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L'ambizione, nonché l'amore, era stata probabilmente mortificata.

Jane Austen, Emma

Più tardi, quella sera, Ainsley entrò nella biblioteca, portando con sé un silenzio greve che rese la stanza opprimente. Briar capì che l'argomento della conversazione sarebbe stato John Cartwright.

«So che hai incontrato Mr. Cartwright oggi pomeriggio» cominciò la sorella con un sospiro rassegnato.

Poiché era ancora arrabbiata per essere stata tenuta all'oscuro, lei non rispose subito, ma continuò a studiare le mensole, passando le dita sui dorsi dei libri. Era lì per trovarne uno sui fazzoletti da collo per completare il travestimento per l'uscita con Nicholas della settimana successiva e non intendeva lasciarsi distrarre.

Tuttavia la rabbia crebbe in lei e non riuscì più a rimanere zitta. «È molto più grande di quanto avessi immaginato. È questo il motivo per cui non hai mai voluto parlarmi degli altri figli di nostro padre? Perché credevi che non fossi pronta ad affrontare l'enormità del suo tradimento?»

«In parte. Ma, a dirti la verità, credo che non volessi affrontarla io. Sono ancora arrabbiata per quello che è successo e non sarebbe stato corretto parlarne con te.»

Si girò per affrontare la sorella. «Perché no?»

Ainsley distolse lo sguardo e lo diresse verso un vaso di felci su un piedistallo vicino. Lo raggiunse e cominciò a staccare le foglie morte. «Perché preferisco affrontare le difficoltà a modo mio, senza opprimere gli altri.»

«Mmh...» mormorò Briar, credendo che fosse solo parte della verità. Tuttavia non insistette. Non era quello il momento di suggerire di mandare un invito al fratellastro per conoscerlo meglio. Decise invece di cambiare argomento. «Pensavo di organizzare un incontro con i potenziali partiti per Temperance e suo fratello, qui, la settimana prossima.»

Ainsley non sembrò sorpresa, ma mostrò un'espressione scontenta. Secondo Briar, la sorella la indossava troppo spesso. Se ricordava bene, aveva un sorriso meraviglioso. Era un peccato che lo donasse con tanta avarizia.

«E dove hai trovato questi partiti, tra i nostri clienti?»

«Ho pubblicato un annuncio sul Post» le rispose Briar, sospettando che già lo sapesse.

La sorella staccò le foglie con più aggressività. «E ti sei presa il disturbo di svolgere indagini su di loro?»

«No, speravo di riempire l'agenzia con tagliaborse e assassini e presentarli tutti ai miei più cari amici.» Sollevò gli occhi al cielo. «Durante la settimana, mi sono presa la libertà di compilare i loro moduli e poi ho consegnato tutto a Jacinda perché indagasse. Quando non ha trovato nulla di criminale, ho deciso di invitarli.»

«Avrei voluto che me ne parlassi. Ti avrei aiutata a trovare qualche altro gentiluomo per Miss Prescott tra i nostri clienti.»

Briar stava per dirle che non voleva il suo aiuto, però quando vide lo sguardo ferito della sorella, ringoiò tutto. «Ho scartabellato il nostro elenco all'inizio della Stagione, tuttavia nessuno dei nostri clienti interessava a Temperance.»

Ainsley annuì, quindi raccolse le fronde marroni e andò a gettarle nel camino. Briar si sentì in colpa per avere agito a sua insaputa, ma non aveva voluto rischiare che prendesse il comando.

Tuttavia, non era da lei lasciare discordia tra loro. Trovò quindi una soluzione. «Ho un problema, però. Vedi, Daniel è piuttosto timido e non parteciperebbe mai se sapesse che ad attenderlo c'è un gruppo di donne che vuole conoscerlo. Quindi, una volta che avrà scortato Temperance, pensavo che tu potresti portarlo a fare un giro della casa, insieme a una manciata di possibili clienti, arrivate con invito.»

«Non avrà idea del motivo per cui è qui?»

«No. È sentimentale per natura e preferirebbe incontrare la sua sposa per caso» le spiegò.

«E va bene. Non posso però garantirti risultati in queste condizioni.»

Briar sapeva che Ainsley non avrebbe abbracciato un'iniziativa che non fosse sua, ma almeno era disposta ad aiutarla. Le sarebbe bastato.

Quando il giorno arrivò, Temperance convinse il fratello a non andarsene, pregandolo di restare nel caso le fosse venuta urgenza di scappare via. Da fratello coscienzioso, lui accettò di accompagnare Ainsley in un giro della casa e del giardino, dove, per caso, quattro giovani stavano prendendo il tè.

In salotto, lo zio Ernest si occupò delle presentazioni, con Temperance radiosa in un abito a righe gialle. I quattro gentiluomini che giravano per la stanza erano piuttosto strani, ma magari uno di loro si sarebbe rivelato un diamante ancora grezzo.

Briar sperò che quel giorno si sarebbe rivelato un successo strepitoso.

Sfortunatamente, quelle speranze erano destinate a una morte crudele. Ne ebbe il primo indizio quando arrivò al fianco dell'amica, che stava coraggiosamente cercando di chiacchierare con Lord Fortescue. Era alto e magro, piuttosto irrequieto, e tendeva a dondolare da un piede all'altro mentre con lo sguardo passava in rassegna i presenti nella sala. Era come se si aspettasse un improvviso attacco combinato.

Quando Temperance gli chiese se il suo viaggio era stato tranquillo, Lord Dondolio rispose in maniera strana. «Siete sempre così curiosa? Secondo me le persone curiose sono quelle che hanno più da nascondere. C'è qualcosa che non mi state dicendo, Miss Prescott?»

«Visto che ci conosciamo a malapena da trenta secondi, immagino che ce ne siano molte, milord» rispose Temperance. Cercò di fingere una risata, che però sembrò piuttosto un nitrito.

Briar colse l'occasione per liberare l'amica. «Oh, santo cielo, Miss Prescott ha bisogno di un goccio di tè per la gola. Vi prego, scusateci, Lord Don... Fortescue.»

Allontanandosi dall'uomo, Temperance strinse i denti in una parvenza di sorriso e mormorò: «Non lasciarmi sola. Mai».

Lei trattenne una risata. «Nemmeno per un istante.»

Incontrarono quindi il Dolce William. Ovviamente non era il suo vero nome, ma dopo il loro incontro, Briar non riuscì a pensare a lui in altra maniera.

Mr. Dougherty era un giovane timido e dal volto arrotondato, quasi calvo se non per un ciuffo di capelli sulla fronte del colore del burro. Solo dopo pochi minuti, guardò con aria adorante Temperance e le disse: «Mi ricordate mia madre».

Questa lanciò uno sguardo allarmato verso Briar. «Oh... grazie, Mr. Dougherty.»

«Lei mi chiamava William» continuò lui con un sorriso impacciato. «Potete farlo anche voi.»

«Non credo che sarebbe appropriato, Mr... Oh, e va bene, William

E allora il povero Dolce William scoppiò a piangere. Briar gli passò un fazzoletto prima di prendere Temperance per il braccio e procedere verso il disastro successivo.

Raggiunsero quindi lo zio Ernest, seduto con il robusto Capitano Cantrell sulle poltrone di fianco al tavolino con il vassoio delle limonate e dei biscotti. L'uomo stava parlando dell'importanza dell'attività sportiva per rimanere in salute. Lo zio, che amava le passeggiate al parco e che raramente sollevava qualcosa di più pesante della mano di una donna per baciarla, semplicemente annuì.

Imperturbato, il capitano continuò, apprezzando chiaramente l'attività sportiva e il suono della propria voce. Interruppe tuttavia quella sua conversazione per rivolgersi a Temperance, un sopracciglio biondo inarcato dallo sdegno. «È il secondo biscotto che mangiate, Miss Prescott.»

Questa guardò Capitan Controllo con occhi di brace, quindi infilò in bocca l'ultimo pezzetto del biscotto. «In realtà, è il terzo.»

Briar per poco non applaudì. L'amica aveva articolato ogni sillaba senza perdere nemmeno una briciola. Brava!

Lo zio Ernest si schiarì la voce, l'espressione indurita. «Mi aspetto che i gentiluomini in questa casa si comportino con decoro.»

Capitan Controllo si stampò un sorriso in faccia che lo fece apparire come qualcuno indisposto di stomaco. «Anche se, per essere una ragazza tanto grossa, vi muovete con grazia sorprendente.»

Briar, che gli era seduta vicino, si alzò d'impeto e accidentalmente gli rovesciò la limonata addosso.

Lo zio Ernest gli indicò la cucina. Con un po' di fortuna, Mrs. Darden lo avrebbe gettato nella spazzatura.

Il quarto gentiluomo era un mezzo zotico, con gli stivali impolverati e l'odore dei maiali non troppo lieve che si alzava dai vestiti. Era fermo con i pollici infilati nei taschini del panciotto. «Non sarete mica una di quelle intellettuali, vero?»

Briar ringoiò una risata dinnanzi all'immane tragedia di quel pomeriggio. «Temo che Miss Prescott abbia ricevuto un'ottima istruzione.»

Quell'informazione bastò a Lord Porcino, che sbuffò sdegnoso e se ne andò.

Dolce William salutò lacrimoso Temperance, promettendole di scriverle. Lord Dondolio uscì dalla stanza, fermandosi sulla soglia per controllare il corridoio prima di dirigersi verso l'ingresso. E proprio allora, quando lo zio Ernest stava per chiudere la porta, entrò un altro uomo.

Con i cinque figli al seguito.

Lord Tittelwurst si presentò, lanciò un'occhiata verso Temperance e disse: «Andrete bene».

Briar non riuscì più a trattenersi. Gli occhi cominciarono a lacrimarle, si girò verso l'amica e singhiozzò.

E allora scoppiarono entrambe a ridere.

Poco più tardi, Briar scoprì che Daniel aveva preferito aspettare da solo nella biblioteca dopo essersi sorbito un veloce giro di presentazioni con le donne in giardino.

«Le giovani che avevano risposto all'annuncio erano piuttosto... ansiose» la informò Ainsley sulla soglia del portone mentre guardavano la carrozza di Daniel e Temperance che si allontanava.

«Quanto ansiose

«Un'orda vorace, la definirei.»

Santo cielo. Forse gli annunci non erano lo strumento più adatto.

Nicholas si trovava all'ingresso a sfogliare le lettere sul vassoio quando i cugini rientrarono. Un'occhiata al pallore, al fazzoletto da collo storto e ai capelli scompigliati di Daniel e capì che il pomeriggio all'agenzia non era andato secondo i piani.

Fu travolto dalla disperazione e il senso di colpa gli riempì di un gusto amaro la bocca. La Stagione era quasi conclusa e ancora né le cene organizzate da lui e Temperance né i pochi incontri casuali al parco avevano funzionato.

«È un vero manicomio in quella casa» sbuffò Daniel. «Proprio non so come Miss Bourne riesca a mantenere una disposizione tanto allegra in mezzo a quei clienti. Per la miseria, sono creature selvagge, una tribù di cannibali propria di Londra.»

«Come sei drammatico. Non può essere stato tanto terribile, dopotutto non eri in salotto con me» intervenne Temperance.

«No. Sto minimizzando l'episodio solo per rispetto delle tue orecchie. Credimi quando ti dico che avrei preferito avere a che fare con una decina di Dolci William piuttosto che con l'orrore che mi sono ritrovato ad affrontare. Sono ricoperto da così tanto profumo e belletto che potrei aprire un negozio. Devo cambiarmi.» E senza aspettare un secondo in più, si diresse verso le sue stanze.

Nicholas era combattuto tra la confusione e lo sconforto. «Dolci William?»

«È una storia lunga.» Temperance sdrammatizzò con un cenno della mano, guardando le lettere che stringeva in mano. «Oh, quella è per me, ne sono sicura.»

Nicholas vide che il mittente era Mr. John Cartwright. Si accigliò, pensando a Briar.

La cugina la prese e la sua espressione passò dall'allegria allo stupore quando, anche lei, lesse il nome. Non perse tempo a spezzare il sigillo e ad aprire la busta, consumando ogni parola in un baleno. «Una lettera bellissima. Una calligrafia armoniosa e decisa.»

«Una lettera bellissima? Ma se non ci sono più di sei righe.»

«Certi uomini fanno della brevità un'arte» sospirò lei. «Sì, una lettera eccellente.»

«E che cosa vuole Mr. Cartwright?»

«Portarmi via nel Mediterraneo per imboccarmi con le olive.» La cugina nascose la lettera alle spalle quando lui cercò di strappargliela di mano e rise sbarazzina. «Vuole solo che gli presenti Lady Penrose, nel caso voglia vendergli uno dei suoi cuccioli.»

«Ah.» Si sentì meglio a quella notizia. Tuttavia temeva che quella conoscenza potesse turbare Briar e voleva proteggerla. «Poiché Lady Penrose è la mia vicina, forse dovrei rispondergli io.»

«Perché mai dovresti farlo tu, che nemmeno gli sei stato presentato? Ha scritto a me. Di certo non obietterai a un semplice scambio di corrispondenza.»

«No. Pensavo solo che avresti voluto avere un momento di libertà per cambiarti prima di cena. Viene anche la tua amica, no?»

Nicholas sapeva già la risposta. Era tutta la settimana che attendeva quella serata. Era inoltre in apprensione per l'uscita alla caffetteria, sicuro che nessun completo avrebbe fatto assomigliare Briar a un uomo.

«È vero, ma Briar è stata qui tante volte. Stasera non è diversa dalle altre; inoltre mia madre ha già approvato il menu e la messa in tavola. Perciò ho tutto il tempo di scrivere a Mr. Cartwright.»

Nicholas ebbe il sospetto che quella sarebbe stata solo la prima di una lunga serie di lettere. Tuttavia, non sarebbe stato lui a parlarne con Briar. Soprattutto non quella sera.