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Alex dovette correre dietro a Laurent de Bar che ritornava sui propri passi verso il cortile.

Elodie si era spaventata nel sentire che Marc era in pericolo e aveva giurato di rimanere sveglia anche tutta la notte, se necessario, pur di avvertire il Falco all’uscita dell’udienza. «Sarete prudente, non è vero?» si era raccomandata poi, rivolta al suo innamorato, e si era trattenuta a stento dal prendergli la mano tra le sue. Laurent l’aveva rassicurata in mille modi, ostentando sicurezza, ma era molto cupo quando lasciò l’atrio del torrione.

Michel non si vedeva, ma il suo cavallo era legato a una staccionata appena fuori la porta del cortile, custodito dallo stesso servo che riconsegnò a Laurent la sua cavalcatura. Lui continuava a tacere e a guardare altrove. Alex non poté fare altro che spostare il peso da un piede all’altro in silenzio, finché un latrato non attirò la sua attenzione. Michel era di ritorno in compagnia di un ragazzino, di un grosso cane scuro e di altri due cavalli equipaggiati.

Laurent serrò la mascella, tradendo sorpresa e contrarietà. «Lui che ci fa qui?» domandò, senza nemmeno salutare il più giovane.

«Volevi un segugio affidabile, no? César è il migliore di tutti ed è suo» rispose Michel, indicando il suo accompagnatore.

Il terzo ragazzo accarezzò il cane. «E obbedisce solo a me» disse con un sorriso. Doveva avere al massimo quattordici anni, notò Alex, ed era qualche centimetro più basso di lei, ma aveva un’espressione fin troppo sicura di sé sul viso impertinente, incorniciato di riccioli fulvi. Come Michel sembrava essersi già preparato per la spedizione, indossando un mantello sugli abiti e cingendo spada e pugnale al fianco. Michel aveva anche una faretra con arco e frecce. «Un aiuto in più ci farà comodo e Nicolas è bravissimo nel seguire tracce» disse ancora. «Lo sai meglio di me, visto che è lo scudiero di tuo padre da cinque anni.»

«Non stiamo andando a caccia. È una faccenda pericolosa.»

«È bravo anche a difendersi.»

Laurent non rispose e si rivolse al nuovo arrivato. «Cosa dirà tuo padre? Non puoi venire senza il suo consenso, sei troppo giovane.»

L’altro ragazzo scrollò le spalle. «Mi manca solo qualche mese per arrivare ai quindici anni e comunque mio padre mi sgriderebbe se non venissi. Non mi perdonerebbe mai di aver lasciato Marc in pericolo. Voi andate a cercarlo e io e César possiamo essere d’aiuto, quindi eccoci qui.» Si voltò verso il magnifico esemplare di segugio, dal muso aguzzo e intelligente, e l’animale gli abbaiò. Il ragazzo gli accarezzò di nuovo la testa.

Laurent alzò gli occhi al cielo. «Un Sancerre fatto e finito: testa calda come tutta la famiglia» brontolò, ma Michel prevenne ogni altra obiezione, consegnandogli un mantello. «Ti servirà, sta venendo freddo. E poi muoviamoci, non c’è più tempo.»

Laurent prese il mantello di malavoglia.

«E dai, lascialo venire con noi. Abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile» insisté Michel, per convincerlo.

Laurent fu costretto a cedere di nuovo. «D’accordo. Ma si farà a modo mio. Questo non è un gioco. Marc rischia la vita, quindi niente bravate. Obbedirete a me e senza fiatare o vi lascio qui.» Il suo tono adesso era duro, pretendeva rispetto. Gli altri due annuirono subito, serissimi.

A quanto pare, l’autorità di un cavaliere non si discute, si disse Alex.

Mentre Michel mostrava a Laurent il resto dell’equipaggiamento, il padrone del cane si voltò verso di lei. «Sono Nicolas de Sancerre» si presentò, con un inchino molto compito.

«Alex» ricambiò lei, impacciata.

Il ragazzo le sorrise. «Contate pure su di me, madame, se vi servirà aiuto nel viaggio.»

«Lei non viene» sentenziò Laurent, prima ancora che Alex potesse rispondere. «Posso tollerare te, Nicolas, ma non una donna. Non porterò con me qualcuno che non sa difendersi, per metterlo in pericolo ed esserci d’impaccio.»

Alex aprì bocca, ma fu preceduta da Michel. «La ragazza ci serve per ritrovare il luogo esatto. Deve guidarci fino al punto in cui Marc è stato aggredito.»

«No. Sappiamo trovare il muro di Saint Hubert anche da soli. Lei ci descriverà la radura e sarà più che sufficiente. È già un azzardo partire con due scudieri inesperti come voi, non mi porterò dietro anche una femmina indifesa.»

«Ma lei…»

«Ehi, io ho un nome! Piantatela di parlare di me come se fossi il cane!» sbottò Alex e fece voltare i tre. «Io non ci resto qui, scordatevelo. Marc è in pericolo per colpa mia e io non lo abbandono, quindi vengo anch’io con voi.»

«È fuori discussione» disse Laurent, lapidario.

«È fuori discussione che tu mi dia degli ordini» lo zittì Alex. «Io non sono uno scudiero e me ne frego se tu sei diventato cavaliere ieri: avrai sì e no due anni più di me, quindi togliti dalla testa l’idea di comandarmi.»

Dagli occhi sgranati di tutti, Alex capì che non avrebbero mai immaginato di sentire qualcuno rivolgersi a un cavaliere con tale tono, men che meno una ragazza.

Anzi una “femmina indifesa”.

Era furiosa soprattutto perché sapeva che Laurent non aveva alcuna stima di lei e purtroppo aveva ragione: finora era davvero stata solo una zavorra inerme e ne aveva fatto le spese chi non c’entrava.

Era ora di reagire e l’avrebbe fatto subito. Aveva già provato troppi spaventi, minacce e angosce: non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa adesso né lasciare indietro. Questa volta avrebbe affrontato il pericolo faccia a faccia, pur di salvare Marc.

«Madame…» aveva intanto esordito Laurent. Si vedeva che si stava trattenendo solo per il fatto di avere davanti una donna, e anche solo il titolo di cortesia usato per la prima volta faceva paura per il tono feroce con cui era stato pronunciato.

Alex lo interruppe subito. Ne aveva abbastanza di quel ragazzo che la contraddiceva in continuazione e non gli avrebbe più permesso di metterla in difficoltà. Non quando Marc rischiava una sorte orrenda. «Hai bisogno di me per trovare il luogo esatto, quindi risparmiati il fiato. O mi porti con te o andrai alla cieca e perderai tempo, perché io non ti dirò una parola.»

Te lo faccio vedere io chi è la femmina indifesa.

Laurent serrò i pugni. Era più alto di lei, eppure Alex non indietreggiò, decisa a tutto.

In quel momento un corno lanciò un segnale dalla prima cinta di mura del castello.

«Il coprifuoco!» esclamò Michel. «Ci chiuderanno dentro, se non ci sbrighiamo.»

Alex girò le spalle a Laurent e raggiunse un cavallo. Tentò di montare in sella come le aveva fatto vedere Marc, ma non ci riuscì. Frustrata, tentò per la seconda volta e con gli stessi risultati, sentendo alle spalle il silenzio fin troppo eloquente del giovane cavaliere. Al terzo tentativo, Nicolas de Sancerre arrivò in suo soccorso e Alex poté salire sul cavallo. Il ragazzo le fece un sorriso sincero e complice: sembrava ammirato, nonostante la goffaggine che lei aveva appena dimostrato. «C’è un mantello lì dietro, vi conviene indossarlo» consigliò.

«Grazie» rispose Alex, cercando di sistemarsi con un minimo di dignità.

«Armala» disse da lontano Laurent, già a cavallo.

Nicolas si voltò a guardarlo.

«Dalle un’arma» ripeté l’altro, con l’aria di chi sta mandando giù per forza un boccone sgradito. Finì di allacciare il mantello e tirò il cappuccio sui capelli biondi. «Che almeno non sia del tutto sprovvista. Dalle il tuo pugnale, ammesso che sappia usarlo meglio di come monta in sella.»

Alex gli scoccò un’occhiata velenosa, ma preferì non replicare, mentre prendeva il pugnale dalle mani di Nicolas e con ostentata disinvoltura se lo infilava nella cinta. Anche lei indossò un mantello, preso dall’equipaggiamento, poi diede un piccolo colpo con i talloni sui fianchi del cavallo, fingendo di sapere davvero ciò che faceva. Miracolosamente, l’animale le obbedì subito, fece qualche passo e si fermò accanto alla cavalcatura di Laurent. Il neo cavaliere ricambiò con freddezza il suo sguardo soddisfatto, ma non commentò. La indicò invece con un cenno agli altri due ragazzi. «Tenetela d’occhio perché non si faccia male.»

Ti odio, pensò Alex.

Il suono del corno attraversò l’aria per la seconda volta.

«Andiamo» esortò Michel.