Postfazione all’edizione tascabile giapponese Noi e i gatti da allora

L’estate del settimo anno dalla nascita dei cuccioli, mi sono recata a Tama per far visita ai signori Kaneda. Era la prima volta che vedevo Jirō e Nana da quando mi ero separata da loro che avevano due mesi.

– Tigrotto! Monaka! Venite, – li ha chiamati la signora Kaneda. Quello che ci ha raggiunto in soggiorno con passo tranquillo, piú che un gatto pareva una piccola tigre.

– È Jirō.

L’avevo visto diverse volte in fotografia, ma incontrandolo dal vero sono stata sorpresa dalle dimensioni che aveva raggiunto. Pesava sette chili. Aveva un muso adeguato al suo nuovo nome: asciutto e selvaggio. Mi sono sorpresa come se fossi andata a trovare un figlio da cui mi ero separata quando era un bimbo di tre anni, e mi fosse venuto incontro un virile giovanotto.

– Jirō, ti ricordi di me?

Non ha risposto, ma non ha smesso di annusare l’orlo dei miei pantaloni per tutto il tempo in cui sono rimasta seduta sul sofà.

Anche quella mattina Mimí ci si era strofinata, e doveva esserci abbondantemente rimasto il suo odore: che lo ricordasse? Appena quel pensiero mi ha attraversato la mente, d’improvviso Jirō mi è saltato sulle ginocchia. Il suo peso mi ha strappato un istintivo «Uh!» di sorpresa ma, pensandoci, mi sono ricordata che anche da piccolo a volte mi saltava sulle ginocchia.

Vicino a Jirō, Nana sembrava un cucciolo, ma mi hanno detto che, comunque, pesava quattro chili, quindi all’incirca quanto Mimí. Il disegno a spaccatura di vaso e il colore rosa del naso non erano cambiati, però non dava piú in alcun modo quell’impressione di gracilità. Era minuta ma vivace, e si divertiva arrampicandosi sull’albero tiragraffi messo in soggiorno.

Nana è la preferita della figlia piú piccola, che la chiama Mona, ma anche Jirō è molto coccolato dalla signora Kaneda, a quanto ci hanno detto.

– All’inizio pensavamo di prendere solo Monaka, ma è stato davvero un bene aver preso anche Tigrotto!

Nell’udire quelle parole, mi sono sentita scaldare il cuore per la felicità dei due cuccioli.

Nera, la Ten di Ebisu, è diventata una cacciatrice provetta. Punta alle prede che vengono sulla terrazza di Sawako, e ha preso dei macaoni, dei gechi e addirittura quattro passeri. Il gatto che già viveva lí, Signor Keto, ormai ha quattordici anni, e anche se a volte si inseguono a vicenda, vanno abbastanza d’accordo.

Nera è sempre brava a farsi vezzeggiare e Sawako è ancora pazza di lei:

– Ci sono dei momenti in cui Ten fa un faccino da cucciolo, – dice, – ma altri in cui è uno schianto di ragazza!

A casa di zia Midori l’anno scorso è morto il gatto che stava lí da prima, un vecchietto di piú di vent’anni. Per Myuu, cioè Shizu, era il nonno con cui aveva sempre dormito da quando si era separata da mamma e fratelli. Dopo la morte del nonnino, zia Midori ha preso con sé una vecchia gatta randagia cui aveva dato da mangiare fuori di casa per tanti anni, le ha messo il pannolino e si è presa cura di lei, ma quest’anno a luglio anche lei è volata in cielo a diciotto anni d’età. Da allora, d’improvviso Shizu ha iniziato a farsi coccolare da zia.

– Credo che Myuu abbia portato pazienza tutto questo tempo perché io ero presa dalla cura di quei vecchi gatti.

Quest’anno Shizu ha superato gli otto chili. Pare Deluxe1, cosí grossa da non poterla piú prendere in braccio, e zia Midori sta pensando di metterla a dieta.

Poi, Mimí e Tarō, i gatti di casa nostra…

Ad agosto dell’anno scorso, mamma è stata portata via d’urgenza per un’improvvisa febbre alta. Il giorno stesso è stata operata, e per un po’ è dovuta rimanere ricoverata. In quel periodo non ho fatto che andare avanti e indietro dall’ospedale, senza nemmeno il tempo di dare qualche tranquilla carezza a Mimí e Tarō.

La sera, quando tornavo, la casa era immersa nel silenzio. Mimí, che di solito appena udiva il suono della chiave mi veniva incontro in ingresso e si avvicinava ai miei piedi, restava invece ferma sulla soglia del soggiorno buio a fissarmi. Probabilmente non si capacitava dell’assenza di mamma.

In genere Tarō accorreva subito appena iniziavano i preparativi della pappa e si sentivano gli orli delle ciotole smaltate urtare tra loro: normalmente si metteva a miagolare a gran voce, ma ora si limitava a mangiare in silenzio. Sia Mimí sia Tarō mi davano la strana impressione di gatti estranei presi in prestito.

Era la metà di settembre quando mamma è stata finalmente dimessa, e a casa è tornata la serenità. Un giorno, mentre carezzavo la schiena di Tarō, ho sentito qualcosa di ruvido sotto il palmo della mano. Sulla sua schiena sottile il pelo era sempre stato lucido, splendente, liscio e scivoloso… Da vellutato, era diventato ispido al tocco. A guardarlo meglio mi sono accorta che il pelo sui fianchi si era diradato e lasciava intravedere la pelle.

– Tarō…

Da quando era diventato cosí rado? Che malattia poteva avere?… L’inquietudine mi ha assalito all’improvviso.

– Alcuni gatti esagerano nella pulizia, quando sono stressati. Può darsi che abbia spezzato molti peli con la lingua, che nei gatti è ruvida, – mi ha spiegato Sachiko.

Ora che me lo diceva, in quel periodo Tarō si leccava sempre i lati del ventre. Lo faceva in modo insistente. La parte in cui si vedeva la pelle in trasparenza copriva tutto il fianco, sia a destra che a sinistra, e un po’ di pelo lucido rimaneva solo nella parte vicina alla schiena: pareva un taglio alla moicana… fin lí non era proprio riuscito ad arrivare!

Sapevo qual era la causa del suo stress: mamma era sparita all’improvviso, e io entravo e uscivo di casa, presa da mille cose. Nel frattempo avevamo fatto fare dei lavori di riparazione del tetto programmati da tempo. All’anormalità dell’assenza delle persone di famiglia si era aggiunta la presenza di estranei: Mimí e Tarō dovevano aver provato chissà quale ansia.

In tutto questo, Mimí, con la sua esperienza di vita, era abbastanza tosta, ma Tarō è sempre stato delicato. Vedendolo ridotto con quella specie di taglio alla moicana, mi sono resa conto per la prima volta di quanto dovesse essere stato grande il suo stress.

Anche quando la famiglia si è riunita e abbiamo ripreso la nostra solita vita, il pelo di Tarō non è tornato subito normale. Sulla pelle, che si intravedeva, un po’ alla volta abbiamo iniziato a vedere delle strisce, che poi si sono unite a formare il motivo tigrato color ala di fagiano che è ricomparso con chiarezza quando ormai erano trascorsi sei mesi. Ci è voluto quasi un anno perché la striscia da moicano sulla schiena non si notasse piú, unendosi al resto, e il pelo tornasse liscio.

L’improvviso ricovero di mia madre, che non aveva mai avuto malattie prima, mi ha fatto toccare con mano i suoi ottantadue anni. Ormai non può piú venir giú di corsa dalle scale, come quando ha trovato i gattini sette anni fa, né inseguire Mimí e sgridarla, come ha fatto quando la gatta si era allontanata portando un cucciolo con sé.

Tarō ha iniziato a starle sempre accanto. Ogni sera, quando si avvicina per lei l’ora di andare a dormire, il gattino salta sul suo letto un attimo prima, e l’aspetta miagolando per chiamarla.

«Sí, sí, Tarō: sto arrivando!»

Quando lei finalmente si sdraia, lui si allunga vicino al cuscino e le mormora tutto il tempo qualcosa all’orecchio.

«Miao miao miao», «Sí, sí, bravo!», «Miao miao», «Ho capito, ho capito! Sei cosí carino, Tarō!»

Sentendo quei loro scambi attraverso gli shōji, mi paiono proprio nonna e nipote. Quando finalmente la voce di mamma tace e lascia il posto al respiro lento del sonno, Tarō scende subito con un tonfo, torna in soggiorno e va a dormire acciambellato in un angolo del divano che usa sempre come letto. Con un’aria un po’ imbarazzata, mamma dice:

«Ultimamente ho la buffa sensazione che Tarō mi metta a nanna!»

Anche Mimí è cambiata. Lei, che prima mi si sdraiava accanto e si faceva accarezzare la bianca pelliccia soltanto da me, ultimamente ha preso l’abitudine di alzarsi d’improvviso, come se a un certo punto le venisse in mente qualcosa, e di andare a sdraiarsi accanto a mamma. E quando penso che continuerà a farsi carezzare da mamma, lí dov’è, dopo un po’ si alza di nuovo e viene a sdraiarsi accanto a me. D’istinto io e mamma ci guardiamo in faccia ridacchiando:

– Si fa carezzare con imparzialità!

– Com’è gentile!

La mia vita con i gatti, che racconta i giorni che io e mamma trascorrevamo con i gatti, è stato aggiunto alla serie dei tascabili «Shinchō bunko».

Ringrazio di cuore il signor Sugihara Nobuyuki e la signora Kitamura Akiko, per aver di nuovo pubblicato la mia creatura. Per me, scrivere un libro sui gatti era un’eventualità del tutto imprevedibile. Perciò, nonostante l’argomento, vorrei che lo leggessero coloro che non amano i gatti, coloro che non hanno mai avuto un animale domestico.

Sarà inverno quando il libro verrà esposto nelle librerie. Da quando vivo coi gatti, questa stagione ha iniziato a piacermi tantissimo. Perché nei giorni in cui il freddo è pungente, Mimí sale sulle mie ginocchia e si acciambella come una volpe addormentata. Quando la stringo a me, lei si arrotola ancor piú stretta, in modo da adattarsi perfettamente al mio abbraccio.

In quei momenti penso:

«La felicità non è lontana, ma qui, ora».

MORISHITA NORIKO

Autunno del ventiseiesimo anno dell’era Heisei (2014).

1. Matsuko Deluxe è il nome d’arte di un personaggio televisivo, un saggista molto noto in Giappone.