Harriet era una di quelle che, una volta innamoratesi, lo sarebbero state per sempre.
Jane Austen, Emma
Briar scese in cucina il mattino seguente per aiutare Mrs. Darden a sistemare tutto. Quando arrivò, tuttavia, fu sorpresa di trovare la stanza immacolata. I raggi del sole attraversavano i vetri cristallini delle finestre e si riflettevano sulla superficie delle pentole di rame e sui rubinetti. Il pavimento era lucido e come nuovo.
«Cos'è successo?»
«È rimasto qui tutta la notte a pulire» la informò Mrs. Darden, stringendo al petto generoso una scodella di coccio.
«Nic... Lord Edgemont ha sistemato tutto da solo?»
«Esatto. Che caro! Ha lavorato fino allo sfinimento. Praticamente l'ho dovuto sorreggere per accompagnarlo alla porta stamattina presto.»
«Non dirmi che anche tu ti stai affezionando a lui.»
«Non posso apprezzare un giovane che sa come riparare a un guaio?»
«Certi guai sono troppo grandi da riparare» sbuffò Briar, mettendosi a preparare un vassoio. Dopotutto, era importante andare avanti con la propria vita. Non poteva piangersi addosso per il resto dei suoi giorni. E poi, era sicura che una certa persona sarebbe stata in salotto con il suo lavoro ai ferri.
Non vedeva l'ora di distrarsi. Tuttavia, quando entrò nel salotto, Mrs. Tisdale non era sola. C'era anche Daniel.
Per poco non le cadde il vassoio di mano. «Mr. Prescott. Che cosa ci fate a Londra? Pensavo che...»
Lui avanzò per aiutarla. «Che avrei preferito essere il più lontano possibile da mio cugino?»
Muta, Briar annuì.
«C'è una stanza in cui possiamo parlare?» Daniel guardò incerto verso Mrs. Tisdale, seduta sul divano.
«Oh, non preoccupatevi per me, sono concentrata sul mio lavoro. Non sentirò una parola» disse la donna, i ferri che ticchettavano. «Per come la vedo, questa sala è ideale. Dopotutto, è l'ufficio di Miss Bourne.»
Briar aprì la bocca per controbattere, poi le capitò una cosa stranissima. Con occhi nuovi, osservò il salottino intimo, il quadro con una barca sul lago e il mobilio che aveva disposto per facilitare la conversazione. E capì che quello era il suo ufficio. Lo era stato dal primo giorno.
Si era sempre sentita esclusa e lasciata a compiere un lavoro ingrato. Solo in quel momento si rese conto che il servizio che offriva era importante quanto gli altri. Metteva le persone a proprio agio e, forse, dava loro un po' di speranza. E una scimmietta, per quanto ben addestrata, non poteva farlo.
«Se per voi va bene» disse, indicando una delle poltrone. Dopo che Daniel ebbe appoggiato il vassoio sul tavolino e si furono accomodati, gli versò una tazza di tè.
Provò un senso di pace per la prima volta da giorni.
Passò la tazza a Daniel. «Mi dispiace essere ripartita dall'Hampshire senza salutarvi, né darvi una spiegazione del mio improvviso malessere il giorno in cui siamo andati... alla residenza di Mr. Cartwright.»
Daniel annuì, serio. «In entrambe le circostanze, la vostra assenza è stata assolutamente comprensibile. Mi dispiace solo che abbiate dovuto patire tanto.»
«Abbiamo tutti le nostre croci, caro» commentò Mrs. Tisdale. Nel silenzio che seguì, sollevò il capo. «Oh, continuate. Vi stavo solo incoraggiando un po'. Non stavo ascoltando.»
Daniel si mosse. «Be', sì. Vedete, sono venuto a dirvi che intendo partire tra pochi giorni, ma spero che riusciremo a incontrarci come amici in futuro.»
«Certo. Non vedo perché dovrebbe essere altrimenti.»
«Siete davvero gentile, soprattutto perché la faccenda che ha posto fine al mio fidanzamento è la stessa che ha concluso anche il vostro.»
Briar rimase senza fiato e le mani le tremarono quando appoggiò la tazza. «Vostro cugino e io non siamo mai stati fidanzati.»
«Scusatemi. Dal modo in cui Nicholas vaga depresso, borbottando stranezze sul ricominciare tutto dal giorno in cui vi siete incontrati, ho pensato che...» Scosse il capo, la confusione marcata sul suo cipiglio. «Forse ho capito male. È solo che non l'ho mai visto così.»
«Mi meraviglia la vostra capacità di parlare di lui con tanta compassione. Se si fosse comportato allo stesso modo con me, non credo che avrei mai potuto perdonarlo.»
Daniel abbassò lo sguardo pensoso sulla tazza. «Sono deluso. Mi ha mostrato poco rispetto nascondendomi il semplice fatto che aveva conosciuto Miss Smithson prima che la incontrassi. Poi me ne ha mostrato ancora meno offrendo a suo padre una fortuna affinché sposasse qualcun altro, senza discuterne con me. È sempre stato protettivo nei miei confronti, ma questa volta è andato troppo oltre.»
Il cuore di Briar si fermò. «Avete detto che l'ha conosciuta prima che la incontraste voi?»
Le parve che passasse un'eternità prima che Daniel parlasse. Rimase a fissarla con il capo piegato e poi d'improvviso impallidì e sollevò le sopracciglia. «Ora capisco. Miss Bourne, vi assicuro che Nicholas si mozzerebbe il braccio destro piuttosto che...» Si fermò e distolse lo sguardo, schiarendosi la voce. «Non conoscevo Miss Smithson quando era a Londra.»
«Oh» bisbigliò Briar, rendendosi conto che aveva compreso male quella parte. Le lacrime le si annodarono in gola, minacciando di tracimare.
Tuttavia, si disse che non cambiava ciò che Nicholas aveva fatto. Aveva comunque agito senza coscienza né considerazione nei confronti di chi avrebbe potuto ferire.
«Mi dispiace per quello che avete patito» disse a Daniel.
«Miss Smithson era diversa e rimasi affascinato dalla sua vivacità.» Lui guardò in tralice Mrs. Tisdale come se si aspettasse un commento, ma la donna continuò a sferruzzare. «Ero così ammaliato dalle sue attenzioni focose, beato della mia fortuna, che ho ignorato ogni battuta amorosa che rivolgeva a Nicholas. E ho ignorato anche tutti gli avvertimenti di mio cugino. Ho finto di non vedere quanto quella giovane lo mettesse a disagio, quante volte lui se ne uscisse dalla stanza quando lei entrava.»
Briar non poté non paragonare quella storia a quella di Nicholas e Marceline.
Quindi pensò a come Genevieve Price fosse partita da Londra e fosse poi finita sulla strada di Daniel. Di tutti gli uomini che avrebbe potuto incontrare, era straordinario che avesse instaurato un legame proprio con il cugino di Nicholas.
Ero solo una debuttante con una piccola dote, disposta a tutto pur di trovare un buon partito.
La rendita annua di Daniel era moderata, perciò dubitò che fosse stato lui il vero candidato da sposare.
«Secondo me quel giovanotto aveva un buon motivo per rompere il fidanzamento» intervenne Mrs. Tisdale.
«Mrs. Tisdale, per favore» la rimproverò Briar, anche se lo stesso identico pensiero le era appena passato per la testa. «Spettava comunque a Mr. Prescott prendere la decisione. Non solo, ma non gli è stata data la possibilità di affrontare la situazione.»
Poi si rese conto che si era comportata in maniera simile con lui. Oh, accidenti.
«Temo di dovervi confessare una cosa» cominciò. «In queste ultime settimane ho cercato segretamente di trovarvi una moglie.»
Daniel sorrise timido. «L'ho sempre saputo. Mia madre non riesce a mantenere i segreti.»
«Spero che sappiate che non intendevo mancarvi di rispetto.»
«È tutto perdonato.»
Mrs. Tisdale sbuffò, abbassando il lavoro ai ferri. «Per carità, va benissimo, ma vostro cugino?»
Prima che Daniel potesse rispondere, furono interrotti.
«Scusatemi, non vorrei disturbare» disse un gentiluomo, comparendo sulla soglia del salotto, lo sguardo abbassato sul biglietto da visita che aveva in mano.
Non appena lo vide, Briar rimase a bocca aperta e Mrs. Tisdale emise un suono inarticolato e i ferri le caddero sul tappeto con un leggero ticchettio. Lo sconosciuto era un bell'uomo alto, con i capelli ondulati del colore del caramello e i tratti scolpiti ed eleganti.
Sollevando gli straordinari occhi verdi, passò in rassegna la stanza. «Oh, Prescott! Ecco qualcuno che potrebbe essermi di aiuto.»
«Che cosa ci fai qui? Sei d'improvviso interessato all'intermediazione matrimoniale?» domandò Daniel con l'ironia che di solito si riservava alle vecchie conoscenze.
«Be', non proprio» rispose il giovane, guardando Briar e Mrs. Tisdale, che avevano le bocche aperte come pesci. «Credo di essere all'indirizzo sbagliato. Edgemont mi ha spedito questo biglietto da visita. Magari tu riesci a decifrare la sua grafia abominevole.»
Daniel si alzò e prese il biglietto, ma prima di leggerlo si occupò delle presentazioni formali. «Brandon Stredwick, Lord Hulworth, queste sono Miss Briar Bourne e Mrs. Tisdale.»
Hulworth? Briar si alzò colta dallo sgomento. Nicholas aveva mandato Lord Hulworth lì? Prima la cioccolata e poi quello... ma per quale motivo?
Nicholas vaga depresso, borbottando stranezze sul ricominciare tutto dal giorno in cui vi siete incontrati...
Il cuore le impazzì.
«Miss Bourne, è un piacere.» Il giovane si inchinò, quindi si girò per raccogliere i ferri caduti e offrirli alla proprietaria. «Mrs. Tisdale.»
La donna gli lanciò un occhiolino impertinente. «Che cosa ne pensate del numero cinque, Lord Hulworth?»
«Immagino mi piaccia come tutti gli altri numeri.» Le sorrise guardingo, quindi riportò la propria attenzione su Daniel. «Di nuovo, mi scuso per il disturbo, ma temo di essere all'indirizzo sbagliato e non riesco a capire che cosa ci sia scritto sul biglietto.»
Daniel ridacchiò e prese un piatto dal tavolino. «Sei nel posto giusto. Il messaggio dice: Prova le focaccine.»
«Che strano, proprio quello che pensavo.» Scrollando le spalle, il giovane accettò il pasticcino offerto, ne prese un primo morso, poi lo guardò con stupore.
La magia delle focaccine di Mrs. Darden.
«Brandon?» chiamò una voce melodiosa dal corridoio. «Fratello mio, dove sei finito?»
Daniel drizzò le spalle, girandosi verso la porta, le guance improvvisamente rosse.
Quindi la proprietaria della voce apparve sulla soglia. Era una ragazza incantevole con pelle simile a porcellana, capelli neri luminosi e occhi azzurro chiaro che si illuminarono alla vista di Daniel. Fu quindi la volta di un sorriso disarmante. «Mr. Prescott! Non potete essere voi, visto come siete diventato anziano da quando ci siamo visti l'ultima volta.»
«Meg.» Daniel pronunciò quel nome con un sospiro strozzato, quindi si corresse. «Miss Stredwick, non siete affatto cambiata.»
La giovane si portò le mani sui fianchi, sollevando indignata un sopracciglio. «Che bella cosa da dire. L'ultima volta che ci siamo visti, avevo ancora le trecce.»
«E vi stavate arrampicando su un albero, se ricordo bene.»
«Be', voi vi eravate arrampicato per primo. Volevo dimostrarvi che le ragazze sono brave quanto...»
«Meg, sei in una stanza piena di sconosciuti ai quali dovresti presentarti» la interruppe Lord Hulworth con affettuosa esasperazione prima di fare le presentazioni, quindi aggiunse: «Chiaramente ho sprecato una fortuna nella scuola per signorine».
Dallo sguardo sbalordito di Daniel, era chiaro che non fosse d'accordo. E se Briar non si sbagliava, aveva appena visto con i propri occhi una scintilla abbagliante.
Briar trascorse la mattinata in salotto con i nuovi conoscenti. Alla terza focaccina, Lord Hulworth, lo scapolo più sfuggente di Londra, sembrò essersi aperto all'idea di registrarsi in agenzia.
Più tardi nel pomeriggio uscì in giardino e si sedette all'ombra di un pergolato carico di rose schiuse, il rumore delle api incessante nell'aria calda e ferma.
I suoi pensieri e le sue emozioni erano tuttavia troppo confusi per godersi quella vista.
I pensieri, arrabbiati nei confronti di un uomo che aveva agito alle spalle del cugino, l'ammonivano che Nicholas era un libertino. Tuttavia le emozioni si stringevano il petto e sospiravano davanti a un uomo disposto a preparare cioccolata tutto il giorno, a pulire tutta la notte e a mandare un amico in agenzia nella speranza che lei gli trovasse moglie. Realizzando il desiderio che Briar aveva espresso quel primo giorno in cui si erano incontrati.
Nicholas stava tornando indietro, all'inizio. Come poteva non gioirne?
Tuttavia, prima che potesse formulare una risposta, arrivò Temperance.
L'amica le corse incontro e la soffocò in un abbraccio. «Se avessi saputo che Mr. Cartwright vive nella casa in cui...» La sua voce si spezzò. Tirandosi indietro, rivelò occhi colmi di lacrime e rimorso. «Mi dispiace. Se ti avessi detto dove stavamo andando, non avresti sofferto tanto.»
«Non devi scusarti. Come avresti potuto saperlo, se anch'io l'ho scoperto solo in quel momento?»
«Ma se fossi stata sincera riguardo all'affetto che provo per il tuo fratellastro, ti avrei risparmiato tanta pena.»
Briar abbassò lo sguardo sulle mani, avendo riflettuto sulla faccenda negli ultimi giorni. «Il tuo affetto per lui non c'entra. Desideravo davvero conoscere meglio Mr. Cartwright. In effetti, lo voglio ancora. Ma quando ho visto la casa, un dolore che avevo sepolto dentro d'improvviso è fuoriuscito in maniera inaspettata. Mi sento una sciocchina, a ripensarci. Però tuo cugino mi ha aiutata, permettendomi di sfogarlo fino in fondo.»
La sera precedente, aveva parlato con Ainsley dei fratellastri, esprimendo il desiderio di invitarli un pomeriggio per il tè. La sorella, benché avesse ancora delle riserve, aveva accettato di mandare un invito quando Mr. Cartwright fosse tornato in città.
«E poi» continuò Briar, sorridendo all'amica, «una parte di me è contenta che tu non me ne abbia parlato, perché così ho potuto vedere la tua felicità non guastata dai miei sentimenti contrastanti. Se te li avessi confessati, magari tu non avresti nemmeno cominciato a scambiare lettere con lui e la scintilla che ho visto scoccare tra voi sarebbe svanita.»
«In effetti ho provato qualcosa nell'istante in cui l'ho visto per la prima volta. È stato come se lo conoscessi da sempre e fosse tornato solo in quell'istante in mia presenza. Ti sembra strano?»
«Dimentichi con chi stai parlando.» Briar rise, provando tuttavia una fitta malinconica al cuore. «Se ho imparato una cosa, è che non c'è nulla di garantito. Devi afferrare la felicità quando arriva e tenerla stretta.»
Temperance sorrise radiosa e commossa. «Oh, sapevo che avresti capito. Ma che mi dici della tua felicità?»
Briar scosse il capo, i pensieri ancora confusi.
«Credi che riuscirai mai a perdonare mio cugino?»
«Non spetta a me perdonarlo, ma a tuo fratello.»
«Che Nicholas abbia tradito Daniel in questo modo...»
«Di certo tu puoi perdonarlo. Hai detto tu stessa che è sempre stato prodigo e affettuoso nei tuoi confronti.»
«Oh, io l'ho odiata dal primo giorno in cui la vidi, quella donna, sai?» ammise Temperance. «Anche mia madre. Fu quasi un sollievo quando se ne andò. Se non fosse stato per la tristezza di Daniel, avrei dimenticato felicemente e in fretta l'intero episodio.»
«Ma allora perché sei stata tanto dura con tuo cugino un secondo fa?»
«Stavo solo cercando di mostrarti il mio sostegno. Dopotutto, sei tu quella che lo sta facendo struggere.»
Briar sbuffò. «Struggere.»
«Non saprei come altro descriverlo. Voglio dire, ti ha seguito dall'Hampshire, ha atteso davanti all'agenzia per un giorno, è venuto qui a preparare la cioccolata perché sa che è la tua preferita. L'ha preparata lui, Briar, quando avrebbe potuto ordinare a un domestico di comprarla.»
«E tu come lo sai?»
«Me lo ha detto Adams per strada. Ma sapevo già che c'era qualcosa fra voi, sin dall'inizio. Dopotutto, non sei l'unica che riesce a notare le scintille.»
«Credevo di avere nascosto meglio i miei sentimenti.»
«Non tu, sciocca. Nicholas. Ho notato subito il cambiamento in lui. Ogni volta che eri vicina, i suoi occhi si ammorbidivano. Lo so anche perché ti ha chiesto di sposarlo. Non lo ha mai fatto. Nemmeno la prima volta.»
«Non si è trattato di una proposta di matrimonio, ma di un momento di panico» rispose Briar, sdegnosa.
«Perché aveva paura di perderti.»
«Ora gli stai mettendo in bocca parole non sue. Mi ha sempre ripetuto che non si sarebbe mai risposato. Sono io che mi sono riempita la testa di scenari sognanti.»
A parte quella breve svista in cucina, Nicholas non le aveva mai detto di amarla.
«Allora perché non gli hai dato una risposta?»
«Gliel'ho data.»
Temperance scosse il capo, categorica. «Adams mi ha raccontato tutto.»
«Be', allora il no era implicito.»
«Io non credo che lui lo abbia capito. Forse avreste bisogno entrambi di chiarire la situazione una volta per tutte. Incontralo e dagli la tua risposta.»
«Hai per caso intenzione di assillarmi su questa questione?» Briar incrociò le braccia al petto.
Temperance sorrise. «Sino alla fine dei miei giorni.»