«Non è mai troppo presto per quello che è giusto fare.»
Jane Austen, Emma
Briar aveva saputo che sarebbe stata solo questione di tempo prima che Ainsley venisse a conoscenza della sfida.
Sfortunatamente, quello che era iniziato come un rivolo che aveva portato con sé nuove clienti dopo la serata all'Opera era diventato una marea di curiose, più interessate ai pettegolezzi che non a diventare clienti.
«Che cosa cerca Lord Edgemont in una sposa, di preciso?» domandò Miss Carrigan, seguendo Ainsley per il corridoio.
Impegnata com'era a portare un vassoio in salotto, Briar si fermò di colpo, facendo tintinnare le tazze e i piattini.
Anche la sorella si fermò. Si girò lentamente e il suo sguardo passò sopra le spalle di Miss Carrigan per puntarsi su di lei con la precisione di un arciere. «Allora è vero?»
Solo tre parole, che caddero come macigni, appesantiti dalla delusione. A quanto pareva, Ainsley ne aveva già sentito parlare, ma doveva averle dato il beneficio del dubbio. Il che rese ammettere la verità ancora più difficile.
«Dovevo difendere l'onore della nostra famiglia» rispose Briar con un sorriso teso, non credendo realmente a quella scusa. Soprattutto perché era stato il suo errore ad averlo macchiato in prima istanza.
Ainsley incrociò le braccia. «E? Progressi?»
Briar deglutì. «Non esattamente.»
Dubitava che la sorella sarebbe stata lieta di sapere delle sue lezioni o del fatto che aveva accidentalmente cominciato a innamorarsi dell'oggetto della sfida. E che ogni volta che pensava di trovare una donna alla quale Nicholas non avrebbe resistito provava l'impulso primordiale di colpire in testa con un candeliere ogni possibile candidata.
Ainsley allora le passò accanto ed entrò nel salotto. «Se le debuttanti presenti sono qui per redigere un'iscrizione solo per Lord Edgemont, mi dispiace dovervi dire che il conte non è nostro cliente e, per quello che so, non è nemmeno alla ricerca di una moglie.»
La marea di curiose, inclusa Miss Carrigan, se ne uscì con un'ondata di mormorii scontenti, lasciandosi alle spalle briciole e di tazze vuote.
Ainsley si diresse quindi verso il proprio ufficio e chiuse la porta senza pronunciare un'altra parola.
Jacinda, arrivata tardi alla festa e più pallida del solito, si appoggiò allo stipite della porta. «Cos'è successo?»
«Ho di nuovo combinato un gran pasticcio» rispose Briar, posando il vassoio sul tavolo a mezzaluna accanto a lei.
Mrs. Tisdale uscì dal salotto con l'ultimo misterioso lavoro ai ferri drappeggiato sulla spalla come uno strascico reale. «Ma preparate un ottimo tè, cara. Non tutti ci riescono.»
Briar annuì, sapendo che la donna parlava con la migliore delle intenzioni, affinché non si sentisse demoralizzata.
«Andrà tutto bene alla fi...» Jacinda d'improvviso si portò una mano sullo stomaco, stringendo la mussola verde mentre un velo di sudore le copriva il volto.
«Dovresti sederti. Temo che potresti rimettere.»
La sorella chiuse gli occhi, appoggiando la fronte alla parete. «Se ho imparato qualcosa negli ultimi quattro giorni è che non è questione di possibilità. Ma una certezza.»
«Preparatele una tazza di tè con tanto zucchero.»
«A Jacinda non piace con lo zucchero» rispose lei, versando il tè in una tazza pulita.
«Sarà anche vero» ribatté Mrs. Tisdale , schioccando con affetto la lingua, «ma al piccolo piacerà dolce, credetemi.»
«Il pic...» dissero Briar e Jacinda all'unisono, gli occhi sgranati.
Qualche secondo dopo, Ainsley uscì dall'ufficio, le mani sulla bocca, gli occhi luminosi. «È vero?»
Jacinda abbassò lo sguardo, la mano sullo stomaco non più stretta a pugno ma allargata con fare protettivo. «È possibile, immagino. Però Crispin e io siamo sposati da poco» mormorò arrossendo fin sulle punte delle orecchie.
Briar prese allora una zolletta di zucchero e l'aggiunse al tè. «Ecco, bevi.»
«Perché siete tutte nel corridoio? È successo qualcosa?» domandò lo zio Ernest, uscendo dall'ufficio e infilandosi una lettera nella tasca della giacca.
«Stiamo guardando Jacinda che beve il tè» rispose Mrs. Tisdale con aria compiaciuta. Lei e lo zio non si erano ancora presi in simpatia, ma si poteva sempre sperare. «È lampante. Chiunque lo vedrebbe.»
O forse no.
Jacinda bevve bei sorsi, quindi sospirò e sorrise. «Devo dire che mi piace anche dolce. Briar, prepari davvero un ottimo tè. Ma ora vi prego di scusarmi, devo andare dall'altra parte della città per vedere mio marito.»
Prima di partire, diede un bacio sulla guancia a tutti.
Alla fine della giornata, dopo che il Duca di Rydstrom ebbe logorato il tappeto fuori dalla camera della moglie, il dottore confermò il sospetto. Il bambino sarebbe nato nell'anno nuovo.
Briar sarebbe diventata zia! Ricevette la felice notizia poco prima di partire con lo zio Ernest per andare alla cena settimanale dalla Duchessa di Holliford.
«Tua madre sarebbe stata orgogliosa di vedere le sue figlie diventare giovani donne così belle e realizzate» le disse lo zio in carrozza. «Avete investito tanto nella nostra piccola impresa. E che fortuna abbiamo avuto...»
Briar avrebbe potuto argomentare che i suoi sforzi fino a quel momento erano solo falliti, ma tenne quella considerazione per sé. Decise di usare quei fallimenti per alimentare la sua determinazione. Dopotutto, aveva ancora speranze per Temperance e Daniel e non si era nemmeno data per vinta con Mrs. Tisdale e suo figlio.
Ma poi c'era Nicholas, pensò, combattuta.
Ogni volta che immaginava di presentargli l'altra metà della sua anima, la donna che avrebbe amato per il resto della vita, non erano ondate di gioia a scorrerle nelle vene. Sentiva piuttosto di avere un vulcano che le borbottava dentro e l'acido le saliva in gola.
La violenza di quelle sensazioni l'allarmava. Come poteva impegnarsi a trovargli una moglie quando lo desiderava per sé?
Oh, cavolo!
«Non hai mai perso di vista il tuo obiettivo» continuò lo zio Ernest, ignaro di come avesse appena contraddetto i pensieri turbolenti della nipote più piccola. «Assicurare la felicità altrui, che invece a tua madre è mancata.»
Briar aveva imparato dalla tragedia della madre che scegliere l'uomo sbagliato portava alla miseria.
Rifiutava che il suo cuore compisse lo stesso errore.
L'unica risposta a quel rompicapo era smettere di innamorarsi di Nicholas. Subito.
Dopotutto, per lui, lei non era altro che l'intermediaria che avrebbe trovato coniugi per i suoi cugini, e il loro accordo non era che uno svago. Fin dall'inizio, la sua regola era stata quella di non innamorarsi di lui.
Perciò, avrebbe accantonato quei pensieri sognatori. Inoltre, avrebbe limitato i contatti con lui, tenendolo lontano dagli occhi, così come faceva con i dolci per non divorarli tutti. Era solo una questione di autocontrollo.
Annuì determinata e, una volta raggiunta la residenza della duchessa, aveva deciso tutto.
O perlomeno lo pensava, finché lo zio Ernest non l'aiutò a scendere sul marciapiede. «Ah, credo che quello che sta arrivando sia Lord Edgemont.»
Briar si voltò, vide la carrozza nera lucida e i suoi propositi si frantumarono.
Era troppo presto. Non aveva ancora accettato il fatto che si stesse innamorando di lui, figurarsi avere il tempo di erigere una difesa contro quelle emozioni.
Sapendo che lo zio lo avrebbe aspettato, disse: «Io intanto entro per... sfuggire a questo tempo inclemente». Si sventolò con le dita guantate, come se credesse che dentro ci sarebbe stata una tregua a quel caldo asfissiante. Per fortuna, lo zio non la contraddisse.
Aveva solo bisogno di alcuni istanti per prepararsi. Una volta in compagnia della duchessa, sperava che avrebbero intrattenuto una conversazione che non avrebbe avuto nulla a che vedere con le questioni del cuore.
Ma non fu tanto fortunata.
«Come procede la vostra ricerca di un marito, mia cara?» le domandò la donna, dandole il benvenuto con un sorriso affettuoso.
«C-come dite, Vostra Grazia?»
«Per la vostra amica, Miss Prescott.»
«Oh, ma certo.» Briar accettò con gratitudine un bicchiere di limonata da un valletto. «Sta progredendo, ma più lentamente di quanto avessi sperato. Da quello che so, questa settimana è andata al museo con un gentiluomo. Sebbene non mi abbia descritto i particolari, mi è parsa contenta dalla lettera.»
Era sicura che ne avrebbe saputo di più durante un incontro in cui avrebbero potuto parlare liberamente. Magari quando i suoi pensieri non fossero stati tanto confusi.
E allora, come se i suoi occhi fossero stati di metallo e Nicholas fosse stato una calamita potentissima, il suo sguardo saettò verso la porta nell'istante stesso in cui lui vi apparve. Era assolutamente da ricoprire di baci. Per la miseria!
«Splendido. E che mi dite di Mr. Prescott?»
«Mi aspettavo risultati migliori. In realtà, non so se ho ottenuto nulla di produttivo, se non mitigare la sua timidezza.»
«E Lord Edgemont? Siete riuscita a convincerlo a diventare vostro cliente? Mi è arrivata voce che avete accettato una sfida simile.» La duchessa sbuffò, ma quando Nicholas le giunse al fianco, c'era un bagliore affettuoso nei suoi occhi.
Lui baciò la madrina sulla guancia, quindi chinò il capo verso Briar, lo sguardo caldo, che alludeva a una consapevolezza intima. «Vi prego, non lasciate che vi interrompa. Stavate dicendo, Miss Bourne?»
D'improvviso, i pensieri di Briar furono inondati dai ricordi del loro incontro in carrozza. Era stata impudica e doveva avergli detto di non fermarsi almeno una decina di volte. E lui, rammentò con un formicolio accalorato, le aveva obbedito deliziosamente.
Bevve un sorso di limonata, cercando di raffreddare quei pensieri. Dopotutto, era venuto il momento di affrontare la verità, non di rievocare al passato.
Decisa, drizzò le spalle. «All'inizio, sono stata così arrogante da credere che avrei potuto trovargli una sposa irresistibile.»
«E ora?» le domandò la duchessa.
«Be', durante la nostra breve conoscenza, non ha mai indicato il desiderio di una tale unione. A meno che in lui non avvenga un ripensamento miracoloso, temo che le mie mani siano legate. Perciò la sfida è persa.»
Ecco. Lo aveva detto.
La duchessa guardò Nicholas. «Non siete ancora disposto ad abbracciare l'idea di avere una moglie e una famiglia?»
Lui resse lo sguardo di Briar per un momento, i suoi occhi che si trasformavano dal color ebano licenzioso a quello del cacao vellutato al quale si era appassionata tanto di recente. Troppo.
«Temo che Miss Bourne abbia ragione e se l'intermediaria più sognatrice del mondo non riesce a convincermi a prendere moglie, credo che non ci riuscirà nessuno.»
E quella era la lezione più importante di tutte.