Epilogo

Aveva fatto fortuna, comprato casa e trovato moglie; stava iniziando un nuovo periodo della sua esistenza, con ogni probabilità più felice di quelli passati.

Jane Austen, Emma

Quattro anni dopo

Nicholas guardò l'orologio nello studio e si accigliò, attendendo il ritorno di Briar. «C'è traccia di lei, Delham?»

«Ancora niente, milord» rispose il maggiordomo, la sua voce di solito monotona segnata dalla trepidazione. «Aspettate un attimo... sì. La carrozza di Sua Signoria sta arrivando proprio adesso.»

Di solito Nicholas le andava incontro alla porta o addirittura sul marciapiede, sempre vinto dall'impazienza, ma quel giorno, si costrinse a rimanere seduto.

Doveva essere tutto perfetto.

Preso in mano il giornale, si mise in posizione, ma trovò un petalo di rosa errante sulla scrivania. Accidenti, gliene era sfuggito uno. Se lo infilò nel taschino del panciotto. Appena in tempo.

«Buonasera, Delham.»

La voce morbida di Briar lo raggiunse e un sorriso gli piegò le labbra quando riprese la sua posizione, allargando il giornale.

«Anche a voi, milady. I bambini sono con Mrs. Cartwright» spiegò Delham, stranamente prolisso, prima di schiarirsi la voce. «Una buona giornata all'agenzia?»

Mantieni la calma, Delham. Non facciamoci scoprire, pensò Nicholas. Sebbene il maggiordomo avesse il contegno di una statua gotica, dentro era come un budino, soprattutto quando si trattava di Briar.

«Una giornata splendida» rispose lei allegra. «Mio marito è nello studio?»

Aveva appena pronunciato la domanda, che Nicholas sentì lo scalpiccio dei suoi passi sul pavimento.

«Sono tornata, amore mio» disse lei, girando attorno alla scrivania con un fruscio di seta blu e baciandolo sulla guancia. «Non hai saputo?»

Fingendo di essere assorto nella lettura, voltò la pagina. «Una buona giornata all'agenzia?»

«Che strano. Delham mi ha posto la stessa domanda.»

«Non vedo che cosa ci sia di strano.» Nicholas strinse i denti. Accidenti, Delham, ha capito il nostro gioco! Abbassò un angolo del giornale e osservò il tentativo discreto di Briar di ispezionare la sua scrivania. «Che cosa cerchi?»

Lei rispose imbronciata. «Niente. Credevo che mi avresti regalato dei fiori. Di solito lo fai quando torno a casa dopo che ho combinato un altro matrimonio.»

«Un altro? Ma è meraviglioso!» Piegò il giornale e lo mise via prima di tirarla sul proprio grembo.

Lei sospirò, giocherellando sovrappensiero con i bottoni del suo panciotto. «Davvero non hai fiori per me?»

«Se vuoi, vado a raccogliere una rosa in giardino in questo istante.»

«No, va bene. Immagino che non dovrei aspettarmeli ogni volta che combino matrimoni, nemmeno se quello di oggi era il mio centesimo successo.»

«Credevo che il centesimo fosse quello dell'altra volta.»

«No.»

Nicholas scrollò le spalle, cercando di non ridere, ma era troppo carina quando si imbronciava. «Be', è una tappa importante. Ti meriti di certo un fiore. Anche due.»

«Al cinquantesimo mi hai regalato un meraviglioso mazzo di rose.»

«Davvero?»

«Nicholas, sai che è così. E sono certa che non hai dimenticato che cosa ne abbiamo fatto dei petali» terminò lei con un bisbiglio, le guance arrossate.

«Ah, sì. E dei nastri di seta.» Le sollevò la mano e le baciò il polso. «Forse dovremmo provarci di nuovo stasera. Vuoi che ti leghi, amore?»

Lei rimase senza fiato per un istante, le curve del suo corpo fuse su di lui. Poi però si liberò la mano e si alzò, lisciandosi le gonne. «No. Penso proprio che andrò a casa di mio fratello a prendere i bambini. Temperance di sicuro sarà emozionata per il mio successo.»

«Invece temo che rimarrà delusa, perché le ho detto che poteva tenere i bambini per la notte.»

Dalla parte opposta della scrivania, Briar si fermò, girando sui tacchi e studiandolo con occhi strizzati. «Perché mai?»

«Perché Henry ha chiesto di rimanere e sai quanto bene voglia al cugino» le rispose. «Per la miseria, lui e George sono come fratelli. E poiché Temperance ancora non ha una bimba, si diverte a viziare la piccola Heloise.»

Quella scusa gli parve credibile e pensò di averla beffata. Ma proprio allora, il rumore inconfondibile di un violino che veniva accordato entrò dalla finestra. Si tese. Il quartetto d'archi doveva essersi già sistemato.

«Cos'è stato quel rumore?»

«Non so di cosa parli.»

Vide dal bagliore d'intesa negli occhi di Briar che aveva scoperto il suo gioco. Intrecciando le mani, uscì dallo studio. «Delham, hai sentito qualcosa?»

Nicholas la seguì e notò subito il rossore sulle guance del maggiordomo.

«Sentire, avete detto? Temo di essere sordo come una campana, milady.»

Patetico, pensò Nicholas, sollevando gli occhi al cielo mentre Delham se la svignava dall'ingresso.

Briar si girò, un sorriso compiaciuto sulle labbra mentre gli puntava un dito al centro del petto. «Hai preparato una sorpresa, non è vero?»

Solo mille petali di rosa pronti a pioverle addosso una volta uscita in terrazza, una cena a lume di candela, danze e tutto ciò che il suo cuore potesse desiderare.

Le sorrise. «Be', non è un giorno qualunque quello in cui la migliore intermediaria di Londra festeggia il suo centesimo successo.»

«Che cos'è? No, non dirmelo. Voglio bearmi di questo momento e dire che non potrei amarti più di così.» Gli si lanciò tra le braccia e allora lui la fece piroettare, ubriacandosi delle sue risa. Quando la riappoggiò a terra, la sua espressione divenne giocosamente seria. «Tuttavia, dovrei essere arrabbiata con te per avermi preso in giro.»

«Davvero?»

Briar annuì, lo sguardo caldo posato sulla sua bocca. «Mi devi una ricompensa.»

Il sangue gli si scaldò. Quello era uno dei loro giochi preferiti. «Saldo il conto adesso o dopo la sorpresa?»

Briar rise e lo prese per mano, accompagnandolo verso la scalinata. «Sì, Nicholas.»