7.

Duro verso se stesso, il rivoluzionario deve

essere duro anche verso gli altri. Tutti i sentimenti

teneri che rendono effeminati, come i legami

di parentela, l’amicizia, l’amore, la gratitudine,

lo stesso onore devono essere soffocati in lui

dall’unica fredda passione per la causa rivoluzionaria.

Per lui non esiste che un’unica gioia, un’unica

consolazione, ricompensa e soddisfazione: il

successo della rivoluzione.

SERGEJ NEČAEV, Il catechismo del rivoluzionario

Da alcuni anni, i barconi carichi di migranti africani diretti in Europa avevano rinunciato a raggiungere la Sicilia, poiché l’attracco era reso impossibile dalle barche della marina militare italiana. Gli scafisti si erano quindi raccolti intorno a Orano, nella zona controllata dai jihadisti algerini, e cercavano di raggiungere la costa spagnola tra Almería e Cartagena. Il governo spagnolo, che dopo vari avvicendamenti era diventato di nuovo socialista, riservava loro una buona accoglienza, tanto più che erano quasi tutti francofoni, e il loro scopo era quello di attraversare la frontiera il più velocemente possibile – i Pirenei offrivano molteplici vie d’accesso alla Francia, impossibili da controllare realmente; quelle montagne massicce e tetre, che potevano ostacolare qualsiasi invasione militare di vasta portata, erano sempre state permeabili alle infiltrazioni clandestine. Il solo pericolo che minacciava i migranti veniva non dalle autorità, ma dalle milizie locali, armate di mazze da baseball e coltelli – non era raro che un africano avventuratosi da solo fuori dal suo campo venisse sgozzato o picchiato a morte, e la polizia in genere mostrava poco zelo nella ricerca dei colpevoli, gli stessi media spagnoli trattavano a malapena la notizia, la cosa era entrata per così dire a far parte della consuetudine.

Il barcone silurato aveva ampiamente deviato dalla rotta, in direzione nord-est, ed era stato affondato al largo delle isole Baleari, per la precisione circa trenta miglia nautiche a est dello stretto canale che separa Ibiza da Formentera. Piatte e vetuste, le imbarcazioni usate dagli scafisti non avevano niente a che vedere con le moderne navi portacontainer, e un siluro a bassa potenza, lanciato in superficie, era più che sufficiente per distruggerle – sarebbe bastato perfino un comune lanciarazzi. Mozzata in due dall’impatto, la barca era affondata quasi immediatamente, e la maggior parte dei passeggeri – il numero di cinquecento non era che un’approssimazione – era morta in pochi minuti.

Il video postato su Internet – probabilmente c’erano due telecamere posizionate a prua della barca che aveva lanciato il siluro, una che filmava in campo lungo, l’altra che riprendeva i dettagli – seguiva poi l’annegamento dei circa cento superstiti che erano sopravvissuti all’impatto iniziale. Le riprese davano una strana impressione di neutralità. Non insistevano all’eccesso sull’agonia di ciascuno di quegli uomini e di quelle donne – i bambini erano scomparsi quasi subito – ma non cercava neppure di minimizzarla. L’uno o l’altro dei naufraghi riusciva, ogni tanto, ad avvicinarsi alla barca che li filmava. Non chiedevano veramente aiuto, non si sentiva nessuna invocazione, il video del resto non aveva altro sonoro se non il battito ripetitivo e monotono delle onde sullo scafo, ma tendevano silenziosamente le mani. Allora partiva una raffica di mitra, più che altro per tenerli a distanza – ma a volte un proiettile li colpiva, segnando il loro destino.

L’intera sequenza – che si concentrava successivamente sull’agonia dei singoli, con la barca che si spostava da un nuotatore all’altro, finché l’ultimo non si inabissava – durava poco più di quaranta minuti, ma probabilmente pochi utenti di Internet l’avevano vista fino alla fine, a parte quelli che non si stancavano mai di assistere alla morte di migranti africani.

Paul lo riconobbe subito, quelle immagini avrebbero avuto un impatto considerevole a livello mondiale, Bruno non aveva esagerato. Tornò in camera da letto, Prudence sembrava semisveglia e le riassunse gli avvenimenti. Lei quasi non reagì, sbatté piano le palpebre, poi si raggomitolò di nuovo sotto il piumone e si riaddormentò; probabilmente non aveva sentito.

Quando era arrivato in ufficio alle sei di mattina, Martin-Renaud non aveva potuto fare altro che telefonare ai suoi subordinati per convocarli il prima possibile e sorbirsi al telefono i rimbrotti del ministro. Del resto non aveva nessuna risposta da dargli, i suoi uomini in effetti non erano approdati a nulla, a otto mesi dall’inizio delle indagini non avevano nessuna pista, nessun indizio valido; l’unica cosa che poteva dire a sua discolpa era che nemmeno gli altri servizi segreti, un po’ ovunque nel mondo, avevano ottenuto risultati migliori.

Doutremont era mezzo addormentato, spettinato e con le guance non rasate, si vedeva che si era vestito in tutta fretta e, soprattutto, stavolta aveva l’aria totalmente disorientata. Il video si era diffuso su Internet con una violenza e una rapidità mai viste, riuscendo per un certo tempo a paralizzare il traffico mondiale, ed erano stati utilizzati mezzi assolutamente sconosciuti, non gli era mai capitato, non sapeva proprio più cosa pensare.

Dal punto di vista ideologico, a Martin-Renaud la situazione sembrava altrettanto incomprensibile. Dopo l’attentato contro la nave portacontainer, si sarebbe potuto sospettare un gruppo di estrema sinistra; era sorprendente che fossero in possesso dei mezzi tecnici, ma rimaneva comunque possibile. Il secondo attentato, quello contro la banca del seme, li portava piuttosto sulle tracce dei cattolici integralisti; vale a dire, sul piano logistico, praticamente da nessuna parte. Ma in questo caso, chi si poteva sospettare? Le reazioni di indignazione sarebbero state universali. I suprematisti bianchi? Tre sbandati a malapena capaci di allacciarsi le scarpe, organizzare un attentato con un’eco mondiale, e paralizzare Internet per quasi quindici minuti? Non stava in piedi.

C’era anche Sitbon-Nozières, che invece sembrava in piena forma, riposato e fresco, il suo completo era come sempre impeccabile; non condivideva il pessimismo dei colleghi. Ampi stralci degli scritti di Kaczynski, spiegò loro, erano stati citati in 2083, il manifesto di Anders Behring Breivik, il killer norvegese di estrema destra. Esisteva un orientamento ecofascista che vedeva la specie umana, e così pure le altre specie sociali, come composta da tribù naturalmente ostili, in costante lotta per il controllo del territorio. Quella concezione era sostenuta già da Maximiani Julia Portas, un’intellettuale francese della metà del ventesimo secolo. Come Theodore Kaczynski, Maximiani Julia Portas aveva una solida formazione matematica, la sua tesi di dottorato poggiava sul lavoro di Gottlob Frege e Bertrand Russell. Convertita all’induismo, aveva sposato un brahmano e preso il nome di Savitri Devi, che significava “dea del sole”. Fervente ammiratrice di Hitler, i suoi scritti precorrevano inoltre le tesi dell’ecologia profonda.

Se ci si poneva in una prospettiva ecofascista, continuò con slancio Sitbon-Nozières, gli ultimi due attentati avevano obiettivi perfettamente complementari: la riproduzione artificiale e l’immigrazione erano i due mezzi utilizzati dalle società contemporanee per compensare il calo dei loro tassi di fertilità. I paesi moderni come il Giappone e la Corea si orientavano verso la riproduzione artificiale, mentre i paesi tecnicamente meno avanzati, come quelli dell’Europa occidentale, ricorrevano all’immigrazione. In entrambi i casi, si otteneva lo scopo ricercato dal capitalismo: un lento ma costante aumento della popolazione mondiale, che consentiva di soddisfare gli obiettivi di crescita e garantire agli investimenti un rendimento adeguato. Solo un’ideologia ecofascista come quella di Savitri Devi, o una primitivista e apertamente a favore della decrescita come quella di Kaczynski, e una sintesi tra le due d’altronde non era affatto inconcepibile, rappresentava un’alternativa. Inoltre quei movimenti potevano essere considerati vicini al nichilismo, nella misura in cui miravano anzitutto all’instaurazione del caos, convinti che il mondo che ne sarebbe derivato sarebbe stato necessariamente migliore; e per i nichilisti era necessario, a un dato momento, commettere atti davvero scioccanti che suscitano unanime riprovazione – come per esempio assassinare dei bambini – al fine di distinguere gli autentici militanti dai semplici simpatizzanti.

“Sinceramente, ho i miei dubbi...” obiettò Martin-Renaud, che non sembrava nemmeno lui molto sveglio. Sitbon-Nozières era un esperto dei nichilisti, era normale che tendesse a vedere nichilisti dappertutto; in effetti, cominciava a chiedersi se avesse fatto bene ad assumere un tipo uscito dall’École normale supérieure.

“Dal punto di vista intellettuale regge,” riconobbe, “ma quante persone saranno su scala globale? Dieci? Venti?”

“Non servono per forza molte persone ora,” rispose Sitbon-Nozières, “con Internet, una manciata di individui competenti e determinati può ottenere risultati importanti. Breivik era un uomo solo, e l’attentato di Utøya ha avuto un’eco mondiale. Oggi più che mai, il potere risiede nell’intelligenza e nella conoscenza; e queste ideologie ultraminoritarie sono proprio quelle che hanno più probabilità di attirare le intelligenze superiori. Se immaginate qualcuno come Kaczynski al giorno d’oggi, trent’anni più tardi, con un talento informatico pari a quello matematico di Kaczynski, potrebbe provocare da solo danni considerevoli. Per alcuni attentati, è vero, è necessario disporre di un finanziamento; ma non è impossibile da trovare. L’attentato contro la banca del seme danese, per esempio, ha causato un danno notevole a tutte le aziende biotecnologiche che lavorano sulla riproduzione umana; e in un dato mercato, giocare al ribasso può rendere altrettanto, e a volte di più, che giocare al rialzo, è una strategia finanziaria classica. Quelli che hanno venduto in tempo le loro azioni della compagnia danese hanno certamente raggranellato un bel po’ di soldi; qualcuno potrebbe esserne tentato.”

Martin-Renaud gli lanciò uno sguardo inquieto, e a quel punto completamente sveglio. La biotecnologia era una cosa; ma per quelli che avevano puntato al ribasso sul commercio estero della Cina, i guadagni dovevano essere stati enormi; e nel corso della sua carriera si era già imbattuto in finanzieri che non avrebbero esitato a mettere in piedi quel genere di operazioni. Se il suo subordinato era nel giusto, allora i pericoli che li attendevano erano molto peggiori di qualsiasi cosa avessero potuto immaginare.

“Quindi, ecco come può articolarsi la cosa secondo me,” riprese Sitbon-Nozières. “Un’alleanza circostanziale tra persone che desiderano provocare il caos, e hanno il know-how tecnico per riuscirci, e altre che ne ricavano un interesse personale, e possono finanziare la concreta messa in opera. Per di più, diventa sempre più facile intralciare il funzionamento del sistema. È probabile, per esempio, che nel prossimo futuro i trasporti su portacontainer rinuncino all’idea di un equipaggio umano, tranne per le manovre di ingresso nei porti. Un equipaggio umano sarebbe a ogni modo incapace di intervenire per evitare una collisione, l’inerzia delle navi è troppo grande; un sistema di guida satellitare è più efficiente e molto più economico; e nel momento in cui si usa un sistema di questo tipo, diventa possibile hackerarlo.”

Tacque, e per un attimo rifletterono su quella prospettiva. Martin-Renaud, perso in un’angosciosa contemplazione del paesaggio futuristico di metallo e vetro che si apriva dietro le vetrate del suo ufficio, stava pensando che il suo subordinato aveva ragione: i mezzi di attacco progredivano molto più rapidamente dei mezzi di difesa; sarebbe diventato sempre più difficile garantire l’ordine e la sicurezza del mondo.

Quando Paul arrivò nel suo ufficio alle sette di mattina, Bruno aveva già parlato al telefono con il ministro degli Interni, il primo ministro e il presidente; i quali a loro volta avevano avuto delle conversazioni con le loro controparti straniere. Erano in linea di massima orientati verso l’idea di una cerimonia mondiale, non lontano dal luogo del naufragio. “Almeno è in mare aperto, non ci saranno quelle cazzo di candele...” disse Bruno irritato; quel commento lo stupì, anche Paul all’epoca degli attentati islamici era rimasto disgustato da tutto quello sgocciolio di candele, dai palloncini, dalle poesie, dai “Non avrete il mio odio” ecc. Pensava fosse legittimo odiare i jihadisti, desiderare che fossero abbattuti in gran numero ed eventualmente dare il proprio contributo, insomma, il desiderio di vendetta gli sembrava una reazione perfettamente appropriata. A quel tempo non conosceva ancora Bruno, che non era nemmeno membro del governo, e in seguito non aveva mai avuto l’opportunità di discuterne con lui, non sapeva che anche lui aveva trovato difficile sopportare quello sfoggio di scempiaggini rassicuranti.

“In poche parole,” continuò Bruno, “l’idea è di sganciare delle rose, enormi corone di rose fissate a boe, si può fare facilmente con un elicottero, gli uffici della presidenza hanno già preparato un preventivo. Il tutto avrà luogo alla presenza di capi di stato, pensano di poterne riunire centocinquanta, o comunque almeno cento: i più importanti ci saranno, gli Stati Uniti, la Cina, l’India, la Russia, oltre al papa ovviamente, ne è entusiasta, ha richiamato dopo cinque minuti, ma per accoglierli tutti ci vuole una portaerei, solo una portaerei può offrire una superficie piana sufficientemente estesa, in mare aperto, in modo che i canali tv possano fare delle riprese. E si dà il caso che la Francia sia l’unico paese in grado di inviare rapidamente una portaerei sul posto, ne abbiamo una ferma a Tolone, la Jacques Chirac, può essere lì già domani. Per farla breve, il presidente eleverà la sua statura internazionale, e questo una settimana prima di essere costretto a lasciare le sue funzioni, se l’è davvero giocata bene, ho parlato con Solène Signal, arriva alle dieci, era sinceramente ammirata, è davvero una mossa comunicativa grandiosa a livello mondiale.

“Dopo che avranno sganciato le rose, ci saranno dei cantanti, sempre sulla piattaforma della portaerei, anche di loro ne sono previsti parecchi, sempre un centinaio, tanti quanti i capi di stato, un po’ di tutti i generi: rap, classica, hard rock, varietà internazionale, per quanto riguarda la musica, hanno pensato all’Inno alla gioia, in effetti funziona, Alle Menschen werden Brüder, insomma, il mood è questo. Be’, come vedi, hanno già sgobbato parecchio, dalle sei di questa mattina.”

“E la campagna elettorale?”

“Ah be’...” Bruno sorrise con aria beffarda. “Finora ho capito solo che era inappropriato affrontare l’argomento. È più o meno l’unica cosa che mi ha detto Solène al telefono prima di aggiungere: ‘Tu tieni la bocca chiusa, niente interviste e niente dichiarazioni, sta’ zitto, arrivo subito.’”

In effetti arrivò pochi minuti più tardi, molto in anticipo, ma sembrava completamente nel pallone, e per la prima volta Paul la vide senza il suo assistente. Subito dopo, però, arrivò anche lui, e pareva più o meno il solito, aveva solo la cravatta leggermente slacciata. Una cosa è certa, a venticinque anni si recupera meglio che a cinquanta. Non era ora che Solène Signal mollasse le redini?, si chiese di sfuggita Paul. Ma per fare cosa? Scrivere le proprie memorie, lei che conosceva tanti segreti? No, impossibile, i consulenti di comunicazione non lo fanno mai, non parlano mai, proprio come gli addetti stampa, ed è per questo, per la loro attitudine alla segretezza, che in genere sono delle donne.

“Ebbene, miei cari...” Si accasciò su una delle poltroncine e tutt’a un tratto sembrava veramente una vecchia, con le cosce allargate così. “Ho appena parlato al telefono con Ben, ha compreso le consegne, dolore pudore silenzio, in ogni caso lasciamo che sia il presidente a reggere le fila, ci sa fare, quell’idiota. Quindi la campagna è finita, appendiamo le scarpe al chiodo, non ci resta che aspettare domenica. Gli altri faranno lo stesso, fermiamo tutto, niente più comizi, coesione nazionale, il presidente in tv, penso che organizzeranno quella roba sulla portaerei dopodomani, ci sarà anche Israele.”

“Bene, so che cosa state per chiedermi...” continuò dopo un lungo silenzio. “Non avete nemmeno bisogno di chiedermelo del resto, lo sapete già, volete giusto una conferma. Ebbene sì, ve lo confermo: ne trarremo vantaggio, è probabile, anzi è certo. Ovviamente il mocciosetto del Rassemblement national si metterà a gridare come un ossesso, ha già cominciato questa mattina su RTL, ha manifestato a gran voce la sua indignazione e il suo disgusto, l’ho ascoltato, è stato molto bravo, ed è vero che non se lo meritava, ma non ci può fare niente, sta pagando il passato del suo partito, gli smidollati umanisti usciranno dal loro torpore per fare scudo, ha appena perso la bellezza di dieci punti. Quindi sì, abbiamo vinto,” disse, scuotendo la testa con sincera tristezza, o così sembrò a Paul, era la prima volta che aveva l’impressione di vederla esprimere un sentimento autentico. “Sono sempre felice di vincere; è il mio lavoro, e sono nata per farlo. Ma vi confesso che avrei preferito vincere in maniera diversa.”