Capitolo 1 – Al parco

 

 

Vidi il tuo viso in un luogo affollato,

e non seppi cosa fare.

Sei bellissima.


James Blunt

 

Bologna, ottobre 2017.

Il suono della campanella che annunciava la fine delle lezioni parve squarciare quell’atmosfera un po’ sospesa che pervadeva il tempo in cui le ultime ore del mattino andavano stemperandosi nell’inizio del pomeriggio. Era l’orario in cui i ragazzi cominciavano a sentire appetito. Lo stomaco vuoto gli causava un fastidioso senso di intontimento, una specie di languido torpore da cui sarebbero riusciti a destarsi solo al momento di poter lasciare la scuola. La quarta A del Liceo Scientifico Niccolò Copernico, come tutte le altre classi, lasciò l’aula che odorava di gesso, di libri, di gomma per cancellare e di giovani presenze. Soprattutto di giovani presenze. Ragazze e ragazzi entusiasti della vita, con i loro zaini dentro i quali i libri di testo si piegavano agli angoli formando orrende orecchie e gli arti troppo mobili per rimanere composti nella stessa posizione per svariate ore al giorno.

Tutti gli studenti si affrettarono verso l’uscita, ansiosi di rincorrere la vita, riacchiappandola dal punto in cui l’avevano lasciata al mattino, al suono della campanella di inizio. Tutti parevano pervasi da un’euforia cosmica, un’urgenza a uscire che sembrava dettata da necessità di vitale importanza. Tutti, tranne uno.

Leonardo pareva non avere alcuna fretta di allontanarsi. Anzi, a guardarlo, si sarebbe potuto pensare che lui non avesse sentito il suono della campanella, dal momento che si muoveva mantenendo quell’andatura lenta e dinoccolata propria degli studenti durante le ore di lezione.

Leonardo, arrivato da un altro liceo a inizio anno scolastico, era ancora “quello nuovo”, cioè quello che tutti guardano ancora con un po’ di sospetto prima di accettarlo e “integrarlo” nella vita sociale della scuola. Alto, biondo, occhi azzurri, fisico atletico, un buon carattere e un discreto senso dell’umorismo. Intelligente, ma non certo un pedante fanatico dei libri scolastici. Un ragazzo come tutti gli altri, insomma. Sapeva che presto qualcuno si sarebbe ricordato del suo nome e, in breve, non sarebbe più stato “il nuovo”. In attesa che ciò si verificasse, doveva sottostare a una serie di regole, non scritte, di comportamento, un silenzioso codice etico uguale in tutte le scuole del mondo.

Per esempio, non avrebbe potuto corteggiare una ragazza della scuola, perché avrebbe significato dimostrare presunzione, come se avesse voluto affrettare il tempo in cui gli sarebbe stato concesso di delimitare la propria porzione di territorio. Un vero affronto per quel microcosmo di società che era la scuola.

Il resto della scuola non sapeva che Leonardo avrebbe voluto fermare Elisa all’uscita. Fino a quel momento, si era sempre trattenuto dal farlo, e non per paura di offendere la comunità, ma piuttosto temendo l’umiliazione di un rifiuto.

“Posso chiederle un chiarimento, un aiuto con gli esercizi assegnati per domani dalla prof. di inglese” pensò. I compiti, una scusa perfetta. Una scusa idiota. Come se non ci fosse stato tutto il tempo passato in classe, tempo a disposizione per poter chiedere ai compagni qualsiasi cosa. Leonardo si sentiva un po’ scemo, con le sue gambe lunghe, la sua felpa blu e il suo libro di inglese.

Elisa si districò dalla ressa degli studenti che affollavano il portico antistante la scuola e si avviò verso il parco che si trovava di fronte. Camminava con passo spedito, guardando fisso davanti a sé, come se fosse stata in ritardo per un appuntamento importante. D’istinto, Leonardo la seguì. Aveva adeguato la propria andatura a quella veloce della ragazza, per essere sicuro di non perderla di vista.

Si teneva a debita distanza, sapendo che, se Elisa si fosse accorta di lui, avrebbe fatto una figuraccia. Appena entrò nel parco, Leonardo rimase piuttosto perplesso vedendo Elisa incontrarsi con Salvo. No, perplesso era un eufemismo. Leonardo avvertì qualcosa di simile alla disperazione.

Leonardo era nuovo in città, ma non così nuovo da non conoscere di fama il ragazzo, più grande di qualche anno, con cui Elisa aveva appuntamento.

Salvo aveva 22 anni e aveva frequentato il Copernico negli anni passati. Aveva ripetuto più volte le classi, finendo per ritirarsi dalla scuola senza aver ottenuto il diploma.

Salvo era un gran figo, il tipico prototipo di teenager figo, con il giubbotto di pelle, i capelli scolpiti dal gel, la moto di grossa cilindrata.

Salvo era bello, con i capelli scuri e l’aria da tenebroso, ma aveva modi piuttosto rudi e lo sguardo cattivo.

Salvo, lo sapevano tutti, viveva di espedienti. Piccoli furti e spaccio di droga erano le sue fonti di sostentamento.

Si diceva che Salvo si drogasse a sua volta e che fosse solito alzare il gomito fino a ubriacarsi, scatenando risse nei locali.

Leonardo, da lontano, vide Elisa salutarlo con un bacio e pensò che lui, se fosse stato una ragazza, mai e poi mai avrebbe baciato quel tipo poco raccomandabile, che a guardarlo metteva i brividi.

Leonardo non si sarebbe mai aspettato che Elisa, una ragazza così bella, dolce e gentile, frequentasse quel tipo. Li vide allontanarsi, mano nella mano, e non gli rimase che tornare a casa.