7.

Il dolore e il senso di fallimento possono in qualche modo stimolare la generosità, o almeno ciò che Jung considerava generosità, anche se si trattava piuttosto di magnanimità. Darò al signor Pilgrim la lettera di Lady Quartermaine, aveva deciso in conseguenza della morte della contessa Blavinskaja.

Si rifiutava anche solo di pensare alla parola suicidio, perché concedere che la contessa fosse morta di disperazione avrebbe significato ammettere che anche Jung era in parte responsabile della sua morte. Adesso si rendeva conto che avrebbe dovuto combattere con maggior forza perché alla contessa fosse riconosciuto il diritto alle sue fantasie lunari, invece di cederla a Furtwängler e a quelle che agli occhi di Jung apparivano come cure maldestre.

Attraverso questo tortuoso cammino, Jung giunse alla decisione di consentire a Pilgrim di leggere la lettera che fin dall’inizio era stata indirizzata a lui. Se nient’altro funzionava, forse in questo modo Pilgrim avrebbe ricevuto la scossa necessaria per indurlo a rivelare la fonte delle sue fantasie, e il loro ruolo nell’impulso a mettere fine alla sua vita. Ma io lo stavo proteggendo, aggiungeva subito dentro di sé Jung. Gli stavo risparmiando la sofferenza di vedere le ultime parole della sua amica. In quel momento, era una scelta del tutto legittima.

Certo che lo era. Legittima quasi come l’aver invitato una certa giovane signora a entrare nella tua vita in un momento di bisogno personale – così ti ostinavi a chiamarlo – che altrimenti minacciava di mettere a repentaglio tutta la tua opera, perché... Com’è che avevi detto quella volta? Non riuscivi a concentrarti? Ecco com’era. Non riuscivi a concentrarti a meno che non ci fosse del sesso.

Oh, sta’ zitto.

Sono qui solo per ricordartelo. Avevi usato la parola legittima. Stavo chiarendo. Giustificando...

Svilendo!

Be’, se la metti in questo modo, non te lo ricorderò più.

E sarà meglio.

Sto solo cercando di mantenerti onesto, Carl Gustav. Almeno con te stesso, se non con gli altri. Emma, per esempio...

Mi rifiuto di ascoltare. Mi farai impazzire.

Forse è quella la mia intenzione.

Basta.

Hai inventato qualche nuovo gioco ultimamente? Ce n’è uno che potrebbe interessarti...

Lasciami in pace.

Si chiama Tombe al tramonto. Si trova un cimitero adatto, e ce ne sono decine a Zurigo e dintorni. E lì, proprio al calar del sole, vai a sederti in un mausoleo con i morti. Molto stimolante, molto corroborante per la mente...

Per l’amor di Dio, smettila!

Fornisce ogni sorta di immagini affascinanti e infinito alimento al pensiero. E alimento per i vermi, naturalmente, dato che sei in compagnia di cadaveri. Pensa a parole come deperimento e mancanza. Le possibilità sono infinite. Deperimento. Mancanza. Perdita. Potrei andare avanti per ore.

Non farlo.

Deperimento. Mancanza. Perdita. Codardia. Falsità... Tombe al tramonto, Carl Gustav. Pensaci. Adesso ti lascio. Arrivederci.

Jung era seduto all’aperto sul ponte del traghetto quando ebbe luogo questa conversazione interiore. In grembo aveva la cartella da musica, slacciata. Dentro c’erano i suoi taccuini, delle penne e la lettera di Sybil Quartermaine a Pilgrim, che adesso estrasse più per distrarsi che per una vera ragione. Qualunque cosa, qualunque cosa per liberarsi del maledetto Inquisitore e delle sue cupe insinuazioni.

Mi farai impazzire... Forse è quella la mia intenzione.

 

Estrasse la lettera dalla busta e la scorse pagina dopo pagina. Che cosa poteva voler dire Lady Quartermaine quando scriveva che ciò che i “mortali” chiamano morte non era, per noi, nemmeno una remota possibilità? E chi erano gli inviati, i Messager, che sembravano presagire la sua morte? E anche, che cosa e dov’era il Bosco nel quale si era presumibilmente aspettata che ci fosse un incontro? Era tutto così completamente misterioso, eppure Sybil sembrava sicura che Pilgrim avrebbe capito quei riferimenti. Per Jung, tuttavia, quelle dichiarazioni non facevano che accomunare la possibile follia di Lady Quartermaine a quella di Pilgrim.

 

In clinica, dopo aver indossato il camice bianco, Jung andò subito al terzo piano, deciso a incontrare direttamente Pilgrim. Passando davanti alla suite 309, tuttavia, notò che la porta era aperta e, incuriosito, entrò.

Dentro trovò Dora Henkel che piegava e riponeva i costumi dei balletti della contessa Blavinskaja, avvolgendoli uno per uno in carta velina prima di depositarli in uno scatolone di cartone. Molti altri scatoloni erano posati sulle sedie, sui tavoli e sul letto.

«Buongiorno, signorina Henkel».

«Buongiorno, Herr Doktor».

Dora, con le mani piene di tulle, si inchinò verso di lui. Jung notò che aveva pianto.

«È una cosa tanto triste», disse Jung osservando le stanza con le finestre illuminate aperte sulle cose che ormai erano solo le reliquie di una donna morta che, da viva, le aveva rivestite di magia.

C’era uno scatolone consacrato esclusivamente alle scarpe con le punte, ogni paio delle quali era legato coi propri nastri: scarpe bianche, azzurre, rosse, rosa.

«Terrò per me il paio che portava quando è morta», disse Dora a Jung, e glielo mostrò, messo da parte, insieme allo scialle di cashmere della contessa. Erano macchiati di sangue. «Terrò anche la fotografia di Madame come regina delle Villi. È in una cornice d’argento con lo stemma del marito, un’aquila a due teste. Ma credo che nessuno ci farà caso. Non c’è più nessuno a cui importi, a parte quel padre crudele e il terribile fratello. Loro possono tenersi i costumi, o forse la madre, se riuscissimo a trovarla. È scomparsa, come lei sa, in una specie di altra vita, così da sfuggire al destino della povera Madame».

«Sì. Vedrò cosa si può fare. Sarebbe un peccato gettare via tutta questa bellezza».

«Il padre e il fratello erano mostri, Herr Doktor. Sono mostri. Bisogna sempre ricordare che non hanno mai pagato per i loro delitti».

«Sì. Purtroppo sì, lo ricordo», disse Jung.

«Madame fu stuprata dal fratello, ripetutamente, quando era una ragazzina. Lo sapeva?»

«Sì. Certo che lo sapevo, anche se avrei preferito non saperlo».

«Ripetutamente. E poi... dopo tutto ciò, il suo povero, povero marito fu ucciso dal padre e non se ne fece niente. Niente. Lo zar li proteggeva. Sono troppo in alto, troppo potenti per essere puniti. Non è una cosa europea. Non è una cosa svizzera. Non è giusto. E questo l’ha fatta impazzire, la mia cara signora. L’ha fatta impazzire».

Dora si sedette sul letto in mezzo agli scatoloni e pianse. «Oh, cosa farò senza di lei? Cosa farò?» disse, ed estrasse un fazzoletto dalla tasca. «Era diventata tutta la mia vita».

«Dobbiamo imparare a non attaccarci troppo ai nostri pazienti, Dora», disse Jung. «Li perderemo tutti, in un modo o nell’altro, con il passar del tempo, o perché guariranno e ci lasceranno, o quando muoiono. È così che succede nella nostra professione».

«Le volevo bene», disse Dora con calma. «Le volevo bene. Punto e basta».

«Sì», disse Jung. «Lo so. E anche la contessa voleva bene a lei. Le era affezionata. Me l’ha detto molte volte».

«Davvero?»

«Sì. Molte, molte volte», mentì. «Senza di lei, la contessa non avrebbe mai avuto nemmeno un momento di felicità». Questo era vero.

«Grazie per avermelo detto, Herr Doktor. Almeno avrò qualcosa di cui vivere».

Jung, senza sapere cosa dire ancora, scrollò le spalle e fece un gesto incurante con la mano.

«Perché il padre uccise il marito di Madame? Perché? Lei lo amava così tanto».

«A quanto pareva, il marito era infedele», disse Jung. Non era mai stata una figura su cui amava soffermarsi durante le sedute con la contessa Blavinskaja. Il Padre Vendicatore era una figura da incubo, simile al mago malvagio delle fiabe, che saltava fuori dal buio e coglieva le sue vittime di sorpresa.

«Devo lasciarla, Dora», le disse d’un tratto Jung. «Il signor Pilgrim mi aspetta».

«Sì, dottore. Grazie per essersi fermato a parlare. Gliene sono grata».

«Non è il caso. Volevo dirle che le ero vicino in questo momento di dolore».

«Grazie».

Dora si alzò e si chinò ancora una volta, e l’ultima immagine di lei che ebbe Jung quando si voltò sulla soglia fu la sua mano che si allungava verso le scarpe che voleva tenere per sé. Se le portò fino alla guancia e le accarezzò come avrebbe potuto accarezzare la mano di un bimbo morto. Dora era illuminata dal sole, circondata da tutto ciò che rimaneva di una donna morta nel tentativo di raggiungere la luna: gli abiti che aveva indossato nelle ore ormai dimenticate dei suoi trionfi. E le scarpe. E le scarpe. E le scarpe.