74.

Il rombo dell’oceano riempì le orecchie di Arent.

Qualcosa lo sospinse e lui emise un rantolo, socchiudendo gli occhi. Era l’alba, il cielo una lastra grigia sopra di lui. Provò a muoversi, ma il suo corpo sembrava fatto di legno. Era bagnato fradicio, la pelle incrostata di sale.

Sul chiarore si stagliavano le sagome dei moschettieri Eggert e Thyman. Quest’ultimo era in piedi, l’altro in ginocchio e gli scuoteva una spalla.

«Allora?» chiese Thyman.

«Respira» fece Eggert.

Arent si voltò di scatto su un fianco e vomitò acqua di mare fino a sentire la gola indolenzita.

Si pulì la bocca e si guardò intorno, confuso.

Era finito su una spiaggia di ciottoli disseminata di alghe, la spuma del mare che avanzava e arretrava, lambendogli le caviglie. Lunghe dita di coralli viola e arancioni si allungavano in una baia di rocce frastagliate, tra cui l’acqua si agitava lanciando in aria ampi sbuffi di schiuma.

La Saardam era dall’altra parte della baia, incagliata su un isolotto. Una roccia appuntita ne aveva trafitto la parte inferiore dello scafo, spaccando i ponti e sbucando sul ponte di coperta.

«Avete visto Sara Wessel?» chiese, spingendosi fuori l’acqua dalle orecchie. «O Sammy Pipps?»

Voltò la testa di scatto, a destra e a sinistra, disperato, cercando di scorgerli in secca. Doveva esserci una trentina di sopravvissuti sparsi per la costa, e numerosi altri morti che galleggiavano nell’acqua bassa. Erano stati fatti a pezzi dalle rocce, e c’erano chiazze rosse nei punti in cui erano stati infilzati e colpiti.

Le madri cullavano i bambini, piangendo quelli che avevano perso o gridando i nomi di quelli che speravano di ritrovare, mentre gli uomini si lanciavano verso le casse di viveri che dondolavano nell’acqua, afferrando tutto ciò che potevano e azzuffandosi con gli altri per il resto.

Tre moschettieri tenevano a terra un marinaio, che agitava braccia e gambe, mentre un quarto gli piantava un pugnale nel ventre. Altri si aggiravano per la spiaggia, trapassando con le spade i corpi di tutti i marinai che erano stati portati lì dalle onde, che respirassero o meno.

Alla destra di Arent si levavano alte scogliere, e qualsiasi cosa ci fosse a sinistra era nascosta dalla curva della baia. Il centro dell’isola sembrava una giungla, separata dalla spiaggia da una cintura di cespugli rossi incolti.

Non c’era traccia dei suoi amici.

«Pipps non l’ho visto. Se è vivo, sarà al campo con il capitano della guardia Drecht» disse Thyman.

«E così Drecht è sopravvissuto» commentò Arent tirandosi in piedi a fatica.

«È naturale».

«Ha dato ordine di abbandonare la Saardam e di mettere Sara e la sua famiglia sulla prima scialuppa diretta all’isola» aggiunse Eggert. «Sono tutti al campo».

«Non ti aspettare di trovarci Pipps» lo ammonì poi Eggert, tetro. «Il Vecchio Tom ha sferrato il suo attacco contro di noi. Sono quasi tutti morti».

Doveva essere quella l’isola disegnata nel libro dei demoni di Emily de Haviland, pensò Arent. L’isola che costituiva la base del Marchio del Vecchio Tom impresso con una cicatrice sul suo polso.

I passeggeri e l’equipaggio della Saardam erano stati assassinati e portati lì, proprio com’era stato promesso.

Debole come un anziano, barcollò avanti e indietro, dovendo riabituarsi a camminare sulla terraferma dopo tre settimane di mare. Fino a quel momento era stato convinto di aver già sopportato qualsiasi sofferenza la vita potesse infliggere, eppure il destino era riuscito a ingannarlo ancora una volta.

Aveva squarci irregolari in tutto il corpo, le costole gli dolevano al punto che non riusciva a stare dritto. Sentiva i denti dondolare nella mandibola.

Gli sembrava di essere stato calpestato da un centinaio di uomini e di essere riuscito, non si sa come, a uscirne vivo.

L’acqua scivolava tra le rocce, coprendo e scoprendo il corallo affilato, i morti e i moribondi. Arent aveva sempre creduto che i miracoli fossero ciò che accadeva quando si restava senza speranze. Erano frammenti di fortuna, tirati a lucido e scintillanti, che venivano consegnati al momento opportuno.

Quello però non era un miracolo. Si sentiva come un maiale sopravvissuto alla macellazione fuggendo dritto in cucina.

«È proprio vero che non ti si può ammazzare, eh?» disse Thyman, sospettoso. «Le canzoni dicevano la verità».

«Dov’è il campo?» chiese con voce roca.

Eggert indicò il banco di sabbia sulla sinistra.

Stringendosi il torace indolenzito, Arent seguì la direzione.

Il cielo grigio incombeva sull’oceano altrettanto grigio; la temperatura continuava ad aumentare, riscaldando una pioggia infinita che lo colpiva come un incessante flusso di urina sospinto dal vento.

Si chinava su ogni corpo per esaminarne il viso, con il terrore di scorgere i riccioli rossi di Sara. Trovò Sammy privo di sensi all’ombra di alcune rocce coperte di escrementi bianchi, con uccelli marini dai becchi lunghi che saettavano dentro e fuori dai nidi costruiti nelle cavità della pietra. Era disteso su un fianco e voltava le spalle ad Arent. Respirava, sebbene con affanno. Gli abiti eleganti che aveva indossato la sera prima erano a brandelli, mostrando il corpo magro. Il sangue sgorgava da decine di tagli, di un colore spaventosamente acceso sulla sua pelle pallida e tremante.

Due moschettieri lo circondarono, sguainando le spade.

Sussultando per il dolore, Arent drizzò la schiena.

«Andate via, voi» gridò.

I due si guardarono intorno in cerca d’aiuto, senza trovarne, così se la svignarono. Arent li osservò finché non sparirono alla vista, poi si concesse di accasciarsi di nuovo, avvicinandosi più rapidamente che poté a Sammy ed emettendo un lamento quando lo vide.

Metà del suo viso era stata tagliuzzata dal corallo, portandogli via l’occhio destro.

Con una smorfia, Arent si chinò e lo sollevò dalla sabbia. Una fitta lacerante gli attraversò il costato, e per poco non crollò in ginocchio. Per qualche momento dovette lottare per riguadagnare il respiro, poi, stringendo i denti, cominciò a camminare.

Ogni passo era un’agonia, ma lasciarsi andare al dolore non avrebbe salvato nessuno. Sammy era ferito gravemente, ed era necessario trovare Sara e Lia. Continuò ad avanzare, quasi senza riuscire a sollevare i piedi da terra.

Un marinaio arrivò di corsa gridando, inseguito da due moschettieri che si avventarono su di lui come lupi, pugnalandolo almeno dieci volte e uccidendolo. Pieni di sangue, eppure ridendo, gli uomini si alzarono, gettarono su Arent uno sguardo affamato e poi se ne andarono, in cerca di altre prede.

Arent pensò che non sarebbe stato facile. La costa era disseminata di marinai che erano già stati massacrati, picchiati e sgozzati.

Sammy si mosse tra le sue braccia, deglutendo. Il suo unico occhio si fissò sull’amico. «Sembri uno che ha trascorso la notte con un bue» disse con un filo di voce, suscitando una risata dolorosa in Arent.

«Non volevo che tua madre fosse la sola» rispose. «Stiamo andando a cercare aiuto».

«Che...» Tossì. «Che cosa è successo?»

«Ci siamo incagliati in un’isola mentre tutti erano impegnati a combattere».

Sammy strinse in pugno la camicia di Arent. «È...» Lottava per riuscire a pronunciare ogni parola. «...Almeno è una bella isola?»

«No» fece l’altro. «Credo sia dove vive il Vecchio Tom».

«Ah» annuì Sammy, soddisfatto. «Almeno non dovremo più cercarlo».

Chiuse gli occhi e lasciò andare il capo penzoloni. Arent lo esaminò, spaventato, ma respirava ancora.

Raggiunsero un campo improvvisato appena un minuto dopo.

Arent sentiva le braccia tremare, il respiro che arrivava con fatica sempre maggiore.

Con suo sollievo, le prime persone che vide furono Marcus e Osbert che facevano rimbalzare sassolini sul pelo dell’acqua, sotto lo sguardo di Dorothea. A parte i capelli arruffati, non sembravano aver risentito dell’incidente.

Isaack Larme era accasciato su un barile e osservava torvo le provviste che galleggiavano in mare, come fossero insulti diretti alla sua persona da parte della nave traditrice. Jacobi Drecht indicava e gridava ordini ai suoi moschettieri, che si gettavano nella spuma cercando di raccogliere casse e botti che poi accatastavano sotto gli alberi, al riparo dalla pioggia. Tutto intorno c’erano decine di casse stracolme di tesori.

Appena vide Arent, Isaack Larme si alzò e andò da lui. «Abbiamo centinaia di morti, e invece tu arrivi quasi senza un graffio. A quanto pare Dio non si è ancora stancato di te».

«Sammy ha ricevuto anche le mie ferite» rispose lui.

Drecht inclinò il capo per salutarlo. Aveva ancora la barba e il cappello, anche se la piuma rossa era andata perduta. Gli mancava un pezzo dell’orecchio destro e aveva un dito piegato a un’angolazione innaturale. Purtroppo non era nella mano con cui combatteva.

«Sono felice di vederti vivo, ho temuto il peggio» disse.

Arent guardò prima uno poi l’altro. «Mi sorprende che non stiate cercando di ammazzarvi a vicenda».

«Dopo il naufragio ho chiesto una tregua per poter mettere tutti i passeggeri che potevo su una scialuppa» rispose Drecht.

«E i marinai che i vostri uomini stanno massacrando sulla spiaggia?» ringhiò Larme.

«Solo quelli feriti» rispose l’altro candidamente. «Ne abbiamo già discusso. Non ho abbastanza viveri per i sopravvissuti, e non intendo sprecarne per chi è quasi morto». I suoi occhi azzurri si posarono su Sammy, tra le braccia di Arent. «Respira?»

«Sì, e non lo avrai» ringhiò lui. «Hai visto Sara?»

«L’ho messa io stesso sulla barca» rispose Drecht. «Si sta occupando dei feriti. Vieni, ti accompagno».

Drecht lo portò più avanti sulla distesa di ciottoli, seguendo la curva della costa. Larme era dietro di loro.

«Che cosa è successo, dopo che ci siamo incagliati?» chiese Arent.

«Dio ha scelto da che parte stare» rispose Drecht, le labbra tese. Si voltò verso il relitto della Saardam, infilzata dalla roccia. Una spaccatura enorme si stava ancora allargando al centro, il legname che vibrava sotto l’assalto infinito del mare. Arent aveva visto uomini colpiti allo stesso modo, squarciati eppure ancora in grado di respirare, con un tremito che accompagnava lo spegnersi di ogni calore dal loro corpo. Era una fine atroce, soprattutto per qualcosa di tanto maestoso.

«Gran parte dei marinai era ancora sul ponte di coperta e su quello inferiore» riprese Drecht. «La roccia che ha spaccato lo scafo li ha uccisi quasi tutti, ma non ha toccato i miei uomini. I seguaci del Vecchio Tom sono stati decimati».

«E molti bravi uomini insieme a loro» aggiunse Larme, ribollendo di collera per il tono vittorioso di Drecht.

L’altro li condusse in una grande grotta, piena di lamenti e corpi devastati. S’insinuava nelle profondità dell’isola e offriva un riparo fresco, con una brezza salmastra che usciva dall’oscurità come il respiro di una belva addormentata.

All’interno c’erano circa venti persone, delle quali nessuna era sopravvissuta senza problemi. Si stringevano al petto braccia rotte e zoppicavano su gambe spezzate. Erano feriti, stravolti e pallidi, i visi macchiati di sangue rappreso, gli occhi appannati dallo smarrimento e dal dolore.

Arent trovò un piccolo spazio e vi depose Sammy con la delicatezza di chi adagia un neonato nella culla, poi andò a cercare Sara. La vide muoversi tra i feriti con in mano un coltellino, estraendo schegge di legno dai corpi con gesti naturali, quasi stesse eliminando dei vermi da un cesto di mele.

«Metterò insieme una scialuppa di salvataggio» dichiarò Drecht. «Siamo a tre sole settimane di viaggio da Batavia. La tempesta ci ha spinti molto fuori rotta, ma sono sicuro che riusciremo a trovare una nave amica». Larme emise una risata sprezzante sentendo il suo piano, ma Drecht lo ignorò e continuò a parlare. «Verrà nominato un consiglio per prendere decisioni su come andare avanti, non appena sapremo per certo chi sono i sopravvissuti. Vorrei che voi due ne faceste parte».

«Bene, mi sembra una buona idea» rispose Arent.

«Allora vieni da me, quando avrai finito qui».

«Arent!»

Il mercenario si voltò, trovandosi assalito da un turbinio di braccia, gambe e capelli rossi. Sara attirò il suo viso verso il basso e lo baciò. Fu un bacio disperato e pieno di passione, e bastò a fargli dimenticare tutti gli altri mai ricevuti in vita sua.

Una volta Sammy gli aveva detto che l’amore era l’elemento più semplice da individuare, perché era diverso da tutto il resto. Non si poteva nascondere né camuffare, non era possibile che passasse inosservato a lungo. Arent non aveva mai capito davvero il significato delle sue parole, fino a quel momento.

Sara gli accarezzò una guancia. «Credevo che fossi morto».

Lui la strinse a sé, sollevato e pieno di gioia, sentendosi addosso il calore del suo corpo. Le costole gli diedero un dolore lancinante, ma non gli importava.

«Lia e Creesjie... sono...» chiese incerto, cercandole nella caverna.

«Sono arrivate entrambe sulla scialuppa. Stanno curando i feriti» disse Sara, indicando un angolo buio in cui le due stavano strappando pezzi di vestiti per farne delle bende insieme a Isabel.

Lo strinse ancora più forte.

Nessuno dei due avrebbe saputo dire per quanto tempo restarono così, ma alla fine Sara si staccò da lui, gli poggiò entrambe le mani sul petto, scrutando il suo viso con tenerezza, poi si concentrò su Sammy.

Si inginocchiò e cominciò a esaminare l’occhio e le altre ferite.

«Se la caverà, Sara?»

«Farò tutto ciò che posso, ma non credo che siano le sue lesioni il problema. Drecht sta facendo ammazzare i feriti per risparmiare viveri».

«Ha giurato di lasciar stare Sammy».

«Certo, e aveva giurato anche di non trapassare il petto di Crauwels con una spada, ma l’ha fatto lo stesso» disse Larme, lanciando uno sguardo verso la sagoma lontana del capitano della guardia. «E non vi illudete che si limiterà ai feriti. Quando non riuscirà a dar da mangiare ai vivi, comincerà a uccidere chiunque non ritenga utile, e diciamo che ho una mezza idea di dove si trovi un nano in una scala gerarchica del genere».

Arent cominciò a sentire una profonda stanchezza montare dentro di lui. Non sarebbe mai finita. Non avrebbero mai smesso di assassinarsi a vicenda. Jacobi Drecht non si era nemmeno fermato per lavarsi le mani dal sangue, dopo l’ammutinamento. La prima notte sulla Saardam, il capitano della guardia aveva detto loro che non credeva nei demoni perché gli uomini non avevano bisogno di scuse per compiere il male.

Arent aveva pensato che fosse solo una lamentela, ma in quel momento si rese conto che si trattava di una confessione. Quell’uomo si era guardato dentro e aveva detto loro quel che aveva visto.

Per poco non si mise a ridere. Se il Vecchio Tom li aveva trascinati laggiù per farli soffrire, gli bastava lasciarli soli. Avrebbero fatto tutto il lavoro senza bisogno di una ricompensa, e con il doppio dell’allegria di qualsiasi altro demone.

Sospirò. «Che cosa vuoi da me, Larme?»

«Che tu uccida Drecht, stupido bastardo. E devi fare in fretta».

«Non avrebbe senso» rispose lui. «Drecht è l’unica persona in grado di impedire ai moschettieri di perdere ogni controllo. Se muore lui, noialtri lo seguiremo presto».

«Allora dobbiamo prendere il comando dei suoi uomini» disse Sara.

«Già» fece Arent, osservando i moschettieri che ammassavano le provviste vicino all’acqua. «Quanto potrà essere difficile?»