli occhi sensuali del giovane erano concentrati su di lei e il suo ghigno divenne un sorriso che le avrebbe sciolto pure la camiciola.
Bellezza divina! Esisteva donna al mondo capace di resistere a un tale libertino?
«Una dote misera, temo» gli rispose con un risolino acuto che non aveva mai emesso prima di allora.
«Allora siamo entrambi nella stessa barca, non è vero?» Holt le si avvicinò, appoggiando la mano sulla balaustra accanto alla sua. «Alla ricerca della persona speciale che è fuori dalla nostra portata, ma così vicina che quasi ne sentiamo il sapore.»
Oh, cielo! Era proprio bravo. Le venne un leggero capogiro e il cuore le batté forte, sebbene più per l'agitazione che per la trepidazione. Con Nicholas, aveva provato un certo conforto avendo stabilito da subito delle regole. Con Holt invece si sentiva incerta. L'unica cosa a cui poteva aggrapparsi era ciò che Nicholas le aveva detto che sarebbe successo.
«Allora, ditemi, come funziona l'agenzia di vostro zio?»
«Innanzitutto vi registreremo come cliente e poi confronteremo le vostre risposte con altre che abbiamo archiviato...»
«Interessante» commentò Holt, convincentemente attento, avvicinandosi ancora.
«Quindi organizzeremo un incontro per vedere se siete compatibili.»
«La compatibilità è molto importante.»
Briar deglutì. L'avrebbe presa per mano, tirata a sé e baciata. E lei glielo avrebbe permesso, decise. Magari le sarebbe piaciuto.
Di certo le sarebbe piaciuto dire a Nicholas quanto il bacio di Holt fosse stato superiore al suo... qualsiasi fosse stato il risultato.
Le ultime note del valzer li raggiunsero, portate da una corrente d'aria, scandendo il tempo. Si sarebbero presto accorti della sua assenza. Holt doveva sbrigarsi.
Si sporse in avanti per incoraggiarlo e lui piegò il capo, una domanda negli occhi.
Sì, gli rispose sollevandosi sulla punta dei piedi. Si ritrovò tuttavia in equilibrio precario. Per non cadere in avanti, fece scorrere la mano sulla balaustra. Il guanto tuttavia si impigliò e allo stesso tempo la sua scarpetta inciampò sul bordo di una pietra. Tutt'a un tratto, stava cadendo.
Oh, cavolo. Holt sgranò gli occhi un istante prima di afferrarla per le spalle e sorreggerla a una sconveniente distanza da sé.
Briar doveva prendere in mano la situazione. Gli afferrò i baveri della giacca e premette la propria bocca sulla sua. D'impeto.
Non era stata sua intenzione essere tanto aggressiva, ma era stata spinta dallo slancio. E perciò si ritrovò a conquistargli la bocca. Tuttavia il naso del giovane non scivolò accanto al suo. Le sue labbra erano calde, ma non avevano lo stesso sapore di quelle di Nicholas. L'odore della sua pelle non le ricordava un caldo pomeriggio autunnale, né le annodava lo stomaco.
Sebbene quel contatto fosse piacevole, non stavano condividendo la stessa esperienza.
Gradualmente lui la allontanò da sé, l'espressione imbarazzata. «Miss Bourne, mi scuso se vi ho dato l'impressione di avervi chiesto di uscire per un motivo che non fosse quello di discutere dell'agenzia di vostro zio.»
«Non ne avevate?»
«Siete un bocconcino allettante, ma non sono il tipo che si lascia trasportare dall'entusiasmo.»
Fu travolta da un'ondata di imbarazzo. «Intendete dire che non volevate baciarmi?»
Lui ridacchiò. «Le vostre labbra sono appetitose, ma purtroppo non mescolo mai gli affari con il piacere. Troppo complicato. Viste le circostanze, forse è meglio che non mi iscriva all'agenzia.»
Briar era mortificata. E, a peggiorare le cose, era chiaro che il nastro dopotutto non era un portafortuna.