Essendo un vero poliziotto svedese, perché non c’era alcun dubbio che lo fosse, l’ispettore Bo Jarnebring aveva partecipato a un notevole numero di indagini che nel linguaggio poliziesco venivano chiamate indagini di omicidio. In alcuni casi, gli era anche stata concessa la grazia di essere presente quando si era verificata una cosiddetta svolta nelle indagini. Quel momento straordinario, in cui tutti i punti interrogativi diventano esclamativi, quando si passa dal buio totale a una comprensione folgorante, quando l’intera squadra investigativa raggiunge le porte del paradiso poliziesco abbracciandosi. E questo poteva avverarsi nel giro di poche ore.
Più spesso, e specialmente negli ultimi anni, Jarnebring aveva dovuto subire il contrario della mitica svolta. Quella fase sfibrante, deprimente e monotona in cui, per quanto uno si dia da fare, rimane sempre fermo al punto di partenza, quando le informazioni e le soffiate, l’iniziativa, l’immaginazione e la normale routine di lavoro si inaridiscono, e tutte le fatiche, così come le normali illusioni, i progetti azzardati, i tentativi alla cieca e gli errori perdonabili si trasformano solo in un mucchio di documenti che, in nome della giustizia, finiscono tutti nello stesso raccoglitore sullo scaffale dei crimini irrisolti.
In quella settimana di dicembre del 1989, ancora una volta Jarnebring aveva dovuto assistere a come un’indagine di omicidio si assopisce per poi morire, mentre la sua nuova collega, l’ispettore Anna Holt, vi aveva assistito per la prima volta.
Già martedì mattina, il capo delle forze dell’ordine aveva telefonato a Fylking, dicendogli che rivoleva i suoi uomini. Era conscio dei problemi del collega, ma lo era ancora di più di quelli che si accumulavano incessantemente sulla sua scrivania. Fylking non aveva neppure cercato di protestare. Aveva gettato una rapida occhiata alla libreria alle sue spalle, e aveva constatato che sarebbe sicuramente riuscito a infilarvi un ulteriore raccoglitore.
Mercoledì sera, 20 dicembre, un nuovo omicidio venne commesso in un sex shop nel quartiere di Söder a Stoccolma. Già il giorno dopo, i giornali lo avevano classificato come il quinto di una serie in cui quello di Eriksson occupava il quarto posto. Nel corso dell’anno, un assassino sconosciuto aveva accoltellato tre persone che lavoravano in altrettanti negozi che vendevano gadget pornografici, proiettavano film porno e, talvolta, arrivavano persino a infrangere la legge contro il lenocinio. La cosa era sufficientemente grave in sé, specialmente perché tutto faceva presumere che si trattasse dello stesso criminale in tutti e tre i casi, ma ogni poliziotto con un po’ di cervello funzionante avrebbe capito che l’assassinio di Kjell Eriksson non aveva niente a che fare con quel contesto o, più semplicemente, non c’era alcun indizio che rimandasse agli omicidi dei sex shop.
Nessuno all’anticrimine aveva mai nemmeno pensato di mettere in relazione l’indagine, ormai vicina allo stato comatoso, sull’omicidio di Kjell Eriksson con quelle relative agli omicidi nei sex shop. L’eccezione era Bäckström, che già il giovedì mattina aveva avuto un feroce scontro con Fylking nel suo ufficio. Infatti, Bäckström aveva scoperto che la terza vittima del killer dei sex shop non solo lavorava parttime in un negozio riservato a clienti omosessuali, ma che anche lui era un omosessuale, e improvvisamente aveva visto la luce.
Durante i primi cinque minuti, Fylking era rimasto seduto in silenzio fissando Bäckström, mentre la vena sulla sua tempia si contorceva come un verme appena infilzato nell’amo. Poi, di colpo, si era alzato e, a dispetto del suo ginocchio malandato, si era gettato sulla scrivania per arrivare ad afferrare alla gola il suo collega, e mettere così fine alla follia e offrire un po’ di necessaria tranquillità alla propria esistenza. Bäckström si era scansato, era riuscito a raggiungere la porta dell’ufficio di Fylking, si era trasformato in una gazzella ed era fuggito lungo il corridoio, mentre le urla del suo superiore lo inseguivano fin sulle scale.
«Ti ammazzerò piccolo bastardo grasso» urlò Fylking e, anche se in verità non era esattamente tra i suoi propositi, pure l’indagine sull’omicidio di Kjell Eriksson era arrivata alla sua conclusione.
Fylking riuscì a infilare un altro raccoglitore nel suo scaffale e, considerando «tutta la vecchia merda che vi si era accumulata», non faceva molta differenza. Inoltre, era arrivata l’ora di dare il via alle vacanze di Natale, che per Fylking si estendevano fino a dopo Capodanno. Quando sarebbe tornato, avrebbe iniziato a contare i giorni che mancavano alla pensione.