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Nel secondo video Bruno Juge, il ministro dell’Economia e delle Finanze – che dall’inizio dell’ultimo mandato presidenziale era anche ministro del Bilancio – era in piedi, con le mani legate dietro la schiena, al centro di un giardino di medie dimensioni situato probabilmente sul retro di un villino. Il paesaggio circostante, solcato da valli, ricordava la Svizzera normanna e in primavera doveva essere verdeggiante, ma in quella stagione gli alberi erano spogli, quindi doveva essere la fine dell’autunno o l’inizio dell’inverno. Il ministro indossava pantaloni scuri e una camicia bianca a maniche corte, portata senza cravatta e troppo leggera per la stagione – aveva la pelle d’oca.
Nell’inquadratura successiva era abbigliato con una lunga veste nera sormontata da un capirote, anch’esso nero, che lo faceva assomigliare ai penitenti della settimana santa di Siviglia; quel tipo di copricapo era portato anche, in segno di pubblica umiliazione, dai condannati a morte sotto l’Inquisizione. Due uomini vestiti alla stessa maniera – con la sola differenza che i loro capirotes avevano dei fori all’altezza degli occhi – l’afferravano sotto le braccia e lo trascinavano via.
Arrivati in fondo al giardino, toglievano bruscamente il copricapo al ministro, che batteva più volte le palpebre per riabituarsi alla luce. Si trovavano ai piedi di una piccola collinetta erbosa in cima alla quale si ergeva una ghigliottina. Il volto di Bruno Juge nell’istante in cui scorgeva lo strumento non lasciava trasparire alcuna paura, solo una lieve sorpresa.
Mentre uno dei due uomini faceva inginocchiare il ministro, posizionava la sua testa nella lunetta e poi azionava il meccanismo di chiusura, il secondo montava la lama nel mouton, una pesante massa di ghisa che aveva lo scopo di stabilizzarne la caduta. Con l’aiuto di una corda fatta passare in una carrucola, sollevavano insieme il dispositivo composto da lama e mouton fino al capitello. A poco a poco, Bruno Juge sembrava essere sopraffatto da una grande tristezza, ma una tristezza d’ordine generale.
Dopo alcuni secondi, durante i quali si vedeva il ministro chiudere per qualche istante gli occhi e poi riaprirli, uno degli uomini faceva scattare il congegno. La lama calava in un attimo, la testa veniva mozzata di netto, un fiotto di sangue zampillava nel catino mentre la testa rotolava lungo il pendio erboso per poi fermarsi proprio davanti alla telecamera, a pochi centimetri dall’obiettivo. Gli occhi del ministro, spalancati, riflettevano ora un’immensa sorpresa.
Il pop-up e il video associato avevano invaso siti di informazione governativi come www.impots.gouv.fr o www.servicepublic.fr. Bruno Juge ne aveva parlato inizialmente al suo collega del ministero degli Interni, ed era stato lui ad allertare la DGSI. In seguito era stato informato il primo ministro, e la faccenda era arrivata fino al presidente. Non era stata rilasciata alcuna dichiarazione ufficiale alla stampa. Fino a quel momento, tutti i tentativi fatti per eliminare il video erano stati inutili: ogni volta la finestra riappariva, postata a partire da un diverso indirizzo IP, nel giro di poche ore, o addirittura di pochi minuti.
“Questo video qui,” riprese Fred, “posso dirti che l’abbiamo guardato per ore, ingrandito al massimo, soprattutto l’inquadratura del tronco decapitato, nell’istante in cui il sangue sprizza dalla carotide. Di solito, se ingrandisci abbastanza, cominci a veder apparire delle regolarità geometriche, delle microfigure artificiali – il più delle volte, si riesce addirittura a indovinare l’algoritmo utilizzato. Ma in questo caso, niente: puoi ingrandire quanto vuoi, ma rimane caotico, irregolare, esattamente come un vero taglio. La cosa mi ha talmente intrigato che ne ho parlato a Bustamante, il capo della Digital Commando.”
“Ma sono vostri concorrenti, no?”
“Be’, sì certo, siamo concorrenti, ma siamo in buoni rapporti, ci è già capitato di collaborare a dei film. Non abbiamo esattamente le stesse aree di eccellenza: nelle architetture immaginarie, nella generazione di folle virtuali e cose così, siamo meglio noi. Ma per tutti gli effetti speciali splatter, mostri organici, mutilazioni, decapitazioni, sono loro i più forti. Ebbene, Bustamante era meravigliato quanto me: non riusciva assolutamente a capire come avessero fatto. Se ci avessero chiesto di testimoniare sotto giuramento in un’aula di tribunale, e se ovviamente non si fosse trattato di un ministro, ma di un tizio qualunque, credo che avremmo dichiarato che si trattava di una decapitazione vera...”
Calò di colpo il silenzio. Bastien volse lo sguardo verso la vetrata, lasciandolo indugiare di nuovo sugli enormi parallelepipedi di vetro e acciaio. Quell’edificio era davvero impressionante, nelle giornate limpide faceva addirittura paura; ma probabilmente per un tribunale era necessario incutere il terrore nella popolazione.
“Il terzo video... be’, l’hai visto anche tu,” continuò Fred. “È un piano sequenza girato con una telecamera a spalla, all’interno di tunnel ferroviari. Mette i brividi, con quelle dominanti gialle. La traccia audio è un classico dell’industrial metal. È certamente computer grafica, non esistono binari ferroviari larghi dieci metri, né motrici alte cinquanta. È fatto bene, anzi, molto bene, è un ottimo prodotto di computer grafica, ma è meno sbalorditivo degli altri, avremmo potuto farlo anche alla Distorted, in un paio di settimane di lavoro, direi.”
Bastien spostò di nuovo lo sguardo su di lui. “Quello che mi preoccupa del terzo messaggio non è il contenuto, ma la diffusione. Stavolta non hanno attaccato un sito governativo, hanno preso di mira Google e Facebook; gente che, in linea di massima, ha i mezzi per difendersi. E la cosa che più stupisce è la violenza e la repentinità dell’attacco. Secondo me, la loro botnet controlla come minimo cento milioni di macchine zombie.” Fred sussultò; gli sembrava impossibile, erano ordini di grandezza totalmente diversi da quelli a cui erano abituati loro in passato. “Lo so,” proseguì Bastien, “ma le cose sono cambiate, e in un certo senso è diventato più facile per gli hacker. Le persone continuano a comprare un computer per abitudine, ma per navigare usano solo lo smartphone e lasciano acceso il computer. In questo preciso istante, ci sono centinaia di milioni, se non miliardi di macchine dormienti, che non aspettano altro che d’essere controllate da un bot.”
“Mi spiace non poterti aiutare, Bastien.”
“Mi hai già aiutato. Ho un appuntamento stasera alle sette con Paul Raison, il tipo del ministero dell’Economia. Fa parte del gabinetto del ministro, è il mio referente sul caso; adesso so cosa devo dirgli. Uno: ci troviamo di fronte a un attacco perpetrato da ignoti. Due: sono in grado di realizzare effetti speciali digitali che perfino i migliori specialisti del settore reputano impossibili. Tre: possono mobilitare una potenza di calcolo inaudita, superiore a qualsiasi precedente finora noto. Quattro: le loro motivazioni ci sono sconosciute.”
Calò nuovamente il silenzio.
“Com’è questo Raison?” chiese alla fine Fred.
“È a posto. Uno serio, per nulla divertente, anzi, decisamente austero, ma è ragionevole. Pare che alla DGSI lo conoscano... cioè, si ricordano del padre, Édouard Raison, che aveva fatto tutta la sua carriera qui da noi, aveva iniziato quasi quarant’anni fa nei vecchi Renseignements généraux. Era rispettato; aveva seguito faccende grosse, ai livelli più alti, faccende che interessavano direttamente la sicurezza dello stato. Per farla breve, suo figlio qui è un po’ di casa. Lui in realtà viene dall’ENA, la Scuola nazionale di amministrazione, è diventato ispettore delle Finanze... insomma, il solito curriculum. Ma conosce la natura particolare del nostro lavoro, non ci è ostile per partito preso.”