Capitolo 7 – Elisa e Leonardo

 

 

Un pensiero le passa per la testa

forse la vita non è stata tutta persa

forse qualcosa s’è salvato


Vasco Rossi

 

Elisa aveva raccontato ogni cosa a Leonardo evitando di guardarlo in viso ma continuando a fissare la tazza del cappuccino. Quando lei ebbe finito di parlare, Leonardo le chiese:

«E poi? Cosa è successo, dopo quella seconda volta a casa di Antonello?»

Il tono di voce del ragazzo era dolce e del tutto privo del tono saccente di chi si erge a giudice. Talmente rassicurante che Elisa, pur provando ancora vergogna, trovò il coraggio di alzare gli occhi dalla tazza vuota. Lo sguardo di Leonardo non esprimeva condanna, ma solo solidarietà. Leonardo le sfiorò dolcemente una mano, e lei sentì che poteva fidarsi.

«La sera stessa» continuò Elisa «sono stata male. Probabilmente a causa delle porcherie che ho ingurgitato. Ma non solo a causa delle droghe: pur non ricordando bene cosa mi fosse successo, avevo un vago sentore che mi avessero fatto o fatto fare qualcosa di tremendo. Avevo continuamente la nausea e mi sentivo addosso una sensazione di sporco che nessuna doccia riusciva ad alleviare. Insomma, a casa ho detto di aver contratto un virus, sono andata a letto senza cena e per una settimana sono stata assente da scuola. Salvo mi chiamava tutti i giorni chiedendo notizie sul mio stato di salute. Diceva di avere voglia di vedermi, chiedeva di poter venire a casa a farmi visita, ma io volevo prendere tempo per capire se volessi continuare o meno a frequentarlo. Cominciavo a rendermi conto di essere stata plagiata e di essere stata convinta a fare cose orribili. Se quello era il prezzo da pagare per stare con Salvo, allora non ero più sicura di voler continuare il rapporto con lui. Come aveva potuto il mio fidanzato dichiarare di amarmi e nello stesso tempo spingermi a fare quelle cose?»

«Pochi giorni fa, quando tu sei tornata a scuola dopo l’assenza, vi ho visti insieme al parco» disse Leonardo. «Ma tu non avevi l’aria felice.»

«Infatti non ero contenta di vederlo» disse Elisa, «ma dovevo dirgli che avevo intenzione di rompere la nostra relazione e di chiudere con lui ogni rapporto: quello che era successo era troppo penoso da ricordare, quindi era impossibile per me anche pensare di restare amici o di vederci o sentirci occasionalmente.»

«E lui? Come l’ha presa?» chiese Leonardo.

Elisa ricominciò a piangere, ma proseguì il racconto:

«A quel punto, Salvo ha cominciato ad armeggiare con il cellulare. Aveva un sorrisetto maligno. Dopo pochi secondi, ho sentito la notifica di whatsapp. Qualcuno mi aveva ripresa mentre, a casa di Antonello, ero sotto l’effetto di qualche droga e tre uomini abusavano di me. Nel video si vede il viso, si capisce benissimo che sono io. Salvo ha detto che, se avessi rifiutato di incontrarmi di nuovo con uomini quando fosse stato necessario, il video sarebbe stato postato in rete attraverso le varie piattaforme social. A quel punto, io sono scappata via, sconvolta. Oggi lui è venuto di nuovo ad aspettarmi fuori dalla scuola e mi ha fatto cenno di seguirlo al parco. Ho fatto l’errore di obbedirgli.»

«È stato al parco che lui ti ha aggredita?» chiese Leonardo.

«Sì. Gli ho detto che, proprio perché mi vergognavo di quel che lui mi aveva convinta a fare, ero decisa a smettere di obbedirgli: a causa sua ero arrivata ad avere orrore di me stessa, e questo non potevo più accettarlo. Non mi importava di dove potesse pubblicare il video. Non intendevo rivederlo, o farmi manipolare di nuovo» rispose Elisa. Poi proseguì:

«È stato a quel punto che lui ha cominciato a strattonarmi, strappandomi il giubbotto. Mi ha dato anche un paio di ceffoni, urlando che non mi avrebbe mai lasciata andare. Diceva che sono sua, devo essere sua, a ogni costo. E che, inoltre, senza di lui io non sono nulla: lui è un gran figo, ammirato e conteso da tutte le ragazze del liceo, io sono solo una ragazzina insignificante. Diceva che io sono solo una fallita!»

Elisa singhiozzava senza ritegno, mentre Leonardo sentì, lontana, una voce maschile che si rivolgeva a lui.

«Sei un fallito!» gli ripeteva la voce.

Chi era quell’uomo?

Leonardo abbracciò Elisa. «Ti accompagno a casa» le disse. Pagò le consumazioni al bar, poi prese di nuovo la ragazza per mano. Avrebbe voluto condurla con sé, a casa propria, per confortarla con la sua vicinanza se avesse ricevuto altri messaggi o chiamate minatorie da Salvo, ma non voleva che i genitori di Elisa si preoccupassero.

La lasciò davanti al portone di casa, raccomandandole di avvertirlo se Salvo si fosse fatto risentire.

Leonardo era preoccupato. Elisa era rimasta invischiata in una situazione non facile, aveva sofferto e aveva davanti a sé un grosso problema da risolvere. Quel che si sentiva dire in giro a proposito di Salvo era giusto: si trattava davvero di un tipo poco raccomandabile.

Per non dire peggio: quello era davvero un delinquente, che aveva a che fare con droga e favoreggiamento. Come poteva uno così rivolgersi a Elisa chiamandola “fallita”?

Di nuovo quella voce che pareva rivolgersi a lui gli urlava “Sei un fallito!”.

Si sforzò, e gli parve di ricordare una consolle da collegare allo schermo della tv per fare i videogames, e lui che non riusciva a superare le prove. Ma doveva essere piccolo, allora. Ricordava che il joystick gli pareva enorme per le sue manine da bambino. Quanti anni poteva avere? Cinque? Sei? Ma si trattava di un ricordo reale? E soprattutto, a chi apparteneva la voce maschile che si rivolgeva a lui con tanta asprezza?

A casa, Leonardo non trovò nessuno. Gli dispiacque, avrebbe voluto confidarsi con la madre, forse lei avrebbe saputo dargli qualche consiglio su come comportarsi con Elisa, e magari gli avrebbe detto di essere disposta a raccogliere le confidenze della ragazza. Forse la mamma di Leonardo era anche in grado di suggerire a Elisa come difendersi dalle minacce di Salvo. Era una tipa tosta, la mamma. Una che sapeva sempre come risolvere i problemi. Di volta in volta, si era trasformata in idraulico, elettricista, imbianchino. Aveva svolto anche la funzione di traslocatore, quando avevano cambiato casa. Sapeva fare tutto, la mamma, e pareva avere sempre il tempo per fare tutto quanto fosse necessario a casa, pur lavorando senza mai far mancare a Leonardo la propria disponibilità ad ascoltarlo, accudirlo, giocare con lui quando era bambino.

“Non vali nulla!”. Di nuovo, il ricordo di quella voce maschile. Ma gli pareva che la voce si rivolgesse anche alla mamma.

“Lascia stare la mia mamma, cattivo!” Leonardo sentì la propria, di voce, ma l’uomo lo ignorava.

Rivide Elisa, in lacrime e con il giubbotto strappato, e immaginò Salvo che la strattonava, prepotente.

Di nuovo, dalla sua memoria affiorò un’altra mano maschile che con forza tirava i capelli alla mamma, ripetendole:

«Sei una donnetta da niente, e io ti ucciderò.»

Poi, l’uomo si rivolgeva a lui, dicendogli:

«Ucciderò questa buona a nulla che dice di volermi lasciare, oppure la lascerò io, e tu verrai con me.»

«Scordatelo» replicava Leonardo.

Il ragazzo ricordava con sempre maggiore chiarezza un sacco di episodi del passato che forse per troppo dolore aveva tentato di rimuovere. Episodi che stavano lì, in un angolo della sua memoria. Forse non sarebbero mai riaffiorati se non fosse stato per Elisa e le sue difficoltà. Soprattutto, Leonardo se ne rendeva conto, era l’affetto per Elisa ad aiutare Leonardo a ricordare.

«Perché non vuoi venire con me?» domandava l’uomo. «Non puoi rimanere per sempre attaccato alle gonne della mamma. Anzi, prima ti abitui a stare senza di lei, meglio sarà. Se ti allontanassi da lei, tu magari piangeresti per un po’, poi finiresti per dimenticarla.»

«Non mi separerai mai dalla mia mamma!» esclamava Leonardo.

L’uomo, a quel punto, lo puniva. Gli impediva di bere, o di mangiare, o di andare in bagno. Leonardo sapeva che l’uomo lo avrebbe picchiato se lui, non potendo andare in bagno, avesse finito per farsela sotto. Allora stava seduto, immobile, cercando di trattenersi. Era sempre riuscito a trattenersi, ma l’uomo lo picchiava ugualmente.

Lo autorizzava ad andare in bagno, ma gli impediva di bere.

«La senti, la gola secca?» lo canzonava, allungandogli uno scappellotto.

Ma chi era quell’uomo?

La mamma ne aveva paura, cercava di fare di tutto per evitare di irritarlo. Per esempio, lui e la mamma erano soliti alzarsi prestissimo, la mattina, perché lui doveva trovare il bagno libero. Era molto importante che il bagno fosse libero per lui quando si fosse svegliato. La mamma non osava pensare a quello che sarebbe potuto succedere se lui avesse trovato il bagno occupato.

Una volta, Leonardo aveva finto di riaddormentarsi dopo che la mamma lo aveva svegliato e portato a fare pipì in modo che non ci fosse pericolo che gli scappasse mentre l’uomo era chiuso in bagno: il piccolo era curioso, voleva cercare di capire il motivo di questa fissa della mamma di lasciare il bagno libero.

Poco dopo, aveva visto l’uomo percorrere il corridoio ma, a parte una specie di beauty, non lo aveva visto portare con sé nulla. Inutile sperare che la mamma gli desse il permesso di rovistare tra le cose di lui per cercare il beauty e analizzarne il contenuto, così il motivo della necessità dell’uomo di trovare il bagno libero sarebbe rimasto un mistero.

Ma chi era quell’uomo?

Perché gridava sempre, li maltrattava, li minacciava? Una volta, d’inverno, li aveva obbligati a passare la notte fuori casa. C’era la neve, quella notte, e il freddo era terribile. In realtà, l’uomo cattivo quella volta aveva voluto punire la mamma, non lui. La mamma ogni tanto gli diceva di rientrare, che a lui avrebbe aperto, ma Leonardo non voleva lasciarla sola, lì al freddo. Poi, non voleva nemmeno stare in casa con l’uomo. A Leonardo non importava di rimanere fuori al freddo, se con lui c’era la mamma.

Ma chi era quell’uomo? Come avevano fatto a liberarsene?

Leonardo cercò di sforzarsi di ricordare ancora. Chiuse gli occhi, e vide una rampa di scale. Gli parve di sentire la mano della mamma che cercava di trascinarlo via, lontano da quel posto.

«Torniamo indietro. Forse ce la facciamo a rientrare prima che lui ritorni. Se non si accorge di nulla, magari oggi non si arrabbia, e sarà un giorno buono.» A Leonardo sembrava di ricordare queste parole, ma lui aveva risposto:

«No. Ricorda il motivo per cui siamo qui.» In quel momento si era aperta una porta da uno degli interni, e una donna dal sorriso gentile era uscita sul pianerottolo, invitandoli a entrare.

Ma chi era quella signora? Era stata lei ad aiutarli a far uscire l’uomo cattivo dalle loro vite?

Leonardo pensò di nuovo a Elisa, che era stata orrendamente manipolata, violentata, sfruttata, per poi venire ancora più orribilmente offesa, maltrattata, ricattata.

Era possibile che, da qualche parte, ci fosse qualcuno in grado di aiutare Elisa?

Leonardo decise di parlarne con la mamma anche se, così facendo, avrebbe violato la promessa fatta a Elisa di non rivelare a nessuno il suo segreto.

“D’altra parte, se Salvo mette in atto ciò che ha minacciato, il segreto di Elisa non sarà più tale” ragionò Leonardo. “Inoltre, per chiedere aiuto, è necessario parlare con qualcuno. A parte la mamma, non conosco nessuno di cui possa fidarmi.”

 

Quando rincasò, la mamma era stanca ma, come ogni giorno da diversi anni, felice. Felice di essere libera, felice di essersi lasciata alle spalle i brutti ricordi. Felice di essersi liberata di quell’uomo che le aveva rovinato la vita, felice pensando che avrebbe trovato il figlio a casa ad aspettarla.

Tra lei e Leonardo c’era un legame speciale. Negli anni difficili, madre e figlio si erano sostenuti a vicenda. Sapevano che sarebbero sopravvissuti, perché ognuno dei due aveva l’altro.

In un giorno lontano, la mamma aveva deciso di scappare dall’uomo cattivo. Aveva portato con sé poche cose, perché doveva essere veloce e leggera nei movimenti. Il figlio era con lei. Non c’era niente nella sua vita che le fosse caro quanto Leonardo.

La voce del figlio la raggiunse appena lei fu entrata in casa: «Mamma, devo chiederti due cose.»

«Certo, amore, dimmi.» La mamma era stanca, ma aveva sempre sufficiente energia per prestare attenzione a Leonardo.

«Una mia amica ha un problema: mi aiuti a darle una mano a risolverlo?» chiese Leonardo, come prima domanda.

«Sicuro, farò volentieri quel che posso» rispose la mamma, «dimmi di che si tratta.»

«Certo, poi ti spiegherò con calma» disse Leonardo. «E la seconda domanda è: chi era quel tizio con cui vivevamo quando ero piccolo e che ogni tanto ci menava? Era mica mio padre, vero?»