Faresti meglio a scappare, ragazzina
Se ci tieni alla vita
Nascondi la testa nella sabbia, ragazzina
Ti ho beccata con un altro uomo,
ed è la fine
(John Lennon)
Salvo era molto popolare al liceo Copernico di Bologna, anche se non lo frequentava più. Era stato costretto dalle ripetute bocciature a lasciare la scuola, ma pareva non preoccuparsi troppo per i propri studi o per il proprio futuro. Continuava a farsi vedere spesso vicino alla scuola agli orari di uscita degli studenti, e a ogni apparizione gli si formava immediatamente un capannello attorno. I ragazzi lo ammiravano e lo temevano: era più grande, guidava una moto di grossa cilindrata e aveva l’aria di chi sa sempre come atteggiarsi. Si diceva vivesse di espedienti, facesse uso di droghe e avesse contatti con persone poco raccomandabili, legate allo spaccio e alla piccola delinquenza.
Quanto alle ragazze, queste parevano letteralmente impazzite per lui: Salvo era bellissimo, con quel fisico atletico, lo sguardo da tenebroso e i capelli scuri e scolpiti dal gel.
Elisa credette di impazzire dalla felicità quando Salvo cominciò a interessarsi a lei e le propose di uscire. Per un po’ di tempo la colmò di attenzioni: un regalo a ogni appuntamento e un milione di baci a ogni angolo.
Fare l’amore con Salvo fu per Elisa un’esperienza straordinaria: per lei era la prima volta, e lui fu paziente nel farle superare ogni dubbio, ogni pudore, ogni reticenza. Fu tenero, delicato, dolce, passionale, travolgendola in un vortice di dolcezza e di sensazioni mai provate prima.
Da quando era diventata la ragazza di Salvo, a Elisa sembrava di vivere in un sogno, anzi, non riusciva a capire come fosse possibile che la realtà superasse qualsiasi aspettativa, andando ben oltre a quel che la ragazza avesse mai immaginato dell’amore nelle proprie fantasie da adolescente.
Elisa era troppo giovane, troppo ingenua per capire che spesso la crudeltà umana si traveste, assumendo le sembianze del più fantastico dei sogni. Venne presto il momento in cui Salvo pensò che Elisa avesse ormai sognato abbastanza, era il momento di svegliare la Bella Addormentata, e non lo fece esattamente con un bacio.
Quel giorno, il bacio con cui Salvo salutò Elisa era diverso da tutti i baci che le aveva dato in precedenza. Quel giorno, non c’era niente di dolce o appassionato, né nel saluto né nell’atteggiamento di Salvo in generale. Il ragazzo aveva l’aria nervosa, come se ci fosse qualcosa che lo preoccupasse o che gli mettesse ansia.
«Devo parlarti» disse a Elisa, con aria grave.
«Ok, dimmi» disse lei, mentre gli occhi le si dilatavano per la sorpresa, percependo che ci fosse qualcosa che non andava.
«Io devo restituire un favore a un amico, e per questo mi serve il tuo aiuto» disse il ragazzo.
«Se si tratta di denaro, io non dispongo certo di grosse cifre ma, lo sai, quel che è mio è anche tuo. Farò volentieri tutto il possibile per aiutarti, contaci» disse Elisa stringendo una mano di Salvo.
«Non si tratta di denaro, piccola. Antonello, il mio amico, si è incapricciato di te, vorrebbe passare con te un pomeriggio, dopo di che, se tu e io accettassimo, io potrei considerare estinto il mio debito.»
Elisa deglutì. Non poteva stare succedendo davvero una cosa del genere. Non a lei, non a loro due.
«E tu, che gli hai detto?» chiese a Salvo.
«Che ne avrei parlato con te, dopo di che gli avremmo dato presto una risposta» disse lui. «Non voglio forzarti a fare cose che non vuoi. Ma vedi, Elisa, quello che io mi aspetto dalla mia donna è che lei mi sia di aiuto nei momenti di difficoltà. E questo è realmente un problema, per me. Antonello mi ha fatto sapere che considera scaduto il tempo utile per la restituzione del prestito e ha cominciato a minacciarmi. Devi sapere che lui è davvero pericoloso. Ha un seguito di sgherri che non scherzano, e potrei sul serio finire molto male. Tu sei libera di fare quello che ritieni più giusto, ma, ripeto, io mi aspetto che la mia donna sia abbastanza matura da darmi una mano quando io ho bisogno del suo sostegno.»
Elisa soffocò in un angolo remoto quella parte autonoma di sé che voleva urlare la propria indignazione. C’era una Elisa piccola e timida, una Elisa che - la ragazza ne era certa - nessuno avrebbe ascoltato se mai si fosse messa a protestare che il modo di risolvere la situazione c’era, e non si trattava certo della soluzione disgraziata che Salvo le stava proponendo. Bisognava correre alla polizia, e denunciare Antonello e le sue minacce da racket.
Ma c’era anche una Elisa innamorata di Salvo, una Elisa che avrebbe fatto qualsiasi cosa per non perdere il fidanzato. Elisa provava repulsione all’idea di passare qualche ora appartata con uno sconosciuto, un uomo che in pratica avrebbe potuto fare del suo corpo qualsiasi cosa avesse voluto, ma guardando Salvo si convinceva che quella repulsione dipendesse da lei e dal fatto che fosse giovane e inesperta. Una volta diventata adulta, di sicuro avrebbe trovato naturale aiutare il proprio uomo facendo qualsiasi cosa gli chiedesse.
«D’accordo, Salvo. Farò quello che vorrai. Per te.»
Salvo parve sollevato. La prese per mano e la condusse con sé.
Elisa non volle notare la fretta e il modo brusco con cui il ragazzo la stava trascinando, e cercò di concentrarsi sulla mano di Salvo che stringeva la sua.
Salvo aveva parcheggiato la moto poco distante, in silenzio le porse il casco e, per la prima volta da quando uscivano insieme, non la aiutò a indossarlo. Senza guardarsi né parlarsi, i due ragazzi presero posto e Salvo avviò la moto, immettendosi nel traffico cittadino.
In breve raggiunsero la periferia ovest della città. Salvo uscì dalla tangenziale e prese un asse attrezzato che lo congiunse alla fine di via Emilia Ponente, dopo di che si infilò in una strada che Elisa non aveva mai visto, sotto un cavalcavia adiacente alla stazione di Borgo Panigale.
Salvo fermò la moto vicino a un piccolo portone, non aiutò Elisa a scendere e suonò un campanello.
Venne ad aprire un uomo molto più grande di Salvo, forse era talmente grande da poter essere suo padre. Difficile definirne l’età: il tizio in questione era dotato di un fisico muscoloso, evidente risultato di costanti allenamenti in palestra e assunzione di sostanze anabolizzanti. A Elisa non piacevano gli uomini che sfoggiavano una montagna di muscoli, anzi, ai suoi occhi il corpo trasformato da eccessiva costruzione della muscolatura assumeva un che di scimmiesco. A ogni modo, l’uomo che li fece entrare in un appartamento perfettamente lindo e ordinato aveva nel complesso un aspetto giovanile anche se, a guardarlo bene in viso, doveva essere attorno alla cinquantina. Aveva occhi piccoli, dallo sguardo feroce e attento. Labbra strette, che mentre parlava si aprivano mettendo in mostra una sequenza di denti ridicolmente piccoli, come se l’energumeno non avesse mai sostituito la dentatura da latte.
Il naso doveva essere stato spezzato, segno evidente di qualche rissa o di un’attività di pugilato. Lo scimmione strinse la mano di Elisa, presentandosi come “Antonello” senza guardare in viso la ragazza.
Elisa fu sollevata del fatto che quella specie di Sylvester Stallone dei poveri non la guardasse: era talmente piena di paura e di vergogna che non avrebbe saputo come ricambiare qualsiasi sguardo. Mormorò il suo nome, mentre Antonello, lasciatole in fretta la mano, si diresse verso un mobile bar.
Dopo aver offerto qualcosa da bere a lei e Salvo, fece cenno a Elisa di seguirlo in un’altra stanza, arredata con un armadio, un comodino e un grande letto matrimoniale. Un poster raffigurante un paesaggio tropicale occupava un’intera parete, la finestra dava sulla ferrovia poco distante.
Elisa preferì dimenticare quello che accadde dopo. Antonello non fu né rude, né violento. Lei cercò di rimuovere il ricordo di qualsiasi cosa fosse accaduta. Lei non avrebbe saputo raccontare cosa avessero fatto, o se lui le avesse fatto provare dolore.
Elisa ricordava solo che, a un certo punto, Antonello scese dal letto e indossò i boxer e i jeans che aveva appoggiato su una sedia. Non si era tolto la t-shirt.
Anche lei aveva tolto solo slip e pantaloni, che trovò senza difficoltà nell’arredamento minimale della stanza. Si rivestì, stupendosi di non provare più paura, né vergogna. Anzi, era contenta che tutto fosse finito e che con Salvo tutto potesse tornare come prima di quell’orribile giorno.
Salvo li aspettava nel soggiorno dove Antonello li aveva fatti accomodare appena arrivati. Aveva acceso la tv e stava seguendo un episodio di una serie di polizieschi. Quando vide Elisa, la prese per mano, guidandola verso la porta di ingresso. La coppia salutò Antonello, si diresse verso la moto e ripartì in direzione di Bologna-Fiera.
Giunto davanti all’abitazione di Elisa, Salvo di nuovo evitò di aiutare la ragazza a scendere dalla moto. Lei si tolse il casco e glielo restituì, mormorando un saluto.
«A domani» disse Salvo a Elisa, evitando di ricambiare il suo bacio.
Appena in casa, Elisa fu vinta da una stanchezza mortifera, della quale fu contenta, dal momento che sperava di poter annullare qualsiasi ricordo di quell’infernale pomeriggio in un pietoso oblio di sonno.
Fece una doccia e avvisò i genitori che non avrebbe cenato: disse che aveva una terribile emicrania e voleva andare a letto presto.
Cadde in un sonno agitato, pieno di incubi terribili.
Sognò Salvo che la conduceva attraverso un bosco, popolato da animali strani e pericolosi. Lei e Salvo arrivarono al portone di un castello, ma scoprirono che, per accedere alla porta principale, dovevano attraversare un fossato popolato da coccodrilli. Per fortuna c’era un ponte, ma i coccodrilli parevano avere imparato ad arrampicarvisi sopra. Elisa gridò dal terrore e corse verso la porta, che per fortuna era aperta. Arrivò all’interno del castello, ma non fece in tempo a impedire che uno dei coccodrilli entrasse con lei. La bestia aveva il muso identico al viso di Antonello, con quei piccoli, ridicoli denti.
Elisa urlò con quanto fiato aveva in gola, svegliando la madre che si precipitò a confortarla.
Era quasi mattina, e la ragazza rimase sveglia ad attendere l’orario per recarsi a scuola, temendo che, se si fosse riaddormentata, sarebbe tornato un incubo a farle visita.
Come ogni giorno da quando avevano iniziato a uscire insieme, Salvo venne a prenderla al liceo dopo le lezioni. Pareva tornato quello di prima, dolce e affettuoso. Elisa ne fu felice: forse sarebbe riuscita a dimenticare la parentesi di Antonello, e il loro rapporto sarebbe tornato quello di sempre, all’insegna dell’armonia e della dolcezza.
Elisa e Salvo passarono assieme tutto il pomeriggio, passeggiando per il centro della città tenendosi abbracciati. Ogni tanto si fermavano per darsi un bacio. Era come se nessuna tempesta li avesse mai minacciati. Forse bastava non pensarci e concentrarsi sul presente per cancellare Antonello e vivere il loro rapporto come se quel tipo losco non fosse mai esistito.
Il giorno successivo era domenica, Elisa e Salvo andarono al cinema, e di nuovo Salvo fu tenero e premuroso per tutto il giorno. Teneva costantemente un braccio attorno alle spalle della fidanzata, le chiedeva continuamente se desiderasse qualcosa da bere, uno spuntino, cosa le sarebbe piaciuto fare dopo il film. E la baciava spesso, facendola sentire in paradiso.
Il lunedì qualcosa andò male. Elisa non sarebbe mai riuscita a spiegare e a capire come avesse potuto finire con l’accettare ciò che Salvo le propose, quando si trovarono come al solito all’uscita del liceo.
Salvo le chiese di nuovo di appartarsi con Antonello.
«Ma il debito non si considerava estinto dopo l’incontro della volta scorsa?» chiese la ragazza.
«No, amore. Quella era la prima rata. Il prestito si chiude con la seconda rata. Sarà veloce, come l’altra volta. Vedrai, tutto finirà in fretta, dopo di che non sentirai più parlare di Antonello.»
Qualcosa disse a Elisa di fuggire. Il suo attaccamento a Salvo le disse di rimanere. Quel ragazzo così bello, conteso tra tutte le ragazze del liceo, era suo, e il fatto che lei lo aiutasse in un’operazione così delicata come estinguere un vecchio debito instaurava tra loro un legame indissolubile agli occhi di Elisa. Così accettò.
Di nuovo, Salvo la condusse in moto sino all’abitazione di Antonello. Di nuovo, l’energumeno muscoloso e tatuato la guidò sino alla camera da letto. Questa volta, le porse una pastiglia e un bicchiere d’acqua.
«Che cos’è?» chiese Elisa.
«Ti aiuterà a rilassarti» le rispose l’uomo.
Elisa non aveva mai assunto droghe in vita sua, nemmeno un tiro a una canna: considerava sciocco fare uso di stupefacenti solo per assecondare una moda o un deplorevole fenomeno di costume. La pastiglia fece subito effetto, e la ragazza ebbe presto la curiosa sensazione di muoversi attraverso qualcosa che le offuscava la vista. Sentiva i riflessi rallentati, aveva paura di cadere. Fu Antonello a guidarla verso il letto, poi la aiutò a liberarsi dei vestiti. Non fece nulla per partecipare attivamente a ciò che seguì, di cui capì ben poco. Ci fu un momento in cui ebbe una strana sensazione di “doppio”, nel senso che percepì una lingua che la penetrava, mentre un’altra lingua le percorreva il torace. Una mano la giudò ad accarezzare un paio di testicoli, mentre lei, con l’altra mano, nella parte opposta del letto, stava masturbando un pene in erezione.
Elisa raccolse tutte le proprie energie per cercare di aprire le palpebre che si erano fatte pesantissime, e quando ci riuscì vide solo il viso di Antonello. L’uomo le disse: «Sei fantastica», accostandole alle labbra un bicchiere che conteneva un misterioso intruglio.
Un pene la penetrò, mentre bocche e mani sconosciute la violavano, ma Elisa era troppo fatta per avvedersene o per protestare. Era ancora intontita quando Antonello le gettò addosso i suoi vestiti, dopo che gli altri uomini se ne erano già andati.