PROLOGO

I LIBRI DI PROSPERO

La Tempesta di Shakespeare, seconda scena del primo atto.

Prospero rivela alla figlia Miranda il mistero della sua origine. Prima di diventare amorevole genitore di Miranda e signore di un’isola incantata che governa con le sue arti magiche, era un duca di Milano troppo innamorato della ricerca di conoscenza per accorgersi di una congiura di palazzo che l’avrebbe rovesciato. Sulla barca che li avrebbe portati in salvo sull’isola, un nobile napoletano, Gonzalo, mosso a compassione, aveva fatto in modo che vi fosse del cibo, dell’acqua fresca, vestiti, biancheria, e soprattutto libri, quei libri che, salvati dalla sua biblioteca, Prospero considerava piú preziosi del suo stesso ducato:

Knowing I loved my books, he furnish’d me

From mine own library with volumes that

I prize above my dukedom.1

Nel dramma di Shakespeare, di quei libri non si parla quasi piú. Eppure, da quella bibliothèque portative Prospero ha ricavato le sue conoscenze di magia bianca, la capacità di dominare gli elementi e le forze della natura, nel perfetto compimento dei sogni della scienza rinascimentale, e le ha condensate in un unico grande libro. Di libri, al plurale, parla invece con timore Calibano, quando progetta l’assassinio del padrone. Se non si distruggono prima quei maledetti libri, l’impresa non sarà possibile:

Remember

First to possess his books; for without them

He’s but a sot, as I am, nor hath not

One spirit to command: they all do hate him

As rootedly as I. Burn but his books.2

E infine, al compimento del suo disegno, sarà lo stesso Prospero a rinunciare alla magia, e a distruggere il suo libro: «And deeper than did ever plummet sound / I’ll drown my book».3

Nel 1991 il regista inglese Peter Greeneway realizzò una personale interpretazione della Tempesta di Shakespeare, intitolata Prospero’s Books (nella versione italiana, L’ultima tempesta). Il titolo inglese corrisponde meglio alla sua geniale invenzione: la dilatazione di un breve passaggio del testo originale in struttura significante dell’intero film, che inizia non con la scena della tempesta ma con il ricordo dei libri salvati da Gonzalo: l’inquadratura alterna una goccia che cade a una penna che scrive sulla carta (lo «scrivere sull’acqua» del Fedro di Platone) le stesse parole recitate dalla voce di Prospero fuori campo: «Knowing I loved my books».

All’apparire dei primi fogli del primo libro (A book of Water) lo spettatore si accorge subito che si tratta di un libro speciale: un codice di Leonardo da Vinci. Le mutevoli immagini si rivelano riproduzioni-rielaborazioni di alcuni mirabili disegni vinciani (la caduta dell’acqua e i vortici creati dalla presenza di ostacoli nella corrente; le viti di Archimede e i meccanismi idraulici di sollevamento), mescolati a disegni di ingegneri senesi del Quattrocento, a nuvole e tempeste.4

Cosí la voce di Prospero presenta il libro, attribuendone i disegni a un unico autore, e raccontando che sarebbe stato lo stesso re di Francia ad Amboise a farli legare in volume (altra allusione al periodo finale della vita di Leonardo, che visse ad Amboise dal 1516 al 1519 al servizio di Francesco I):

This is a waterproof-covered book which has lost its colour by much contact with water. It is full of investigative drawings and exploratory text written on many different thicknesses of paper. There are drawings of every conceivable watery association – seas, tempests, streams, canals, water-mills, shipwrecks, floods and tears. As the pages are turned, there are rippling waves and slanting storms. Rivers and cataracts flow and bubble. Plans of hydraulic machinery and maps of weather-forecasting flicker with arrows, symbols and agitated diagrams. The drawings are all made by the same hand, bound into a book by the King of France at Amboise and bought by the Milanese Dukes to give to Prospero as a wedding present.5

Il nome di Leonardo (omesso nel parlato del film) compare nell’edizione della sceneggiatura, con accenni all’aspetto materiale della sua scrittura: «The drawings are all made by the same hand. Perhaps this is a lost collection of drawings by da Vinci bound into a book by the King of France at Amboise»; «Perhaps it is a collection of lost da Vinci drawings. The text – though neatly written – is not easily legible. Maybe it is readable when viewed in a mirror»; «Da Vinci was an indefatigable enthusiast for the quality, motion and substance of water and an ideal authority to consult in the creation of a tempest».6

Da questo punto in poi, fino alla fine del film, la narrazione si alternerà con la visionaria ricostruzione dei libri di Prospero: in tutto ventiquattro, in una serie talvolta confusa, e conclusa dagli stessi libri di Shakespeare, A Book of Thirty-Five Plays (il celebre First Folio, la prima edizione del 1623), e A Play called the Tempest (invenzione finale e mise en abyme di Greeneway: l’ultimo libro di Prospero, il suo vero “libro del comando”, è la sua stessa storia).

Molti di quei libri ricordano i manoscritti di Leonardo, in tutte le ramificazioni delle sue ricerche scientifiche e tecnologiche (astronomia e cosmografia, geometria, pittura, anatomia, geologia, architettura, musica, botanica, movimento). Ma altri riprendono temi e immagini di una biblioteca fantastica e allo stesso tempo reale: la mitologia (con l’evocazione dei nomi di Ovidio, Frazer e Foxe, e un’autobiografia di Pasife e Semiramide), una perduta e macabra «anatomia della nascita» di Vesalio, racconti di viaggio, un bestiario degli animali passati, presenti e futuri, il libro delle utopie, il libro dei giochi, un’enciclopedia antiquaria delle “rovine” (mostruoso checklist di tutti i siti archeologici e di tutti i manufatti antichi, «an essential volume for the melancholic historian who knows that nothing endures»),7 e un «inventario alfabetico dei morti» (un «funereal volume», in lunghe colonne verticali di nomi che imitano le liste lessicali del Codice Trivulziano di Leonardo). Come in un sogno, la biblioteca di Prospero si trasforma nella biblioteca di Leonardo. Knowing I loved my books