77.

«Adesso fatemi firmare», disse il Malversati tirando un sospiro.

Quasi mezz’ora per scrivere dieci righe, un’agonia!

Un bell’ignorante quel carabiniere!

Come diavolo si faceva a non sapere che aggressione si scriveva con due gi e che nottetempo si scriveva tutto attaccato?

Mah, proprio vero che dentro l’Arma ci finiva di tutto!

Firma, adesso, e quindi libertà.

Il Caldiluna volteggiò per aria il foglio della denuncia e poi lo passò al Malversati.

Quindi, con sollievo, si grattò la nuca. Quello, che per tutto il tempo gli era stato dietro, dettando, controllando, correggendo gli errori che lui faceva apposta, alitandogli sul capo, gli aveva provocato un prurito insopportabile.

Più di così non era riuscito a fare.

“Peccato”, mormorò tra sé, ancora seduto alla scrivania del Maccadò, ascoltando i passi fieri del Malversati che stava scendendo le scale per lasciare caserma e compagnia salutando con enfasi.

Il Defendini, che nel frattempo era sceso nella guardiola del piantone, se lo trovò davanti.

«Apritemi», ordinò il Malversati.

Aprì.

Sulla soglia c’era il maresciallo Maccadò, il dito indice che si stava dirigendo alla volta del campanello.

E sorrideva.