30

«Avete l'aria di chi non rifarebbe più una cosa del genere.»

Jane Austen, Emma

Prima che potesse essere tentato dagli scenari creati da Briar, Nicholas mandò a chiamare la carrozza.

«Un calesse?» Lei lo guardò ironica quando uscirono alla luce del sole. «Non potevi scegliere un veicolo più aperto e accogliente di questo?»

Le strinse giocosamente la vita quando l'aiutò a salire. «Strano, pensavo ti piacessero i giri in calesse. O forse la mia compagnia non è gradita quanto quella di Mr. Woodlyn?»

«Credo tu conosca già la risposta. Ma se stai cercando di assicurarti che la mia reputazione sia al sicuro, credo che ti stia dimenticando un piccolo dettaglio.»

Nicholas si schiarì la voce. «Piccolo?»

Briar arrossì. «Non quello, ovviamente. Intendo il fatto che abbiamo lasciato Temperance e Daniel con un landò chiuso.»

«Che al momento ha una ruota rotta per via della nostra folle corsa e non volevo aspettare che venisse riparata.» Nicholas salì sul sedile al suo fianco e rilasciò il freno.

«Ma dove si siederà Daniel? Di certo non sulla panca.» Si guardò alle spalle e studiò la piattaforma non più grande di una sacca.

«Dovrà tenersi stretto.»

«Sembri molto più sicuro di lui. Quando all'inizio mi chiedesti di trovargli una sposa, ebbi l'impressione che non avessi molta fede nelle sue capacità.»

«Per quanto riguarda quella di trovarsi una moglie, non ce l'ho. Ho ancora bisogno di te.»

Briar si portò una mano dietro l'orecchio scherzosamente. «Scusa, potresti ripetere?»

«Ho ancora bisogno...» Nicholas si fermò non appena vide il suo sorriso insolente. «Monella.»

Era chiaro che Briar intendesse metterlo in ginocchio. Sarebbe bastata la spinta di un dito e lui sarebbe caduto. Giù da una rupe.

Non sarebbe sopravvissuto alla caduta. Non con lei.

Almeno con Marceline aveva avuto l'amarezza e l'odio ad aiutarlo ad andare avanti. Ma Briar era solo luce e risa. Gioia schietta e speranza.

Quando abbassò lo sguardo sulla sua testa appoggiata sulla spalla, fu sopraffatto dal bisogno di tenerla lì al proprio fianco.

«Briar» cominciò, soppesando ogni parola, «perché decidesti di accettare la sfida di trovarmi una moglie, sapendo che ero un libertino?»

«Per via di una cosa che mi disse quella donna, riguardo a quanto amassi la tua famiglia. Sapevo che un uomo del genere non sarebbe stato mai del tutto irrecuperabile.»

Quando lei sollevò il capo per sorridergli, fu colto da una sensazione di vuoto: lo stomaco sospeso, il cuore in gola, come se i cavalli gli fossero sfuggiti e stessero precipitando da una rupe.

D'improvviso, capì che cos'era quella cosa che lo strozzava. Comprese inoltre che era troppo tardi per proteggersene.

Aveva trasgredito alla sua stessa regola e si ritrovava quindi spaventosamente, euforicamente innamorato di lei.

Gli occhi color fiordaliso di Briar lo osservarono con affetto, senza il minimo velo di sorpresa. Sei un po' lento a capire, amore mio, sembrò dirgli quello sguardo, prima che lei tornasse ad appoggiare la testa sulla sua spalla.

Era innamorato.

Ma c'era anche qualcos'altro, qualcosa di fragile, nuovo e tremante. Speranza.

Non era mai stato particolarmente soddisfatto della propria vita, eppure non aveva nemmeno desiderato di più. Non aveva mai creduto fosse possibile. Ma poi era arrivata Briar, con i suoi scenari sognanti, i baci alla tazza di cioccolata e la risata spumeggiante, e gli aveva mostrato che cosa si provava a essere felici.

Veramente felici.

Briar Bourne aveva ottenuto l'impossibile. Aveva reso l'idea del matrimonio... be'... allettante.

«E poi» continuò lei, ignara della clamorosa trasformazione che lo aveva colpito, «so da fonte autorevole che i libertini possono riabilitarsi. In effetti, l'unica cosa che considererei assolutamente imperdonabile è un tradimento nei confronti della propria famiglia. Ma sono sicura che abbiamo entrambi questa convinzione.»

Nicholas mormorò il proprio assenso, mentre un gelo improvviso gli si insinuava fin nel midollo, che lo derubò di quella gioia nuova.

Assolutamente imperdonabile.

«Tuttavia, non appena quella donna mi fece il tuo nome, capii che il cugino preferito di Temperance non sarebbe mai stato capace di una cosa del genere. Li ami troppo per ferirli.»

Nicholas non meritava tanta stima, non con gli errori che aveva compiuto.

Avrebbe potuto perdere Briar per colpa loro. Avrebbe potuto perdere tutto ciò a cui teneva. Tuttavia, sapeva che non c'era altro modo di andare avanti se non quello di confessare il dolore che aveva provocato.

Doveva confessare la verità a Daniel, senza altro indugio. Quindi ne avrebbe parlato con Briar sperando che, per un miracolo, potesse perdonarlo.

Briar non chiese a Nicholas di fermarsi con lei a Holliford Park. Per gran parte del viaggio, le era sembrato pensoso.

La sua conversazione era diventata laconica, come se soppesasse ogni parola, il che non era da lui. Nemmeno a dirlo, quel cambiamento l'aveva messa a disagio.

Era tuttavia riuscita a ignorarlo, convincendosi che fosse dovuto allo stato malmesso della strada e alla sua voglia di raggiungere presto i cugini. Perciò lo invitò a ripartire subito.

Una volta entrata, raccontò della mattinata e delle prime ore del pomeriggio alla duchessa. Continuò ad affermare di essersi sentita poco bene e che lei e Nicholas avevano quindi raggiunto Blacklowe Manor sotto la pioggia, dove avevano atteso che smettesse.

La duchessa la fissò, osservando il suo abito raggrinzito. «Sapete quanto affetto provo per voi, mia cara, ma siete una mia responsabilità. Vedervi tornare, senza chaperon, dopo che siete rimasta sola con un giovane la cui reputazione è stata messa in discussione più di una volta, non si riflette bene su di me né su di voi. Ditemi, dove sono i suoi cugini?»

«Al casolare di mio padre» rispose Briar passando quindi a riferirle della sorpresa di Temperance.

Prima ancora che finisse, la duchessa la raggiunse carezzandola con affetto. «Non c'è da stupirsi che vi siate sentita male. Avevo sentito dire che Mr. Cartwright aveva preso residenza lì qualche mese fa, ma non ho voluto parlarvene. A dire il vero, non credevo che vi sareste mai conosciuti. Oh, e pensare che ho avuto una sensazione angosciante quando vi ho vista arrivare da sola con il mio figlioccio. Ho creduto che foste rovinata.»

Briar si sentì impallidire. «Avevo avuto l'impressione che foste molto affezionata a lui.»

«Lo sono, cara, ma lo siete anche voi.» La donna le sorrise come se sapesse tutto. «Sono sicura di non essere l'unica che vi ha letto il cuore negli occhi in questi ultimi giorni. E lui, dopotutto, è solo un uomo. Se si ritrovasse da solo con voi, come potrebbe resistere alla tentazione? Ma ora che so che si è comportato in maniera tanto onorevole nei vostri confronti, provo la profonda speranza di avere sempre avuto ragione su di lui.»

«Ragione?»

«Sul fatto che sia di nuovo pronto a sposarsi. Un libertino, che intende solo gozzovigliare senza alcuna cura della propria reputazione, figurarsi di quella degli altri, pensa solo a soddisfare i propri piaceri» spiegò la duchessa. «E una donna non trova marito concedendo i propri favori troppo presto.»

Briar tremò. Quella era un'altra lezione che non aveva considerato. Aveva seguito le richieste del proprio cuore, certa che il suo affetto fosse ricambiato. In quel momento, però, provò un improvviso dubbio.

Nicholas le aveva detto di non innamorarsi di lui. Era stato chiaro, ma lei non lo aveva ascoltato. D'improvviso, si domandò se non avesse cominciato a credere a uno dei suoi scenari improbabili.

«Non mi sono mai messa alla ricerca di un marito» rispose Briar.

«Chi vivrà vedrà» concluse la duchessa con un colpetto affettuoso prima di incamminarsi per uscire dalla stanza. «Oh, credo che sia arrivata una lettera per voi, mia cara.»

Sovrappensiero, Briar raggiunse il tavolo all'ingresso, passando in rassegna la pila di lettere. Due erano per Mrs. Fitzherbert e due per lei: una da parte dello zio Ernest e una da Genevieve Price.

La sfida. Sapeva che prima o poi avrebbe avuto notizie da lei, ma non si sarebbe mai aspettata che capitasse tanto presto.

Cara Miss Bourne,

Ho saputo che siete in visita a Holliford Park. Poiché domani mattina sarò di passaggio nel paese vicino, mi piacerebbe incontrarvi e discutere del nostro accordo. Alle dodici alla Red Fawn Inn.

Non vedo l'ora di ricevere ottime notizie.

La vostra amica,

GP

«Devo confessarti una cosa» cominciò Nicholas quando Daniel lo raggiunse nello studio, poco dopo il loro ritorno. Attraversò la stanza per offrirgli un bicchiere di whisky. «Tieni, ti servirà.»

Il cugino lo accettò e lo sollevò a mo' di brindisi. «Credo di sapere che cosa stai per dirmi e penso che abbia a che vedere con Miss Bourne. Se temi che mi sia affezionato a lei, lascia che ti tranquillizzi. So che è innamorata di te, e credo che anche tu provi un certo affetto per lei.»

Un'onda ghiacciata di timore pervase Nicholas.

L'unica cosa che considererei assolutamente imperdonabile è un tradimento nei confronti della propria famiglia.

Tornò allo scrittoio dove lo attendeva il suo bicchiere. Ne scolò il contenuto, quindi se ne versò un altro. Baldanza della brocca, e ne aveva bisogno più che mai.

«Non c'entra Miss Bourne. Si tratta di Miss Smithson.»

«La mia Miss Smithson... Genevieve

Nicholas bevve un altro sorso e quando si girò vide che Daniel era impallidito. Esitò in preda al desiderio di proteggerlo. Ma a cosa era servito? A niente.

«Mi dispiace dovertelo dire, ma sono io che l'ho costretta ad allontanarsi da te. Sono io il responsabile della fine del vostro fidanzamento.»

Daniel scosse il capo, scegliendo generosamente di credere che non sarebbe stato capace di un tale tradimento. «Nella lettera affermò che era stata la sua famiglia, che erano loro a non permettere le nozze. Lo so, perché l'ho letta mille volte.»

«Faceva parte dell'accordo che stipulai con suo padre. Saldai tutti i suoi debiti, chiedendo in cambio che trovasse alla figlia un altro marito» dichiarò con fatica.

Al tempo, aveva creduto di proteggere Daniel. Da allora, tuttavia, era giunto a un'altra conclusione. Agendo alle sue spalle, lo aveva trattato come se fosse stato incapace di prendere le proprie decisioni. Era una conclusione alla quale non sarebbe giunto se non fosse stato per Briar. Gli aveva insegnato che quando si amava veramente qualcuno non lo si tratteneva dal vivere la propria vita. Non gli si risparmiavano nemmeno le lezioni più difficili.

Nicholas poté solo sperare che nell'amore ci sarebbe stato anche il perdono.

Daniel collassò su uno sgabello imbottito, il bicchiere infranto a terra. «Ma sapevi quanto l'amavo.»

«Non ho mai messo in discussione i tuoi sentimenti, ma vedi, quel giorno in cui la incrociammo per strada non era la prima volta che la incontravo. L'avevo conosciuta a Londra. E la nostra era stata una conoscenza intima.»

Le guance di Daniel arrossirono, sebbene continuasse a scuotere il capo in un diniego categorico.

«Ci eravamo incontrati a un ballo in maschera, senza nemmeno scambiarci i nomi» continuò Nicholas, le parole che sapevano di bile sulla lingua.

«Non Genevieve. Era troppo pura. Era...» Daniel deglutì, il suo sguardo un'ambra indurita carica di aspra chiarezza. «L'avresti sposata? E io mi sono intromesso?»

Nicholas rispose semplicemente: «No».

«È davvero questo ciò che sei? Un mascalzone che appaga il proprio piacere con ogni mezzo?»

«Non fu così.»

Daniel si alzò, il vetro scricchiolante sotto lo stivale, le mani chiuse a pugno. «Finora ho sempre creduto che i pettegolezzi nei tuoi confronti fossero esagerati. Che l'uomo che conoscevo, che ammiravo, non avrebbe mai potuto essere tanto spregevole. Vedo invece che sono stato ingannato anche in questo e mi vergogno di avere il tuo stesso sangue.»

Colto dallo sgomento per la definitività di quell'affermazione, Nicholas avanzò e afferrò il cugino per il braccio mentre si girava per uscire. «Siamo come fratelli. Il nostro legame è più forte del sangue.»

«Non più.» Daniel si liberò e pronunciò le parole che lui aveva sempre temuto: «Io e te non siamo più una famiglia».