Nelle sue fantasie, Alex non aveva mai immaginato che un cavaliere vestito di bianco potesse fare paura, ma quello che entrò per primo nella lizza, tra le ovazioni della folla, le sembrò terrificante. Più alto e imponente dei suoi compagni, forse persino più forte: il braccio coperto di maglia di ferro, con il quale alzò la lancia lunghissima in un saluto al pubblico, non faceva alcuno sforzo apparente. L’elmo, scuro in controluce, era un cilindro di ferro rinforzato sul davanti da una croce brunita, nella quale si aprivano le buie feritoie per gli occhi. Sul petto e lo scudo, il cavaliere portava un’ampia striscia azzurra con il falco d’argento.
Anche il cavallo era degno dell’imponenza del suo padrone. Un destriero nero, che mordeva il freno sotto la gualdrappa bianca con il falco sui fianchi. Alex spalancò gli occhi: sapeva che un cavallo normale non avrebbe mai potuto galoppare portando sulla sella un guerriero armato di tutto punto, ma quel destriero doveva essere quasi due metri al garrese e aveva gli zoccoli più grossi che lei avesse mai visto, adorni di fluenti ciuffi di crini neri. «Quello non è un cavallo» mormorò, di getto.
«Hun è un destriero magnifico» rispose Marc e aveva gli occhi che brillavano. «Spero tanto che generi presto un puledro per me.»
Alex dovette ammettere che il nome Hun, Unno, era perfetto per quell’animale enorme e feroce. Se le avessero detto che mangiava carne cruda invece che fieno, probabilmente ci avrebbe creduto.
Intanto il padrone di casa aveva guadagnato il centro della lizza, scortato dai suoi compagni di fazione. Alex vide su quegli uomini i blasoni che Marc le aveva indicato e riconobbe il cavaliere più giovane di tutti: Laurent de Bar cavalcava tra il suo tutore e suo padre, con lo scudo nuovo fiammante, adorno del lambello rosso.
Il pubblico, tuttavia, acclamava un solo campione: nell’aria risuonava un grido unanime: «Le Faucon! Le Faucon!».
Alex guardò Marc, impressionata. «È quello tuo padre?»
«Il Falco del Re» confermò il ragazzo con orgoglio. «Da anni è lui a portare il nome dei Ponthieu in torneo. Mio zio ha smesso di gareggiare prima che io nascessi, mio padre ha iniziato allora.» Fece una pausa. «Una volta mi disse che il suo ultimo torneo sarebbe stato quello in cui avrebbe avuto me al suo fianco.»
«Come il tuo amico Laurent con suo padre.»
«Già.»
Alex allungò d’istinto una pacca sulla coscia del ragazzo, che era diventato di nuovo pensoso. «Sarà presto, vedrai.» Non seppe spiegarsi perché lo disse, sapeva soltanto che le dava una sensazione strana vedere il suo spensierato difensore intristirsi.
Marc fu sorpreso da quel gesto di confidenza, ma poi sorrise. «Lo spero tanto.»
I cinque cavalieri resero omaggio alla regina e ai presenti con le lance in alto, poi si diressero verso la parete dei blasoni per scegliere gli avversari. Toccarono uno scudo ciascuno con l’asta delle lance e attesero che gli sfidati si presentassero.
Alex aveva il batticuore. Guardò Marc e poi Elodie de Ponthieu, che applaudiva con energia.
Chissà che effetto fa quando tra i cavalieri c’è qualcuno a cui vuoi bene? si chiese. La sua attenzione si concentrò sul giovane Laurent e poi sul famigerato Falco del Re. Era maestoso: non era difficile capire perché Marc ci tenesse tanto a diventare come lui, un giorno. Come il castello, anche quel cavaliere sembrava uscito dall’illustrazione di un libro.
In pochi minuti gli sfidati fecero il loro ingresso dall’altro lato della lizza, annunciati dai rispettivi araldi. Tutti insieme, quegli uomini armati offrivano un colpo d’occhio magnifico ed emanavano un’incredibile sensazione di potenza guerriera. Il pubblico li incitava urlando sempre più forte.
Un nuovo squillo di trombe. I valletti sventolarono una bandiera.
La terra tremò sotto gli zoccoli dei destrieri. I cavalieri si lanciarono gli uni contro gli altri, puntarono le lance a metà rincorsa. Lo schianto riempì l’aria. Le lance frantumate fecero schizzare pezzi di legno in ogni direzione, gli scudi gemettero sotto l’impatto. Due cavalieri furono sbalzati di sella e scaraventati a terra nel polverone sollevato dai cavalli.
Alex lanciò un grido istintivo, che però si perse nel frastuono. Una cosa del genere, l’aveva vista solo nella finzione di un film, dove nessuno di sicuro rischiava l’osso del collo.
Questi sono matti da legare!
«Bel colpo!» esclamò Marc, battendo con la mano aperta sulla staccionata.
Il Falco e i suoi compagni avevano raggiunto insieme l’altra estremità della lizza, avevano le lance spezzate ma erano indenni. Due avversari erano invece a terra, ma si stavano rialzando, aiutati dai valletti, per uscire dal campo.
«Ben fatto, Laurent!» gridò Marc e applaudì con energia. Eppure il suo amico non aveva disarcionato l’avversario, notò Alex, lo avevano fatto invece il conte di Bar e quello di Grandpré.
Mentre i valletti liberavano la lizza dai resti delle lance spezzate, i cavalieri ancora in gara si diressero verso i loro posti per ricominciare, quelli rimasti senza avversario abbandonarono il campo e i giudici coprirono i blasoni degli sconfitti con un panno bianco.
«Quante volte devono ripetere lo scontro?» domandò Alex, impressionata ed emozionata insieme dallo spettacolo violento.
«Hanno tre lance a testa, a meno che non vengano disarcionati prima. Se finiscono le lance in situazione di parità, cioè le spezzano tutte a ogni assalto, allora saranno i giudici a decidere il vincitore» le rispose Marc d’un fiato, prima d’interrompersi e sollevare un sopracciglio. «Ma tu non hai mai visto un torneo?»
Alex si strinse nelle spalle e scosse la testa.
«Vieni davvero dal paese delle fate» commentò Marc, ma poi si lanciò anima e corpo a spiegare le regole del torneo, le tattiche dei cavalieri e i diversi modi di portare la lancia per affondare colpi più o meno efficaci.
Sì, questi sono proprio matti da legare, pensò Alex a ogni dettaglio cruento che si aggiungeva alla spiegazione.
I cavalieri ripartirono al galoppo. Alex sobbalzò ancora al momento dello scontro, ma questa volta non ci furono disarcionati e l’assalto si concluse in parità. Il Falco rivolse un gesto di incoraggiamento a Laurent e Alex si chiese se il possente cavaliere non avesse risparmiato apposta l’avversario per poter rimanere accanto all’ex scudiero fino alla fine della sua prima prova in lizza.
Al terzo scontro, infatti, il Falco buttò giù il suo antagonista senza fatica. Il conte di Sancerre fece altrettanto. Laurent de Bar vinse senza disarcionare l’avversario spezzando la lancia, mentre l’altro cavaliere la perse nell’urto.
«Cinque vittorie su cinque. Ben fatto, davvero ben fatto» approvò Marc.
Anche Elodie de Ponthieu applaudiva vivacemente dalla gradinata. Laurent la salutò con il moncone della lancia. Alex notò che portava annodato al polso il nastro d’oro della sua bella e fece un sorrisetto. Che romantico.
I cavalieri tornarono ai rispettivi padiglioni. Marc si sedette sull’erba. «La prima sfida è stata eccezionale. Sarà un gran torneo, ne sono sicuro.»
«Tu per chi tieni? Per tuo padre, il tuo tutore o il tuo amico?» domandò Alex, divertita dal suo entusiasmo. «Io ho deciso di fare il tifo per il tuo tutore: mi piacciono i suoi colori.»
«Traduci: non ho capito una parola» disse Marc, con un’occhiata di sbieco. «Ogni tanto parli in modo assurdo.»
«Voglio sapere chi è il tuo campione preferito» chiarì Alex, dissimulando un sospiro. «Quello che vorresti vedere vincitore alla fine del torneo.»
Marc appoggiò le braccia sulle ginocchia piegate. «Be’, non sarà facile vincere questo torneo, per nessuno dei campioni a cui tengo. Ci sono troppi valorosi in campo, più giovani di mio padre e del mio tutore e ben più esperti di Laurent.» Indicò un blasone blu con una chiave bianca. «Quello è il cadetto Roger de Cluny, ha vinto tre tornei sugli ultimi sette. Quello accanto» additò un blasone in oro con tre sfere rosse «è Thibault de Courtenay, figlio e nipote di campioni, ha vinto gli ultimi due. Là in fondo c’è addirittura il conte Sigert de Morlhon. Non ha mai mancato un torneo negli ultimi nove anni e si è piazzato tra i primi cinque campioni tutte le volte che non ha vinto.»
Alex guardò con rispetto il blasone diviso in quattro quarti alternati, due blu e due rossi con leoni d’oro. Come evocato, il conte di Morlhon entrò in lizza, acclamato dalla folla. Era più basso del Falco, ma brandiva lancia e scudo pesantissimi con la stessa disinvoltura.
«Sembra un osso duro» ammise Alex.
Marc era di nuovo perplesso. «Osso?»
La ragazza alzò gli occhi al cielo. Perché parlo sempre a ruota libera?
Un’ombra si parò all’improvviso su di lei. Alex si trovò a fissare in controluce uno scudiero dei Ponthieu, vestito con i colori araldici della famiglia. Teneva le mani sui fianchi e guardava solo Marc. «Non ci posso credere: sei davvero tu. Hai fatto di nuovo di testa tua!»
Superato il primo momento di sorpresa, Marc grugnì: «Maledizione. Sono stato scoperto».