E così, mio carissimo amico, mi rivolgo a te per l’ultima volta... Pilgrim era tornato all’inizio della lettera di Sybil Quartermaine e stava per rileggerla un’altra volta quando all’improvviso si alzò, andò alla scrivania del soggiorno e prese carta, penna e busta.
Sybil, Marchesa di Quartermaine, scrisse.
Addio.
Strappò il foglio e ricominciò.
Sul balcone, il ballo era finito e solo pochi uccelli rimanevano al sole: una coppia di colombi, un terzetto di piccioni.
Pilgrim si sedette alla scrivania e scrisse.
18 giugno 1912
Cara Sybil,
mi trovo in una sorta di purgatorio. Ne ero certo: non mi è permesso né di vivere né di morire. Mi tengono in questo “manicomio” – credo che lo chiamino così – e vorrei essere in qualunque luogo tranne che qui. Adesso mi fanno passeggiare in un cortile murato. Non so perché, anche se sospetto che, in qualche modo, devo essermi comportato male. Ho rotto qualche disco di cera, per quello che ricordo. Ho rotto anche qualche strumento. Strumenti musicali: un violoncello, forse un violino. È una cosa tanto grave, dato che la musica non risolve niente, non evita la pazzia, non impedisce la violenza? Se mi guardo indietro, mi dispiace di aver difeso qualunque forma d’arte, ma la musica è la peggiore di tutte: disturba e ribolle, troppo carica di emozioni da una parte, troppo intellettualizzata dall’altra. Bach e Mozart, proprio! Bach mi fa inevitabilmente pensare ai pesci in una tinozza! Girano e rigirano e rigirano e non succede mai niente. Niente! Zum-pa-zum-zum. Zum-pa-zum-zum e avanti così. Zum-pa-zum-pa-maledetto-zum-zum! Quanto a Mozart, le sue emozioni non sono mai maturate oltre i dodici anni. Non ha mai raggiunto la pubertà, per non parlare dell’adolescenza. La sua musica si limita a combinare un talento popolare per le comiche e un talento commerciale per le lacrime. No, non lacrime. Per i singhiozzi. Beethoven: pomposo; Chopin: dolciastro e incline alle scenate: zum-pa-zum-zum-bang! E Wagner: un noioso egocentrico. E questo giovane turco, Stravinskij. Il nome dice tutto: discordante, maleducato e soffia la musica dal naso!
Ecco.
Devo andare avanti?
Letteratura. Potrà mai mettere fine alle guerre? Guerra e pace in sé non è altro che istigazione a creare nuovi campi di battaglia. I russi sono degli sciocchi pasticcioni così assoluti che il loro migliore alleato per sconfiggere Napoleone fu l’inverno. Qualcuno cercherà di ripetere l’esercizio? Naturalmente sì: quel libro atroce è un invito esplicito. Tolstoj, da parte sua, fu soldato a Sebastopoli e se ne vantò, poi fa finta di esserne inorridito, e va a finire la vita come un folle propugnatore della pace mondiale, per l’amor del cielo, mentre allontana la moglie dal suo letto di morte. Sono pazzo? Io?
Sì. Così mi dicono.
Qualcuno bussò alla porta.
Pilgrim posò la penna.
Dalla camera da letto uscì Kessler, che stava pulendo gli stivali di Pilgrim, e raggiunse il vestibolo. Pilgrim sentì a stento qualche parola pronunciata dalla voce che lo salutava. Gabbia... piccioni... granaglie... Fowler...
Quando tornò, l’inserviente aveva in mano gli uccelli. Il giovane fattorino, che era svizzero italiano, lo seguiva portando il sacco di granaglie chiuso dal nastro.
«Va bene qui?»
«Va bene. E grazie».
«Devo dargli dei soldi?» chiese Pilgrim.
«No, signore. Ha il suo stipendio».
Il ragazzo si ritirò. Una porta si chiuse, poi un’altra.
Pilgrim si era alzato per ispezionare il sacco delle granaglie.
«Non capisco», disse. «È cambiata la mia dieta?»
«Direi di no, signore. Immagino che sia per gli uccelli nella gabbia».
«Uccelli?» chiese Pilgrim.
«Uccelli», confermò Kessler. «Come se avessimo bisogno di uccelli». Dopodiché si ritirò in camera da letto per finire di lucidare gli stivali.
Pilgrim sciolse il nastro e frugò nel sacco per vedere che tipo di granaglie fossero. Granturco, miglio, segale e avena. E un biglietto.
Pilgrim strappò la busta e lesse.
A un altro appassionato:
Signore,
questi sono piccioni viaggiatori e possono portare messaggi. Lei potrà vedere il mio aspetto presente nelle fotografie accluse. Confido che approverà.
È passato un certo tempo da quando ci siamo incontrati e mi è venuto in mente che lei potrebbe desiderare di abbandonare il suo presente alloggio. Se è vero, alcune istruzioni potrebbero essere d’aiuto. Non so niente dei luoghi in cui si trova. Un diagramma sarebbe utile, una mappa o una descrizione simile.
È disponibile un’automobile.
Io sono nelle vicinanze, all’Hôtel Baur au Lac.
Aspetterò sue comunicazioni.
La osservo.
Ogni giorno posso vederla.
Il suo fedele
H. Fowler
Oltre alle fotografie c’era una piccola borsa di velluto che conteneva varie capsule di metallo con graffe adatte per attaccarle alle zampe dei piccioni.
Pilgrim mise in tasca la lettera, la borsa di velluto e le fotografie e tolse la copertura alla gabbia.
Sembrava che i piccioni lo conoscessero. Cominciarono subito a tubare e a mostrare le penne. Grigio, mattone, porpora, bianco: le combinazioni di colore di ogni uccello erano perfettamente equilibrate e incantevoli.
«Li porti alla luce», disse Pilgrim a Kessler. «Li porti alla luce».
Kessler, con uno stivale in mano, portò la gabbia in camera da letto. Pilgrim si fermò in soggiorno per ripiegare la sua lettera e riporla nel cassetto della scrivania, del quale mise in tasca la chiave.
Poi estrasse le fotografie dalla busta e le fissò una a una. Profilo destro, profilo sinistro, fronte. Baffi, bombetta, figura curata ed elegante, in piedi nel sole.
H. Fowler.
Senza dubbio, qualcuno che conosceva.
Allo stesso modo, qualcuno che non conosceva, o che aveva dimenticato.
H.
Avrebbe potuto essere Howard, Henry, Herbert o Harry.
“Fowler” significa uccellatore: uno che caccia uccelli, li vende, li alleva...
Nella mente di Pilgrim apparve l’immagine di una colombaia.
Tenevamo uccelli, io e un altro, insieme, in un giardino da qualche parte...
Cheyne Walk.
Pilgrim mise le dita sopra i baffi nella fotografia frontale di Fowler.
Come si chiamavano, le persone di Cheyne Walk?
C’era una donna, la signora Qualcosa, e un ragazzo di nome Fred. Non Fred, no. Alfred. Alfred.
Pilgrim guardò fuori dalla finestra verso le montagne.
Montagne.
Forse il nome della donna era Matterhorn.
No. Non Matterhorn. Matter-qualcos’altro.
Matheson.
La signora Matheson. Alfred. E un cane di nome Aggie. Agga. Agamennone!
Sì. Sì. Sì. E un uomo di nome Fowler.
Pilgrim si alzò in piedi e andò alla finestra per ricevere più luce.
Howard Harry Henry Herbert Fowler.
«Henry?» disse ad alta voce.
Fissò di nuovo la fotografia, mascherando i baffi dell’uomo.
Strinse gli occhi.
«Forster», disse.
Ogni tessera era andata al suo posto. Fuori, da qualche parte, c’era un uomo in attesa di aiutarlo. Henry Forster, che sarebbe venuto a salvarlo. Sarebbe stata la fine della prigionia.
Basta prigioni, per sempre.
Si mise le fotografie in tasca.