«Carl Gustav?»
Era Furtwängler.
«Sì, Josef».
Furtwängler aveva visto Jung che, voltandogli la schiena, chiudeva la porta della suite di Pilgrim e si avviava lungo il corridoio.
«Aspetta un momento». Furtwängler si fece avanti di corsa.
Jung si preparò al peggio: un’altra delle glaciali tirate di Josef, un’altra delle sue accuse paranoiche.
«Così», disse Furtwängler, «sei di nuovo riuscito a rubarmi un paziente».
Eccoci al punto, pensò Jung. «Sì», disse, «ma non lo definirei un furto».
«E come lo definiresti, allora?»
«Accettazione di un incarico professionale. Come al solito, mi è stato chiesto di dire sì o no. Ho detto sì».
«Non come al solito. Questa volta hai brigato, hai manipolato. Stamattina alle otto e mezzo Bleuler mi ha chiamato nel suo studio. Mi ha detto che ti saresti occupato tu del caso Pilgrim, non perché lui pensasse che fosse la cosa migliore, ma per l’insistenza di Lady Quartermaine. Almeno Bleuler ha avuto il buon gusto di scusarsi».
«Vuoi le mie scuse, Josef? Te le faccio subito».
Arrivarono alle scale e cominciarono a scendere.
«Non le accetto», disse Furtwängler. «Se pensassi per un secondo che fossero sincere, le accetterei. Ma ti conosco troppo bene, Carl Gustav. Hai complottato. Hai complottato, hai lusingato, hai minato la mia posizione. E l’hai fatto andando direttamente da Lady Quartermaine per farmi togliere il caso».
«Cosa te lo fa pensare?»
«Sei stato visto pranzare con lei, ieri. E ieri sera, mi è stato riferito, lei ha personalmente fatto visita al direttore e a quanto pare lo ha convinto in una sola seduta che la mia diagnosi e la mia terapia per il signor Pilgrim erano improprie e inaccettabili. Improprie e inaccettabili! Cosa potrò aver mai fatto per meritare critiche simili?»
«Hai interpretato male il tuo paziente».
«Non l’ho interpretato male! Come fai a dirlo?»
Erano arrivati al pianerottolo e dovettero zittirsi e farsi da parte per lasciar passare due infermiere che salivano. Sorrisi e cenni compiaciuti. Non si doveva a nessun costo far capire al personale che stavano litigando. Almeno finché la faccenda non si fosse sistemata.
Dopo un momento di silenzio, Jung riprese a parlare restando fermo sul pianerottolo. «Sì», disse, «ieri ho pranzato con Lady Quartermaine. Su sua richiesta, però, non mia. Non ho fatto nulla per facilitare questo cambio», mentì. «Nulla». Poi riprese a scendere le scale.
Furtwängler, che non sopportava di perdere la faccia o di sembrare in svantaggio, resistette alla tentazione di affrettarsi lungo le scale dietro di lui. Al contrario, scese come se di sotto si aspettasse di trovare una delegazione di benvenuto.
«Devo dire, Carl Gustav, che fai bene questo genere di cose», disse gelidamente.
«Che genere di cose?»
«Pugnalare le persone alle spalle e poi comportarsi come se fossero riuscite a infilarsi da sole il coltello nella schiena».
«Mi dispiace che pensi queste cose, Josef. Speravo – e devo dirti che anche Lady Quartermaine lo sperava – che avresti continuato a occuparti del caso come principale consulente».
Ormai erano arrivati nell’atrio, invaso dalla luce del sole. Un certo numero di pazienti, parenti, infermiere e inservienti si avviavano a pranzo. Era il primo maggio e sul banco di ricevimento qualcuno aveva disposto vasi di fiori – giacinti, narcisi, giunchiglie – i cui colori e profumi erano un’anticipazione della stagione che stava per germogliare al di là delle porte.
Furtwängler restò per un momento senza parole. Poi disse: «Era una sincera offerta di riconciliazione?»
«Certo che lo era», disse Jung, sorridendo.
«È solo una settimana che è stato ricoverato, ma mi sono affezionato a lui. A Pilgrim. Sono successe tante cose in questi giorni. Sono affascinato dal suo caso e davvero non sopporterei di perderlo di punto in bianco».
«Non succederà. Affatto».
Furtwängler fece un sorriso esitante. «Bene, allora», disse. «Ti auguro buona fortuna con lui».
Jung fece un inchino scherzoso. «Grazie», disse.
Rimasero lì, senza che nessuno dei due sapesse se la discussione fosse chiusa o se ci fosse ancora qualcosa da dire. Poi Furtwängler – come usava fare quando aveva bisogno di tempo per pensare – tirò fuori il fazzoletto e cominciò a pulire un paio di occhiali che teneva nel taschino solo perché gli davano l’aria dell’intellettuale.
«Adesso eri dal signor Pilgrim», disse infine. «Come l’hai trovato? Devo dirti che ieri pomeriggio ho passato un’ora con lui, e non ho mai visto un uomo con tanta angoscia nello sguardo».
«Sì. Penso la stessa cosa», disse Jung. «E stamattina non è cambiato niente. Non ha detto niente. Muoveva le mani così...» fece vedere come «...e fissava le montagne. Mette a fuoco in lontananza con una concentrazione che si avvicina al fanatismo, sai, come se si aspettasse che laggiù qualcuno gli parlasse. Così sto sperimentando una tattica. Gli ho parlato a lungo, soprattutto della vista dalla finestra, della neve, e di Leonardo da Vinci. E ho la sensazione, dopo aver riletto il suo libro, che la migliore opportunità per persuaderlo a comunicare stia proprio nel tema di Leonardo. Voglio provocarlo, spingerlo a discutere. Vedere se riesco a sconvolgerlo tanto da costringerlo a parlare. Ma gli ho anche detto che non tornerò da lui finché non chiederà di me».
«Non è un rischio?»
«Forse. Ma so che vuole parlare. Cosa glielo impedisca, Dio solo lo sa. Ha la capacità fisica di parlare. Non ci sono stati colpi apoplettici o altri impedimenti. È in buona salute, anche se mangia di rado e non dorme mai. Sembra che abbia il fisico di un cavallo».
Furtwängler si rimise gli occhiali nel taschino e cominciò a ripiegare il fazzoletto.
«Josef», disse Jung. «Devo chiederti un favore».
«Ah, povero me. Non mi piace il tono», disse Furtwängler. «Ma va’ avanti. Chiedi».
«Vorrei che non vedessi il signor Pilgrim per un giorno o due. Vorrei forzare il suo bisogno di parlare. Con Kessler non parlerà. Di sicuro, non dirà a Kessler ciò che vuole comunicare a me o a te. E insisto che tocchi a me. Mi dispiace, ma spero che capirai».
Furtwängler fece un sorriso debole e non artefatto, un sorriso disperato. «Un giorno, Carl Gustav», disse, «tu dirigerai questa clinica. E quando succederà, non sono sicuro che vorrò essere ancora qui».
«Adesso sei di nuovo arrabbiato».
«Sì. Voglio per me una parte di Pilgrim, come hai promesso. Come principale consulente, devo avere un contatto con lui».
«Per due giorni, Josef. Solo due giorni. Poi ce lo divideremo».
Furtwängler distolse lo sguardo.
«Prima la scienza», disse. «Prima la scienza, altrimenti il paziente sarà completamente perduto».
«Sciocchezze», disse Jung. «Prima viene il paziente».
«Come dici tu. Ma devo dirti che, secondo me, hai già violato l’accordo a cui siamo giunti pochi minuti fa. Completamente violato. Buona giornata».
Furtwängler girò sui tacchi e se ne andò.
Osservandolo, Jung pensò: Be’, è un peccato, ma se non altro me lo sono tolto di torno.
Mentre si dirigeva verso il suo studio, cominciò a canticchiare la melodia delle Storie del bosco viennese, e presto scoprì che stava ballando.