3.

Poco dopo aver preso il caffè, e dopo che Pilgrim era stato accompagnato alle sue stanze, Lady Quartermaine raggiunse il dottor Furtwängler nel suo studio.

«Quanto pensava di fermarsi?» chiese il dottore quando la sua ospite si fu seduta.

«Fino a quando, a suo giudizio, potrò partire senza rischi», rispose lei. «Non ha importanza quanto tempo ci vorrà. Io sono la persona più vicina a lui. Non ha famiglia. Vorrei stare qui con lui fino a quando sarà avviato alla guarigione».

«Potrebbe passare molto tempo, Lady Quartermaine. Non possiamo garantire nulla».

«Questo non ha importanza. La cosa che conta è che lui è nel posto migliore».

Il dottor Furtwängler era in piedi accanto a una delle tre finestre, e da quello che vedeva alle sue spalle, Lady Quartermaine si era resa conto che ciò che sembrava una normale nevicata alpina era diventata una tormenta.

«La sua automobile tornerà a prenderla? Se no, possiamo...»

«No, no, grazie. Arriverà non appena avrò telefonato».

Furtwängler si sedette di fronte a Lady Quartermaine, oltre l’ampia distesa della scrivania. Era una stanza piacevole, con travi scure, nicchie per le finestre, scaffali di libri e riviste di medicina, sedie e un divano di pelle, lampade d’ottone con paralumi di vetro verde e tendaggi fiorati con un motivo cinese, fiori intrecciati a fronde di bambù, con lontani panorami di alberi e colline velati dal fumo e dalla nebbia.

Lady Quartermaine si era tolta il cappotto e alla luce della lampada risaltava l’azzurro dell’abito a vita alta e il pizzo violetto che lo sormontava. I suoi occhi erano una mescolanza degli stessi colori, anche se in quel momento le pupille erano così dilatate che sembravano quasi completamente neri. Stava giocherellando con i guanti, posati sul grembo come cuccioli chiamati a tranquillizzarla. I veli del cappello a tesa larga erano stati scostati ed erano posati sui capelli, dando l’impressione di una nuvola di fumo.

«Non vuole chiedermi qualcosa? Si sta facendo tardi. Ho bisogno di fare un bagno e di cenare».

«Sì. Sì. Naturalmente. Mi perdoni».

Il dottor Furtwängler prese una penna e tirò verso di sé un grosso blocco di carta. «Per cominciare», disse, «potrebbe raccontarmi qualcosa di lei. Sarebbe utile...»

«Mio marito è il quindicesimo marchese di Quartermaine. Il suo nome di battesimo è Harry. C’è una e alla fine di Quartermaine. Troppe persone ignoranti saltano la e. Non capiscono il legame con la Francia. Nove secoli fa, arrivammo in Inghilterra dalla regione francese del Maine. Ho usato il noi ma, naturalmente, intendevo gli antenati di mio marito».

«Naturalmente».

«Sono nata Sybil Copland. Mio padre era Cyril Copland, Lord Copland, che è rimasto alla Camera dei Lord più a lungo di tutti i suoi contemporanei. È morto all’età di novantanove anni, quando io ne avevo dodici. Quando mi ha generato aveva ottantasei anni. Una specie di record, credo».

«Più che un record: fenomenale!»

Osservando il dottore mentre prendeva appunti, Sybil disse: «Il suo inglese è ottimo, dottor Furtwängler. Lei è svizzero o tedesco?»

«Austriaco, in verità, ma ho studiato medicina a Edimburgo».

Sybil sorrise. «Questo spiega la erre che ogni tanto salta fuori. Incantevole».

«Mi piaceva moltissimo la Scozia. E l’Inghilterra. Sono un camminatore entusiasta, Lady Quartermaine. Durante le vacanze fra i semestri, percorrevo a piedi il Lake District, il Wiltshire e il Cambridgeshire. Meraviglioso. Conosce quelle zone?»

«Sì, benissimo. Tutti i miei fratelli e mio marito sono andati al King’s College di Cambridge. La campagna è un vero paradiso».

«E il signor Pilgrim?»

«Lui ha studiato a Oxford. Magdalen College. Come lo compiango». Sybil sorrise.

«Lo compiange?»

«Sì. Per noi in Inghilterra questo è un tipico commento ironico, dottore. Era una battuta. Gli studenti di un’università tendono a ritenere che gli studenti di un’altra siano dei derelitti».

«Capisco». Furtwängler guardò gli appunti. «E il signor Pilgrim... È uno storico dell’arte, vero?»

«Sì. È una delle cose che ci legano. Anche mio fratello Symes era uno storico dell’arte».

«Era?»

«Sì. Lui...» Lo sguardo di Lady Quartermaine prese a vagare.

Furtwängler la osservò.

«Non occorre che me ne parli».

«No, no. Posso farlo benissimo. È solo...» Chiuse gli occhi e stropicciò un guanto, e alla fine se lo premette contro la guancia, come un’amica compassionevole avrebbe fatto con la sua mano. «Si è suicidato e adesso, con il tentativo del signor Pilgrim, mi sembra che Symes sia tornato ad aleggiarmi intorno».

Sybil aprì gli occhi e posò il guanto sul suo compagno, e si mise a pescare un fazzoletto nella borsetta. Così facendo, riacquistò la padronanza di sé e riprese a parlare con decisione.

«Symes Copland era il minore dei miei fratelli. Aveva appena compiuto trent’anni quando morì. Era il 1901. Settembre. Era stato impegnato nella creazione della Tate Gallery, sa. La galleria aveva appena aperto le porte. La tensione dello sforzo... Lui la amava così tanto. Era fin troppo attaccato. Era schiavo di quell’opera, si potrebbe dire. Ma come si faceva a capirlo. Era bravissimo a nascondere le emozioni». Fece una pausa. «Mi perdoni, ma la sua morte mi fa ancora infuriare. Uno spreco così triste, così inutile».

«È chiaro che suo fratello significava molto per lei».

«Sì. Da bambini eravamo inseparabili. La vicinanza d’età, immagino. Mi sentivo come il suo custode. E poi, in un modo o nell’altro, l’ho abbandonato».

«Un suicidio non è mai colpa di qualcun altro, Lady Quartermaine».

«È un’idea che trovo molto difficile da accettare».

«Tuttavia deve cercare di farsene una ragione. È stato lui a togliersi la vita. Lei non lo ha ucciso. È stato lui...»

«Sì». Sybil distolse lo sguardo.

«Il signor Pilgrim e suo fratello erano colleghi?»

«No. Symes era un esperto nel campo del tardo Cinquecento, primo Seicento. Pilgrim... Il raggio d’azione del signor Pilgrim è più ampio».

«Capisco. E il suo nome, Lady Quartermaine? Perché qui non risulta nessun nome di battesimo?»

«Lui sostiene di non averlo».

«Oh».

«Sì, e per quanto possa essere strano, è una cosa che ho imparato ad accettare senza fare domande. So molte cose di lui. Ma ci sono anche molte cose che non so».

«L’ha conosciuto attraverso suo fratello?»

«No. Eravamo già amici, da prima, da quando eravamo molto giovani».

«Lei ha figli, Lady Quartermaine?»

«Sì. Cinque. Due giovani uomini, due signorine e una bambina».

Ci fu una pausa. Sybil Quartermaine alzò gli occhi.

«Mi sta fissando, Herr Doktor».

«Sì. Mi perdoni».

«Perché? Per quale ragione?»

Furtwängler guardò la pagina davanti a sé.

«Ai miei occhi», disse, «lei è troppo giovane per avere giovani uomini e signorine come figli».

«È tutto qui!» Sybil scoppiò a ridere. «Non ho la minima difficoltà a dirglielo. Ho quarantaquattro anni. Il maggiore dei miei figli ne ha venti. Non c’è niente di straordinario. Si chiama David e – sarò sincera – non m’importa molto di lui». Sbatté le palpebre. «Santo cielo, perché le dico una cosa del genere?»

«Lei è sottoposta a una forte tensione, Lady Quartermaine. In simili condizioni le cose saltano fuori senza che uno lo voglia».

«Sì. Sarà così».

«Il signor Pilgrim ha altri amici oltre a lei?»

«Alcuni. Sì. Alcuni. E molti, molti conoscenti, uno o due piuttosto intimi. In massima parte uomini».

«Capisco».

Ci fu un’altra pausa.

«Altre domande?»

«Lui ha chiesto espressamente di lei, dopo il tentativo di suicidio?»

«No. Ero stata a casa sua la sera prima ed ero preoccupata. Mi era sembrato distratto, in un certo modo smarrito. Confuso. Più che confuso: era incapace di sostenere una conversazione coerente. Non come se avesse bevuto troppo – assolutamente no – ma come se perdesse il filo delle parole mentre le pronunciava. Mi era venuto in mente che potesse aver subito un leggero colpo apoplettico. E poi, invece di darmi la buonanotte al solito modo, con due baci sulle guance, mi aveva preso la mano, l’aveva stretta con forza e aveva detto addio. Non era da lui, per niente. Così sono ripassata da casa sua il mattino dopo. Come vedrà leggendo le relazioni dei medici che le ho fornito, prima del mio arrivo era stato dichiarato morto. Ma, sempre prima che arrivassi, aveva cominciato a mostrare segni di vita ed erano stati richiamati i medici che lo avevano esaminato. Erano ancora lì con lui, perciò non ho fatto altro che aspettare».

«E...?»

«E mi sono fermata da lui tutta la settimana. In realtà, sono tornata a casa solo per fare le valigie e passare a prendere la cameriera per questo viaggio».

Silenzio. Furtwängler sistemò con cura gli oggetti sulla scrivania.

«Lady Quartermaine...» Si chinò in avanti sugli appunti. «C’è una cosa che devo mettere in chiaro fin dal principio».

Sybil lo fissò, impassibile.

«Dopo la nostra prima conversazione per telefono, io ho parlato con...» Diede un’occhiata alle carte davanti a sé. «Con il dottor Greene, è possibile?»

Sybil annuì.

«E così sono a conoscenza della natura apparentemente straordinaria della ripresa del signor Pilgrim dopo il trauma del tentato suicidio. Il mio compito, tuttavia, non è di investigare le circostanze di quel tentativo né della ripresa fisica dopo di esso. Gli unici scopi del lavoro che sarà svolto da me o dai miei colleghi saranno determinare in primo luogo perché lui avesse il desiderio di porre fine alla sua vita e in secondo luogo come risvegliare la sua volonterosità di vivere. No». Alzò la mano, quasi per prevenire ogni commento. «Come risvegliare la sua volontà di vivere».

Sybil attese solo un momento prima di parlare. «Non abbia paura, dottor Furtwängler. È precisamente per questo che ho deciso di portare il signor Pilgrim alla Burghölzli. Per risvegliare la sua volontà di vivere».

«Eccellente». Il medico si appoggiò allo schienale. «Ora. Lei dice che era preoccupata per il suo comportamento insolito la sera prima. Questo significa che lei aveva già fatto esperienza di un comportamento simile, prima?»

«Fino a un certo punto, immagino. Lui attraversa periodi in cui...» Soppesò con cura le parole e poi disse: «In cui va alla deriva».

«Va alla deriva?»

«Sì. Si perde. Si allontana».

«E periodi simili hanno preceduto gli altri tentativi di suicidio?»

«Sinceramente, dottore, lei mi sorprende. Sono sconvolta. Quali altri tentativi di suicidio?» disse Sybil.

«Vuol dire che non sapeva che l’aveva già fatto?»

«Assolutamente no».

«Non sa niente?»

Ci fu una brevissima esitazione prima che Sybil riprendesse a parlare. «No», disse. «Niente».

Il dottor Furtwängler scrisse con discrezione un appunto accanto al suo nome. Sie lügt, scrisse. Mente. Poi: Warum?

Perché?