2.

Sabato 8 giugno, Emma si alzò per la prima volta dal letto dopo l’aborto. Lo stesso giorno, Wolf rimosse per l’ultima volta le cinghie dai polsi e dalle caviglie di Pilgrim.

Emma andò a sedere alla finestra, dove Lotte le portò il vassoio della colazione e il giornale del mattino. Era stata Emma a richiedere il giornale, pensando: Continuano a capitare un sacco di cose nel mondo, e farei meglio a mettermi in pari.

Pilgrim sedeva sul ciglio del letto, dove Kessler gli diede da mangiare un’arancia già tagliata e pane tostato con marmellata e tè. Non vennero menzionati gli uccelli. Wolf si era ritirato nella cucina del personale, dove beveva caffè e fissava le stufe e i forni come se si aspettasse che parlassero. Lui però rimase in silenzio.

Emma aprì il giornale. Die Neue Zürcher Zeitung, familiarmente nota come die NZZ. Continuava la guerra fra Italia e Impero Ottomano, e gli italiani sembravano i vincitori più probabili. I Balcani erano in fiamme come al solito: bombe, omicidi, tumulti e anarchia. La Grecia minacciava di gettarsi nella mischia... E le cose andavano avanti sempre e sempre e sempre uguali.

Serbi, macedoni, bulgari, turchi, italiani, greci... Chi se ne importa? pensò Emma lasciando cadere il giornale sul pavimento. Cinquecento anni di eserciti invasori e di frontiere spostate, e non si era risolto nulla. E si poteva risalire fino ad Alessandro Magno. Fino a Troia, e niente, niente, niente era cambiato. Da secoli, intere vite, dalla culla alla tomba, venivano vissute senza un momento di pace, senza un secondo di esistenza lontano dalla morsa della paura. Tanto valeva non nascere. Tanto valeva morire.

 

Alle undici, quel mattino, Jung comparve nel padiglione dei violenti, controllò lo stato di alcuni pazienti e, alle undici e trentacinque, fu ammesso nella cella di Pilgrim.

Wolf intanto si era messo a sedere in corridoio, permettendo a Kessler di occuparsi delle esigenze private di Pilgrim. Kessler aveva portato un pigiama pulito e una vestaglia appena uscita dalla lavanderia, e per la prima volta in quasi due settimane Pilgrim era stato rasato e aveva potuto lavarsi i denti.

Jung disse a Kessler di uscire e ritornare dopo una mezz’ora.

Quando Kessler ebbe lasciato la stanza, portando con sé il pigiama sporco della settimana precedente e il carrello della colazione, Jung prese l’unica sedia della stanza e la mise con lo schienale rivolto alla porta.

Quando si sedette, estrasse un foglio di carta dalla cartella da musica e guardò in volto il paziente. Jung non aveva dormito: la sua coscienza soffriva ancora per la morte del bambino e per la scoperta, da parte della moglie, della presenza di un’altra donna.

Quanto al primo dei fatti che lo turbavano, provava insieme rimorso e senso di colpa. Il suo sospetto che Emma si fosse deliberatamente gettata dalle scale era stato quasi confermato. Non ho inciampato, gli aveva detto lei, sono caduta. Quanto all’altra donna, non provava alcun rimorso, solo il rimpianto che quella presenza dovesse essere per il momento esclusa dalla sua vita. Gli sarebbe mancato non solo il sollievo sessuale che quella donna gli aveva fornito, ma anche la sua compagnia intellettuale. Si chiamava Antonia Wolff e qualche tempo prima, come Sabina Spielrein era stata una paziente della clinica. Dopo la guarigione, era divenuta una brillante interna di straordinario talento e intuito.

Era la giovane donna che Jung aveva visto in corridoio qualche settimana prima, in compagnia di Furtwängler. Aveva avuto importanza – e non l’aveva avuta – che fisicamente fosse una copia quasi perfetta di Emma, ma che in più avesse i capelli sciolti che ricadevano sul volto, mentre quelli di Emma erano tirati verso la nuca. Aveva lo sguardo voluttuoso di una donna il cui corpo era esperto di delizie, e Antonia – Toni – era...

Scordatelo. Sei qui per Pilgrim.

«Buongiorno», disse Jung. «Che giornata luminosa, soleggiata, meravigliosa», mentì. In realtà, pioveva e il suo bambino era morto.

Pilgrim non disse nulla e distolse lo sguardo.

«C’è qualcosa che vorrebbe dirmi?» chiese Jung.

«Solo che mi ha confinato al buio con i pazzi furiosi».

«Quali pazzi furiosi avrebbe in mente?»

«Schwarzkopf ha ucciso due dei miei uccelli».

«Lei possiede degli uccelli?»

«Colombi. Piccioni. Li nutro. Lei lo sa».

«Che lei possiede uccelli? Non ne ero consapevole. La mia impressione è che gli uccelli appartengano a se stessi».

«Molto acuto, dottor Jung. Naturalmente...» Pilgrim alzò una mano e la lasciò ricadere sul ginocchio, «... lei ha ragione. Nondimeno, mi sono preso cura di loro».

«Il signor Schwarzkopf è stato licenziato. Ha altre lamentele?» disse Jung.

«Kessler è pazzo».

«Oh».

«Crede negli angeli».

«E lei no?»

«Certo che no. A cosa servono gli angeli?»

«A quanto pare sono stati piuttosto utili a Kessler. Sa che un tempo è stato anche lui paziente qui dentro?»

«No. E chi se ne importa. Dimostra semplicemente quello che ho detto. Lei mi considera pazzo e mi affida alle cure di pazzi. Forse c’è qualcosa che non va nella sua, di mente».

«Questo è possibile», sorrise Jung. «È perfettamente possibile».

Ci fu una pausa. «Come si sente oggi, signor Pilgrim? Riposato? Sollevato?»

«Liberato».

Jung scoppiò a ridere.

«Proprio», disse. «Ed era ora». Attese un momento prima di dire: «Avrebbe davvero ucciso il signor Schwarzkopf, come sembrava aver voglia di fare?»

«Lo desideravo, ma ho lasciato perdere. Non posso uccidere, cosa che non può essere detta di Schwarzkopf. L’ho visto mangiare mosche».

«Contano le mosche?»

«Tutto conta. Non è d’accordo? O non conta che non ne restino per lei?»

Jung si appoggiò allo schienale.

«Bene», disse, «è chiaro che abbiamo un problema. Io non le piaccio: è così?»

«Per il momento, sì».

«Ricordi solo che sono il suo medico. I medici non possono sempre essere piacevoli».

«Ne sono pienamente consapevole». Pilgrim fissò lo sguardo su Jung. «Che cosa vuole da me, dottor Jung? C’è qualcosa che posso fare per lei?»

«Sì. Può rispondere ad alcune domande».

«Io prendo le domande, lei le risposte. Non è equo».

«Preferirebbe che ci scambiassimo le parti?»

«Non mi ero accorto che avessimo delle parti».

«Signor Pilgrim, queste schermaglie dialettiche non porteranno da nessuna parte né lei né me».

«Per essere una persona che si esprime in una lingua straniera, lei parla benissimo. Schermaglie dialettiche. Notevole. Il suo vocabolario è esemplare e ad amplissimo spettro. Anzi, dovrei dire che lei è – come in altri campi – una specie di esperto barocco».

«Non sono sicuro di capirla».

«Ma sì che mi capisce. Non si nasconda dietro una falsa modestia. Lei non conosce la modestia, vera o falsa che sia. In altre parole, dottor Jung, lei è visibile».

«Capisco».

«Sono io che l’ho capita. Lei è, per usare il gergo degli scolari, quel che si dice una “mezza sega”».

Jung mise da parte la lista delle domande che aveva preparato. Non ne aveva più bisogno. L’incontro con Pilgrim aveva preso una piega propria, e benché non fosse quella che aveva sperato, avrebbe potuto rivelarsi produttiva.

«Immagino sia un insulto», disse Jung.

«Be’, sì. Rimanda a un atto masturbatorio poco soddisfacente».

«Capisco».

«Davvero?»

«Penso di sì».

«Ne dubito. Sa, ogni scolaro passa le notti a strofinarsi nella speranza che un giorno si conquisterà il piacere completo dell’eiaculazione e del conseguente orgasmo. Ha sentito parlare di simili piaceri, e forse ne è stato testimone, osservando i compagni più grandi. Ma il suo pene resta inabile perché i testicoli non sono ancora scesi in posizione. Per tutte le erezioni che potrà ottenere, non raggiungerà nessuna gratificazione se non una lieve eccitazione che è solo lontanamente parente del soddisfacimento sognato. Lui è peggio che vergine. È sterile. E, pertanto, è una mezza sega».

«Così io sono un orgasmo non raggiunto».

«Sì, signore. Noti che la chiamo signore, come fa uno scolaro bene educato».

«Lei non è uno scolaro, signor Pilgrim».

«Ma lei non è forse il mio maestro?»

Silenzio.

«Odio questa stanza. Questa cella. Devo starci per sempre?»

«No».

«È lei che tiene le chiavi?»

«Sono uno di quelli che le hanno, sì».

«E gli altri?»

«Kessler, Wolf. Il medico responsabile di questo padiglione. Si chiama Raddi».

«Ernst Raddi. Sì, l’ho incontrato. O dovrei dire che è stato lui a incontrare me? In sua presenza sono sempre stato incatenato. Un’altra mezza sega».

«Non c’erano catene, signor Pilgrim. Non ci sono mai state».

«Qualunque cosa fossero, a me sembravano catene».

«Ne sono convinto».

«Quanta gentilezza da parte sua».

«Mi piacerebbe sapere perché mi considera una mezza sega».

«La descrizione la disturba?»

«Sapere perché potrebbe portare qualche beneficio. Se devo aiutarla, devo sapere chi lei crede che io sia».

«Perché crede che io abbia bisogno di aiuto?»

Jung quasi scoppiò a ridere, ma si trattenne.

«La chiave è nella mia tasca, signor Pilgrim. Solo io posso liberarla».

«Ha detto che c’erano altre chiavi in altre tasche».

«Sì, ma solo la mia può liberarla. A parte questo, è fin troppo chiaro che lei è tormentato, disturbato. Lo sa benissimo anche lei. E così: la sua risposta?»

«Perché penso che lei sia una mezza sega? Perché è troppo compiaciuto di sé, della persona che è e dei piccoli successi ottenuti nel suo campo...»

Jung chiuse gli occhi, ma non disse nulla.

«E perché lei, in maniera arrogante e dogmatica, esercita poteri illimitati. E perché non ha la minima idea della sua ignoranza e del danno che questa ignoranza infligge. E perché è impenitente. E perché violenta l’intelletto altrui per proteggere la reputazione del suo. E perché è svizzero!»

Jung si alzò in piedi, si voltò, si tolse gli occhiali e si asciugò gli occhi con il fazzoletto.

«È una lunga lista», disse.

«È solo il principio», disse Pilgrim.

Jung spostò il peso e pensò di voltarsi di nuovo, ma non lo fece.

«Preferisce essere affrontato da un altro medico?»

«Affrontato? Sono un lottatore? Una squadra di rugby? Un esercito di rivoltosi?»

«Signor Pilgrim!» Jung questa volta si voltò e, avvampando di evidente furia, si mise davanti al suo paziente. «Quando è troppo è troppo!»

«Che peccato. Mi stavo divertendo».

«Non ne dubito. Ma lei ha un sacco di problemi. Non con me, ma con lei stesso. Io ho un lavoro da fare, e intendo farlo. Non sono il solo a essere arrogante e non sono il solo a essere ignorante e non sono il solo a esercitare in maniera dogmatica il potere...»

«Poteri illimitati».

«Lei, signore, è un vecchio maestro in tutti questi campi e, se posso dirlo, è anche lei una mezza sega!»

Pilgrim sbatté gli occhi. Era sinceramente sorpreso. Si voltò verso il muro e disse: «Voglio una finestra».

«Non può avere una finestra! Non ci saranno finestre finché non avrò le mie risposte».

Pilgrim si sedette.

«È chiaro?» disse Jung.

«Sì».

«Allora...» Anche Jung si sedette. «Abbiamo sgombrato l’aria. Procediamo».

Pilgrim si fissò le ginocchia. Il bianco del pigiama sembrava ipnotizzarlo. «Dove andiamo?» disse, quasi in un sussurro.

«Andiamo a scoprire chi siamo», disse Jung. «Chi è lei e chi sono io. Non abbiamo mappe, dobbiamo trovare da soli la strada. E la troveremo».