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Per qualche istante dopo la fine del racconto, Michel de Ponthieu e Laurent de Bar rimasero in un silenzio incredulo. Alex pregò che le credessero.

«E perché quegli uomini stavano cercando te?» domandò alla fine Laurent, con una luce sospettosa negli occhi freddi.

Alex provò l’istinto di proteggersi davanti a lui. Ecco, era arrivato il momento di spiegare la questione che aveva sempre voluto evitare. Fece un bel respiro. «Io… a Clois ho assistito a un omicidio. Quegli uomini mi cercano da allora. Credo che vogliano far sparire un testimone scomodo.»

Cercò di non pensare alla possibilità che quegli uomini avessero già fatto sparire quello che per loro era appunto il testimone scomodo. In silenzio pregò per Marc.

Michel balzò in piedi. «Dobbiamo muoverci, allora. Uccideranno Marc, se l’hanno scambiato per te!»

«Tu come hai fatto ad assistere all’omicidio?» domandò invece Laurent, con la fronte aggrottata.

«Laurent, non c’è tempo per questo!»

«Se quegli uomini avessero voluto semplicemente mettere a tacere un testimone, a quest’ora Marc sarebbe già morto. Non l’avrebbero portato via. Vogliono ottenere qualcosa da lui prima, è chiaro. Anzi» Laurent indicò Alex «vogliono qualcosa da lei.»

Alex lo guardò sbigottita. «Non so cosa potrebbero…»

«Cos’hai visto e sentito il giorno dell’omicidio? Chi era la vittima?»

Una parola alla volta, Alex raccontò la scena a cui aveva assistito nella casa dello speziale.

«E tu cosa facevi dentro quell’armadio?» domandò ancora Laurent. Invece di convincersi, sembrava sempre più sospettoso, ma almeno, aveva riposto il pugnale e incrociato le braccia.

«Mi ero rifugiata lì per passare la notte» rispose Alex e ripeté la menzogna dell’amnesia che aveva convinto Marc. C’erano alcune verità che non poteva davvero raccontare, se non voleva essere presa per pazza. Già adesso Laurent le teneva addosso uno sguardo gelido, che tradiva la pessima opinione che si era fatto di lei. «Marc sapeva tutto questo?» chiese infine.

«Non gli ho detto dell’omicidio» confessò Alex.

«Perché? Avrebbe potuto almeno mettersi in guardia!» esclamò Michel.

Alex ebbe l’impulso di cercare riparo sotto il tavolo. «Ho avuto paura anche di lui. Ero sola, non lo conoscevo, avevano già tentato di farmi del male» rispose piano. «Mi dispiace.»

Michel si ammorbidì subito, si chinò e l’aiutò a rimettersi in piedi, poi l’accompagnò verso una panca. «Scusami. Non devi più avere paura. Marc aveva deciso di proteggerti, io adesso lo farò al posto suo.»

Alex si passò la mano sul viso.

«Vuoi da bere? Mi sembri sfinita. Cibo, purtroppo, non ce n’è nel padiglione, mio padre non ne tiene mai quando combatte.»

«Mi basta bere un sorso, grazie.»

Michel portò ad Alex una coppa in cui versò il vino preso da un piccolo otre riposto nella cassapanca. Prese anche alcune strisce di tela per bendarle un ginocchio sanguinante. Lei ringraziò di nuovo, imbarazzata. Laurent non aveva più aperto bocca.

«Che cosa pensi?» gli domandò Michel.

«Che è una storia incredibile» rispose l’altro.

Alex rialzò gli occhi con allarme.

«Marc aveva dato fiducia a questa ragazza: perché noi dovremmo negargliela?» domandò Michel, un po’ offeso per quel giudizio così secco che lo tacciava implicitamente di troppa credulità.

«Marc credeva anche che lei fosse un uomo» fece notare Laurent.

L’altro richiuse la bocca.

«Ma io non gli ho mai mentito!» esclamò Alex. «Gli ho tenuto nascosto che ero una donna, d’accordo, ma il resto…»

«Come la faccenda dell’omicidio? Gli hai tenuta nascosta anche quella mi pare.»

«Io…»

«Anche tacere può essere una menzogna.»

«Io non sono una bugiarda!»

«E allora, già che ci sei, raccontaci la verità sui tuoi abiti da uomo.»

Alex strinse la coppa ormai vuota, sentendosi sotto processo. «Io non ricordo perché ho addosso questi vestiti.»

Laurent inarcò un sopracciglio. «E tuttavia hai continuato a fingerti un uomo anche con Marc.»

«Avrei voluto vedere te al mio posto, se fossi stato una ragazza sola e senza aiuto, persa prima in una città e poi in un bosco con uno sconosciuto. Chi mi garantiva che lui non avrebbe tentato di allungare le mani?» Mentalmente Alex chiese perdono a Marc per quell’insinuazione infamante, del tutto immeritata. «Nemmeno lui mi aveva detto chi era in realtà: come facevo a sapere che non era un delinquente?»

Questa volta fu Laurent a essere in difficoltà a ribattere. Ne approfittò Michel per farsi avanti. «Io le credo. La sua angoscia è sincera e mi ha convinto.»

«Marc è nei guai e io lo devo aiutare, voi dovete aiutarlo!» rincarò Alex. «Non possiamo stare qui a discutere.»

«Perché avrebbe dovuto venire a raccontarci una storia inventata, correndo il rischio di finire in prigione solo perché veste da uomo?» aggiunse Michel, sempre rivolto a Laurent.

Alex sgranò gli occhi.

«Va bene, va bene, d’accordo» disse Laurent, ma non pareva davvero convinto.

Offesa, Alex lo sbirciò dalla sua panca, rigirandosi la coppa tra le mani.

«Quegli uomini stavano progettando un altro omicidio» riassunse Laurent. «Se si sono dati tanto da fare per trovare un testimone imprevisto, significa che vogliono sapere cosa è trapelato del loro piano e che forse non l’hanno ancora messo in atto. Questo può essere un bene per Marc: forse non intendono ucciderlo prima che tutto sia compiuto.»

«Dobbiamo intervenire» disse Michel. «Subito.»

«Sì» convenne Laurent. Alex posò la coppa e si alzò in piedi, speranzosa. Seguì i due ragazzi fuori dalla tenda.

«Vado a cercare l’equipaggiamento» annunciò Michel e indicò la piccola baracca in legno dove sostavano i soldati di guardia al campo dei cavalieri.

Laurent invece chiamò un servo da una tenda poco lontana, gli affidò in custodia il padiglione del Falco, poi afferrò Alex per un braccio e si diresse in tutt’altra direzione, verso il castello. Lei fu costretta a seguirlo, colta di sorpresa.

«Dove vai?!» domandò Michel.

«Da tuo padre» rispose Laurent senza fermarsi, sempre tirandosi dietro Alex. «Dobbiamo chiedere il suo aiuto.»

«Ma abbiamo già perso tempo prezioso! Marc ha bisogno di noi adesso.»

«Non andremo allo sbaraglio senza gli aiuti adeguati.»

«Sono solo tre uomini. Siamo più che sufficienti ad affrontarli.»

«Sappiamo che hanno dei complici e potrebbero averli già raggiunti. Inoltre prima dobbiamo trovarli e non sarà facile, con il buio nel bosco. In ogni caso, tuo padre deve essere informato: nessuno partirà da qui senza il suo permesso.»

Michel afferrò l’amico per una spalla, parandoglisi davanti. «Se mio padre viene a sapere questa storia, stavolta Marc si gioca l’investitura per sempre.»

Laurent non retrocesse di un passo. «Se muore, non diventerà cavaliere ugualmente. Non rischierò la sua vita né la tua, per buttarmi in un salvataggio avventato.» Si liberò e proseguì la sua strada verso il castello, trascinando Alex con sé e chiamando i servi perché gli portassero il cavallo.

Michel dovette corrergli dietro.

Nessuno li fermò quando oltrepassarono il ponte levatoio, anzi, le guardie si fecero rispettosamente da parte al passaggio di Laurent sotto il cancello. Michel lo seguiva con Alex sulla sella dietro di sé. Lei osservava ogni cosa con occhi timorosi.

Attraversarono una vera e propria città di case ordinate, rinchiusa dentro le mura, passarono un secondo portone in un’altra cinta di mura e si trovarono in una zona di edifici più ampi, di stile militare, in cui sembravano abitare solo soldati. Infine, ci fu un ultimo portone, nella cinta più alta di tutte e Laurent fece strada dentro il cortile del torrione.

Alex trattenne il fiato guardando l’enorme mole del castello che arrivava al cielo. Le torri e i bastioni neri erano punteggiati di torce e fiaccole, alternati agli stendardi rossi, blu e oro. Soldati in uniforme erano ovunque tra i merli di pietra. Il cortile era occupato in gran parte da strutture di legno chiuse da tende e illuminate dall’interno come se vi si stesse tenendo una festa.

Laurent scese da cavallo, consegnò le redini a un servo e si diresse verso una scala di pietra che portava a un camminamento sulle mura e poi alla porta principale del torrione, posta al primo piano dell’edificio, oltre un secondo ponte levatoio.

«Seguimi» disse Michel ad Alex, aiutandola a mettere piede a terra. Con ancora maggior timore, lei entrò nel torrione dietro ai due accompagnatori. Stava ancora ammirando a bocca aperta il soffitto altissimo e le volte di pietra illuminate dalle torce, quando si accorse che Laurent si era arrestato di botto.

Da una scala del piano superiore stava scendendo Elodie de Ponthieu. Era abbigliata molto più riccamente di quel pomeriggio: sembrava stesse andando a una festa, di sicuro la stessa che si svolgeva nel cortile. Anche lei si fermò quando vide i tre nell’atrio. Arrossì e s’illuminò di gioia al tempo stesso. «Monsieur Laurent, vi credevo già al banchetto» disse, inchinandosi per prima.

Il freddo Laurent diventò di colpo impacciato. «Ecco, madame… temo che non potrò venire a cena prima di aver risolto… un problema urgente.»

Se non fosse stato un momento tanto disperato, Alex si sarebbe messa a ridere: i due innamorati si davano ancora del voi!

Elodie spostò gli occhi interrogativi su Michel in compagnia della sconosciuta vestita da uomo. «Buonasera, cugina» la salutò lui.

Alex si sentì osservata da capo a piedi, ma senza riprovazione, solo con tanto stupore. Improvvisamente si vergognò davanti a quella ragazza preziosa come una porcellana e tentò invano di lisciarsi la casacca sgualcita. Elodie aveva capito subito chi fosse il “problema urgente”, glielo si leggeva in faccia, eppure non osava fare domande. L’espressione delusa con cui aveva accolto la notizia che il suo innamorato non sarebbe stato al banchetto fece sentire Alex ancora più a disagio.

«Devo parlare con vostro zio, subito, prima che vada a cenare» disse Laurent.

«Ma non è possibile» gli rispose Elodie, distogliendo l’attenzione da Alex. «Il re è arrivato, lo sapete, e ha appena convocato i feudatari. Mio zio, mio padre, anche vostro padre, sono tutti riuniti nella sala delle udienze e il sovrano ha dato ordine di non essere disturbato.»

Laurent ebbe un gesto di disappunto.

«Non abbiamo tempo, tra un po’ il cancello del castello sarà chiuso per il coprifuoco» gli disse Michel, che fremeva per muoversi subito. «Anche se le guardie hanno ritardato fino a ora per via del torneo, non aspetteranno ancora a lungo.»

L’altro rimase in silenzio, riflettendo.

«Laurent!» esortò Michel.

Elodie de Ponthieu guardò ora l’uno ora l’altro, con preoccupazione crescente. «Che cos’è successo? Posso esservi d’aiuto?»

Michel insisté. «Ci sono nuvole in cielo: in capo a qualche ora pioverà e allora nemmeno i cani riusciranno più a seguire le tracce.»

Laurent dovette cedere. «Va’ a prendere l’equipaggiamento e un segugio affidabile. Aspettami nell’alta corte.»

Michel si allontanò di corsa. Laurent avanzò di un passo verso Elodie. «Madame, ho davvero bisogno del vostro aiuto. Dovreste attendere vostro zio e mio padre all’uscita dell’udienza e informarli subito di un fatto grave. Lo farete?»

Lei si fece serissima. «Ditemi cosa devo riferire.»