64.

«Se mi spiega», rispose il Maccadò cui non era sfuggito l’uso del lei da parte del Malversati.

Umiltà fittizia?, si chiese.

Una mossa volpina affinché si generasse in lui un po’ di compassione e allentasse le redini?

Meglio, decise, continuare il gioco del finto tonto.

Che si spiegasse quindi se voleva che lui lo capisse. E continuasse pure a usare il lei, musica per le sue orecchie se usciva da simili labbra.

Il Maccadò, principiò a raccontare il Malversati, doveva innanzitutto comprendere una cosa: che la denuncia dell’aggressione subita, il furto o sparizione comunque lo si volesse chiamare di...

«Insomma...» sospese il Malversati.

«Insomma, cosa?» finse di non capire il maresciallo.

«Di alcune mutande», soffiò l’ispettore di produzione.

Ohibò!

Ci sarebbe stata bene come battuta trattandosi di una commediola. Il maresciallo se la risparmiò, temendo di esagerare.

Ligio al ruolo si limitò a chiedere.

«Alcune? Intende più di una?»

«Pare siano tre o quattro», confessò il Malversati.

Ma non era il numero a contare, aggiunse frettolosamente.

«No?» fece il maresciallo.

Il gesto piuttosto.

L’ignobile gesto che naturalmente qualificava gli anonimi autori...

«Feccia!» si arrampicò il Malversati.

Una feccia che agendo così aveva voluto mettere lui e la sua famiglia alla gogna.

«E perché mai?» osò il maresciallo.

Sapeva di giocare una carta estrema fingendo uno stupore al limite con l’idiozia. La vanità del Malversati lo protesse dall’essere scoperto.

«Ma via, maresciallo!» rispose infatti quello.

Via, non sentiva di già anche lui il mormorio di soddisfazione di tutti gli invidiosi per la gran carriera che l’aveva portato in vetta?

Non gli pareva di vedere le risate di scherno qualora si fosse palesato subito l’oggetto del furto?

L’intimità sua e della sua famiglia offerta in pasto a chiunque se ne volesse cibare!

E fosse stato solo per lui, poteva anche sopportare.

«Ma...»

Il Malversati a quel punto fece una pausa a effetto, dopodiché assunse con decisione un tono lirico.

Era alla moglie che andava il suo pensiero.

La immaginava vivere nel ludibrio pubblico, costretta diuturnamente a subire occhiate, pettegolezzi, e chissà cos’altro mentre lui, lontano per le ovvie ragioni di lavoro, non poteva intervenire a difenderne l’onore.

Perciò si permetteva di chiedere comprensione al maresciallo.

Che soprassedesse, così come aveva deciso di fare lui, sull’accaduto e chiudesse la questione.

«Nulla osta», rispose il Maccadò.

«Sapevo di poter contare su di voi», rispose il Malversati.

L’umiltà del lei era di già andata a farsi benedire.

«Ma certo», assicurò il Maccadò, «e parimenti io so di poter contare su di lei.»

Il Malversati si oscurò.

Non fu per il lei che il Maccadò aveva rimarcato con la voce.

Temeva...

«In che senso?» chiese.

Nel senso che, spiegò il maresciallo, come da ordine che aveva precedentemente emanato, gradiva nel suo ufficio la presenza della signora Verzetta Cece in Malversati alla quale, avendone diritto e dovere, avrebbe mostrato l’oggetto del furto o sparizione che dir si voglia.

«Dopodiché, sentito il parere della signora, potremo chiudere la storia.»

Il Malversati fu lì per dire qualcosa.

Il maresciallo non gliene diede il tempo. Si alzò dalla sedia.

«Col vostro permesso», disse.

Aveva usato il voi, ma di proposito, chiudendo un altro atto della commedia.

Quindi dalla soglia chiamò il carabiniere Caldiluna che di lì a poco si trovò di fronte alla verità nuda e cruda.