9.

Trovarono un caffè aperto in rue du Moulin, dove Aurélien e la famiglia potevano attendere il suo ritorno, si sarebbe occupato Paul di venire a prenderli, non gli dava nessun fastidio, era sicuro che la fermezza avrebbe pagato con Indy. Si sentiva in grado di gestirla, sapeva che aveva un po’ paura di lui, soprattutto da quando faceva parte di un gabinetto ministeriale, era pur sempre un luogo del potere e lei rispettava il potere, lo rispettava quasi quanto i soldi.

Venti minuti più tardi era di ritorno a Belleville-en-Beaujolais, il tragitto in effetti era molto rapido, e come si aspettava Indy era tutta sorrisi, sembrava aver dimenticato l’incidente, o almeno fingeva abbastanza bene. Si sedette davanti accanto a lui e cominciò a parlare delle presidenziali. Ah ecco, pensò lui divertito, avrebbe dovuto sospettarlo, anzi, probabilmente era quella la ragione per cui aveva deciso di accompagnare Aurélien nella sua visita al padre: voleva cercare di spillargli informazioni sulle intenzioni di Bruno. Effettivamente sulla stampa non era trapelato nulla, da un mese o due Bruno si rifiutava persino di concedere interviste, il che doveva cominciare a irritare un bel po’ di persone negli ambienti che frequentava quell’idiota della cognata. All’improvviso gli tornò in mente che aveva cambiato giornale per la seconda volta nel giro di pochi mesi, e non si trattava di cambiamenti insignificanti, era passata dall’“Obs” al “Figaro”, poi dal “Figaro” a “Marianne”, chi glielo aveva raccontato? Probabilmente l’addetta stampa di Bruno, che era a conoscenza dei loro legami di parentela. Ma d’altra parte, si trattava del punto di vista di un’addetta stampa, abituata a stabilire distinzioni bizantine tra organi di stampa più o meno indistinguibili.

“Mi aveva stupito che fossi passata al ‘Figaro’, soprattutto per andare subito dopo da ‘Marianne’...” disse tuttavia, senza troppa convinzione.

“Ah sì, e perché?” Aveva reagito quasi subito, rispondendo a tono, ma Paul sentì che l’aveva destabilizzata, avrebbe tentato di giustificarsi, bastava rimanere zitto e aspettare.

“Avevo dei seri problemi con gli editoriali di Zemmour,” continuò, come se, così dicendo, stesse compiendo un meritorio atto di coraggio civico. “Zemmour è un bastardo,” intervenne brevemente Godefroy prima di rituffarsi in Ragnarök Online. Quel commento, pur nella sua banalità, permise a sua madre di riprendersi e aggiungere, con un tono di voce molto più convinto, e quasi emozionato in senso lato: “Ma trovo sia importante che possa esprimersi, difendere il suo punto di vista. La libertà di espressione è pur sempre quel che di più fondamentale abbiamo.”

“È un bastardo della sua razza,” aggiunse Godefroy, precisando il suo pensiero. Paul annuì con aria grave per manifestare interesse a quello scambio di vedute, avevano appena passato Villié-Morgon, sarebbero giunti a destinazione in meno di due minuti, il suo diversivo aveva funzionato a meraviglia, è vero che Zemmour funziona sempre, basta pronunciare il suo nome e la conversazione comincia a incanalarsi lungo percorsi segnalati e tranquillamente prevedibili, un po’ come con Georges Marchais ai suoi tempi, ognuno ritrova i suoi marcatori sociali, il suo posizionamento naturale, e ne ricava placide soddisfazioni. Quello che lo sorprendeva era il fatto di aver potuto supporre anche solo per un istante che Indy esercitasse la sua professione di giornalista per convinzione, anzi, che una convinzione qualunque potesse mai averle attraversato la mente; niente di quel che sapeva di lei confermava quell’ipotesi. All’“Obs” si era occupata soprattutto di trans, zadisti, o addirittura trans zadisti, era il suo ruolo di giornalista di costume e società, ma in fondo avrebbe benissimo potuto dedicare i suoi articoli anche a dei neocattolici identitari o a dei pétainisti vegani, non avrebbe fatto alcuna differenza ai suoi occhi. Per il momento almeno teneva la bocca chiusa, era già qualcosa. Distolse lo sguardo dalla strada invasa dalla nebbia e vide il volto di Aurélien nello specchietto retrovisore. Sembrava perso nella contemplazione del paesaggio di vigneti anneriti dall’inverno, ma si voltò bruscamente nella sua direzione, per qualche secondo i loro sguardi si incrociarono; all’inizio l’espressione di Aurélien gli parve difficile da decifrare, poi di colpo capì: era un’espressione di pura e semplice noia. Aurélien si annoiava, si annoiava con sua moglie, si annoiava con suo figlio, ed erano anni, probabilmente, che si annoiava ininterrottamente in quella specie di famiglia che si ritrovava. Già la sua doveva essere stata una ben triste infanzia, pensò Paul, il padre non era mai stato una persona molto affettuosa ed espansiva, non li toccava mai, certo, la sua famiglia era importante per lui, ma il lavoro e il servizio dello stato venivano prima di tutto, era sempre stato un dato di fatto, e non era negoziabile. Quanto a sua madre, li aveva semplicemente abbandonati dal momento in cui aveva scoperto la sua vocazione di scultrice. Cécile forse si era occupata un po’ di lui, ma quando era partita per raggiungere Hervé al Nord, Aurélien era ancora molto piccolo, non aveva nemmeno dieci anni. Sì, doveva essersi sentito terribilmente solo. E lo era anche adesso, tra una moglie che non lo amava e un figlio che lo tollerava, che probabilmente lo disprezzava un po’ e che comunque non era suo. Paul, a disagio, distolse lo sguardo da quello di Aurélien, che continuava a fissarlo nello specchietto retrovisore. Subito dopo arrivarono a destinazione.

Ne rimase colpito appena mise piede nella sala da pranzo, riscaldata da un magnifico fuoco: Madeleine, Cécile e Hervé si sentivano a proprio agio tra loro, avevano sviluppato delle abitudini comuni, ed entrando ebbe un po’ l’impressione che lui e Aurélien fossero degli intrusi. In effetti, di lì a due giorni loro sarebbero ripartiti per tornare alle rispettive attività a Parigi, e sarebbero stati gli altri a restare lì sul posto, a tenere i contatti con l’équipe medica, a gestire realmente il problema. Per il momento, a dire il vero, andava tutto bene, il dottor Leroux aveva fatto una buona impressione a tutti e Cécile, che faceva di continuo la spola tra la cucina e la sala da pranzo, era di un umore esuberante, che fu a malapena disturbato dall’arrivo di Indy, Paul si chiese addirittura se l’avesse vista. Godefroy si dileguò rapidamente in direzione della sua stanza, con l’iPhone ancora in mano, dopo aver arraffato dal frigo due lattine di Coca e un trancio di pizza. “Vuoi che te la riscaldi?” gli disse Cécile – quindi dopotutto si era accorta del loro arrivo. Comunque non ottenne risposta, l’educazione del ragazzo lasciava decisamente a desiderare.

A cena, Indy cercò di tornare sulla questione delle presidenziali; non gli dava più di tanto fastidio, era abituato a mantenere il silenzio, era da qualche annetto, in fondo, che faceva quel lavoro. Lei finì per irritarsi un po’ e sbottò: “Va bene, lo so che non ti è permesso dire niente, ma a ogni modo...” Era esatto, era addirittura la prima cosa giusta che diceva dall’inizio della serata: se avesse saputo qualcosa, avrebbe avuto l’obbligo di tenerlo per sé. Ma lui non sapeva nulla delle intenzioni di Bruno, e a dire il vero sospettava che nemmeno Bruno ne sapesse nulla. Si sforzava di immaginarselo in piena campagna elettorale, intento a rispondere alle domande dei giornalisti, di persone come Indy: sì, non era affatto una cosa scontata, sarebbe stata una decisione difficile da prendere.

Com’era prevedibile, subito dopo Indy passò al pericolo ricorrente, ma sempre più incombente, del Rassemblement national. Hervé manteneva un cauto silenzio, masticando tranquillo il suo cosciotto d’agnello, e si riempiva il bicchiere di vino un po’ più spesso del solito, questa era l’unica cosa che avrebbe potuto tradire una leggera irritazione, Cécile doveva averlo catechizzato a dovere; e Aurélien, per parte sua, non aveva mai avuto niente da dire su quegli argomenti; forse pensava ai suoi arazzi del Medioevo, che presto avrebbe ritrovato, alle belle nobildonne che aspettavano il ritorno del loro signore dalle crociate, insomma, a cose infantili e senza molta importanza. In sostanza Indy era l’unica a parlare, ma questo non sembrava darle il minimo fastidio, probabilmente nemmeno se ne accorgeva. Si separarono comunque con sollievo, una volta terminato il pasto.