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«Cosa?» chiese pazientemente l’agente Micci, il cui viso era ormai una maschera scura come quello della signora Narelli. Siamo immersi tutti nel buio di questa sera senza scampo, pensò Tano. Nel buio di questa notte senza luna.

«Lui, quel mostro, aveva... Anna non è malata. Anna sta bene. Stava bene. Prima di... prima che Brandt la rinchiudesse in quella clinica. Ma non per curarla, perché non c’era niente da curare, Anna è una ragazza sana... l’hanno rinchiusa per annientarla. Renderla un vegetale, e potere così prendersi tutto, controllare. Per sempre.»

«E la bambina?»

«La bambina...» la donna continuava a scuotere la testa, come se quello che doveva dire la tirasse di qua e di là e se ne volesse liberare. «...Brandt è malato, è condannato a morte, ha i giorni contati. Ha bisogno di un cuore nuovo. Ma è difficile trovare un donatore. E così...»

La donna si interruppe e Curreri pregò tra sé che l’agente Micci non facesse domande, che non chiedesse il resto della storia. Non voleva sentirla. E infatti lui non parlò. Attese.

E la donna riprese a parlare, col suo filo di voce «Brandt si è creato il suo donatore su misura. Istocompatibilità, si chiama. Ha usato Anna, il suo povero corpo inerte, per fare... per farsi... La bambina è sua figlia, creata apposta per dare un cuore nuovo a quell’essere...»

«Ma perché Nandina non è andata alla polizia?»

«Aveva provato... ma nessuno le aveva creduto. Col suo passato da sbandata e... tossicodipendente, non era riuscita a parlare con le persone giuste. Le avevano detto di lasciar perdere quelle fantasie... Che erano storie assurde che in un paese moderno sono impossibili anche solo da concepire.»

«Ma c’era la bambina. Lei era la prova.»

«Ma se avesse portato la bambina alla polizia o dal giudice, per prima cosa gliel’avrebbero tolta, per affidarla a chissà chi. E così aveva deciso di fare da sola. Diceva che nessuno poteva proteggere lei e la bambina da quel mostro. Nessuno. Come nessuno aveva potuto proteggere Anna. Con i soldi si compra tutto, e soprattutto il silenzio, l’indifferenza. L’esistenza della bambina doveva restare segreta... se un essere umano non esiste, per il mondo, nessuno lo cerca quando scompare.»

«E Nandina cosa voleva fare?»

«Voleva scappare, e mettere in salvo la piccola. Le aveva fatto tatuare addosso il nome della madre...»

«Ma certo...» esclamò Micci.

«Cosa certo?» chiese Curreri.

«Il codice del tatuatore...» spiegò il giovane agente: «A. sta per Anna, BNCSGL sta per Buonconsiglio, e DOTA è semplicemente la pronuncia fonetica di ‘daughter’, figlia...»

La signora Narelli annuì. «Così sua madre avrebbe potuto riconoscerla anche in capo al mondo. Anche tra mille anni. Anche se Nandina non ci fosse più stata. E Nandina non c’è più.»